giovedì 31 maggio 2012

Emilia,... i morti senza patria.




di Bruno Pappalardo
Fonte: Partito del Sud-Napoli

Penso che i morti non abbiano una patria.
Penso che le diciassette vittime dell’Emilia, di questi giorni, siano i nostri morti.Penso al marocchino  Mohamad, all'operaio indiano Kumar , al cinese Hou Hongli, o all’operaio di Messina, l’italiano Siclari, e alcuni altri ancora, morti lontano dalla propria  casa e dall’affetto delle loro madri. Sono morti che ci avvelenano.  Oggi non appartengono più ad un territorio o ad una bandiera ma alla collettività delle genti .  
Tutti i morti, sono i morti di tutti.
Non sono deceduti per proteggere quel territorio da un colonizzatore e ne per sostenere un torto. Non hanno imbracciato un fucile e consapevoli si sono lanciati nella mischia.
Sono i morti della malvivenza, della corruzione, dell’incapacità, della decomposizione dei valori fondanti della vita, dell’etica.   
Sono i morti di taluni signori responsabili  della strage dei capannoni, 12 corpi di  giovani vite.Questi, purtroppo sono nostri.
Vorrei, invece, che fossero, anche questi,  di tutti. 
I delinquenti di questa pasta,  con la nostra Giustizia inquinata, riescono anche a  cavarsela, soprattutto se sono de costruttori e professionisti: ( il  28 gennaio 2010 crolla il tetto di una scuola elementare a San Giuliano delle Puglie; dopo tre gradi di giudizio i tecnici e politici sono stati condannati 2 anni e 11 mesi che non sconteranno mai. In primo grado furono assolti).  
Vorrei che ci fosse un Tribunale Internazionali per i Crimini della Depravazione. 
Sono quelli che hanno interrotto un sogno, un futuro anche per i loro piccoli.
Chi distrugge la prospettiva di una vita possibile, il filo rosso che si srotola tranquillo nell’attesa di allungarsi, evolversi, migliorare  se stessi  e la  propria famiglia, infuturato per  una vita normale ma intrisa di aspettative, sentimenti, progetti , emozioni, paura per quel colloquio di lavoro o esame, impulsi di rabbia per un’ingiustizia vissuta, et cetera, in qualunque forma l’abbia tranciata, ( perfino senza la consapevolezza di farlo), resta tuttavia, un assassino e i morti sono stati uccisi.
Avishai Margalit, operaio, laureato e immigrato in Italia, nel suo libro “ La società decente” sostiene che prima di essere “giusta” deve essere decente. La soluzione? Cambiare le regole delle istituzioni!
Direi di cambiare gli uomini; affidare la vita degli altri a giovani studiosi e ricercatori, formati e agguerriti e pronti per la una rivoluzione etica e professionale di questo delinquenziale, scellerato e corrotto paese!  

Bruno Pappalardo



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di Bruno Pappalardo
Fonte: Partito del Sud-Napoli

Penso che i morti non abbiano una patria.
Penso che le diciassette vittime dell’Emilia, di questi giorni, siano i nostri morti.Penso al marocchino  Mohamad, all'operaio indiano Kumar , al cinese Hou Hongli, o all’operaio di Messina, l’italiano Siclari, e alcuni altri ancora, morti lontano dalla propria  casa e dall’affetto delle loro madri. Sono morti che ci avvelenano.  Oggi non appartengono più ad un territorio o ad una bandiera ma alla collettività delle genti .  
Tutti i morti, sono i morti di tutti.
Non sono deceduti per proteggere quel territorio da un colonizzatore e ne per sostenere un torto. Non hanno imbracciato un fucile e consapevoli si sono lanciati nella mischia.
Sono i morti della malvivenza, della corruzione, dell’incapacità, della decomposizione dei valori fondanti della vita, dell’etica.   
Sono i morti di taluni signori responsabili  della strage dei capannoni, 12 corpi di  giovani vite.Questi, purtroppo sono nostri.
Vorrei, invece, che fossero, anche questi,  di tutti. 
I delinquenti di questa pasta,  con la nostra Giustizia inquinata, riescono anche a  cavarsela, soprattutto se sono de costruttori e professionisti: ( il  28 gennaio 2010 crolla il tetto di una scuola elementare a San Giuliano delle Puglie; dopo tre gradi di giudizio i tecnici e politici sono stati condannati 2 anni e 11 mesi che non sconteranno mai. In primo grado furono assolti).  
Vorrei che ci fosse un Tribunale Internazionali per i Crimini della Depravazione. 
Sono quelli che hanno interrotto un sogno, un futuro anche per i loro piccoli.
Chi distrugge la prospettiva di una vita possibile, il filo rosso che si srotola tranquillo nell’attesa di allungarsi, evolversi, migliorare  se stessi  e la  propria famiglia, infuturato per  una vita normale ma intrisa di aspettative, sentimenti, progetti , emozioni, paura per quel colloquio di lavoro o esame, impulsi di rabbia per un’ingiustizia vissuta, et cetera, in qualunque forma l’abbia tranciata, ( perfino senza la consapevolezza di farlo), resta tuttavia, un assassino e i morti sono stati uccisi.
Avishai Margalit, operaio, laureato e immigrato in Italia, nel suo libro “ La società decente” sostiene che prima di essere “giusta” deve essere decente. La soluzione? Cambiare le regole delle istituzioni!
Direi di cambiare gli uomini; affidare la vita degli altri a giovani studiosi e ricercatori, formati e agguerriti e pronti per la una rivoluzione etica e professionale di questo delinquenziale, scellerato e corrotto paese!  

Bruno Pappalardo



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Le spine della Liberazione - Verità rimosse tornano in libreria


Gigi Di Fiore rilegge crimini e misfatti
degli Alleati nel Sud dopo il 1943

Michele De FeudisFonte: Corriere del Mezzogiorno
Verità storiche rimosse tornano in libreria senza alcuna rilettura ideologica. Racconti finora relegati nella memorialistica divengono così il materiale primario di una ricerca che punta ad arricchire la storia patria con vicende dimenticate. Il saggio di Gigi Di Fiore, Controstoria della Liberazione. Le stragi e i crimini dimenticati degli alleati nell’Italia del Sud (Rizzoli) si inserisce nel filone revisionista inaugurato da Il sangue dei vintidi Giampaolo Pansa, e scandaglia la fase finale della Seconda Guerra mondiale, soffermandosi sul meridione tra l’occupazione americana e il debole «Regno del Sud».
«Il mio lavoro non intende contestare il significato storico e morale del sangue versato dagli angloamericani per sconfiggere il nazifascismo, ma ristabilire una verità a tutto tondo sulla vittoria alleata nel Mezzogiorno, dove i liberati furono violati dai liberatori, in una mistificazione dei ruoli tra aguzzini santificati e vittime zittite»: la premessa di Di Fiore punta a rompere il silenzio che, per ragioni di «Realpolitik», fu adottato nelle vulgate ufficiali per occultare stragi, connivenze tra liberatori e mafiosi, violenze sulle donne che generarono la terribile categoria della marochinate e disastri ecologici scaturiti dall’iprite (il caso della nave americana John Harvey bombardata dai tedeschi mentre era nel porto di Bari).
«Capita spesso - scrive Di Fiore - che le memorie individuali divergano dai valori e dalle ricostruzioni offerte dalla storia ufficiale. Anche nella mia famiglia si sono tramandati ricordi non sempre politicamente corretti su quei mesi». Il riferimento è la vicenda di una zia, Nannina, violentata insieme a tante donne ciociare dalle truppe alleate nel Lazio. Non volle mai sposarsi né partecipare ai comitati che ottennero degli indennizzi statali per violenze subite. «No, no, mica mi potevano ridare l’onore. Mica mi potevano fare di nuovo signorina» spiegava. Dopo la caduta del fascismo, nel meridione d’Italia furono disseminati numerosi campi di internamento nei quali venivano reclusi «criminali pericolosi, fascisti, nemici, spie, gente che si era arricchita nel Ventennio insieme con civili, spesso povera gente impiegata nella burocrazia fascista con mansioni irrilevanti, accusata di chissà quali misfatti senza aver fatto nulla». Taranto ospitò una di queste strutture: il campo jonico era a Sant’Andrea, vicino all’attuale quartiere Paolo VI. L’organizzazione prevedeva dieci recinti, «chiamati pen come le aree dove si tengono i polli». Il 9 aprile del 1945 fu teatro di una rivolta. Alcune sentinelle spararono ad un giovane prigioniero che stava ricevendo dalla madre, attraverso il reticolato, del cibo. E la situazione fu ricomposta solo grazie alla collaborazione degli ufficiali della X Mas, che avevano rapporti con i servizi inglesi.
Tra le varie storie di prigionieri risalta quella del generale Nicola Bellomo: l’8 settembre 1943, dopo la resa di Badoglio, evitò con un manipolo di soldati coraggiosi che i tedeschi devastassero il porto di Bari. Gli inglesi inizialmente gli assegnarono una medaglia d’argento e lo nominarono comandante della Piazza di Bari. Poi si ricordarono che aveva fatto riacciuffare due ufficiali britannici reclusi a Torre Tasca, e lo accusarono di «crimini di guerra», arrivando il 28 luglio 1945 a fucilarlo dopo un processo farsa. Sul bombardamento tedesco nel porto di Bari della notte tra il 1° e il 2 dicembre del 1943, Di Fiore offre una versione senza edulcorazioni: tra le navi colpite c’era la statunitense «John Harvey» che «trasportava un micidiale carico top secret di 91 tonnellate d’iprite, gas di solito utilizzato per la guerra chimica». L’iprite si coagulò in una sorta di «mostarda» che insieme alla nafta fuoriuscita dalle petroliere affondate formò «un velo mortale» sull’acqua del porto. Tragico il bilancio: 800 militari intossicati o ustionati, 250 morti civili. La presenza di gas vietati dalla Convenzione di Ginevra fu nascosta nei rapporti ufficiali degli angloamericani. «Wiston Churcill andò oltre nell’operazione di occultamento: pretese che dal testo venisse cancellata la parola "iprite"». Ma i postumi di questa mattanza hanno lasciato tracce indelebili nell’Adriatico per i decenni successivi: dal 1955 al 2000 più di 200 pescatori hanno presentato denunce per ustioni di varia entità attribuibili al «gas mostarda». Vittime collaterali della Hiroshima barese.

Michele De FeudisFonte: Corriere del Mezzogiorno
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Gigi Di Fiore rilegge crimini e misfatti
degli Alleati nel Sud dopo il 1943

Michele De FeudisFonte: Corriere del Mezzogiorno
Verità storiche rimosse tornano in libreria senza alcuna rilettura ideologica. Racconti finora relegati nella memorialistica divengono così il materiale primario di una ricerca che punta ad arricchire la storia patria con vicende dimenticate. Il saggio di Gigi Di Fiore, Controstoria della Liberazione. Le stragi e i crimini dimenticati degli alleati nell’Italia del Sud (Rizzoli) si inserisce nel filone revisionista inaugurato da Il sangue dei vintidi Giampaolo Pansa, e scandaglia la fase finale della Seconda Guerra mondiale, soffermandosi sul meridione tra l’occupazione americana e il debole «Regno del Sud».
«Il mio lavoro non intende contestare il significato storico e morale del sangue versato dagli angloamericani per sconfiggere il nazifascismo, ma ristabilire una verità a tutto tondo sulla vittoria alleata nel Mezzogiorno, dove i liberati furono violati dai liberatori, in una mistificazione dei ruoli tra aguzzini santificati e vittime zittite»: la premessa di Di Fiore punta a rompere il silenzio che, per ragioni di «Realpolitik», fu adottato nelle vulgate ufficiali per occultare stragi, connivenze tra liberatori e mafiosi, violenze sulle donne che generarono la terribile categoria della marochinate e disastri ecologici scaturiti dall’iprite (il caso della nave americana John Harvey bombardata dai tedeschi mentre era nel porto di Bari).
«Capita spesso - scrive Di Fiore - che le memorie individuali divergano dai valori e dalle ricostruzioni offerte dalla storia ufficiale. Anche nella mia famiglia si sono tramandati ricordi non sempre politicamente corretti su quei mesi». Il riferimento è la vicenda di una zia, Nannina, violentata insieme a tante donne ciociare dalle truppe alleate nel Lazio. Non volle mai sposarsi né partecipare ai comitati che ottennero degli indennizzi statali per violenze subite. «No, no, mica mi potevano ridare l’onore. Mica mi potevano fare di nuovo signorina» spiegava. Dopo la caduta del fascismo, nel meridione d’Italia furono disseminati numerosi campi di internamento nei quali venivano reclusi «criminali pericolosi, fascisti, nemici, spie, gente che si era arricchita nel Ventennio insieme con civili, spesso povera gente impiegata nella burocrazia fascista con mansioni irrilevanti, accusata di chissà quali misfatti senza aver fatto nulla». Taranto ospitò una di queste strutture: il campo jonico era a Sant’Andrea, vicino all’attuale quartiere Paolo VI. L’organizzazione prevedeva dieci recinti, «chiamati pen come le aree dove si tengono i polli». Il 9 aprile del 1945 fu teatro di una rivolta. Alcune sentinelle spararono ad un giovane prigioniero che stava ricevendo dalla madre, attraverso il reticolato, del cibo. E la situazione fu ricomposta solo grazie alla collaborazione degli ufficiali della X Mas, che avevano rapporti con i servizi inglesi.
Tra le varie storie di prigionieri risalta quella del generale Nicola Bellomo: l’8 settembre 1943, dopo la resa di Badoglio, evitò con un manipolo di soldati coraggiosi che i tedeschi devastassero il porto di Bari. Gli inglesi inizialmente gli assegnarono una medaglia d’argento e lo nominarono comandante della Piazza di Bari. Poi si ricordarono che aveva fatto riacciuffare due ufficiali britannici reclusi a Torre Tasca, e lo accusarono di «crimini di guerra», arrivando il 28 luglio 1945 a fucilarlo dopo un processo farsa. Sul bombardamento tedesco nel porto di Bari della notte tra il 1° e il 2 dicembre del 1943, Di Fiore offre una versione senza edulcorazioni: tra le navi colpite c’era la statunitense «John Harvey» che «trasportava un micidiale carico top secret di 91 tonnellate d’iprite, gas di solito utilizzato per la guerra chimica». L’iprite si coagulò in una sorta di «mostarda» che insieme alla nafta fuoriuscita dalle petroliere affondate formò «un velo mortale» sull’acqua del porto. Tragico il bilancio: 800 militari intossicati o ustionati, 250 morti civili. La presenza di gas vietati dalla Convenzione di Ginevra fu nascosta nei rapporti ufficiali degli angloamericani. «Wiston Churcill andò oltre nell’operazione di occultamento: pretese che dal testo venisse cancellata la parola "iprite"». Ma i postumi di questa mattanza hanno lasciato tracce indelebili nell’Adriatico per i decenni successivi: dal 1955 al 2000 più di 200 pescatori hanno presentato denunce per ustioni di varia entità attribuibili al «gas mostarda». Vittime collaterali della Hiroshima barese.

Michele De FeudisFonte: Corriere del Mezzogiorno
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mercoledì 30 maggio 2012

Emigranti di tutto il Sud, tornate

Oggi andare via è l'unica prospettiva per chi è nato nel Mezzogiorno. Eppure proprio loro sono l'immagine migliore che questa terra può dare. Bisogna incentivarli a rientrare in Italia e a investire nei luoghi d'origine 


 Di Roberto Saviano Roberto SavianoRoberto Saviano
 Fonte: L'Espresso




Nessuna persona con cui avevo un rapporto di amicizia nella mia zona vive più in Campania. Nemmeno i miei parenti sono rimasti a Napoli e Caserta: gran parte di loro è andata via. Appartengo a una generazione di migranti. Negli anni Sessanta o Settanta, e a dire il vero anche per tutti gli Ottanta, quando al Sud si aveva un figlio emigrante c'era la tendenza a nasconderlo, come se fosse una sorta di debolezza. Le famiglie più realizzate erano quelle che si trasferivano in blocco mentre chi si divideva, spesso con donne, figli, fidanzate e fratelli costretti all'attesa, provava disagio nel confessare l'emigrazione. Le frasi erano attente: "E' andato un periodo fuori" oppure "E' a Milano ma ora mi ha detto che tornerà". A Massimo Troisi, nell'esordio di "Ricomincio da tre", tutti a Firenze ripetevano la stessa domanda: "Emigrante?" e lui ribatteva sempre con una negazione. 


Dagli anni Novanta invece percezione e sensibilità sono cambiate, con connotati forse più drammatici. Quando ci si incontra per strada spesso il dialogo tra genitori è: "Tua figlia poi che fa?", "Mia figlia è a Milano!" oppure "E' in Inghilterra, sai...". E quando arriva la replica "E tua figlia?", a quel punto si manifesta l'imbarazzo per il giovane rimasto in città: rispondere "Lavora a Napoli" spesso significa ammettere che non sta combinando granché, e allora sempre più si dice "Sta per partire per Milano" oppure "Vive qui... ma si sta per trasferire!". Fare le valigie ormai è la sola possibilità di crescita: un motivo d'orgoglio. Tranne poche eccezioni, il lavoro al Sud sembra sinonimo di raccomandazioni o protezioni: appare come una concessione, anche quando c'è talento e tanto, anche quando i giovani hanno i meriti per avere diritto a un posto. 


L'EMIGRAZIONE E' PROTAGONISTA pure nelle statistiche. Gli ultimi dati danno volto all'esodo verso il Nord, in testa la Campania con 33.800 persone l'anno; 23.700 provengono dalla Sicilia; 19.600 dalla Puglia; 14.200 dalla Calabria. Il Rapporto Svimez 2011, redatto dall'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, racconta che l'Italia è l'unico paese in Europa ancora spaccato in due: a un Centro-Nord che attira flussi corrisponde un Sud che espelle forza lavoro senza rimpiazzarla. Eppure l'immagine migliore che il Sud possa dare oggi sono proprio i suoi migranti. E' da loro che vengono le storie di resistenza e capacità. La qualità della manodopera, il dinamismo delle intelligenze, i professori meridionali, i dirigenti approdati nelle istituzioni economiche settentrionali. Insomma un'intera umanità capace di affermarsi con le proprie doti e la propria volontà. 


Ma nel nord Italia i flussi che arrivano dal Sud sono due. Persone e capitali. Spesso questi ultimi sono capitali criminali. Li testimoniano catene di pizzerie cresciute molto in fretta e con azionisti occulti nascosti dietro sigle offshore; gelaterie di lusso nate dal nulla; negozi di abbigliamento che spuntano ovunque con società meridionali e un Dna chiaramente da riciclaggio; finanziarie alimentate con soldi dei clan. Una trasfusione che solo in apparenza diffonde benessere, mentre trasmette un contagio letale che lentamente soffoca il mercato e la concorrenza. 


E' UNA DOPPIA EMORRAGIA che strappa al Sud risorse economiche e umane. Non è una questione solo meridionale, non si può ignorarla o sperare di confinarla in quella che una volta si chiamava con disprezzo Bassa Italia. Basterebbe poco per invertire il circuito della fuga e renderlo virtuoso: se solo si riuscisse a convincere le comunità di emigrati a investire nelle regioni d'origine, allora la linfa potrebbe tornare alle radici. I meridionali d'Argentina, d'America, di Germania e d'Australia dovrebbero essere incentivati con agevolazioni e sgravi fiscali a percorrere in senso inverso la diaspora. Non è impossibile: il Brasile lo sta facendo, trasformando l'identità in sviluppo, legando emigrati a comunità di provenienza nella nuova prosperità del gigante amazzonico. E' questo il modello Brasile a cui mi piace guardare, senza arrendermi alla nostra realtà sempre più povera di idee e di iniziativa.


Fonte: L'Espresso


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Oggi andare via è l'unica prospettiva per chi è nato nel Mezzogiorno. Eppure proprio loro sono l'immagine migliore che questa terra può dare. Bisogna incentivarli a rientrare in Italia e a investire nei luoghi d'origine 


 Di Roberto Saviano Roberto SavianoRoberto Saviano
 Fonte: L'Espresso




Nessuna persona con cui avevo un rapporto di amicizia nella mia zona vive più in Campania. Nemmeno i miei parenti sono rimasti a Napoli e Caserta: gran parte di loro è andata via. Appartengo a una generazione di migranti. Negli anni Sessanta o Settanta, e a dire il vero anche per tutti gli Ottanta, quando al Sud si aveva un figlio emigrante c'era la tendenza a nasconderlo, come se fosse una sorta di debolezza. Le famiglie più realizzate erano quelle che si trasferivano in blocco mentre chi si divideva, spesso con donne, figli, fidanzate e fratelli costretti all'attesa, provava disagio nel confessare l'emigrazione. Le frasi erano attente: "E' andato un periodo fuori" oppure "E' a Milano ma ora mi ha detto che tornerà". A Massimo Troisi, nell'esordio di "Ricomincio da tre", tutti a Firenze ripetevano la stessa domanda: "Emigrante?" e lui ribatteva sempre con una negazione. 


Dagli anni Novanta invece percezione e sensibilità sono cambiate, con connotati forse più drammatici. Quando ci si incontra per strada spesso il dialogo tra genitori è: "Tua figlia poi che fa?", "Mia figlia è a Milano!" oppure "E' in Inghilterra, sai...". E quando arriva la replica "E tua figlia?", a quel punto si manifesta l'imbarazzo per il giovane rimasto in città: rispondere "Lavora a Napoli" spesso significa ammettere che non sta combinando granché, e allora sempre più si dice "Sta per partire per Milano" oppure "Vive qui... ma si sta per trasferire!". Fare le valigie ormai è la sola possibilità di crescita: un motivo d'orgoglio. Tranne poche eccezioni, il lavoro al Sud sembra sinonimo di raccomandazioni o protezioni: appare come una concessione, anche quando c'è talento e tanto, anche quando i giovani hanno i meriti per avere diritto a un posto. 


L'EMIGRAZIONE E' PROTAGONISTA pure nelle statistiche. Gli ultimi dati danno volto all'esodo verso il Nord, in testa la Campania con 33.800 persone l'anno; 23.700 provengono dalla Sicilia; 19.600 dalla Puglia; 14.200 dalla Calabria. Il Rapporto Svimez 2011, redatto dall'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, racconta che l'Italia è l'unico paese in Europa ancora spaccato in due: a un Centro-Nord che attira flussi corrisponde un Sud che espelle forza lavoro senza rimpiazzarla. Eppure l'immagine migliore che il Sud possa dare oggi sono proprio i suoi migranti. E' da loro che vengono le storie di resistenza e capacità. La qualità della manodopera, il dinamismo delle intelligenze, i professori meridionali, i dirigenti approdati nelle istituzioni economiche settentrionali. Insomma un'intera umanità capace di affermarsi con le proprie doti e la propria volontà. 


Ma nel nord Italia i flussi che arrivano dal Sud sono due. Persone e capitali. Spesso questi ultimi sono capitali criminali. Li testimoniano catene di pizzerie cresciute molto in fretta e con azionisti occulti nascosti dietro sigle offshore; gelaterie di lusso nate dal nulla; negozi di abbigliamento che spuntano ovunque con società meridionali e un Dna chiaramente da riciclaggio; finanziarie alimentate con soldi dei clan. Una trasfusione che solo in apparenza diffonde benessere, mentre trasmette un contagio letale che lentamente soffoca il mercato e la concorrenza. 


E' UNA DOPPIA EMORRAGIA che strappa al Sud risorse economiche e umane. Non è una questione solo meridionale, non si può ignorarla o sperare di confinarla in quella che una volta si chiamava con disprezzo Bassa Italia. Basterebbe poco per invertire il circuito della fuga e renderlo virtuoso: se solo si riuscisse a convincere le comunità di emigrati a investire nelle regioni d'origine, allora la linfa potrebbe tornare alle radici. I meridionali d'Argentina, d'America, di Germania e d'Australia dovrebbero essere incentivati con agevolazioni e sgravi fiscali a percorrere in senso inverso la diaspora. Non è impossibile: il Brasile lo sta facendo, trasformando l'identità in sviluppo, legando emigrati a comunità di provenienza nella nuova prosperità del gigante amazzonico. E' questo il modello Brasile a cui mi piace guardare, senza arrendermi alla nostra realtà sempre più povera di idee e di iniziativa.


Fonte: L'Espresso


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CRISI GRECA E MEZZOGIORNO di V. Mungo

Ricevo e posto questo nuovo articolo di Vincenzo Mungo
Fonte: Partito del Sud -Roma
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di V. Mungo


La grave crisi che si è aperta all’interno dell’Unione Europea a causa della crescente difficoltà da parte della Grecia a rispettare le regole relative al bilancio ed al debito pubblico annuale e complessivo riguardano per piu’ di un motivo, anche l’Italia meridionale.
Non intendiamo riferirci solo alle questioni di politica eeconomica relative ai riflessi che potrebbe avere il possibile “default“ di Atene o la sua uscita dall’euro sui conti pubblici dei vari Paesi che potrebbero risentire degli attacchi della speculazione internazionale. Questi problemi , come è ovvio, riguardano tutti i Paesi dell’Unione e l’Italia come stato unitario.
Qui intendiamo riferirci alla polemica esplosa tra Grecia e Germania sulle responsabilità della crisi e sul modo stesso in cui si deve stare all’interno delle istituzioni comunitarie. Il governo tedesco guidato da Angela Merkel è tra i piu’ accesi fautori di una linea di rigore verso la Grecia. Le istituzioni finanziarie internazionali e quelle europee hanno chiesto ad Atene di effettuare manovre economiche, per rispettare i requisiti necessari a restare nella moneta unica, molto dure che hanno drasticamente ridotto il potere di acquisto di stipendi e pensioni, aumentato fortemente l’età pensionabile e portato ad aumenti generalizzati delle tasse.

 I governi greci degli ultimi anni guidati dai socialisti del Pasok e dai conservatori di Nuova Democrazia, accusati tra l’altro di avere truccato i conti pubblici, hanno per un certo periodo di tempo accettato di varare manovre economiche che facessero fronte alle richieste delle istituzioni finanziarie internazionali. Ma di fronte alle proteste di piazza, dovute al crescente impoverimento della popolazione, i due principali partiti hanno dovuto affidare ad un governo “ tecnico” guidato da Papadimos, un banchiere legato alla finanza internazionale, il compito di varare le rigide misure di austerità che anche molti Paesi dell’Unione, Germania in testa, chiedevano alla Grecia. La popolazione, tuttavia, ha respinto chiaramente questa impostazione ed alle elezioni politiche ha duramente ridimensionato i partiti considerati piu’ vicini alle classi dirigenti politiche finanziarie capitalistiche europee (Nuova Democrazia e Pasok) ed ha assegnato la vittoria a forze “antagoniste “ rispetto all’attuale “sistema" non solo greco, ma “occidentale” nel suo insieme.
 Il partito che ha tratto maggiori benefici dal voto di protesta della popolazione è stato, come è noto, Syriza , una formazione di estrema sinistra che non chiede formalmente l’uscita del Paese dall’euro, ma che pone condizioni tali per rimanere all’interno del sistema monetario europeo da essere praticamente inaccettabili da parte delle autorità monetarie del Vecchio Continente : A tale proposito si tenga presente che Syriza ha promesso,nel corso della campagna elettorale l’integrale ripristino dei diritti dei lavoratori dipendenti intaccati dalle misure si austerità. Tra essi il ritorno a 53 anni come età minima per andare in pensione, ed il ripristino dei livelli retributivi ante – crisi , che , secondo l’OCSE, ponevano la Grecia davanti anche a Paesi piu’ industrializzati come Spagna ed Italia.
E’ chiaro che si tratta di richieste in pare provocatorie considerata la situazione debitoria della Grecia, dove il deficit di bilancio è superiore al 160% del PNL. Syriza per raggiungere gli obiettivi menzionati ha chiesto alle autorità politiche ed economiche europee di rinegoziare le condizioni per ottenere i prestiti necessari ad evitare la bancarotta del paese. Ma è chiaro che si tratta di richieste praticamente inaccoglibili, non solo perchè graverebbe molto sui bilanci di altri Paesi, in primo luogo la Germania, dove i politici e gran parte della popolazione sembrano essere poco intenzionati a pagare, ma anche perché il loro accoglimento costituirebbe un pericoloso precedente rispetto ad eventuali richieste simili di altri Paesi. Il nuovo partito della sinistra, i cui dirigenti certo non ignorano il fatto che le loro richieste quasi certamente non verranno accolte, sembra quindi essere piu’ europeista in teoria che in pratica .
Si consideri, inoltre, che alle elezioni hanno riportato un discreto successo anche i comunisti “ortodossi“ del KKE, che sono invece espressamente contrari alla partecipazione del Paese all’”euro”. Una formazione con caratteristiche identitarie che ha ottenuto un certo successo, circa l’8% dei voti alle elezioni è stata “ Alba dorata”, che non è un partito neo-nazista come definito da molti media “ europei con l’evidente intento di criminalizzarla, ma una formazione dall’ideologia piuttosto confusa e in alcuni casi non condividibile, che comunque evidenzia l’esigenza di radicale cambiamento sentita anche da greci di destra (si consideri che Syriza ha avuto contatti con Alba dorata durante le consultazioni per la formazione del governo).

 Quello che sta avvenendo in Grecia deve, a nostro avviso, interessare anche gli abitanti dell’Italia meridionale, anche perché molte citta’ del Sud (ad iniziare da Napoli) furono fondate da coloni greci e fino a circa novecento anni fa i rapporti tra il meridione della penisola (ad iniziare dal ducato di Napoli) e l’impero bizantino erano assai stretti e consentirono ad entrambi di fronteggiare con successo, per diversi secoli, sia i tentativi di invasione che venivano dal mondo germanico, sia quelli che venivano dal mondo arabo – islamico. Anche in epoca contemporanea i due popoli mediterranei sembrano avere un destino comune, nel senso che entrambi devono fronteggiare le intromissioni neo-colonialistiche nella loro vita politica e sociale che spesso vengono dall’Europa centro-settentrionale . Ed il Mezzogiorno d’Italia per essere piu’ ascoltato, anche per quel che riguarda i problemi economici, dovrebbe seguire l’esempio greco: partire dalle proprie radici culturali per costituire movimenti politici ideologicizzati che contestino i modelli sociali ed economici dominanti imposti dalla cosiddetta “globalizzazione”. Solo in questo modo sarà possibile contrastare seriamente le classi dirigenti capitalistiche settentrionali che, nella loro divisione del lavoro a livello internazionale, hanno considerato sempre il Sud Italia come un’area da “ colonizzare “ culturalmente e la cui funzione economica dovrebbe essere solo quella di fornire manodopera a basso costo (oggi soprattutto intellettuale) alle aziende del Nord e di fungere da “mercato di consumo“. Per criticare il sistema economico-sociale che ha permesso le menzionate ingiustizie, è necessario partire da teorie politiche che ne contestino la legittimità e che propongano anche delle alternative che riguardino sia l’aspetto politico istituzionale, che quello economico –sociale. Solo in questo modo sarà possibile portare al centro dell’attenzione la questione del Sud Italia e, piu’ in generale, delle altre regioni mediterranee. Le sole rivendicazioni basate su motivi pratici e contingenti (ad es. quelle dei vari movimenti dei disoccupati a Napoli, o quelle dei lavoratori della FIAT a Termini Imerese) sono destinate a non raggiungere alcun risultato, poiché non appoggiate da movimenti che si pongono il problema della “critica dell’esistente”. Le classi dirigenti del capitalismo “occidentale“, in mancanza di movimenti socio culturali in grado di contestarle alla radice, al massimo daranno qualche “contentino”, ma preferiranno sempre avvantaggiare le aree del Centro-Nord Europa e del Nord America dove, nei secoli hanno trovato una maggiore legittimazione popolare.


Fonte: Partito del Sud -Roma

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Ricevo e posto questo nuovo articolo di Vincenzo Mungo
Fonte: Partito del Sud -Roma
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di V. Mungo


La grave crisi che si è aperta all’interno dell’Unione Europea a causa della crescente difficoltà da parte della Grecia a rispettare le regole relative al bilancio ed al debito pubblico annuale e complessivo riguardano per piu’ di un motivo, anche l’Italia meridionale.
Non intendiamo riferirci solo alle questioni di politica eeconomica relative ai riflessi che potrebbe avere il possibile “default“ di Atene o la sua uscita dall’euro sui conti pubblici dei vari Paesi che potrebbero risentire degli attacchi della speculazione internazionale. Questi problemi , come è ovvio, riguardano tutti i Paesi dell’Unione e l’Italia come stato unitario.
Qui intendiamo riferirci alla polemica esplosa tra Grecia e Germania sulle responsabilità della crisi e sul modo stesso in cui si deve stare all’interno delle istituzioni comunitarie. Il governo tedesco guidato da Angela Merkel è tra i piu’ accesi fautori di una linea di rigore verso la Grecia. Le istituzioni finanziarie internazionali e quelle europee hanno chiesto ad Atene di effettuare manovre economiche, per rispettare i requisiti necessari a restare nella moneta unica, molto dure che hanno drasticamente ridotto il potere di acquisto di stipendi e pensioni, aumentato fortemente l’età pensionabile e portato ad aumenti generalizzati delle tasse.

 I governi greci degli ultimi anni guidati dai socialisti del Pasok e dai conservatori di Nuova Democrazia, accusati tra l’altro di avere truccato i conti pubblici, hanno per un certo periodo di tempo accettato di varare manovre economiche che facessero fronte alle richieste delle istituzioni finanziarie internazionali. Ma di fronte alle proteste di piazza, dovute al crescente impoverimento della popolazione, i due principali partiti hanno dovuto affidare ad un governo “ tecnico” guidato da Papadimos, un banchiere legato alla finanza internazionale, il compito di varare le rigide misure di austerità che anche molti Paesi dell’Unione, Germania in testa, chiedevano alla Grecia. La popolazione, tuttavia, ha respinto chiaramente questa impostazione ed alle elezioni politiche ha duramente ridimensionato i partiti considerati piu’ vicini alle classi dirigenti politiche finanziarie capitalistiche europee (Nuova Democrazia e Pasok) ed ha assegnato la vittoria a forze “antagoniste “ rispetto all’attuale “sistema" non solo greco, ma “occidentale” nel suo insieme.
 Il partito che ha tratto maggiori benefici dal voto di protesta della popolazione è stato, come è noto, Syriza , una formazione di estrema sinistra che non chiede formalmente l’uscita del Paese dall’euro, ma che pone condizioni tali per rimanere all’interno del sistema monetario europeo da essere praticamente inaccettabili da parte delle autorità monetarie del Vecchio Continente : A tale proposito si tenga presente che Syriza ha promesso,nel corso della campagna elettorale l’integrale ripristino dei diritti dei lavoratori dipendenti intaccati dalle misure si austerità. Tra essi il ritorno a 53 anni come età minima per andare in pensione, ed il ripristino dei livelli retributivi ante – crisi , che , secondo l’OCSE, ponevano la Grecia davanti anche a Paesi piu’ industrializzati come Spagna ed Italia.
E’ chiaro che si tratta di richieste in pare provocatorie considerata la situazione debitoria della Grecia, dove il deficit di bilancio è superiore al 160% del PNL. Syriza per raggiungere gli obiettivi menzionati ha chiesto alle autorità politiche ed economiche europee di rinegoziare le condizioni per ottenere i prestiti necessari ad evitare la bancarotta del paese. Ma è chiaro che si tratta di richieste praticamente inaccoglibili, non solo perchè graverebbe molto sui bilanci di altri Paesi, in primo luogo la Germania, dove i politici e gran parte della popolazione sembrano essere poco intenzionati a pagare, ma anche perché il loro accoglimento costituirebbe un pericoloso precedente rispetto ad eventuali richieste simili di altri Paesi. Il nuovo partito della sinistra, i cui dirigenti certo non ignorano il fatto che le loro richieste quasi certamente non verranno accolte, sembra quindi essere piu’ europeista in teoria che in pratica .
Si consideri, inoltre, che alle elezioni hanno riportato un discreto successo anche i comunisti “ortodossi“ del KKE, che sono invece espressamente contrari alla partecipazione del Paese all’”euro”. Una formazione con caratteristiche identitarie che ha ottenuto un certo successo, circa l’8% dei voti alle elezioni è stata “ Alba dorata”, che non è un partito neo-nazista come definito da molti media “ europei con l’evidente intento di criminalizzarla, ma una formazione dall’ideologia piuttosto confusa e in alcuni casi non condividibile, che comunque evidenzia l’esigenza di radicale cambiamento sentita anche da greci di destra (si consideri che Syriza ha avuto contatti con Alba dorata durante le consultazioni per la formazione del governo).

 Quello che sta avvenendo in Grecia deve, a nostro avviso, interessare anche gli abitanti dell’Italia meridionale, anche perché molte citta’ del Sud (ad iniziare da Napoli) furono fondate da coloni greci e fino a circa novecento anni fa i rapporti tra il meridione della penisola (ad iniziare dal ducato di Napoli) e l’impero bizantino erano assai stretti e consentirono ad entrambi di fronteggiare con successo, per diversi secoli, sia i tentativi di invasione che venivano dal mondo germanico, sia quelli che venivano dal mondo arabo – islamico. Anche in epoca contemporanea i due popoli mediterranei sembrano avere un destino comune, nel senso che entrambi devono fronteggiare le intromissioni neo-colonialistiche nella loro vita politica e sociale che spesso vengono dall’Europa centro-settentrionale . Ed il Mezzogiorno d’Italia per essere piu’ ascoltato, anche per quel che riguarda i problemi economici, dovrebbe seguire l’esempio greco: partire dalle proprie radici culturali per costituire movimenti politici ideologicizzati che contestino i modelli sociali ed economici dominanti imposti dalla cosiddetta “globalizzazione”. Solo in questo modo sarà possibile contrastare seriamente le classi dirigenti capitalistiche settentrionali che, nella loro divisione del lavoro a livello internazionale, hanno considerato sempre il Sud Italia come un’area da “ colonizzare “ culturalmente e la cui funzione economica dovrebbe essere solo quella di fornire manodopera a basso costo (oggi soprattutto intellettuale) alle aziende del Nord e di fungere da “mercato di consumo“. Per criticare il sistema economico-sociale che ha permesso le menzionate ingiustizie, è necessario partire da teorie politiche che ne contestino la legittimità e che propongano anche delle alternative che riguardino sia l’aspetto politico istituzionale, che quello economico –sociale. Solo in questo modo sarà possibile portare al centro dell’attenzione la questione del Sud Italia e, piu’ in generale, delle altre regioni mediterranee. Le sole rivendicazioni basate su motivi pratici e contingenti (ad es. quelle dei vari movimenti dei disoccupati a Napoli, o quelle dei lavoratori della FIAT a Termini Imerese) sono destinate a non raggiungere alcun risultato, poiché non appoggiate da movimenti che si pongono il problema della “critica dell’esistente”. Le classi dirigenti del capitalismo “occidentale“, in mancanza di movimenti socio culturali in grado di contestarle alla radice, al massimo daranno qualche “contentino”, ma preferiranno sempre avvantaggiare le aree del Centro-Nord Europa e del Nord America dove, nei secoli hanno trovato una maggiore legittimazione popolare.


Fonte: Partito del Sud -Roma

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SISMA EMILIA: DE MAGISTRIS, CON IL CUORE VICINO A POPOLAZIONI COLPITE

Riceviamo e postiamo:


SISMA EMILIA: DE MAGISTRIS, CON IL CUORE VICINO A POPOLAZIONI COLPITE


“Con il cuore vicino alle popolazioni colpite dal terremoto. Napoli metterà in campo tutte le azioni utili a sostenere Regione Emilia-Romagna”. 
Lo scrive su Twitter il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.


--
Marzia Bonacci
portavoce Luigi de Magistris
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Riceviamo e postiamo:


SISMA EMILIA: DE MAGISTRIS, CON IL CUORE VICINO A POPOLAZIONI COLPITE


“Con il cuore vicino alle popolazioni colpite dal terremoto. Napoli metterà in campo tutte le azioni utili a sostenere Regione Emilia-Romagna”. 
Lo scrive su Twitter il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.


--
Marzia Bonacci
portavoce Luigi de Magistris

TeleStudioModena - "UNITA' SENZA VERITA" - INSORGENZE VISIVE di GENNARO PISCO


http://www.youtube.com/watch?v=IvyXvRCe56k&feature=share

Un Servizio di TSM TeleStudioModena sul 3° Appuntamento della Mostra Itinerante (questa volta a Modena ) [dal 5 maggio al 19 maggio 2012] ; UNITA' SENZA VERITA' - INSORGENZE VISIVE dell'Artista e ( Ricercatore in questo caso) Prof. GENNARO PISCO - .

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http://www.youtube.com/watch?v=IvyXvRCe56k&feature=share

Un Servizio di TSM TeleStudioModena sul 3° Appuntamento della Mostra Itinerante (questa volta a Modena ) [dal 5 maggio al 19 maggio 2012] ; UNITA' SENZA VERITA' - INSORGENZE VISIVE dell'Artista e ( Ricercatore in questo caso) Prof. GENNARO PISCO - .

La Solidarietà, tra i valori del Sud, sempre...





Il PARTITO DEL SUD,  a nome di tutti i suoi iscritti, esprime tutta la vicinanza e solidarietà agli abitanti di quelle terre del Nord colpite così tragicamente dalle ripetute scosse di terremoto!

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Il PARTITO DEL SUD,  a nome di tutti i suoi iscritti, esprime tutta la vicinanza e solidarietà agli abitanti di quelle terre del Nord colpite così tragicamente dalle ripetute scosse di terremoto!

martedì 29 maggio 2012

Cosenza: il libro di Gigi Di Fiore "Controstoria della Liberazione"

http://www.youtube.com/watch?v=9aCcVZSwcCs

 Gigi Di Fiore, giornalista de "Il Mattino", alle prese con la "Controstoria della Liberazione", il suo nuovo volume presentato a Cosenza per iniziativa del Partito del Sud. Dopo aver esaminato in altri libri le origini dei guai del Mezzogiorno, che affondano le radici nell'unità, o meglio nell'annessione, da parte del Piemonte, Di Fiore analizza ciò che accadde alla fine della Seconda Guerra Mondiale. E dimostra, documenti alla mano, che anche la Liberazione è stata diversa, tra Nord e Sud. E ha marcato ancora di più il divario tra le due "Italie".

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http://www.youtube.com/watch?v=9aCcVZSwcCs

 Gigi Di Fiore, giornalista de "Il Mattino", alle prese con la "Controstoria della Liberazione", il suo nuovo volume presentato a Cosenza per iniziativa del Partito del Sud. Dopo aver esaminato in altri libri le origini dei guai del Mezzogiorno, che affondano le radici nell'unità, o meglio nell'annessione, da parte del Piemonte, Di Fiore analizza ciò che accadde alla fine della Seconda Guerra Mondiale. E dimostra, documenti alla mano, che anche la Liberazione è stata diversa, tra Nord e Sud. E ha marcato ancora di più il divario tra le due "Italie".

La “Repubblica Partenopea” al servizio dell’occupante francese


Alessandro Citarella, Segretario Provinciale del Partito del Sud – Napoli

Nuovo saggio storico sulla nostra storia nascosta:

“Il ferro e il fuoco del nemico esercito francese”


Ho avuto la piacevole sorpresa di poter acquistare un saggio storico, “Il ferro e il fuoco del nemico esercito francese”, direttamente da Guglielmo Di Grezia giorni fa a Roma, dove ci siamo incontrati anche con altri amici per una giornata di lavoro politico del Partito del Sud.  Leggendo il saggio, èstato ancora più bello scoprire che il testo è scorrevole da leggere, sintetico perché è proposto in poco più di 100 pagine, ed è un concentrato di storia scritto in modo semplice e lineare, utile per capire bene quanto sia mistificatoria, ed ancora una volta volutamente travisata, la storia di un periodo nel nostro paese.
Dalla lettura ho appreso che nel periodo della cosiddetta Repubblica Partenopea, l’Irpinia è stata invasa dalle armate francesi e che due terzi della cittadina di Mercogliano fu distrutta dagli invasori.  I francesi, come i loro cugini piemontesi sessantuno anni più tardi, si dichiararono “liberatori”, ma non è ancora possibile sapere bene da chi dovessero liberare le popolazioni locali.
Dai documenti demografici e contabili, è possibile ricostruire una puntuale ed esatta rendicontazione di un genocidio e di una rapina.  Il valore storico dei documenti trovati e messi in sicurezza a Mercogliano è incalcolabile, perché senza pari, e permettono di riscrivere un altro pezzo di storia raccontando la verità, una verità che ancora una volta è l’esatto opposto di quella scritta per educare alle bugie tutti coloro che frequentano le scuole di questa nazione.
Il libro è scritto a più  mani: Guglielmo Di Grezia, irpino mai dimentico delle proprie radici e della storia vera della propria terra, della propria patria; Vincenzo Gulì, uno storico che ben conosciamo; don Vitaliano Della Sala, sacerdote scomodo per gli oscuratori dei mali della società, ma sempre presente tra chi ha bisogno o dove l’ipocrisia non lo vorrebbe; e da altri ricercatori di valore che hanno partecipato allo scavo dei documenti.
I ricavi della vendita del ben documentato saggio saranno devoluti interamente a lavori per sistemare l’archivio della chiesa di Mercogliano, dove sono conservati tanti documenti che testimoniano la storia, non più perduta, della nostra Patria duo siciliana.
Per chi avesse ancora dei dubbi sulla natura della cosiddetta Repubblica Partenopea e le reali intenzioni dei francesi mandati da Napoleone, ci sono i 60 mila cittadini dei nostri territori massacrati in sei mesi di occupazione francese che sono stati totalmente dimenticati dalla storiografia ufficiale. Fra questi, 10 mila eroi, i Lazzari, caddero nel disperato tentativo di difendere la Napoli dalle truppe giacobine.  A fronte dei nostri 60 mila morti, si ebbero un migliaio di morti fra le truppe francesi e poco più di un centinaio di nobili e borghesi giacobini napoletani condannati a morte dopo la cacciata degli invasori, per aver tradito Napoli e per aver aiutato l’invasore.  Se Napoli ricorda i “martiri” giacobini, è sintomatico che non si ricordano i 60 mila cittadini uccisi dai giacobini nostrani e dai francesi, e non si racconta la raccapricciante storia delle esecuzioni sommarie, delle torture e degli stupri, documentati anche dai napoleonici, di molte migliaia di civili tra cui anche donne, vecchi e bambini, al grido di “libertè, egalitè, fraternitè”.  E’ ancora incredibile che ci sia chi fa spaccia per oro le nefandezze del tradimento giacobino, rinnegando le proprie origini e la verità storica.
Ringrazio e porgo omaggio, sperando poi di farlo di persona, a tutti coloro che hanno partecipato alla produzione del libro.  Consiglio di leggerlo e di aiutare a diffonderlo perché il momento è favorevole affinché studiosi “non giacobini”, non di parte, possano continuare a conquistare lo spazio che meritano, riducendo quello dei “tifosi” dello straniero francese e piemontese, e che ci hanno offuscato la mente e la volontà in nome e per conto dei colonizzatori di ieri e di oggi.

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Alessandro Citarella, Segretario Provinciale del Partito del Sud – Napoli

Nuovo saggio storico sulla nostra storia nascosta:

“Il ferro e il fuoco del nemico esercito francese”


Ho avuto la piacevole sorpresa di poter acquistare un saggio storico, “Il ferro e il fuoco del nemico esercito francese”, direttamente da Guglielmo Di Grezia giorni fa a Roma, dove ci siamo incontrati anche con altri amici per una giornata di lavoro politico del Partito del Sud.  Leggendo il saggio, èstato ancora più bello scoprire che il testo è scorrevole da leggere, sintetico perché è proposto in poco più di 100 pagine, ed è un concentrato di storia scritto in modo semplice e lineare, utile per capire bene quanto sia mistificatoria, ed ancora una volta volutamente travisata, la storia di un periodo nel nostro paese.
Dalla lettura ho appreso che nel periodo della cosiddetta Repubblica Partenopea, l’Irpinia è stata invasa dalle armate francesi e che due terzi della cittadina di Mercogliano fu distrutta dagli invasori.  I francesi, come i loro cugini piemontesi sessantuno anni più tardi, si dichiararono “liberatori”, ma non è ancora possibile sapere bene da chi dovessero liberare le popolazioni locali.
Dai documenti demografici e contabili, è possibile ricostruire una puntuale ed esatta rendicontazione di un genocidio e di una rapina.  Il valore storico dei documenti trovati e messi in sicurezza a Mercogliano è incalcolabile, perché senza pari, e permettono di riscrivere un altro pezzo di storia raccontando la verità, una verità che ancora una volta è l’esatto opposto di quella scritta per educare alle bugie tutti coloro che frequentano le scuole di questa nazione.
Il libro è scritto a più  mani: Guglielmo Di Grezia, irpino mai dimentico delle proprie radici e della storia vera della propria terra, della propria patria; Vincenzo Gulì, uno storico che ben conosciamo; don Vitaliano Della Sala, sacerdote scomodo per gli oscuratori dei mali della società, ma sempre presente tra chi ha bisogno o dove l’ipocrisia non lo vorrebbe; e da altri ricercatori di valore che hanno partecipato allo scavo dei documenti.
I ricavi della vendita del ben documentato saggio saranno devoluti interamente a lavori per sistemare l’archivio della chiesa di Mercogliano, dove sono conservati tanti documenti che testimoniano la storia, non più perduta, della nostra Patria duo siciliana.
Per chi avesse ancora dei dubbi sulla natura della cosiddetta Repubblica Partenopea e le reali intenzioni dei francesi mandati da Napoleone, ci sono i 60 mila cittadini dei nostri territori massacrati in sei mesi di occupazione francese che sono stati totalmente dimenticati dalla storiografia ufficiale. Fra questi, 10 mila eroi, i Lazzari, caddero nel disperato tentativo di difendere la Napoli dalle truppe giacobine.  A fronte dei nostri 60 mila morti, si ebbero un migliaio di morti fra le truppe francesi e poco più di un centinaio di nobili e borghesi giacobini napoletani condannati a morte dopo la cacciata degli invasori, per aver tradito Napoli e per aver aiutato l’invasore.  Se Napoli ricorda i “martiri” giacobini, è sintomatico che non si ricordano i 60 mila cittadini uccisi dai giacobini nostrani e dai francesi, e non si racconta la raccapricciante storia delle esecuzioni sommarie, delle torture e degli stupri, documentati anche dai napoleonici, di molte migliaia di civili tra cui anche donne, vecchi e bambini, al grido di “libertè, egalitè, fraternitè”.  E’ ancora incredibile che ci sia chi fa spaccia per oro le nefandezze del tradimento giacobino, rinnegando le proprie origini e la verità storica.
Ringrazio e porgo omaggio, sperando poi di farlo di persona, a tutti coloro che hanno partecipato alla produzione del libro.  Consiglio di leggerlo e di aiutare a diffonderlo perché il momento è favorevole affinché studiosi “non giacobini”, non di parte, possano continuare a conquistare lo spazio che meritano, riducendo quello dei “tifosi” dello straniero francese e piemontese, e che ci hanno offuscato la mente e la volontà in nome e per conto dei colonizzatori di ieri e di oggi.

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Poeti e autori del Sud cancellati dalle indicazioni del Ministero

http://www.youtube.com/watch?v=Mjxpn1hNCMw&feature=player_embedded#!

 Le dichiarazioni di Pino Aprile, giornalista, ex direttore di Oggi e Gente, autore di Terroni e Giù al Sud. Intervista di Fulvia Subanìa .

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http://www.youtube.com/watch?v=Mjxpn1hNCMw&feature=player_embedded#!

 Le dichiarazioni di Pino Aprile, giornalista, ex direttore di Oggi e Gente, autore di Terroni e Giù al Sud. Intervista di Fulvia Subanìa .

lunedì 28 maggio 2012

Nuovo referente del PdSUD nelle Marche!



Il Partito del Sud continua il suo radicamento sul territorio e con enorme piacere annuncia il suo nuovo referente per la Regione Marche, si tratta di Angelo Angellotti e tutti i simpatizzanti in zona possono contattarlo ed inviargli un'email scrivendo a:

marche@partitodelsud.eu


In bocca al lupo al nostro nuovo amico per la crescita del nostro movimento, con nuovi iscritti e apertura nuove sezioni, anche in terra marchigiana da parte di tutto il CDN e sicuramente anche di tutti gli iscritti e simpatizzanti..


Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
Partito del Sud
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Il Partito del Sud continua il suo radicamento sul territorio e con enorme piacere annuncia il suo nuovo referente per la Regione Marche, si tratta di Angelo Angellotti e tutti i simpatizzanti in zona possono contattarlo ed inviargli un'email scrivendo a:

marche@partitodelsud.eu


In bocca al lupo al nostro nuovo amico per la crescita del nostro movimento, con nuovi iscritti e apertura nuove sezioni, anche in terra marchigiana da parte di tutto il CDN e sicuramente anche di tutti gli iscritti e simpatizzanti..


Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
Partito del Sud

LAVORO E SUD. COSI' L'ITALIA PUO' USCIRE DALLA CRISI

di Riccardo Iacona - 28 Maggio 2012

Stato e imprese non hanno soldi, e alla crisi economica si sovrappone quella politica. Ma tornare a crescere si può. Come? Estirpando l'illegalità dal mercato del lavoro, tornando a investire sul Mezzogiorno, combattendo senza sconti l'evasione

Abbiamo incontrato Riccardo Iacona, autore dell'Ebook "Il Popolo Tradito", uscito nella collana "Original Ebook" di Chiarelettere.

Negli ultimi anni ha girato l'Italia in lungo e in largo. Quanto è cambiato il nostro paese? E' un'Italia in ginocchio?

Intanto è in ginocchio dal punto di vista economico, non c'è dubbio, non lo dico io, lo dicono tutti i fondamentali. È il dramma vero, anche il dramma dei tecnici che stanno governando, continuamente annunciato: non vendono fumo, l'hanno detto, siamo in recessione, lo siamo ancora per il prossimo anno e il nostro destino è legato a quello che succede sui mercati internazionali e a come risponderà l'Europa a questa crisi.

Quindi da questo punto di vista siamo per forza in ginocchio. Sono impressionanti le ultime rilevazioni Istat. Per esempio la conferma, finalmente nero su bianco (anche se l'avevamo detto, è stato detto in tante trasmissioni, l'abbiamo fatto vedere) del fatto che le nuove generazioni stanno crescendo meno delle vecchie. I figli stanno facendo un passo indietro rispetto alle possibilità dei padri. Sono impressionanti i dati dei ragazzi che prendono e partono, lasciano l'Italia. Stiamo tornando a essere un paese di forte emigrazione, forte emigrazione dal Sud verso il Nord, dall'Italia verso il resto del mondo.

Il reddito: mancano i soldi, non ci sono più i soldi, sta diventando un'economia di carta. Le aziende lavorano e non vengono pagate, quindi poi vanno in banca e si fanno scontare le fatture, a loro volta non pagano i fornitori. Sta dilagando questa economia di carta fatta solo di "pagherò" in cui non ci sono più i soldi, e senza soldi non si fanno investimenti, se non si fanno investimenti non c'è la crescita, il sistema bancario è in difficoltà, questi sono i dati drammatici.

Naturalmente a questo si aggiunge una peculiarità tutta nostra. Quest'anno quando siamo andati in Grecia a vedere come era la situazione, abbiamo scoperto che ci sono molte similitudini con le pratiche politiche nostre: anche la Grecia è un paese dove si fa tantissima evasione fiscale, anche in Grecia c'è stata tanta mala politica, una congestione sostanzialmente tra i partiti di destra e di sinistra, tutta volta a comprarsi i voti aumentando il deficit del bilancio pubblico e anche in Grecia non c'è mai stata una politica economica vera.

Sono 10 anni che non si fa una politica industriale vera in questo paese. L'ultimo governo, questa lunga esperienza Berlusconi - Lega è stata un'esperienza drammatica da questo punto di vista. Ci hanno sempre detto che andava tutto bene, ma non solo. Hanno abbandonato le grandi questioni del paese, come la questione meridionale: vittime della politica del federalismo della Lega, si è smesso di investire al Sud. Se tu non investi in una parte del paese, chiaramente tutto il paese va a rotoli. Il grande dato è la crisi del Sud e la chiusura dei distretti industriali del Nord.

Poi c'è una crisi politica che secondo me è quasi più importante di questa economica, adesso che dovrebbe essere il momento di cercare nuove strade per uscire dalla crisi, per acchiappare la crescita e decidere dove dobbiamo crescere oppure no è il momento di più grande debolezza dei partiti. È l'unione di queste tre difficoltà che rende la situazione italiana veramente difficile.

Tra precarietà, contratti a termine, false partite iva, stage, lavoro non retribuito o a nero, che prospettive hanno i giovani?

Il più grande scandalo dell'Italia moderna e anche una delle ragioni della nostra crisi: non riusciamo a far entrare stabilmente nel mercato del lavoro le nuove generazioni. Nell'Italia degli anni '60-'50, il miracolo economico si è fatto sulle gambe di giovani uomini e giovani donne. Non erano gli anziani che hanno portato avanti il paese; erano i giovani che lasciavano il Sud per andare a lavorare nelle fabbriche del Nord, erano i giovani che si laureavano e diventavano professionisti.

Io stesso, che oggi ho 55 anni, ho fatto la mia gavetta, i miei contratti a termine, però sono entrato dentro un meccanismo, dentro una bottega artigianale dove una volta imparato il mestiere c'era la possibilità, come c'è stata, per mettere le mani su un lavoro, su una professione. Invece adesso noi siamo davanti a un mercato del lavoro che è totalmente illegale. Dietro la sua domanda c'è l'illegalità del mercato del lavoro, non l'incapacità dei giovani di proporsi, ma il fatto che anche se si propongono poi alla fine più della falsa partita Iva, più del contratto a termine, più dello stage non pagato non riescono a ottenere.

Questo è il figlio di una pratica politica precisa: noi abbiamo scambiato la flessibilità in entrata con l'illegalità. In un mercato del lavoro dove il 30% si produce a nero, dove ancora si lavora a nero, è stato il dramma totale. Senza controlli, senza aumentare nel frattempo la leva dei controlli! Per cui noi abbiamo tantissime migliaia di false partite Iva: ce l'ho nella mia redazione e l'ho denunciato, ho fatto l'outing più di questo cosa devo fare? Nei confronti della mia azienda, la RAI, ho detto: guardate noi abbiamo giornalisti iscritti all'ordine che lavorano in un programma in prima serata come Presadiretta con la partita Iva, eppure la RAI è l'unico datore di lavoro.

La battaglia ormai non è neanche più quella del posto fisso, è quella di avere il contratto giusto per il tempo che uno lavora; possibilmente se a tempo determinato guadagnando il doppio di quelli che sono a tempo indeterminato, perché tu la devi pagare in un certo senso la precarietà. Adesso vedremo cosa tirerà fuori la Fornero su questo tema perché c'è tanto da fare prima di pensare alla flessibilità in uscita; c'è tanto da tagliare in questa giungla di finti contratti. Siamo arrivati all'assurdo che ci sono manovali che lavorano con la partita Iva per fare i manovali.

Poi la capacità che ha un paese di produrre posti di lavoro è tutto un altro discorso. Adesso certo siamo in crisi, quindi c'è meno lavoro per tutti. In Spagna cominciano a licenziare, quindi non è più la Spagna di quando ci andavano 4 anni fa i ragazzi e trovavano il lavoro, ma il lavoro che trovano è un lavoro vero! È un lavoro a tempo determinato con il contratto giusto, con i contributi e il sussidio di disoccupazione: non abbiamo neanche quello! Quindi per i giovani in Italia è un disastro totale, tutte le professioni stanno diventando non professioni: l'architetto, l'ingegnere, il giornalista.

La crisi è stata percepita diversamente nel nord e nel sud Italia?

E' aumentata la differenza tra la capacità di produzione del Pil del Sud rispetto al Nord, quindi rispetto agli anni della Cassa del Mezzogiorno, la questione meridionale è diventata ancora più grave, c'è ancora più distanza tra il Nord e il Sud. Tanto che se noi prendessimo il Sud da solo, come capacità produttiva di Pil, ma anche come sistema industriale, si avvicina molto di più ai paesi del Maghreb di quanto possiamo immaginare.

Questo è un modo di vedere le cose; poi c'è un altro modo secondo me più interessante di vedere le cose ed è vedere quanto questa differenza sta buttando giù l'Italia nel suo complesso. La questione del Sud, per come la vedo io e per come la leggono molti meridionalisti interessati veramente all'argomento, è una questione nazionale. A meno di non immaginare un'Italia spaccata - cosa che ha fatto parte anche delle strategie di governo perlomeno per la parte del partito che lo sosteneva, la Lega, che esplicitamente ha lavorato alla spaccatura e ha venduto ai suoi elettori il fatto che il Nord è più vicino all'Europa del Sud, per cui se fosse attaccato all'Europa tutti starebbero meglio - però se ha ancora un senso l'Italia unita, questa Italia è unita solo se il Sud riprende a crescere.

Perché il Sud riprenda a crescere, bisogna buttare risorse aggiuntive. Finora sono stati fatti solo tagli, tagli alla spesa ordinaria. Bisogna fare come ha fatto la Germania: la Germania in 20 anni è riuscita a rimettere a pari la Germania dell'Est, il suo Sud con il suo Nord. L'ha fatto mettendoci dei soldi. Se oggi però la Germania è così forte è perché l'Est è cresciuto, altrimenti non avrebbe questo mercato di 80 milioni di persone! Adesso il dato non me lo ricordo ma è impressionante quanto è importante per le industrie del Nord il mercato del Sud. Noi stiamo raggiungendo dei livelli di impoverimento nel Sud, per cui mi sembra che c'è un lavoro fisso, con un salario vero, per ogni 3 o 4 persone che lavorano al Sud! Siamo sotto la media Ocse, non ci sono più i soldi per comprare: un Sud così non può fare altro che trascinare nella non crescita anche il Nord.

È una questione proprio di investimenti: noi abbiamo pensato - questa è stata la tragica idea leghista che, devo dire, è passata un po' anche nella cultura del centro-sinistra - che ogni territorio ce la potesse fare da solo, bastava la buona amministrazione. Non è così! Non puoi risolvere un problema come Napoli - la più grande metropoli del Sud, la terza ex città industriale, una città che puoi paragonare a Berlino Est dal punto di vista delle cose che devi fare - pensando che ce la devono fare quelli di Napoli con i loro soldi. È una grande occasione per le grandi industrie Hi Tech per quelli che costruiscono, per quelli che fanno industria, il fatto di investire in un Sud per farlo crescere. Quindi penso che ce la possiamo fare solo se riuniamo e facciamo tornare a diventare la questione del Sud una grande questione nazionale, altrimenti condanneremo una parte importante del paese, dove vive il 35% della popolazione italiana, dove ci sono un sacco di ragazzi, un sacco di figli, cose che sono delle ricchezze da altre parti, dove c'è un'enorme scolarizzazione, tante università, li costringiamo a vivere a livello della Tunisia: quelli se ne andranno e l'Italia crollerà.

La corruzione, l'evasione fiscale, le organizzazioni criminali, cosa può fare un cittadino onesto?

Questi sono processi che si comandano, si guidano verso la soluzione dall'alto. Non è che possiamo immaginare di chiedere agli evasori di non evadere; perché tutti evaderebbero se potessero. In Francia si evade di meno perché non conviene evadere: ci sono una serie di leggi, di meccanismi, oltre al fatto che è considerato un po' più un tabù. Da noi l'evasione è diventato un modo per fare economia, talmente grande da avere delle cifre stratosferiche: si parla di 120 miliardi di euro l'anno; la stessa cosa dicasi per il Pil a nero e poi ci si mette di mezzo la corruzione come collante politico che tiene su insieme questa società così illegale. Di illegalità si muore come ci insegna la Grecia, quindi da quella parte certamente non usciamo. Che possiamo fare? I dipendenti, quelli che hanno lo stipendio fisso, i pochi che rimangono, sempre di meno, quelli già pagano.

Dal punto di vista della battaglia politica dobbiamo costringere chi ci governa ad andare avanti direi senza pietà su quel terreno. Certo adesso c'è la crisi economica: alla battaglia all'evasione fiscale si intrecciano anche i temi della povertà, per cui ci troviamo a cose assurde: la gente che si ammazza perché magari lo Stato non paga, perché il fisco è stato vessatorio, perché non hanno rateizzato. Si possono inventare milioni di meccanismi. Una cosa però che non si può fare, non si può tornare indietro, perché quella è precisamente la strada che è stata seguita da tutti i governi e che ci ha portato sull'orlo del baratro!

Fonte Cadoinpiedi.it

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di Riccardo Iacona - 28 Maggio 2012

Stato e imprese non hanno soldi, e alla crisi economica si sovrappone quella politica. Ma tornare a crescere si può. Come? Estirpando l'illegalità dal mercato del lavoro, tornando a investire sul Mezzogiorno, combattendo senza sconti l'evasione

Abbiamo incontrato Riccardo Iacona, autore dell'Ebook "Il Popolo Tradito", uscito nella collana "Original Ebook" di Chiarelettere.

Negli ultimi anni ha girato l'Italia in lungo e in largo. Quanto è cambiato il nostro paese? E' un'Italia in ginocchio?

Intanto è in ginocchio dal punto di vista economico, non c'è dubbio, non lo dico io, lo dicono tutti i fondamentali. È il dramma vero, anche il dramma dei tecnici che stanno governando, continuamente annunciato: non vendono fumo, l'hanno detto, siamo in recessione, lo siamo ancora per il prossimo anno e il nostro destino è legato a quello che succede sui mercati internazionali e a come risponderà l'Europa a questa crisi.

Quindi da questo punto di vista siamo per forza in ginocchio. Sono impressionanti le ultime rilevazioni Istat. Per esempio la conferma, finalmente nero su bianco (anche se l'avevamo detto, è stato detto in tante trasmissioni, l'abbiamo fatto vedere) del fatto che le nuove generazioni stanno crescendo meno delle vecchie. I figli stanno facendo un passo indietro rispetto alle possibilità dei padri. Sono impressionanti i dati dei ragazzi che prendono e partono, lasciano l'Italia. Stiamo tornando a essere un paese di forte emigrazione, forte emigrazione dal Sud verso il Nord, dall'Italia verso il resto del mondo.

Il reddito: mancano i soldi, non ci sono più i soldi, sta diventando un'economia di carta. Le aziende lavorano e non vengono pagate, quindi poi vanno in banca e si fanno scontare le fatture, a loro volta non pagano i fornitori. Sta dilagando questa economia di carta fatta solo di "pagherò" in cui non ci sono più i soldi, e senza soldi non si fanno investimenti, se non si fanno investimenti non c'è la crescita, il sistema bancario è in difficoltà, questi sono i dati drammatici.

Naturalmente a questo si aggiunge una peculiarità tutta nostra. Quest'anno quando siamo andati in Grecia a vedere come era la situazione, abbiamo scoperto che ci sono molte similitudini con le pratiche politiche nostre: anche la Grecia è un paese dove si fa tantissima evasione fiscale, anche in Grecia c'è stata tanta mala politica, una congestione sostanzialmente tra i partiti di destra e di sinistra, tutta volta a comprarsi i voti aumentando il deficit del bilancio pubblico e anche in Grecia non c'è mai stata una politica economica vera.

Sono 10 anni che non si fa una politica industriale vera in questo paese. L'ultimo governo, questa lunga esperienza Berlusconi - Lega è stata un'esperienza drammatica da questo punto di vista. Ci hanno sempre detto che andava tutto bene, ma non solo. Hanno abbandonato le grandi questioni del paese, come la questione meridionale: vittime della politica del federalismo della Lega, si è smesso di investire al Sud. Se tu non investi in una parte del paese, chiaramente tutto il paese va a rotoli. Il grande dato è la crisi del Sud e la chiusura dei distretti industriali del Nord.

Poi c'è una crisi politica che secondo me è quasi più importante di questa economica, adesso che dovrebbe essere il momento di cercare nuove strade per uscire dalla crisi, per acchiappare la crescita e decidere dove dobbiamo crescere oppure no è il momento di più grande debolezza dei partiti. È l'unione di queste tre difficoltà che rende la situazione italiana veramente difficile.

Tra precarietà, contratti a termine, false partite iva, stage, lavoro non retribuito o a nero, che prospettive hanno i giovani?

Il più grande scandalo dell'Italia moderna e anche una delle ragioni della nostra crisi: non riusciamo a far entrare stabilmente nel mercato del lavoro le nuove generazioni. Nell'Italia degli anni '60-'50, il miracolo economico si è fatto sulle gambe di giovani uomini e giovani donne. Non erano gli anziani che hanno portato avanti il paese; erano i giovani che lasciavano il Sud per andare a lavorare nelle fabbriche del Nord, erano i giovani che si laureavano e diventavano professionisti.

Io stesso, che oggi ho 55 anni, ho fatto la mia gavetta, i miei contratti a termine, però sono entrato dentro un meccanismo, dentro una bottega artigianale dove una volta imparato il mestiere c'era la possibilità, come c'è stata, per mettere le mani su un lavoro, su una professione. Invece adesso noi siamo davanti a un mercato del lavoro che è totalmente illegale. Dietro la sua domanda c'è l'illegalità del mercato del lavoro, non l'incapacità dei giovani di proporsi, ma il fatto che anche se si propongono poi alla fine più della falsa partita Iva, più del contratto a termine, più dello stage non pagato non riescono a ottenere.

Questo è il figlio di una pratica politica precisa: noi abbiamo scambiato la flessibilità in entrata con l'illegalità. In un mercato del lavoro dove il 30% si produce a nero, dove ancora si lavora a nero, è stato il dramma totale. Senza controlli, senza aumentare nel frattempo la leva dei controlli! Per cui noi abbiamo tantissime migliaia di false partite Iva: ce l'ho nella mia redazione e l'ho denunciato, ho fatto l'outing più di questo cosa devo fare? Nei confronti della mia azienda, la RAI, ho detto: guardate noi abbiamo giornalisti iscritti all'ordine che lavorano in un programma in prima serata come Presadiretta con la partita Iva, eppure la RAI è l'unico datore di lavoro.

La battaglia ormai non è neanche più quella del posto fisso, è quella di avere il contratto giusto per il tempo che uno lavora; possibilmente se a tempo determinato guadagnando il doppio di quelli che sono a tempo indeterminato, perché tu la devi pagare in un certo senso la precarietà. Adesso vedremo cosa tirerà fuori la Fornero su questo tema perché c'è tanto da fare prima di pensare alla flessibilità in uscita; c'è tanto da tagliare in questa giungla di finti contratti. Siamo arrivati all'assurdo che ci sono manovali che lavorano con la partita Iva per fare i manovali.

Poi la capacità che ha un paese di produrre posti di lavoro è tutto un altro discorso. Adesso certo siamo in crisi, quindi c'è meno lavoro per tutti. In Spagna cominciano a licenziare, quindi non è più la Spagna di quando ci andavano 4 anni fa i ragazzi e trovavano il lavoro, ma il lavoro che trovano è un lavoro vero! È un lavoro a tempo determinato con il contratto giusto, con i contributi e il sussidio di disoccupazione: non abbiamo neanche quello! Quindi per i giovani in Italia è un disastro totale, tutte le professioni stanno diventando non professioni: l'architetto, l'ingegnere, il giornalista.

La crisi è stata percepita diversamente nel nord e nel sud Italia?

E' aumentata la differenza tra la capacità di produzione del Pil del Sud rispetto al Nord, quindi rispetto agli anni della Cassa del Mezzogiorno, la questione meridionale è diventata ancora più grave, c'è ancora più distanza tra il Nord e il Sud. Tanto che se noi prendessimo il Sud da solo, come capacità produttiva di Pil, ma anche come sistema industriale, si avvicina molto di più ai paesi del Maghreb di quanto possiamo immaginare.

Questo è un modo di vedere le cose; poi c'è un altro modo secondo me più interessante di vedere le cose ed è vedere quanto questa differenza sta buttando giù l'Italia nel suo complesso. La questione del Sud, per come la vedo io e per come la leggono molti meridionalisti interessati veramente all'argomento, è una questione nazionale. A meno di non immaginare un'Italia spaccata - cosa che ha fatto parte anche delle strategie di governo perlomeno per la parte del partito che lo sosteneva, la Lega, che esplicitamente ha lavorato alla spaccatura e ha venduto ai suoi elettori il fatto che il Nord è più vicino all'Europa del Sud, per cui se fosse attaccato all'Europa tutti starebbero meglio - però se ha ancora un senso l'Italia unita, questa Italia è unita solo se il Sud riprende a crescere.

Perché il Sud riprenda a crescere, bisogna buttare risorse aggiuntive. Finora sono stati fatti solo tagli, tagli alla spesa ordinaria. Bisogna fare come ha fatto la Germania: la Germania in 20 anni è riuscita a rimettere a pari la Germania dell'Est, il suo Sud con il suo Nord. L'ha fatto mettendoci dei soldi. Se oggi però la Germania è così forte è perché l'Est è cresciuto, altrimenti non avrebbe questo mercato di 80 milioni di persone! Adesso il dato non me lo ricordo ma è impressionante quanto è importante per le industrie del Nord il mercato del Sud. Noi stiamo raggiungendo dei livelli di impoverimento nel Sud, per cui mi sembra che c'è un lavoro fisso, con un salario vero, per ogni 3 o 4 persone che lavorano al Sud! Siamo sotto la media Ocse, non ci sono più i soldi per comprare: un Sud così non può fare altro che trascinare nella non crescita anche il Nord.

È una questione proprio di investimenti: noi abbiamo pensato - questa è stata la tragica idea leghista che, devo dire, è passata un po' anche nella cultura del centro-sinistra - che ogni territorio ce la potesse fare da solo, bastava la buona amministrazione. Non è così! Non puoi risolvere un problema come Napoli - la più grande metropoli del Sud, la terza ex città industriale, una città che puoi paragonare a Berlino Est dal punto di vista delle cose che devi fare - pensando che ce la devono fare quelli di Napoli con i loro soldi. È una grande occasione per le grandi industrie Hi Tech per quelli che costruiscono, per quelli che fanno industria, il fatto di investire in un Sud per farlo crescere. Quindi penso che ce la possiamo fare solo se riuniamo e facciamo tornare a diventare la questione del Sud una grande questione nazionale, altrimenti condanneremo una parte importante del paese, dove vive il 35% della popolazione italiana, dove ci sono un sacco di ragazzi, un sacco di figli, cose che sono delle ricchezze da altre parti, dove c'è un'enorme scolarizzazione, tante università, li costringiamo a vivere a livello della Tunisia: quelli se ne andranno e l'Italia crollerà.

La corruzione, l'evasione fiscale, le organizzazioni criminali, cosa può fare un cittadino onesto?

Questi sono processi che si comandano, si guidano verso la soluzione dall'alto. Non è che possiamo immaginare di chiedere agli evasori di non evadere; perché tutti evaderebbero se potessero. In Francia si evade di meno perché non conviene evadere: ci sono una serie di leggi, di meccanismi, oltre al fatto che è considerato un po' più un tabù. Da noi l'evasione è diventato un modo per fare economia, talmente grande da avere delle cifre stratosferiche: si parla di 120 miliardi di euro l'anno; la stessa cosa dicasi per il Pil a nero e poi ci si mette di mezzo la corruzione come collante politico che tiene su insieme questa società così illegale. Di illegalità si muore come ci insegna la Grecia, quindi da quella parte certamente non usciamo. Che possiamo fare? I dipendenti, quelli che hanno lo stipendio fisso, i pochi che rimangono, sempre di meno, quelli già pagano.

Dal punto di vista della battaglia politica dobbiamo costringere chi ci governa ad andare avanti direi senza pietà su quel terreno. Certo adesso c'è la crisi economica: alla battaglia all'evasione fiscale si intrecciano anche i temi della povertà, per cui ci troviamo a cose assurde: la gente che si ammazza perché magari lo Stato non paga, perché il fisco è stato vessatorio, perché non hanno rateizzato. Si possono inventare milioni di meccanismi. Una cosa però che non si può fare, non si può tornare indietro, perché quella è precisamente la strada che è stata seguita da tutti i governi e che ci ha portato sull'orlo del baratro!

Fonte Cadoinpiedi.it

domenica 27 maggio 2012

Al Sud si può undici volte



Sabato 26 Maggio 2012 da " La Gazzetta del Mezzogiorno "

Di Lino Patruno
http://www.linopatruno.com/
Immaginiamo cosa si scatenerebbe in Puglia se un giorno si sapesse che si può  trovare oro. Cercatori di tutte le lingue. Romanzesche figure a setacciare pagliuzze. Rabdomanti capaci di snidare pepite. E non meno allucinati di quelli che nelle albe d’autunno spazzano funghi sulla Murgia e tu a chiederti come fai a non vederne uno. Il fatto è che in Puglia l’oro c’è davvero.
 Si potrebbe dire l’Oro del Sud come un tempo si diceva l’Oro di Napoli. E neanche metaforico, per far capire quanto ricchezza nascosta al Sud attende solo di essere più valorizzata che mortificata. E’ stato un giovane ingegnere gestionale leccese a presentarsi all’anteprima barese del Festival dell’Economia di Trento (ideato dalla casa editrice Laterza) e, voilà, a tirare fuori uno scatolino con lamine d’oro al 99 per cento. Oro, oro autentico. Ricavato dalle polveri di microchip, materiale di scarto di computer.
 L’ESEMPIO DI 11 GIOVANI Ora non è che chiunque si prende vecchi computer e si mette a sbatterli come polpi. Con i soci Luca Scala (fisico) e Antonio Gentile (tecnico informatico), Salvatore Modeo, 25 anni, ha presentato il suo piccolo sortilegio, frutto di una intuizione scientifica e di un finanziamento del programma regionale “Bollenti spiriti”. Riproponendo il trito interrogativo: ma davvero da noi non c’è nulla da fare, davvero per i nostri ragazzi non c’è alternativa all’emigrazione? No, hanno ripetuto gioiosi con gli altri protagonisti delle undici storie di successo maturate nel nostro Sud come se fosse la californiana Silicon Valley.
 Sono ragazzi non figli di magnanimi lombi, senza genitori facoltosi che ne abbiano spianato la strada del lavoro dopo quella degli studi. E ragazzi da un entusiasmo e da un ottimismo talmente contagiosi da poter essere sventolati come una bandiera dell’”anche a Sud” si può. Magari seguendo più le loro esperienze che spocchiose ricette.
 Anzitutto “alleanze positive”, cioè trovatevi compagni di scuola, amici del bar, conoscenti e mettetevi insieme per non lasciare i talenti e la voglia di fare tanto isolati da dire che non si può fare. Poi pensare in grande, dieci volte più in grande di come stai pensando ora. E pensare differente, sempre il nuovo anche se può sembrare impossibile. Velocità, muovetevi veloce e rompete gli schemi: oggi non c’è più il pesce grande che mangia il pesce piccolo, ma il pesce veloce che mangia il pesce lento. Informati, sempre più informati degli altri e prima degli altri, anche girando per vedere che mondo fa. Niente pippe se sbagliate, si progredisce sbagliando, si cade evangelicamente sette volte per rialzarsi otto (non c’è etica senza fallimento, l’etica è nel tentativo). Non limitatevi a ciò che c’è già, aggiungete nuovo valore a tutto. E passione quanto perseveranza, della serie volle e riuscì: batti un chiodo un milione di volte, più che battere una volta milioni di chiodi.
 TANTE IDEE PER UN LAVORO E’ vero, sembra roba alla “Come diventare miliardari in tre mosse”, o alla “Siate folli, siate affamati” di Steve Jobs, quello che se fosse nato in Italia invece di inventare la “Apple” avrebbe fatto al massimo l’elettricista. Ma sono tutte cose raccontate dai magnifici undici che prima di diventarlo avevano anche loro pronto il trolley per il Nord, anche loro forse erano convinti che qui non c’è che da andarsene. E se gli altri non hanno estratto oro in Puglia, c’era anche chi si è inventato qui l’aereo superleggero più veloce del mondo, chi riesce a scoprire l’Alzheimer dieci anni prima, chi ha creato un guanto per aiutare a dialogare persone cieche e sorde, chi è in grado di dire al turista anche ciò che il turista non riesce mai a sapere.
 E poi, non conta più granché la geografia, con un computer puoi fare qualsiasi cosa ovunque tu sia, anche se stai in un Sud in cui tutto è più difficile perché c’è meno di tutto. E comincia a tornare in Italia anche qualche azienda che era andata fuori per risparmiare sul lavoro, perché il costo del lavoro diventa sempre più marginale nel costo complessivo di uno spillo o di un’auto, contando sempre più l’innovazione, la ricerca, il diverso.
 Nessuno vuol prendere in giro nessuno, neanche undici storie di successo fanno primavera. Quei ragazzi si sono soprattutto conquistati la medaglia della resistenza contro ciò che non vuole mai cambiare. Ma hanno invitato a non aver paura. Coraggio, hanno aggiunto, sembra il contrario ma si può. E anche al Sud, pensa un po’.
Fonte: Lino Patruno

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Sabato 26 Maggio 2012 da " La Gazzetta del Mezzogiorno "

Di Lino Patruno
http://www.linopatruno.com/
Immaginiamo cosa si scatenerebbe in Puglia se un giorno si sapesse che si può  trovare oro. Cercatori di tutte le lingue. Romanzesche figure a setacciare pagliuzze. Rabdomanti capaci di snidare pepite. E non meno allucinati di quelli che nelle albe d’autunno spazzano funghi sulla Murgia e tu a chiederti come fai a non vederne uno. Il fatto è che in Puglia l’oro c’è davvero.
 Si potrebbe dire l’Oro del Sud come un tempo si diceva l’Oro di Napoli. E neanche metaforico, per far capire quanto ricchezza nascosta al Sud attende solo di essere più valorizzata che mortificata. E’ stato un giovane ingegnere gestionale leccese a presentarsi all’anteprima barese del Festival dell’Economia di Trento (ideato dalla casa editrice Laterza) e, voilà, a tirare fuori uno scatolino con lamine d’oro al 99 per cento. Oro, oro autentico. Ricavato dalle polveri di microchip, materiale di scarto di computer.
 L’ESEMPIO DI 11 GIOVANI Ora non è che chiunque si prende vecchi computer e si mette a sbatterli come polpi. Con i soci Luca Scala (fisico) e Antonio Gentile (tecnico informatico), Salvatore Modeo, 25 anni, ha presentato il suo piccolo sortilegio, frutto di una intuizione scientifica e di un finanziamento del programma regionale “Bollenti spiriti”. Riproponendo il trito interrogativo: ma davvero da noi non c’è nulla da fare, davvero per i nostri ragazzi non c’è alternativa all’emigrazione? No, hanno ripetuto gioiosi con gli altri protagonisti delle undici storie di successo maturate nel nostro Sud come se fosse la californiana Silicon Valley.
 Sono ragazzi non figli di magnanimi lombi, senza genitori facoltosi che ne abbiano spianato la strada del lavoro dopo quella degli studi. E ragazzi da un entusiasmo e da un ottimismo talmente contagiosi da poter essere sventolati come una bandiera dell’”anche a Sud” si può. Magari seguendo più le loro esperienze che spocchiose ricette.
 Anzitutto “alleanze positive”, cioè trovatevi compagni di scuola, amici del bar, conoscenti e mettetevi insieme per non lasciare i talenti e la voglia di fare tanto isolati da dire che non si può fare. Poi pensare in grande, dieci volte più in grande di come stai pensando ora. E pensare differente, sempre il nuovo anche se può sembrare impossibile. Velocità, muovetevi veloce e rompete gli schemi: oggi non c’è più il pesce grande che mangia il pesce piccolo, ma il pesce veloce che mangia il pesce lento. Informati, sempre più informati degli altri e prima degli altri, anche girando per vedere che mondo fa. Niente pippe se sbagliate, si progredisce sbagliando, si cade evangelicamente sette volte per rialzarsi otto (non c’è etica senza fallimento, l’etica è nel tentativo). Non limitatevi a ciò che c’è già, aggiungete nuovo valore a tutto. E passione quanto perseveranza, della serie volle e riuscì: batti un chiodo un milione di volte, più che battere una volta milioni di chiodi.
 TANTE IDEE PER UN LAVORO E’ vero, sembra roba alla “Come diventare miliardari in tre mosse”, o alla “Siate folli, siate affamati” di Steve Jobs, quello che se fosse nato in Italia invece di inventare la “Apple” avrebbe fatto al massimo l’elettricista. Ma sono tutte cose raccontate dai magnifici undici che prima di diventarlo avevano anche loro pronto il trolley per il Nord, anche loro forse erano convinti che qui non c’è che da andarsene. E se gli altri non hanno estratto oro in Puglia, c’era anche chi si è inventato qui l’aereo superleggero più veloce del mondo, chi riesce a scoprire l’Alzheimer dieci anni prima, chi ha creato un guanto per aiutare a dialogare persone cieche e sorde, chi è in grado di dire al turista anche ciò che il turista non riesce mai a sapere.
 E poi, non conta più granché la geografia, con un computer puoi fare qualsiasi cosa ovunque tu sia, anche se stai in un Sud in cui tutto è più difficile perché c’è meno di tutto. E comincia a tornare in Italia anche qualche azienda che era andata fuori per risparmiare sul lavoro, perché il costo del lavoro diventa sempre più marginale nel costo complessivo di uno spillo o di un’auto, contando sempre più l’innovazione, la ricerca, il diverso.
 Nessuno vuol prendere in giro nessuno, neanche undici storie di successo fanno primavera. Quei ragazzi si sono soprattutto conquistati la medaglia della resistenza contro ciò che non vuole mai cambiare. Ma hanno invitato a non aver paura. Coraggio, hanno aggiunto, sembra il contrario ma si può. E anche al Sud, pensa un po’.
Fonte: Lino Patruno

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Alessio Postiglione risponde e esprime condivisibili valutazioni su certe proteste e i loro attori !


Da Partito del Sud -Napoli: Riportiamo una esaustiva risposta di Alessio Postiglione, Capo Gabinetto Politico di Luigi de Magistris (che ben conosciamo e che è intervenuto alla presentazione di Cronache Meridionali da noi organizzata giorni fa). Riteniamo degna di nota la sua risposta circa quella sorta di conferenza stampa convocata giorni fa da fans di Lettieri, movimenti meridionalisti la cui equidistanza inizia a destra e finisce a destra, con la solita manfrina contro l'America's Cup e la Ztl a Napoli.
Il pensiero del nostro amico Alessio Postiglione ci è sembrato interessante per valutazioni che ci trovano in piena sintonia.

Lo Staff del Sindaco attraverso Alessio Postiglione risponde a Napolipuntoacapo sulla conferenza stampa di ieri. 


Cari Npc,
grazie, innanzitutto, dell’invito. Premetto che non è chiaro su quali temi dovremmo rispondere, dato che ieri si è parlato di mille faccende.

Alla conferenza stampa di ieri, comunque, l’Amministrazione è stata accusata di costruire manufatti abusivi, di avviare procedure arbitrali e illegittime, e si è data notizia anche di vari esposti alla procura o ricorsi al Tar che alcuni dei soggetti presenti (ex attivisti pro Lettieri) avrebbero fatto avverso il Comune. Su quelle questioni, quindi, sarebbe preferibile attendere le risposte dei giudici, dato che da temi politici si sono trasformati in questioni giudiziarie, per volontà dei conferenzieri.

Inoltre, molte delle questioni che sono state sollevate (ad esempio la Ztl e la pedonalizzazione del lungomare), sono state oggetto già di conferenza stampa del Sindaco e di vari incontri istituzionali e informali con più di un’associazione e comitato. Né Npc, né nessuno degli altri convenuti di ieri è venuto a questi incontri. Anzi, voi dedicaste ad uno di questi tavoli un post polemico, ma alla fine nessuno di voi è venuto a parlare con il Sindaco. La democrazia è rispetto anche di quelle sedi deputate a discutere e a prendere decisioni. Perché avete disertato quegli incontri? Quello era il luogo per discutere di Ztl. Richiedere di ridiscutere ancora e in altra sede temi dibattuti con altre organizzazioni, molto più rappresentative dei comitati ieri presenti, è pretestuoso e indelicato nei riguardi di città e istituzioni.
Sorge il dubbio, allora, che le Vs richieste siano espressione di una militanza associativa, più che di impegno civico ed apartitico, come solennemente annunciato nel thread precedente.

Ovviamente, questo non toglie che voi possiate sollevare quesiti interessati che meritino risposte, incontri col Sindaco o abbiate deciso di trasferire in un’aula giudiziaria molti di questi temi.

Npc, a cui riconosco una storica indipendenza, infatti, ha deciso di aderire ad una cordata di comitati ed associazioni - di cui molte mere associazioni di fatto -, molto eterogenea e con vari addentellati politici.
Ieri, nello specifico, erano presenti associazioni “sudiste” o “terroniste”, per dirla con Demarco (che era, fra l’altro, presente alla conferenza: presumo che il direttore abbia cambiato idea sul terronismo), con storici legami con la destra fascista e tradizionalista, tanto che alcuni suoi rappresentanti hanno più di una liason, familiare e sentimentale, con l’Msi. C’erano attivisti pro-Lettieri e altri transfughi del Pdl. C’erano pure un’ex candidata dei Ds, già al lavoro in una commissione tecnica del Comune dell’era Bassolino, ed un ex di Napoli è tua.
Insomma, eravamo in presenza di una macedonia “Molotov-Ribbentrop”, accomunata dall’opposizione a de Magistris.
Una macedonia, fra l’altro, dove le questioni politiche sono state affogate nel mare di bile secreto dalle numerose e odiose contrapposizioni personali che vedono protagonisti alcuni conferenzieri. Penso, ad esempio, alla querelle che coinvolge alcune pagine Fb del Comune di Napoli, per la cui risoluzione, a questo punto, aspetterei ugualmente l’ eventuale esito degli esposti che alcuni di voi hanno formulato contro un ns dipendente.
Capisco, d’altronde, che “i nemici dei miei nemici sono i miei amici”, in politica.
Ma, allora, vi pregherei di smettere di contrabbandare il falso dicendo che eravate una rete di associazioni civiche e apartitiche.
Cordialità

PS  : Concludo, infine, con un appello personale a Sergio Fedele. Io e te abbiamo iniziato un’interlocuzione che riguardava temi pubblici rilevanti per il Comune, la collettività e Npc.
Come si può stabilire un dialogo se un giorno sì e l’altro pure, accusate l’Amministrazione addirittura di abusività, illegittimità, e annodate sodalizi con figuri che ci dipingono come lestofanti e truffatori? Stamattina, ad esempio, sono stato definito “pianta grassa” da un conferenziere di ieri senza che tu sentissi il bisogno di dissociarti.
Da luogo aperto di discussione, queste pagine stanno diventando il livoroso vomitatoio di ex fascisti e pseudocomunisti rivoluzionari. Di questa temperie da anni di piombo, non ne sento proprio il bisogno.


Alessio Postiglione
 
(Capo Gabinetto Politico di Luigi de Magistris)


Fonte : www.napolipuntoacapo.it


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Da Partito del Sud -Napoli: Riportiamo una esaustiva risposta di Alessio Postiglione, Capo Gabinetto Politico di Luigi de Magistris (che ben conosciamo e che è intervenuto alla presentazione di Cronache Meridionali da noi organizzata giorni fa). Riteniamo degna di nota la sua risposta circa quella sorta di conferenza stampa convocata giorni fa da fans di Lettieri, movimenti meridionalisti la cui equidistanza inizia a destra e finisce a destra, con la solita manfrina contro l'America's Cup e la Ztl a Napoli.
Il pensiero del nostro amico Alessio Postiglione ci è sembrato interessante per valutazioni che ci trovano in piena sintonia.

Lo Staff del Sindaco attraverso Alessio Postiglione risponde a Napolipuntoacapo sulla conferenza stampa di ieri. 


Cari Npc,
grazie, innanzitutto, dell’invito. Premetto che non è chiaro su quali temi dovremmo rispondere, dato che ieri si è parlato di mille faccende.

Alla conferenza stampa di ieri, comunque, l’Amministrazione è stata accusata di costruire manufatti abusivi, di avviare procedure arbitrali e illegittime, e si è data notizia anche di vari esposti alla procura o ricorsi al Tar che alcuni dei soggetti presenti (ex attivisti pro Lettieri) avrebbero fatto avverso il Comune. Su quelle questioni, quindi, sarebbe preferibile attendere le risposte dei giudici, dato che da temi politici si sono trasformati in questioni giudiziarie, per volontà dei conferenzieri.

Inoltre, molte delle questioni che sono state sollevate (ad esempio la Ztl e la pedonalizzazione del lungomare), sono state oggetto già di conferenza stampa del Sindaco e di vari incontri istituzionali e informali con più di un’associazione e comitato. Né Npc, né nessuno degli altri convenuti di ieri è venuto a questi incontri. Anzi, voi dedicaste ad uno di questi tavoli un post polemico, ma alla fine nessuno di voi è venuto a parlare con il Sindaco. La democrazia è rispetto anche di quelle sedi deputate a discutere e a prendere decisioni. Perché avete disertato quegli incontri? Quello era il luogo per discutere di Ztl. Richiedere di ridiscutere ancora e in altra sede temi dibattuti con altre organizzazioni, molto più rappresentative dei comitati ieri presenti, è pretestuoso e indelicato nei riguardi di città e istituzioni.
Sorge il dubbio, allora, che le Vs richieste siano espressione di una militanza associativa, più che di impegno civico ed apartitico, come solennemente annunciato nel thread precedente.

Ovviamente, questo non toglie che voi possiate sollevare quesiti interessati che meritino risposte, incontri col Sindaco o abbiate deciso di trasferire in un’aula giudiziaria molti di questi temi.

Npc, a cui riconosco una storica indipendenza, infatti, ha deciso di aderire ad una cordata di comitati ed associazioni - di cui molte mere associazioni di fatto -, molto eterogenea e con vari addentellati politici.
Ieri, nello specifico, erano presenti associazioni “sudiste” o “terroniste”, per dirla con Demarco (che era, fra l’altro, presente alla conferenza: presumo che il direttore abbia cambiato idea sul terronismo), con storici legami con la destra fascista e tradizionalista, tanto che alcuni suoi rappresentanti hanno più di una liason, familiare e sentimentale, con l’Msi. C’erano attivisti pro-Lettieri e altri transfughi del Pdl. C’erano pure un’ex candidata dei Ds, già al lavoro in una commissione tecnica del Comune dell’era Bassolino, ed un ex di Napoli è tua.
Insomma, eravamo in presenza di una macedonia “Molotov-Ribbentrop”, accomunata dall’opposizione a de Magistris.
Una macedonia, fra l’altro, dove le questioni politiche sono state affogate nel mare di bile secreto dalle numerose e odiose contrapposizioni personali che vedono protagonisti alcuni conferenzieri. Penso, ad esempio, alla querelle che coinvolge alcune pagine Fb del Comune di Napoli, per la cui risoluzione, a questo punto, aspetterei ugualmente l’ eventuale esito degli esposti che alcuni di voi hanno formulato contro un ns dipendente.
Capisco, d’altronde, che “i nemici dei miei nemici sono i miei amici”, in politica.
Ma, allora, vi pregherei di smettere di contrabbandare il falso dicendo che eravate una rete di associazioni civiche e apartitiche.
Cordialità

PS  : Concludo, infine, con un appello personale a Sergio Fedele. Io e te abbiamo iniziato un’interlocuzione che riguardava temi pubblici rilevanti per il Comune, la collettività e Npc.
Come si può stabilire un dialogo se un giorno sì e l’altro pure, accusate l’Amministrazione addirittura di abusività, illegittimità, e annodate sodalizi con figuri che ci dipingono come lestofanti e truffatori? Stamattina, ad esempio, sono stato definito “pianta grassa” da un conferenziere di ieri senza che tu sentissi il bisogno di dissociarti.
Da luogo aperto di discussione, queste pagine stanno diventando il livoroso vomitatoio di ex fascisti e pseudocomunisti rivoluzionari. Di questa temperie da anni di piombo, non ne sento proprio il bisogno.


Alessio Postiglione
 
(Capo Gabinetto Politico di Luigi de Magistris)


Fonte : www.napolipuntoacapo.it


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sabato 26 maggio 2012

La corruzione viene da lontano

Di Margherita d’Ambrosio 
Fonte:Partito del Sud- Napoli


Quando in Italia si parla di corruzione, viene immediato a tutti pensare alle “tangenti” ed al giro di appalti e di speculazioni di cui le pagine della cronaca italiana trasudano ogni giorno. Viene da pensare ad affari loschi, all’universo dei politici prezzolati ed entrati in politica per perseguire il proprio tornaconto. Alle cosche mafiose, ai camorristi, alla ‘Ndrangheta ed alla Sacra Corona Unita, tristemente assurta agli onori delle cronache di questi ultimi giorni. Viene da pensare alle inefficienze della pubblica amministrazione, agli enormi sprechi di denaro pubblico, alle opere faraoniche incompiute ed a quelle che mai si faranno, come il Ponte sullo Stretto e che comporteranno altro sperpero di denaro pubblico ed altri oneri a carico dei contribuenti per le clausole risolutive dei contratti. Viene da pensare ai faccendieri, agli immobiliaristi, agli intermediari, ai consulenti, ai banchieri, alla pletora di portaborse, segretari, buffoni, giullari di corte e ballerine ed a quanti a vario titolo sono al seguito del potente di turno e beneficiano di privilegi acquisiti non per proprio merito, ma per una più o meno millantata “conoscenza” con l’uomo del momento. Viene da pensare alle nomine dei primari negli ospedali, quasi mai per merito e sempre più spesso dovute alla militanza in un partito. Viene da pensare ai fannulloni del Ministro Brunetta, all’universo dei dipendenti pubblici sfaticati, indolenti, sempre pronti a frodare lo Stato ed a rubare lo stipendio. E così via.
Ed invece no. Non c’è solo questo tipo di corruzione.
In Italia, il nostro Paese, la nostra Patria, il “giardin de lo imperio” di dantesca memoria, il fenomeno della corruzione assume miriadi di sfaccettature e talvolta si connota semplicemente con la nomina di “dirigenti”, di uomini risolutivi, di deus ex-machina individuati per i loro curricola ed inviati sul territorio nella salvifica missione di rimetter a posto gli scempi prodotti da intere schiere di lavoratori totalmente inadeguati. Regola che vale ancor più per un Meridione martoriato, sprecone e lavativo che contribuisce in bassa percentuale alla formazione del Pil del Paese e produce un aggravio di tasse per i cittadini del Nord.


Accadde così che un giorno, nell’intento di riparare l’ennesimo malfatto nel Meridione, venne nominato il Dott. Marino Massimo De Caro quale direttore del Complesso Monumentale della Biblioteca dei Girolamini di Napoli, che verteva in stato di degrado ed abbandono dagli anni 80.
La Biblioteca dei Girolamini fu aperta al pubblico nel 1586 e custodisce circa 160.000 testi antichi, tra cui incunaboli, cinquecentine, manoscritti rarissimi, l’intera collezione privata di Giuseppe Valletta, il Fondo Agostino Gervasio, il Fondo Filippino e le opere di Giambattista Vico, donate dal grande filoso ai Padri Oratoriani. Una collezione antica rarissima, di valore inestimabile e totalmente abbandonata ed incustodita, al punto da non poter identificare con certezza a quanto ammonti il patrimonio di libri sottratti negli anni e negli ultimi mesi, dalla nomina di cotanto genio.
Quello che è certo è che pochi giorni fa, in un deposito di proprietà dell’esimio Dott. De Caro, nei pressi di Verona, sono stati ritrovati scatoloni con migliaia di libri, di cui 279 provenienti senza ombra di dubbio dalla Biblioteca dei Girolamini di Napoli.
Oggi si scopre che i millantati titoli del Dott. De Caro non esistono, non sono mai esistiti e pare sia sì insignito di una laurea, ma ottenuta in Sudamerica dall’Universidad Abierta Interamericana, ma dopo donazione di alcune opere di Galileo Galilei e di un presunto pezzo di meteorite del deserto. Anche questi doni trafugati, vien da chiedersi?
Ma chi è il Dott. Marino Massimo De Caro, oggi arrestato dalla Procura di Napoli con l’accusa di furto di intere collezioni di libri e suppellettili dell’antico oratorio partenopeo?
Il Dottore senza titoli è un amico intimo dell’Onorevole Dell’Utri, già nominato consulente esperto dal Ministro Galan per le tematiche più varie. Il suo immenso sapere spazia dalla cultura all’editoria, dall’esperienza consolare alla costruzione di impianti di produzione di energia dalle fonti rinnovabili.
Un genio incontrastato, insomma, un asso, un jolly nella manica, l’uomo chiave per la risoluzione di problemi difficili. L’uomo chiave invischiato in precedenti accuse di ricettazione, che avevano impedito la sua nomina a Console Onorario del Congo e riconfermato per la sua insostituibile competenza dal Ministro Ornaghi.
Un illuminato, piombato nella Terronia ed in quel di Napoli, città emblema del degrado e della corruzione dilagante, nonché dell’incompetenza con il preciso intento di dilapidare un patrimonio librario inestimabile e che solo per un soffio non è approdato a far bella mostra di sé nelle librerie private dei collezionisti di mezzo mondo. Città in cui è presente un’Università degli Studi Filosofici delle più antiche e prestigiose d’Italia, nota in tutto il mondo e nella quale sicuramente non era possibile reperire risorse umane locali più che qualificate ed in grado di poter riqualificare tale tesoro e riportarlo agli splendori ed ai fasti dei tempi che furono.
Si è preferito scegliere un uomo la cui intenzione era quella di scavare le povere ossa di Giambattista Vico. Voleva vendere all’Estero anche quelle come preziosa reliquia?
Ai posteri l’ardua sentenza.

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Di Margherita d’Ambrosio 
Fonte:Partito del Sud- Napoli


Quando in Italia si parla di corruzione, viene immediato a tutti pensare alle “tangenti” ed al giro di appalti e di speculazioni di cui le pagine della cronaca italiana trasudano ogni giorno. Viene da pensare ad affari loschi, all’universo dei politici prezzolati ed entrati in politica per perseguire il proprio tornaconto. Alle cosche mafiose, ai camorristi, alla ‘Ndrangheta ed alla Sacra Corona Unita, tristemente assurta agli onori delle cronache di questi ultimi giorni. Viene da pensare alle inefficienze della pubblica amministrazione, agli enormi sprechi di denaro pubblico, alle opere faraoniche incompiute ed a quelle che mai si faranno, come il Ponte sullo Stretto e che comporteranno altro sperpero di denaro pubblico ed altri oneri a carico dei contribuenti per le clausole risolutive dei contratti. Viene da pensare ai faccendieri, agli immobiliaristi, agli intermediari, ai consulenti, ai banchieri, alla pletora di portaborse, segretari, buffoni, giullari di corte e ballerine ed a quanti a vario titolo sono al seguito del potente di turno e beneficiano di privilegi acquisiti non per proprio merito, ma per una più o meno millantata “conoscenza” con l’uomo del momento. Viene da pensare alle nomine dei primari negli ospedali, quasi mai per merito e sempre più spesso dovute alla militanza in un partito. Viene da pensare ai fannulloni del Ministro Brunetta, all’universo dei dipendenti pubblici sfaticati, indolenti, sempre pronti a frodare lo Stato ed a rubare lo stipendio. E così via.
Ed invece no. Non c’è solo questo tipo di corruzione.
In Italia, il nostro Paese, la nostra Patria, il “giardin de lo imperio” di dantesca memoria, il fenomeno della corruzione assume miriadi di sfaccettature e talvolta si connota semplicemente con la nomina di “dirigenti”, di uomini risolutivi, di deus ex-machina individuati per i loro curricola ed inviati sul territorio nella salvifica missione di rimetter a posto gli scempi prodotti da intere schiere di lavoratori totalmente inadeguati. Regola che vale ancor più per un Meridione martoriato, sprecone e lavativo che contribuisce in bassa percentuale alla formazione del Pil del Paese e produce un aggravio di tasse per i cittadini del Nord.


Accadde così che un giorno, nell’intento di riparare l’ennesimo malfatto nel Meridione, venne nominato il Dott. Marino Massimo De Caro quale direttore del Complesso Monumentale della Biblioteca dei Girolamini di Napoli, che verteva in stato di degrado ed abbandono dagli anni 80.
La Biblioteca dei Girolamini fu aperta al pubblico nel 1586 e custodisce circa 160.000 testi antichi, tra cui incunaboli, cinquecentine, manoscritti rarissimi, l’intera collezione privata di Giuseppe Valletta, il Fondo Agostino Gervasio, il Fondo Filippino e le opere di Giambattista Vico, donate dal grande filoso ai Padri Oratoriani. Una collezione antica rarissima, di valore inestimabile e totalmente abbandonata ed incustodita, al punto da non poter identificare con certezza a quanto ammonti il patrimonio di libri sottratti negli anni e negli ultimi mesi, dalla nomina di cotanto genio.
Quello che è certo è che pochi giorni fa, in un deposito di proprietà dell’esimio Dott. De Caro, nei pressi di Verona, sono stati ritrovati scatoloni con migliaia di libri, di cui 279 provenienti senza ombra di dubbio dalla Biblioteca dei Girolamini di Napoli.
Oggi si scopre che i millantati titoli del Dott. De Caro non esistono, non sono mai esistiti e pare sia sì insignito di una laurea, ma ottenuta in Sudamerica dall’Universidad Abierta Interamericana, ma dopo donazione di alcune opere di Galileo Galilei e di un presunto pezzo di meteorite del deserto. Anche questi doni trafugati, vien da chiedersi?
Ma chi è il Dott. Marino Massimo De Caro, oggi arrestato dalla Procura di Napoli con l’accusa di furto di intere collezioni di libri e suppellettili dell’antico oratorio partenopeo?
Il Dottore senza titoli è un amico intimo dell’Onorevole Dell’Utri, già nominato consulente esperto dal Ministro Galan per le tematiche più varie. Il suo immenso sapere spazia dalla cultura all’editoria, dall’esperienza consolare alla costruzione di impianti di produzione di energia dalle fonti rinnovabili.
Un genio incontrastato, insomma, un asso, un jolly nella manica, l’uomo chiave per la risoluzione di problemi difficili. L’uomo chiave invischiato in precedenti accuse di ricettazione, che avevano impedito la sua nomina a Console Onorario del Congo e riconfermato per la sua insostituibile competenza dal Ministro Ornaghi.
Un illuminato, piombato nella Terronia ed in quel di Napoli, città emblema del degrado e della corruzione dilagante, nonché dell’incompetenza con il preciso intento di dilapidare un patrimonio librario inestimabile e che solo per un soffio non è approdato a far bella mostra di sé nelle librerie private dei collezionisti di mezzo mondo. Città in cui è presente un’Università degli Studi Filosofici delle più antiche e prestigiose d’Italia, nota in tutto il mondo e nella quale sicuramente non era possibile reperire risorse umane locali più che qualificate ed in grado di poter riqualificare tale tesoro e riportarlo agli splendori ed ai fasti dei tempi che furono.
Si è preferito scegliere un uomo la cui intenzione era quella di scavare le povere ossa di Giambattista Vico. Voleva vendere all’Estero anche quelle come preziosa reliquia?
Ai posteri l’ardua sentenza.

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