lunedì 28 maggio 2012

LAVORO E SUD. COSI' L'ITALIA PUO' USCIRE DALLA CRISI

di Riccardo Iacona - 28 Maggio 2012

Stato e imprese non hanno soldi, e alla crisi economica si sovrappone quella politica. Ma tornare a crescere si può. Come? Estirpando l'illegalità dal mercato del lavoro, tornando a investire sul Mezzogiorno, combattendo senza sconti l'evasione

Abbiamo incontrato Riccardo Iacona, autore dell'Ebook "Il Popolo Tradito", uscito nella collana "Original Ebook" di Chiarelettere.

Negli ultimi anni ha girato l'Italia in lungo e in largo. Quanto è cambiato il nostro paese? E' un'Italia in ginocchio?

Intanto è in ginocchio dal punto di vista economico, non c'è dubbio, non lo dico io, lo dicono tutti i fondamentali. È il dramma vero, anche il dramma dei tecnici che stanno governando, continuamente annunciato: non vendono fumo, l'hanno detto, siamo in recessione, lo siamo ancora per il prossimo anno e il nostro destino è legato a quello che succede sui mercati internazionali e a come risponderà l'Europa a questa crisi.

Quindi da questo punto di vista siamo per forza in ginocchio. Sono impressionanti le ultime rilevazioni Istat. Per esempio la conferma, finalmente nero su bianco (anche se l'avevamo detto, è stato detto in tante trasmissioni, l'abbiamo fatto vedere) del fatto che le nuove generazioni stanno crescendo meno delle vecchie. I figli stanno facendo un passo indietro rispetto alle possibilità dei padri. Sono impressionanti i dati dei ragazzi che prendono e partono, lasciano l'Italia. Stiamo tornando a essere un paese di forte emigrazione, forte emigrazione dal Sud verso il Nord, dall'Italia verso il resto del mondo.

Il reddito: mancano i soldi, non ci sono più i soldi, sta diventando un'economia di carta. Le aziende lavorano e non vengono pagate, quindi poi vanno in banca e si fanno scontare le fatture, a loro volta non pagano i fornitori. Sta dilagando questa economia di carta fatta solo di "pagherò" in cui non ci sono più i soldi, e senza soldi non si fanno investimenti, se non si fanno investimenti non c'è la crescita, il sistema bancario è in difficoltà, questi sono i dati drammatici.

Naturalmente a questo si aggiunge una peculiarità tutta nostra. Quest'anno quando siamo andati in Grecia a vedere come era la situazione, abbiamo scoperto che ci sono molte similitudini con le pratiche politiche nostre: anche la Grecia è un paese dove si fa tantissima evasione fiscale, anche in Grecia c'è stata tanta mala politica, una congestione sostanzialmente tra i partiti di destra e di sinistra, tutta volta a comprarsi i voti aumentando il deficit del bilancio pubblico e anche in Grecia non c'è mai stata una politica economica vera.

Sono 10 anni che non si fa una politica industriale vera in questo paese. L'ultimo governo, questa lunga esperienza Berlusconi - Lega è stata un'esperienza drammatica da questo punto di vista. Ci hanno sempre detto che andava tutto bene, ma non solo. Hanno abbandonato le grandi questioni del paese, come la questione meridionale: vittime della politica del federalismo della Lega, si è smesso di investire al Sud. Se tu non investi in una parte del paese, chiaramente tutto il paese va a rotoli. Il grande dato è la crisi del Sud e la chiusura dei distretti industriali del Nord.

Poi c'è una crisi politica che secondo me è quasi più importante di questa economica, adesso che dovrebbe essere il momento di cercare nuove strade per uscire dalla crisi, per acchiappare la crescita e decidere dove dobbiamo crescere oppure no è il momento di più grande debolezza dei partiti. È l'unione di queste tre difficoltà che rende la situazione italiana veramente difficile.

Tra precarietà, contratti a termine, false partite iva, stage, lavoro non retribuito o a nero, che prospettive hanno i giovani?

Il più grande scandalo dell'Italia moderna e anche una delle ragioni della nostra crisi: non riusciamo a far entrare stabilmente nel mercato del lavoro le nuove generazioni. Nell'Italia degli anni '60-'50, il miracolo economico si è fatto sulle gambe di giovani uomini e giovani donne. Non erano gli anziani che hanno portato avanti il paese; erano i giovani che lasciavano il Sud per andare a lavorare nelle fabbriche del Nord, erano i giovani che si laureavano e diventavano professionisti.

Io stesso, che oggi ho 55 anni, ho fatto la mia gavetta, i miei contratti a termine, però sono entrato dentro un meccanismo, dentro una bottega artigianale dove una volta imparato il mestiere c'era la possibilità, come c'è stata, per mettere le mani su un lavoro, su una professione. Invece adesso noi siamo davanti a un mercato del lavoro che è totalmente illegale. Dietro la sua domanda c'è l'illegalità del mercato del lavoro, non l'incapacità dei giovani di proporsi, ma il fatto che anche se si propongono poi alla fine più della falsa partita Iva, più del contratto a termine, più dello stage non pagato non riescono a ottenere.

Questo è il figlio di una pratica politica precisa: noi abbiamo scambiato la flessibilità in entrata con l'illegalità. In un mercato del lavoro dove il 30% si produce a nero, dove ancora si lavora a nero, è stato il dramma totale. Senza controlli, senza aumentare nel frattempo la leva dei controlli! Per cui noi abbiamo tantissime migliaia di false partite Iva: ce l'ho nella mia redazione e l'ho denunciato, ho fatto l'outing più di questo cosa devo fare? Nei confronti della mia azienda, la RAI, ho detto: guardate noi abbiamo giornalisti iscritti all'ordine che lavorano in un programma in prima serata come Presadiretta con la partita Iva, eppure la RAI è l'unico datore di lavoro.

La battaglia ormai non è neanche più quella del posto fisso, è quella di avere il contratto giusto per il tempo che uno lavora; possibilmente se a tempo determinato guadagnando il doppio di quelli che sono a tempo indeterminato, perché tu la devi pagare in un certo senso la precarietà. Adesso vedremo cosa tirerà fuori la Fornero su questo tema perché c'è tanto da fare prima di pensare alla flessibilità in uscita; c'è tanto da tagliare in questa giungla di finti contratti. Siamo arrivati all'assurdo che ci sono manovali che lavorano con la partita Iva per fare i manovali.

Poi la capacità che ha un paese di produrre posti di lavoro è tutto un altro discorso. Adesso certo siamo in crisi, quindi c'è meno lavoro per tutti. In Spagna cominciano a licenziare, quindi non è più la Spagna di quando ci andavano 4 anni fa i ragazzi e trovavano il lavoro, ma il lavoro che trovano è un lavoro vero! È un lavoro a tempo determinato con il contratto giusto, con i contributi e il sussidio di disoccupazione: non abbiamo neanche quello! Quindi per i giovani in Italia è un disastro totale, tutte le professioni stanno diventando non professioni: l'architetto, l'ingegnere, il giornalista.

La crisi è stata percepita diversamente nel nord e nel sud Italia?

E' aumentata la differenza tra la capacità di produzione del Pil del Sud rispetto al Nord, quindi rispetto agli anni della Cassa del Mezzogiorno, la questione meridionale è diventata ancora più grave, c'è ancora più distanza tra il Nord e il Sud. Tanto che se noi prendessimo il Sud da solo, come capacità produttiva di Pil, ma anche come sistema industriale, si avvicina molto di più ai paesi del Maghreb di quanto possiamo immaginare.

Questo è un modo di vedere le cose; poi c'è un altro modo secondo me più interessante di vedere le cose ed è vedere quanto questa differenza sta buttando giù l'Italia nel suo complesso. La questione del Sud, per come la vedo io e per come la leggono molti meridionalisti interessati veramente all'argomento, è una questione nazionale. A meno di non immaginare un'Italia spaccata - cosa che ha fatto parte anche delle strategie di governo perlomeno per la parte del partito che lo sosteneva, la Lega, che esplicitamente ha lavorato alla spaccatura e ha venduto ai suoi elettori il fatto che il Nord è più vicino all'Europa del Sud, per cui se fosse attaccato all'Europa tutti starebbero meglio - però se ha ancora un senso l'Italia unita, questa Italia è unita solo se il Sud riprende a crescere.

Perché il Sud riprenda a crescere, bisogna buttare risorse aggiuntive. Finora sono stati fatti solo tagli, tagli alla spesa ordinaria. Bisogna fare come ha fatto la Germania: la Germania in 20 anni è riuscita a rimettere a pari la Germania dell'Est, il suo Sud con il suo Nord. L'ha fatto mettendoci dei soldi. Se oggi però la Germania è così forte è perché l'Est è cresciuto, altrimenti non avrebbe questo mercato di 80 milioni di persone! Adesso il dato non me lo ricordo ma è impressionante quanto è importante per le industrie del Nord il mercato del Sud. Noi stiamo raggiungendo dei livelli di impoverimento nel Sud, per cui mi sembra che c'è un lavoro fisso, con un salario vero, per ogni 3 o 4 persone che lavorano al Sud! Siamo sotto la media Ocse, non ci sono più i soldi per comprare: un Sud così non può fare altro che trascinare nella non crescita anche il Nord.

È una questione proprio di investimenti: noi abbiamo pensato - questa è stata la tragica idea leghista che, devo dire, è passata un po' anche nella cultura del centro-sinistra - che ogni territorio ce la potesse fare da solo, bastava la buona amministrazione. Non è così! Non puoi risolvere un problema come Napoli - la più grande metropoli del Sud, la terza ex città industriale, una città che puoi paragonare a Berlino Est dal punto di vista delle cose che devi fare - pensando che ce la devono fare quelli di Napoli con i loro soldi. È una grande occasione per le grandi industrie Hi Tech per quelli che costruiscono, per quelli che fanno industria, il fatto di investire in un Sud per farlo crescere. Quindi penso che ce la possiamo fare solo se riuniamo e facciamo tornare a diventare la questione del Sud una grande questione nazionale, altrimenti condanneremo una parte importante del paese, dove vive il 35% della popolazione italiana, dove ci sono un sacco di ragazzi, un sacco di figli, cose che sono delle ricchezze da altre parti, dove c'è un'enorme scolarizzazione, tante università, li costringiamo a vivere a livello della Tunisia: quelli se ne andranno e l'Italia crollerà.

La corruzione, l'evasione fiscale, le organizzazioni criminali, cosa può fare un cittadino onesto?

Questi sono processi che si comandano, si guidano verso la soluzione dall'alto. Non è che possiamo immaginare di chiedere agli evasori di non evadere; perché tutti evaderebbero se potessero. In Francia si evade di meno perché non conviene evadere: ci sono una serie di leggi, di meccanismi, oltre al fatto che è considerato un po' più un tabù. Da noi l'evasione è diventato un modo per fare economia, talmente grande da avere delle cifre stratosferiche: si parla di 120 miliardi di euro l'anno; la stessa cosa dicasi per il Pil a nero e poi ci si mette di mezzo la corruzione come collante politico che tiene su insieme questa società così illegale. Di illegalità si muore come ci insegna la Grecia, quindi da quella parte certamente non usciamo. Che possiamo fare? I dipendenti, quelli che hanno lo stipendio fisso, i pochi che rimangono, sempre di meno, quelli già pagano.

Dal punto di vista della battaglia politica dobbiamo costringere chi ci governa ad andare avanti direi senza pietà su quel terreno. Certo adesso c'è la crisi economica: alla battaglia all'evasione fiscale si intrecciano anche i temi della povertà, per cui ci troviamo a cose assurde: la gente che si ammazza perché magari lo Stato non paga, perché il fisco è stato vessatorio, perché non hanno rateizzato. Si possono inventare milioni di meccanismi. Una cosa però che non si può fare, non si può tornare indietro, perché quella è precisamente la strada che è stata seguita da tutti i governi e che ci ha portato sull'orlo del baratro!

Fonte Cadoinpiedi.it

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di Riccardo Iacona - 28 Maggio 2012

Stato e imprese non hanno soldi, e alla crisi economica si sovrappone quella politica. Ma tornare a crescere si può. Come? Estirpando l'illegalità dal mercato del lavoro, tornando a investire sul Mezzogiorno, combattendo senza sconti l'evasione

Abbiamo incontrato Riccardo Iacona, autore dell'Ebook "Il Popolo Tradito", uscito nella collana "Original Ebook" di Chiarelettere.

Negli ultimi anni ha girato l'Italia in lungo e in largo. Quanto è cambiato il nostro paese? E' un'Italia in ginocchio?

Intanto è in ginocchio dal punto di vista economico, non c'è dubbio, non lo dico io, lo dicono tutti i fondamentali. È il dramma vero, anche il dramma dei tecnici che stanno governando, continuamente annunciato: non vendono fumo, l'hanno detto, siamo in recessione, lo siamo ancora per il prossimo anno e il nostro destino è legato a quello che succede sui mercati internazionali e a come risponderà l'Europa a questa crisi.

Quindi da questo punto di vista siamo per forza in ginocchio. Sono impressionanti le ultime rilevazioni Istat. Per esempio la conferma, finalmente nero su bianco (anche se l'avevamo detto, è stato detto in tante trasmissioni, l'abbiamo fatto vedere) del fatto che le nuove generazioni stanno crescendo meno delle vecchie. I figli stanno facendo un passo indietro rispetto alle possibilità dei padri. Sono impressionanti i dati dei ragazzi che prendono e partono, lasciano l'Italia. Stiamo tornando a essere un paese di forte emigrazione, forte emigrazione dal Sud verso il Nord, dall'Italia verso il resto del mondo.

Il reddito: mancano i soldi, non ci sono più i soldi, sta diventando un'economia di carta. Le aziende lavorano e non vengono pagate, quindi poi vanno in banca e si fanno scontare le fatture, a loro volta non pagano i fornitori. Sta dilagando questa economia di carta fatta solo di "pagherò" in cui non ci sono più i soldi, e senza soldi non si fanno investimenti, se non si fanno investimenti non c'è la crescita, il sistema bancario è in difficoltà, questi sono i dati drammatici.

Naturalmente a questo si aggiunge una peculiarità tutta nostra. Quest'anno quando siamo andati in Grecia a vedere come era la situazione, abbiamo scoperto che ci sono molte similitudini con le pratiche politiche nostre: anche la Grecia è un paese dove si fa tantissima evasione fiscale, anche in Grecia c'è stata tanta mala politica, una congestione sostanzialmente tra i partiti di destra e di sinistra, tutta volta a comprarsi i voti aumentando il deficit del bilancio pubblico e anche in Grecia non c'è mai stata una politica economica vera.

Sono 10 anni che non si fa una politica industriale vera in questo paese. L'ultimo governo, questa lunga esperienza Berlusconi - Lega è stata un'esperienza drammatica da questo punto di vista. Ci hanno sempre detto che andava tutto bene, ma non solo. Hanno abbandonato le grandi questioni del paese, come la questione meridionale: vittime della politica del federalismo della Lega, si è smesso di investire al Sud. Se tu non investi in una parte del paese, chiaramente tutto il paese va a rotoli. Il grande dato è la crisi del Sud e la chiusura dei distretti industriali del Nord.

Poi c'è una crisi politica che secondo me è quasi più importante di questa economica, adesso che dovrebbe essere il momento di cercare nuove strade per uscire dalla crisi, per acchiappare la crescita e decidere dove dobbiamo crescere oppure no è il momento di più grande debolezza dei partiti. È l'unione di queste tre difficoltà che rende la situazione italiana veramente difficile.

Tra precarietà, contratti a termine, false partite iva, stage, lavoro non retribuito o a nero, che prospettive hanno i giovani?

Il più grande scandalo dell'Italia moderna e anche una delle ragioni della nostra crisi: non riusciamo a far entrare stabilmente nel mercato del lavoro le nuove generazioni. Nell'Italia degli anni '60-'50, il miracolo economico si è fatto sulle gambe di giovani uomini e giovani donne. Non erano gli anziani che hanno portato avanti il paese; erano i giovani che lasciavano il Sud per andare a lavorare nelle fabbriche del Nord, erano i giovani che si laureavano e diventavano professionisti.

Io stesso, che oggi ho 55 anni, ho fatto la mia gavetta, i miei contratti a termine, però sono entrato dentro un meccanismo, dentro una bottega artigianale dove una volta imparato il mestiere c'era la possibilità, come c'è stata, per mettere le mani su un lavoro, su una professione. Invece adesso noi siamo davanti a un mercato del lavoro che è totalmente illegale. Dietro la sua domanda c'è l'illegalità del mercato del lavoro, non l'incapacità dei giovani di proporsi, ma il fatto che anche se si propongono poi alla fine più della falsa partita Iva, più del contratto a termine, più dello stage non pagato non riescono a ottenere.

Questo è il figlio di una pratica politica precisa: noi abbiamo scambiato la flessibilità in entrata con l'illegalità. In un mercato del lavoro dove il 30% si produce a nero, dove ancora si lavora a nero, è stato il dramma totale. Senza controlli, senza aumentare nel frattempo la leva dei controlli! Per cui noi abbiamo tantissime migliaia di false partite Iva: ce l'ho nella mia redazione e l'ho denunciato, ho fatto l'outing più di questo cosa devo fare? Nei confronti della mia azienda, la RAI, ho detto: guardate noi abbiamo giornalisti iscritti all'ordine che lavorano in un programma in prima serata come Presadiretta con la partita Iva, eppure la RAI è l'unico datore di lavoro.

La battaglia ormai non è neanche più quella del posto fisso, è quella di avere il contratto giusto per il tempo che uno lavora; possibilmente se a tempo determinato guadagnando il doppio di quelli che sono a tempo indeterminato, perché tu la devi pagare in un certo senso la precarietà. Adesso vedremo cosa tirerà fuori la Fornero su questo tema perché c'è tanto da fare prima di pensare alla flessibilità in uscita; c'è tanto da tagliare in questa giungla di finti contratti. Siamo arrivati all'assurdo che ci sono manovali che lavorano con la partita Iva per fare i manovali.

Poi la capacità che ha un paese di produrre posti di lavoro è tutto un altro discorso. Adesso certo siamo in crisi, quindi c'è meno lavoro per tutti. In Spagna cominciano a licenziare, quindi non è più la Spagna di quando ci andavano 4 anni fa i ragazzi e trovavano il lavoro, ma il lavoro che trovano è un lavoro vero! È un lavoro a tempo determinato con il contratto giusto, con i contributi e il sussidio di disoccupazione: non abbiamo neanche quello! Quindi per i giovani in Italia è un disastro totale, tutte le professioni stanno diventando non professioni: l'architetto, l'ingegnere, il giornalista.

La crisi è stata percepita diversamente nel nord e nel sud Italia?

E' aumentata la differenza tra la capacità di produzione del Pil del Sud rispetto al Nord, quindi rispetto agli anni della Cassa del Mezzogiorno, la questione meridionale è diventata ancora più grave, c'è ancora più distanza tra il Nord e il Sud. Tanto che se noi prendessimo il Sud da solo, come capacità produttiva di Pil, ma anche come sistema industriale, si avvicina molto di più ai paesi del Maghreb di quanto possiamo immaginare.

Questo è un modo di vedere le cose; poi c'è un altro modo secondo me più interessante di vedere le cose ed è vedere quanto questa differenza sta buttando giù l'Italia nel suo complesso. La questione del Sud, per come la vedo io e per come la leggono molti meridionalisti interessati veramente all'argomento, è una questione nazionale. A meno di non immaginare un'Italia spaccata - cosa che ha fatto parte anche delle strategie di governo perlomeno per la parte del partito che lo sosteneva, la Lega, che esplicitamente ha lavorato alla spaccatura e ha venduto ai suoi elettori il fatto che il Nord è più vicino all'Europa del Sud, per cui se fosse attaccato all'Europa tutti starebbero meglio - però se ha ancora un senso l'Italia unita, questa Italia è unita solo se il Sud riprende a crescere.

Perché il Sud riprenda a crescere, bisogna buttare risorse aggiuntive. Finora sono stati fatti solo tagli, tagli alla spesa ordinaria. Bisogna fare come ha fatto la Germania: la Germania in 20 anni è riuscita a rimettere a pari la Germania dell'Est, il suo Sud con il suo Nord. L'ha fatto mettendoci dei soldi. Se oggi però la Germania è così forte è perché l'Est è cresciuto, altrimenti non avrebbe questo mercato di 80 milioni di persone! Adesso il dato non me lo ricordo ma è impressionante quanto è importante per le industrie del Nord il mercato del Sud. Noi stiamo raggiungendo dei livelli di impoverimento nel Sud, per cui mi sembra che c'è un lavoro fisso, con un salario vero, per ogni 3 o 4 persone che lavorano al Sud! Siamo sotto la media Ocse, non ci sono più i soldi per comprare: un Sud così non può fare altro che trascinare nella non crescita anche il Nord.

È una questione proprio di investimenti: noi abbiamo pensato - questa è stata la tragica idea leghista che, devo dire, è passata un po' anche nella cultura del centro-sinistra - che ogni territorio ce la potesse fare da solo, bastava la buona amministrazione. Non è così! Non puoi risolvere un problema come Napoli - la più grande metropoli del Sud, la terza ex città industriale, una città che puoi paragonare a Berlino Est dal punto di vista delle cose che devi fare - pensando che ce la devono fare quelli di Napoli con i loro soldi. È una grande occasione per le grandi industrie Hi Tech per quelli che costruiscono, per quelli che fanno industria, il fatto di investire in un Sud per farlo crescere. Quindi penso che ce la possiamo fare solo se riuniamo e facciamo tornare a diventare la questione del Sud una grande questione nazionale, altrimenti condanneremo una parte importante del paese, dove vive il 35% della popolazione italiana, dove ci sono un sacco di ragazzi, un sacco di figli, cose che sono delle ricchezze da altre parti, dove c'è un'enorme scolarizzazione, tante università, li costringiamo a vivere a livello della Tunisia: quelli se ne andranno e l'Italia crollerà.

La corruzione, l'evasione fiscale, le organizzazioni criminali, cosa può fare un cittadino onesto?

Questi sono processi che si comandano, si guidano verso la soluzione dall'alto. Non è che possiamo immaginare di chiedere agli evasori di non evadere; perché tutti evaderebbero se potessero. In Francia si evade di meno perché non conviene evadere: ci sono una serie di leggi, di meccanismi, oltre al fatto che è considerato un po' più un tabù. Da noi l'evasione è diventato un modo per fare economia, talmente grande da avere delle cifre stratosferiche: si parla di 120 miliardi di euro l'anno; la stessa cosa dicasi per il Pil a nero e poi ci si mette di mezzo la corruzione come collante politico che tiene su insieme questa società così illegale. Di illegalità si muore come ci insegna la Grecia, quindi da quella parte certamente non usciamo. Che possiamo fare? I dipendenti, quelli che hanno lo stipendio fisso, i pochi che rimangono, sempre di meno, quelli già pagano.

Dal punto di vista della battaglia politica dobbiamo costringere chi ci governa ad andare avanti direi senza pietà su quel terreno. Certo adesso c'è la crisi economica: alla battaglia all'evasione fiscale si intrecciano anche i temi della povertà, per cui ci troviamo a cose assurde: la gente che si ammazza perché magari lo Stato non paga, perché il fisco è stato vessatorio, perché non hanno rateizzato. Si possono inventare milioni di meccanismi. Una cosa però che non si può fare, non si può tornare indietro, perché quella è precisamente la strada che è stata seguita da tutti i governi e che ci ha portato sull'orlo del baratro!

Fonte Cadoinpiedi.it

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