lunedì 31 gennaio 2011

Battiato: “Senza quel viaggio il successo non arriva”


http://www.youtube.com/watch?v=XtXnBL7ndqw

di Veronica Femminino – Molti di loro hanno frequentato con profitto l’università. Anni e anni di studio coronati da una laurea, magari ottenuta con il massimo dei voti. E poi? Nella maggior parte dei casi, il nulla. Da qui la fuga di cervelli. Alias, le migliori intelligenze costrette ad andare via per potere esprimere le proprie potenzialità.

C’è un modo per fermare questa emorragia di preziose risorse? Certo il modo ci sarebbe. Ma al momento non si vede nulla di concreto che vada in questa direzione. Sarà per questo che secondo il cantautore catanese, Franco Battiato “i giovani fanno benissimo a lasciare il Sud Italia”. Una dichiarazione raccolta subito dopo la pubblicazione di un’indagine condotta dal Cerdfos (centro studi della Cgil Sicilia), dalla quale si apprende che ogni anno sono 250.000 i giovani che abbandonano il meridione d’Italia per trasferirsi altrove, nel tentativo di trovare un’occupazione ed affermarsi professionalmente.

Il cantautore siciliano, noto per la ricercatezza della sua dimensione intimistica, per i suoi studi esoterici, per l’interesse verso i temi sociali, sa bene cosa vuol dire lasciare la propria terra. La sua è la storia di un emigrante che prepara i bagagli con il cuore colmo di speranze e di paure.
Costretto a lasciare i luoghi cari per esprimere potenzialità che in Sicilia non avrebbero mai avuto eco. Una storia simile a quella di tanti altri con un epilogo diverso. Lui è tornato. Tra le braccia della sua amata Milo, delizioso centro alle pendici dell’Etna. Perché la voglia di tornare prima o poi irrompe con prepotenza nella mente e nel cuore dei meridionali. Ma come per Battiato, spesso senza “il viaggio” non c’è successo. Il viaggio, dunque, come metafora di un percorso individuale che porta alla crescita lì dove c’è terreno fertile.

Ma c’è una speranza di riscatto per il Sud? “Dovrebbe cambiare qualcosa dal punto di vista cosmico, la razza umana sta peggiorando” risponde Battiato con un pizzico di amarezza. L’amarezza di chi ama profondamente un luogo oltraggiato dalla pochezza umana. La stessa amarezza che si sente vibrare tra le note di “Povera Patria”, una dei suoi testi più conosciuti dove si racconta di un’Italia “schiacciata dagli abusi del potere”. E sebbene qualche mese addietro avesse concesso credito al governo siciliano con una dichiarazione finita su tutti i giornali (“Dicono che ci sono persone rette. Dunque, staremo a vedere”) adesso Battiato non esita a definire la situazione politica italiana “insopportabile”.

Cosa fare allora? “Mai arrendersi ma continuare a lottare in vista della propria auto-realizzazione, cercando il Il Meridione d’Italia: terra di paradossi e contraddizioni, tra opportunità mancate e potenzialità sopite. Suggestivo, selvaggio e incomparabilmente bello. Difficile restare, difficile andare via, come con quegli amori vissuti all’insegna di un odi et amo di catulliana memoria. I giovani continueranno a lottare, alcuni rimar-ranno, altri partiranno e altri ancora, torneranno.

Fonte:Il Sud

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http://www.youtube.com/watch?v=XtXnBL7ndqw

di Veronica Femminino – Molti di loro hanno frequentato con profitto l’università. Anni e anni di studio coronati da una laurea, magari ottenuta con il massimo dei voti. E poi? Nella maggior parte dei casi, il nulla. Da qui la fuga di cervelli. Alias, le migliori intelligenze costrette ad andare via per potere esprimere le proprie potenzialità.

C’è un modo per fermare questa emorragia di preziose risorse? Certo il modo ci sarebbe. Ma al momento non si vede nulla di concreto che vada in questa direzione. Sarà per questo che secondo il cantautore catanese, Franco Battiato “i giovani fanno benissimo a lasciare il Sud Italia”. Una dichiarazione raccolta subito dopo la pubblicazione di un’indagine condotta dal Cerdfos (centro studi della Cgil Sicilia), dalla quale si apprende che ogni anno sono 250.000 i giovani che abbandonano il meridione d’Italia per trasferirsi altrove, nel tentativo di trovare un’occupazione ed affermarsi professionalmente.

Il cantautore siciliano, noto per la ricercatezza della sua dimensione intimistica, per i suoi studi esoterici, per l’interesse verso i temi sociali, sa bene cosa vuol dire lasciare la propria terra. La sua è la storia di un emigrante che prepara i bagagli con il cuore colmo di speranze e di paure.
Costretto a lasciare i luoghi cari per esprimere potenzialità che in Sicilia non avrebbero mai avuto eco. Una storia simile a quella di tanti altri con un epilogo diverso. Lui è tornato. Tra le braccia della sua amata Milo, delizioso centro alle pendici dell’Etna. Perché la voglia di tornare prima o poi irrompe con prepotenza nella mente e nel cuore dei meridionali. Ma come per Battiato, spesso senza “il viaggio” non c’è successo. Il viaggio, dunque, come metafora di un percorso individuale che porta alla crescita lì dove c’è terreno fertile.

Ma c’è una speranza di riscatto per il Sud? “Dovrebbe cambiare qualcosa dal punto di vista cosmico, la razza umana sta peggiorando” risponde Battiato con un pizzico di amarezza. L’amarezza di chi ama profondamente un luogo oltraggiato dalla pochezza umana. La stessa amarezza che si sente vibrare tra le note di “Povera Patria”, una dei suoi testi più conosciuti dove si racconta di un’Italia “schiacciata dagli abusi del potere”. E sebbene qualche mese addietro avesse concesso credito al governo siciliano con una dichiarazione finita su tutti i giornali (“Dicono che ci sono persone rette. Dunque, staremo a vedere”) adesso Battiato non esita a definire la situazione politica italiana “insopportabile”.

Cosa fare allora? “Mai arrendersi ma continuare a lottare in vista della propria auto-realizzazione, cercando il Il Meridione d’Italia: terra di paradossi e contraddizioni, tra opportunità mancate e potenzialità sopite. Suggestivo, selvaggio e incomparabilmente bello. Difficile restare, difficile andare via, come con quegli amori vissuti all’insegna di un odi et amo di catulliana memoria. I giovani continueranno a lottare, alcuni rimar-ranno, altri partiranno e altri ancora, torneranno.

Fonte:Il Sud

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domenica 30 gennaio 2011

Alla riscossa terroni, di Lino Patruno

«“Terroni” è un titolo onorifico, perché è un onore serbare in sé le virtù della terra», scrive Lino Patruno. I «terroni» di Puglia hanno trasformato una terra di pietre in un giardino. I «terroni» hanno conservato o riscoperto il valore dell'agricoltura, con la difesa dei prodotti di qualità contro «la globalizzazione del tutto uguale e del tutto imitato».

Il libro raccoglie alcuni degli articoli di fondo pubblicati sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” dal 2000 al 2008, raggruppandoli intorno a quattro temi: la dis-unità d'Italia, la sagra degli autogol del Sud, i giovani e il lavoro, il federalismo.

Lino Patruno è stato direttore della “Gazzetta del Mezzogiorno” dal 1995 al 2008. Tredici anni durante i quali ha potuto guardare la Puglia ed il Sud da una finestra privilegiata, ma nello stesso tempo ha saputo dare voce alle aspettative del Meridione d'Italia, non disdegnando di pungolare pugliesi e meridionali a liberarsi dalla succube rassegnazione e dai vizi che bloccano lo sviluppo, invitandoli a reagire e a mettere in campo le tante potenzialità che possiedono. Niente pregiudizio né autoflagellazione. Alla riscossa, terroni!

Patruno ha una scrittura facilmente comprensibile e accattivante. Il suo è un parlare franco e diretto, che arriva subito al cuore dei problemi senza inutili circonvoluzioni. Come ogni buon giornalista dovrebbe fare. E Patruno è un grande giornalista. I tantissimi premi ricevuti lo testimoniano.

Il Sud continua ad essere Sud perché nessuno si «incazza nero» con se stesso e con gli altri. Gli interventi straordinari degli anni passati per il Mezzogiorno sono convenuti a tutti. Ma a rimanerne più fregato è stato sempre il Mezzogiorno. I soldi arrivavano al Sud per consentirgli di acquistare i prodotti del Nord. Così si è creato al Sud un popolo più consumatore che produttore. Nei fatti la Cassa per il Mezzogiorno fu soprattutto la Cassa per il Settentrione.

Dal 1861 in poi, non c'è stata decisione presa dai vari governi che non sia servita principalmente agli interessi del Nord e non a quelli del Sud. L'industria meridionale è stata abbandonata e lasciata crollare. Anche l'agricoltura meridionale è stata distrutta. Sono state distrutte le banche, tutte le grandi banche sono scomparse dal Sud.

Gli industriali settentrionali, sfruttando i contributi, scendevano nel meridione ad aprire fabbriche, chiudendo poi dopo aver incassato i soldi. Al Sud non rimanevano né fabbriche né soldi. Quelle che sopravvivono hanno le sedi legali al Nord, dove vengono pagate le tasse. Ancora soldi del Sud trafugati da quelli del Nord.

In tempi più recenti gli incentivi europei per le aree depresse meridionali vengono dirottati al Nord. Parlamentari e ministri meridionali non si accorgono di questo imbroglio, o comunque non lo denunciano; sono meridionali soltanto per l'anagrafe.

La Puglia è in vendita. Una società di Brescia ha comprato 22 ettari di terreno a Maruggio, dove produrrà vini pregiati: Primitivo del Salento e Rosso di Puglia. Una grossa società immobiliare americana ha acquistato tre grandi edifici a Bari. Stranieri di ogni parte del mondo calano in Puglia per comprarsi masserie, trulli, appezzamenti di terreni. Big della finanza, dell'industria, dello spettacolo, della medicina si recintano, qui in Puglia, pezzetti di paradiso.

Le più prelibate terre pugliesi del vino sono ormai in mani venete. Il latte di Gioia del Colle è diventato emiliano. I pomodori del Tavoliere campani. Siamo inondati da prezzemolo cinese. Con etichette olandesi, vengono vendute a noi stessi le nostre insalate. I profitti, che prima rimanevano da noi, ora se li portano via. Le tasse, che prima venivano pagate qui, ora vengono pagate altrove. E noi meridionali diventiamo sempre più poveri.

E continuiamo sempre ad avere pazienza. Sarebbe ora di cominciare ad incazzarci un po', dice Patruno. Con noi stessi che non riusciamo a trattenere i nostri soldi qui. Con gli altri che ce li portano via.

La Puglia deve imparare a sfruttare la sua migliore risorsa: il turismo, che è natura, cultura, trasporti, edilizia, gastronomia, agricoltura, allevamento, divertimento, feste popolari, musica, mondanità, moda, commercio, ospitalità, mistero.

Ma ci stanno rubando anche l'anima della Puglia, scrive Patruno. Spiantano clandestinamente secolari alberi di ulivo per trapiantarli in lussuose ville del Nord. Smontano pietra su pietra i nostri muretti a secco per ricostruirli su da loro. Ed a questo proposito ecco, a mo' d'esempio, un poetico brano della scrittura di Patruno: «Questa tenera Puglia capace di senso in una vita senza più senso, questa Puglia di pastelli all'ombra dell'alluvione di luce, questa Puglia indorata di vite e fertile di zolle come un grembo di donna, questa la Puglia che pezzo pezzo ci portano via. Qui spunta il sortilegio delle masserie ricche come regge e arcigne come fortezze, qui acquietano gli ocra delle case contadine, qui riposano dimore padronali che hanno visto e fatto la storia. Ed è qui che si svolge la grande mattanza di mensole e altari, di pozzi e capitelli, scalinate e ringhiere, portali ed edicole, mangiatoie e abbeveratoi, tetti e caminetti, comignoli e tegole, fontanine e pinnacoli, maschere e macine, trappeti e norie, campanili e grondaie, statue e ceramiche, infissi e araldiche. Qui la Puglia viene svuotata della sua cultura».

I giovani devono inventarsi nuovi lavori e rimanere qui. La «meglio gioventù» non deve più abbandonare la sua terra. Senza più figli che tramandano i padri – scrive Patruno – muore un mondo, un piccolo grande mondo antico.

Ultima trappola per il Sud è il federalismo che Bossi ci vuole imporre. Le spese non diminuiranno, come si vuol far credere, anzi aumenteranno, perché verranno creati nuovi enti inutili e doppioni degli esistenti. E per mantenerli aumenteranno le tasse.

La Puglia non ha bisogno di federalismo fiscale, ha bisogno che gli utili di quanto viene prodotto sul suo territorio rimanga in Puglia. L'Ilva di Taranto è il più grande impianto siderurgico d'Europa, Bari e Brindisi ospitano due fra i più grandi gruppi farmaceutici mondiali: Serono Merck e Sanofi Aventis, a Bari vi è il più grande distretto industriale italiano per componenti di motori per auto, con gli impianti Bosch, Firestone, Getrag, Magneti Marelli, Graziano Trasmissioni, Skf, Brindisi ha la più grande centrale termoelettrica dell'Enel, Taranto ha la più grande fabbrica d'Italia di pale per l'eolico, Foggia ha un grande stabilimento per la manutenzione di materiale rotabile, a Foggia vi sono gli allevamenti Amadori, a Lecce il tabacchificio della British American Tabacco, ancora a Foggia l'Istituto Poligrafico e la Zecca dello Stato. Se tutte le tasse che vengono pagate per questi impianti rimanessero in Puglia, non saremmo più Sud.

La battaglia affinché queste tasse restino qui dovrebbe vederci tutti uniti. Si può essere di destra o di sinistra, - scrive Patruno - ma il Sud è anzitutto Sud, un'unica regione con interessi unici.

Alla riscossa, terroni!

Rocco Biondi

Lino Patruno, Alla riscossa terroni. Perché il Sud non è diventato ricco. Il caso Puglia, Manni editore, San Cesario di Lecce 2008, pp. 176, € 15,00


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«“Terroni” è un titolo onorifico, perché è un onore serbare in sé le virtù della terra», scrive Lino Patruno. I «terroni» di Puglia hanno trasformato una terra di pietre in un giardino. I «terroni» hanno conservato o riscoperto il valore dell'agricoltura, con la difesa dei prodotti di qualità contro «la globalizzazione del tutto uguale e del tutto imitato».

Il libro raccoglie alcuni degli articoli di fondo pubblicati sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” dal 2000 al 2008, raggruppandoli intorno a quattro temi: la dis-unità d'Italia, la sagra degli autogol del Sud, i giovani e il lavoro, il federalismo.

Lino Patruno è stato direttore della “Gazzetta del Mezzogiorno” dal 1995 al 2008. Tredici anni durante i quali ha potuto guardare la Puglia ed il Sud da una finestra privilegiata, ma nello stesso tempo ha saputo dare voce alle aspettative del Meridione d'Italia, non disdegnando di pungolare pugliesi e meridionali a liberarsi dalla succube rassegnazione e dai vizi che bloccano lo sviluppo, invitandoli a reagire e a mettere in campo le tante potenzialità che possiedono. Niente pregiudizio né autoflagellazione. Alla riscossa, terroni!

Patruno ha una scrittura facilmente comprensibile e accattivante. Il suo è un parlare franco e diretto, che arriva subito al cuore dei problemi senza inutili circonvoluzioni. Come ogni buon giornalista dovrebbe fare. E Patruno è un grande giornalista. I tantissimi premi ricevuti lo testimoniano.

Il Sud continua ad essere Sud perché nessuno si «incazza nero» con se stesso e con gli altri. Gli interventi straordinari degli anni passati per il Mezzogiorno sono convenuti a tutti. Ma a rimanerne più fregato è stato sempre il Mezzogiorno. I soldi arrivavano al Sud per consentirgli di acquistare i prodotti del Nord. Così si è creato al Sud un popolo più consumatore che produttore. Nei fatti la Cassa per il Mezzogiorno fu soprattutto la Cassa per il Settentrione.

Dal 1861 in poi, non c'è stata decisione presa dai vari governi che non sia servita principalmente agli interessi del Nord e non a quelli del Sud. L'industria meridionale è stata abbandonata e lasciata crollare. Anche l'agricoltura meridionale è stata distrutta. Sono state distrutte le banche, tutte le grandi banche sono scomparse dal Sud.

Gli industriali settentrionali, sfruttando i contributi, scendevano nel meridione ad aprire fabbriche, chiudendo poi dopo aver incassato i soldi. Al Sud non rimanevano né fabbriche né soldi. Quelle che sopravvivono hanno le sedi legali al Nord, dove vengono pagate le tasse. Ancora soldi del Sud trafugati da quelli del Nord.

In tempi più recenti gli incentivi europei per le aree depresse meridionali vengono dirottati al Nord. Parlamentari e ministri meridionali non si accorgono di questo imbroglio, o comunque non lo denunciano; sono meridionali soltanto per l'anagrafe.

La Puglia è in vendita. Una società di Brescia ha comprato 22 ettari di terreno a Maruggio, dove produrrà vini pregiati: Primitivo del Salento e Rosso di Puglia. Una grossa società immobiliare americana ha acquistato tre grandi edifici a Bari. Stranieri di ogni parte del mondo calano in Puglia per comprarsi masserie, trulli, appezzamenti di terreni. Big della finanza, dell'industria, dello spettacolo, della medicina si recintano, qui in Puglia, pezzetti di paradiso.

Le più prelibate terre pugliesi del vino sono ormai in mani venete. Il latte di Gioia del Colle è diventato emiliano. I pomodori del Tavoliere campani. Siamo inondati da prezzemolo cinese. Con etichette olandesi, vengono vendute a noi stessi le nostre insalate. I profitti, che prima rimanevano da noi, ora se li portano via. Le tasse, che prima venivano pagate qui, ora vengono pagate altrove. E noi meridionali diventiamo sempre più poveri.

E continuiamo sempre ad avere pazienza. Sarebbe ora di cominciare ad incazzarci un po', dice Patruno. Con noi stessi che non riusciamo a trattenere i nostri soldi qui. Con gli altri che ce li portano via.

La Puglia deve imparare a sfruttare la sua migliore risorsa: il turismo, che è natura, cultura, trasporti, edilizia, gastronomia, agricoltura, allevamento, divertimento, feste popolari, musica, mondanità, moda, commercio, ospitalità, mistero.

Ma ci stanno rubando anche l'anima della Puglia, scrive Patruno. Spiantano clandestinamente secolari alberi di ulivo per trapiantarli in lussuose ville del Nord. Smontano pietra su pietra i nostri muretti a secco per ricostruirli su da loro. Ed a questo proposito ecco, a mo' d'esempio, un poetico brano della scrittura di Patruno: «Questa tenera Puglia capace di senso in una vita senza più senso, questa Puglia di pastelli all'ombra dell'alluvione di luce, questa Puglia indorata di vite e fertile di zolle come un grembo di donna, questa la Puglia che pezzo pezzo ci portano via. Qui spunta il sortilegio delle masserie ricche come regge e arcigne come fortezze, qui acquietano gli ocra delle case contadine, qui riposano dimore padronali che hanno visto e fatto la storia. Ed è qui che si svolge la grande mattanza di mensole e altari, di pozzi e capitelli, scalinate e ringhiere, portali ed edicole, mangiatoie e abbeveratoi, tetti e caminetti, comignoli e tegole, fontanine e pinnacoli, maschere e macine, trappeti e norie, campanili e grondaie, statue e ceramiche, infissi e araldiche. Qui la Puglia viene svuotata della sua cultura».

I giovani devono inventarsi nuovi lavori e rimanere qui. La «meglio gioventù» non deve più abbandonare la sua terra. Senza più figli che tramandano i padri – scrive Patruno – muore un mondo, un piccolo grande mondo antico.

Ultima trappola per il Sud è il federalismo che Bossi ci vuole imporre. Le spese non diminuiranno, come si vuol far credere, anzi aumenteranno, perché verranno creati nuovi enti inutili e doppioni degli esistenti. E per mantenerli aumenteranno le tasse.

La Puglia non ha bisogno di federalismo fiscale, ha bisogno che gli utili di quanto viene prodotto sul suo territorio rimanga in Puglia. L'Ilva di Taranto è il più grande impianto siderurgico d'Europa, Bari e Brindisi ospitano due fra i più grandi gruppi farmaceutici mondiali: Serono Merck e Sanofi Aventis, a Bari vi è il più grande distretto industriale italiano per componenti di motori per auto, con gli impianti Bosch, Firestone, Getrag, Magneti Marelli, Graziano Trasmissioni, Skf, Brindisi ha la più grande centrale termoelettrica dell'Enel, Taranto ha la più grande fabbrica d'Italia di pale per l'eolico, Foggia ha un grande stabilimento per la manutenzione di materiale rotabile, a Foggia vi sono gli allevamenti Amadori, a Lecce il tabacchificio della British American Tabacco, ancora a Foggia l'Istituto Poligrafico e la Zecca dello Stato. Se tutte le tasse che vengono pagate per questi impianti rimanessero in Puglia, non saremmo più Sud.

La battaglia affinché queste tasse restino qui dovrebbe vederci tutti uniti. Si può essere di destra o di sinistra, - scrive Patruno - ma il Sud è anzitutto Sud, un'unica regione con interessi unici.

Alla riscossa, terroni!

Rocco Biondi

Lino Patruno, Alla riscossa terroni. Perché il Sud non è diventato ricco. Il caso Puglia, Manni editore, San Cesario di Lecce 2008, pp. 176, € 15,00


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L’Italia ancora a due velocità


di Lino PatrunoNel Paese non si è ancora disinnescato quello che il Nobel per l’economia, Krugman, ha chiamato il “meccanismo automatico del sottosviluppo”. Da qui il gap tra le due parti del Paese.

Gira gira, il Sud si dibatte fra la palla di neve e la pentola bucata. Non è l’ultimo quiz di “Tu sarai milionario”, ma il bollettino medico a 150 anni dall’Unità d’Italia. E alla vigilia del rischio di una nuova disunità col federalismo prossimo venturo. Il Sud che si permette di farlo notare, lo fa sottovoce, per evitare di beccarsi l’etichetta di neo-borbonico per la quale si rischia una fatwa in versione italiana.

Effetto “palla di neve” è la versione terra terra del concetto di “meccanismo automatico del sottosviluppo”. Quello che, udite udite, ha guadagnato il Nobel all’economista americano Paul Krugman. Di che si tratta? In poche parole, se si continua a dire che il Nord è la locomotiva del Paese, e che il Paese crescerà solo se il Nord cresce, si continua a considerare il Sud un vagone di scorta che corre (si fa per dire) se corrono altri. Cioè si continua a perpetrare un errore che si trascina dall’Unità d’Italia, quando improvvide decisioni relegarono il Sud a quel ruolo sfortunato che ancora oggi non ha cambiato.

Sviluppo industriale al Nord “vincitore”, al Sud l’agricoltura più il privilegio di essere un grande e garantito mercato di consumo per i prodotti del Nord. Oltre che un serbatoio mica male di voti. Con lo Stato a intervenire ogni volta che il Sud, com’era prevedibile, non ce l’avesse fatta. Per inciso, questo non lo dicono i neo-borbonici, lo dicono gli storici “ufficiali”.

E, tenetevi forte, anche due ministri come Giulio Tremonti e Renato Brunetta, chissà se in momenti di debolezza o di illuminazione. Ora, le industrie sono come i soldi di Eduardo De Filippo, hanno voce e si chiamano fra loro, nel senso che per arricchirsi è meglio già avere soldi. Se cominci a investire in una zona, lì andranno a investire anche altri perché si crea l’ambiente industriale. E non andranno a investire altrove. Come dire, Nord e Sud. Senza correttivi, funziona come la palla di neve, che si ingrossa man mano che rotola.

Siccome i correttivi sono sempre stati le “politiche speciali”, cioè facciamo qualcosa solo nei momenti più acuti del male, nulla è mai cambiato. Cassa per il Mezzogiorno come l’emergenza rifiuti a Napoli. Ma eccoci subito alla pentola bucata. Sempre in deficit commerciale col Nord, il Sud supplisce con l’assistenza (scusate il termine) dello Stato. Fa parte del gioco, e conviene soprattutto a chi lo rinfaccia. Ma, al di là delle parole, nei fatti se non si riduce il divario col Nord, anzi cresce sempre, ogni anno lo Stato dovrà dare un euro in più: come una pentola che perde acqua perché è bucata. Non piace soprattutto al Sud, ma così va.

Ora però arriva il federalismo fiscale: imparate a governarvi meglio, e avrete risolto tutti i vostri problemi. Quanto il Sud abbia bisogno di governarsi meglio, solo Dio lo sa. Ma che possa bastare, lo stesso buon Dio sa quanto non sia vero. Occorre almeno non partire ad handicap, cioè occorre che la palla di neve rallenti.

E non con l’elemosina alle singole aziende, che magari ringraziano fino alla prossima elemosina. Ma creando le condizioni perché anche al Sud le fabbriche si chiamino fra loro. Capitale sociale, si dice: dalle infrastrutture ai servizi, dal credito alla formazione. Solo così le cattive pratiche del Sud immutabile possono diventare buone pratiche di un Sud che è il primo a voler cambiare. Sarebbe, insomma, il federalismo “equo e solidale”.

Fonte:Il Sud

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di Lino PatrunoNel Paese non si è ancora disinnescato quello che il Nobel per l’economia, Krugman, ha chiamato il “meccanismo automatico del sottosviluppo”. Da qui il gap tra le due parti del Paese.

Gira gira, il Sud si dibatte fra la palla di neve e la pentola bucata. Non è l’ultimo quiz di “Tu sarai milionario”, ma il bollettino medico a 150 anni dall’Unità d’Italia. E alla vigilia del rischio di una nuova disunità col federalismo prossimo venturo. Il Sud che si permette di farlo notare, lo fa sottovoce, per evitare di beccarsi l’etichetta di neo-borbonico per la quale si rischia una fatwa in versione italiana.

Effetto “palla di neve” è la versione terra terra del concetto di “meccanismo automatico del sottosviluppo”. Quello che, udite udite, ha guadagnato il Nobel all’economista americano Paul Krugman. Di che si tratta? In poche parole, se si continua a dire che il Nord è la locomotiva del Paese, e che il Paese crescerà solo se il Nord cresce, si continua a considerare il Sud un vagone di scorta che corre (si fa per dire) se corrono altri. Cioè si continua a perpetrare un errore che si trascina dall’Unità d’Italia, quando improvvide decisioni relegarono il Sud a quel ruolo sfortunato che ancora oggi non ha cambiato.

Sviluppo industriale al Nord “vincitore”, al Sud l’agricoltura più il privilegio di essere un grande e garantito mercato di consumo per i prodotti del Nord. Oltre che un serbatoio mica male di voti. Con lo Stato a intervenire ogni volta che il Sud, com’era prevedibile, non ce l’avesse fatta. Per inciso, questo non lo dicono i neo-borbonici, lo dicono gli storici “ufficiali”.

E, tenetevi forte, anche due ministri come Giulio Tremonti e Renato Brunetta, chissà se in momenti di debolezza o di illuminazione. Ora, le industrie sono come i soldi di Eduardo De Filippo, hanno voce e si chiamano fra loro, nel senso che per arricchirsi è meglio già avere soldi. Se cominci a investire in una zona, lì andranno a investire anche altri perché si crea l’ambiente industriale. E non andranno a investire altrove. Come dire, Nord e Sud. Senza correttivi, funziona come la palla di neve, che si ingrossa man mano che rotola.

Siccome i correttivi sono sempre stati le “politiche speciali”, cioè facciamo qualcosa solo nei momenti più acuti del male, nulla è mai cambiato. Cassa per il Mezzogiorno come l’emergenza rifiuti a Napoli. Ma eccoci subito alla pentola bucata. Sempre in deficit commerciale col Nord, il Sud supplisce con l’assistenza (scusate il termine) dello Stato. Fa parte del gioco, e conviene soprattutto a chi lo rinfaccia. Ma, al di là delle parole, nei fatti se non si riduce il divario col Nord, anzi cresce sempre, ogni anno lo Stato dovrà dare un euro in più: come una pentola che perde acqua perché è bucata. Non piace soprattutto al Sud, ma così va.

Ora però arriva il federalismo fiscale: imparate a governarvi meglio, e avrete risolto tutti i vostri problemi. Quanto il Sud abbia bisogno di governarsi meglio, solo Dio lo sa. Ma che possa bastare, lo stesso buon Dio sa quanto non sia vero. Occorre almeno non partire ad handicap, cioè occorre che la palla di neve rallenti.

E non con l’elemosina alle singole aziende, che magari ringraziano fino alla prossima elemosina. Ma creando le condizioni perché anche al Sud le fabbriche si chiamino fra loro. Capitale sociale, si dice: dalle infrastrutture ai servizi, dal credito alla formazione. Solo così le cattive pratiche del Sud immutabile possono diventare buone pratiche di un Sud che è il primo a voler cambiare. Sarebbe, insomma, il federalismo “equo e solidale”.

Fonte:Il Sud

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150 Unità d'Italia - La verità rafforza l'unità - Parte1


http://www.youtube.com/watch?v=fStlVKIpeyk&feature=feedu

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http://www.youtube.com/watch?v=fStlVKIpeyk&feature=feedu

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Oltre la metà dei giovani vorrebbe andar via. Al Sud la maggioranza non espatrierebbe

Il 50,9% della fascia 25-34 anni si trasferirebbe volentieri all'estero. A preoccupare soprattutto la precarietà del lavoro, seguita dalla mancanza di senso civico e dalla corruzione. La stragrande maggioranza dei meridionali non lascerebbe invece mai il proprio Paese, i più insoddisfatti vivono al Centrodi ROSARIA AMATO

ROMA - Una volta era il Belpaese. Ma adesso le cose sono un po' cambiate, soprattutto per i giovani, e infatti il 50,9% tra i 25 e i 34 anni si trasferirebbe volentieri all'estero, secondo il Rapporto Eurispes 2011. Oltre il 60% degli italiani ritiene che vivere in Italia sia una fortuna, ma questa percentuale si riduce gradualmente man mano che dalle fasce di età più anziane si arriva ai giovani: quasi il 40% dei 25-34enni ritiene che vivere in Italia sia una sfortuna, e ben il 40,6% degli intervistati (di tutte le fasce di età) si traferirebbe volentieri all'estero, una percentuale superiore al 37,8% rilevata dall'Eurispes nell'analogo sondaggio condotto nel 2006. Oltre la maggioranza degli italiani (51,8%) considera la situazione economica del nostro Paese nettamente peggiorata (+4,7% rispetto al 2010). Un dato così significativo si era registrato solo nel 2005 (54%).

La disillusione si consuma a partire dai 25 anni, soprattutto quando c'è l'impatto con il mondo del lavoro. Infatti la percentuale di chi ritiene che vivere in Italia sia una sfortuna è un po' più bassa nella fascia d'età 18-24 (37,1%) e scende al 26% per quel che riguarda la popolazione di 65 anni e oltre. La precarietà lavorativa è indicata al primo posto tra i mali italiani, dal 29,1% degli intervistati. Ma per i giovani la precarietà lavorativa è un problema di gran lunga più pesante: lo sottolinea il 43,5% dei 18-24enni e il 33,6% dei 25-34enni. La percentuale scende gradualmente per poi risalire, a sorpresa, tra gli ultrasessantacinquenni, che evidentemente non sono indenni dalle preoccupazioni per le giovani generazioni.

Al secondo posto tra i mali italiani c'è la mancanza di senso civico (20,6%), mentre il 19,1% giudica eccessivo il livello di corruzione, il 15,2% ritiene che il peggiore problema per l'Italia sia rappresentato dalla classe politica, l'8,6% dalle condizioni dell'economia, il 3,9% dal tasso di criminalità e l'1,3% dallo stato del welfare. Per quanto riguarda in particolare la politica, il 68,2% degli intervistati si è dichiarato contrario a candidare alle elezioni un indagato, mentre il 21,5% si è dichiarato favorevole, e il 10,3% non ha espresso alcuna opinione.

La preoccupazione per la precarietà nel lavoro è più diffusa nel Mezzogiorno (43,2% nelle Isole e 42,4% nel resto del Sud) contro il 30% del Nord-Est, il 25,6% del Nord-Ovest e il 18,9% del Centro, mentre per gli altri problemi denunciati dagli intervistati c'è una certa uniformità nelle risposte nelle varie aree geografiche. Eppure, di fronte alla domanda: "Si trasferirebbe all'estero?", la situazione si ribalta. Il 62,9% degli abitanti delle Isole non lo farebbe mai (nonostante le preoccupazioni per il lavoro e tutti i problemi reali dell'area geografica, dall'economia alla criminalità), contro il 49,1% degli abitanti del Nord-Ovest. I più disposti a trasferirsi vivono al Centro (49,4%, mentre solo il 40% ha dichiarato che non cambierebbe mai Paese). Guardando alle fasce di età, i più bendisposti ad andarsene hanno tra i 25 e i 34 anni (50,9%).

Ma dove si trasferirebbero gli aspiranti emigranti? In Francia (16,5%), Stati Uniti (16,1%), Spagna (14,3%), Paese che peraltro ha un tasso di disoccupazione che supera il 20%, Inghilterra (11,9%) e Germania (10,1%). Seguono Svizzera, Austria, Svezia, Canada, Olanda, Brasile, Danimarca, Norvegia.

Chi invece non si trasferirebbe mai dall'Italia ne apprezza soprattutto la libertà di opinione e di espressione (26,8%), la tradizione artistico-culturale (20,8%), il clima mediterraneo (17,3%), le bellezze naturali (16,6%), e poi la simpatia della gente, la buona cucina e, buon ultimo, il benessere economico (3,1%). Ancora una volta, sono i meridionali a sentirsi in grande maggioranza fortunati a vivere nel Belpaese (nonostante le classifiche indichino regolarmente le città del Nord come le più vivibili, e quelle del Sud siano sempre in coda alle varie graduatorie): si dichiarano felici di vivere nel proprio Paese il 74,1% degli abitanti delle Isole e il 66,7% del Mezzogiorno, contro solo il 54,4% degli abitanti del Centro.

Eppure, anche il Rapporto Eurispes (se ce ne fosse bisogno) conferma che è al Sud che si concentrano i problemi economici più gravi. Arrivare a fine mese è "uno scoglio insormontabile" per il 35,1% delle famiglie, e nel 2011 "sono in diminuzione le famiglie italiane che nonostante tutto riescono a risparmiare qualcosa (26,2% contro il 30,8% del 2010) e a raggiungere l'ormai ambito traguardo della fine del mese (61% contro 66% del 2010)". Il disagio aumenta però vertiginosamente al Sud (43%), pur essendo acuto anche nel Nord-Est (37%) e nelle Isole (36,5%). il 40% delle famiglie dichiara inoltre di avere difficoltà a pagare rate e canoni.

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Il 50,9% della fascia 25-34 anni si trasferirebbe volentieri all'estero. A preoccupare soprattutto la precarietà del lavoro, seguita dalla mancanza di senso civico e dalla corruzione. La stragrande maggioranza dei meridionali non lascerebbe invece mai il proprio Paese, i più insoddisfatti vivono al Centrodi ROSARIA AMATO

ROMA - Una volta era il Belpaese. Ma adesso le cose sono un po' cambiate, soprattutto per i giovani, e infatti il 50,9% tra i 25 e i 34 anni si trasferirebbe volentieri all'estero, secondo il Rapporto Eurispes 2011. Oltre il 60% degli italiani ritiene che vivere in Italia sia una fortuna, ma questa percentuale si riduce gradualmente man mano che dalle fasce di età più anziane si arriva ai giovani: quasi il 40% dei 25-34enni ritiene che vivere in Italia sia una sfortuna, e ben il 40,6% degli intervistati (di tutte le fasce di età) si traferirebbe volentieri all'estero, una percentuale superiore al 37,8% rilevata dall'Eurispes nell'analogo sondaggio condotto nel 2006. Oltre la maggioranza degli italiani (51,8%) considera la situazione economica del nostro Paese nettamente peggiorata (+4,7% rispetto al 2010). Un dato così significativo si era registrato solo nel 2005 (54%).

La disillusione si consuma a partire dai 25 anni, soprattutto quando c'è l'impatto con il mondo del lavoro. Infatti la percentuale di chi ritiene che vivere in Italia sia una sfortuna è un po' più bassa nella fascia d'età 18-24 (37,1%) e scende al 26% per quel che riguarda la popolazione di 65 anni e oltre. La precarietà lavorativa è indicata al primo posto tra i mali italiani, dal 29,1% degli intervistati. Ma per i giovani la precarietà lavorativa è un problema di gran lunga più pesante: lo sottolinea il 43,5% dei 18-24enni e il 33,6% dei 25-34enni. La percentuale scende gradualmente per poi risalire, a sorpresa, tra gli ultrasessantacinquenni, che evidentemente non sono indenni dalle preoccupazioni per le giovani generazioni.

Al secondo posto tra i mali italiani c'è la mancanza di senso civico (20,6%), mentre il 19,1% giudica eccessivo il livello di corruzione, il 15,2% ritiene che il peggiore problema per l'Italia sia rappresentato dalla classe politica, l'8,6% dalle condizioni dell'economia, il 3,9% dal tasso di criminalità e l'1,3% dallo stato del welfare. Per quanto riguarda in particolare la politica, il 68,2% degli intervistati si è dichiarato contrario a candidare alle elezioni un indagato, mentre il 21,5% si è dichiarato favorevole, e il 10,3% non ha espresso alcuna opinione.

La preoccupazione per la precarietà nel lavoro è più diffusa nel Mezzogiorno (43,2% nelle Isole e 42,4% nel resto del Sud) contro il 30% del Nord-Est, il 25,6% del Nord-Ovest e il 18,9% del Centro, mentre per gli altri problemi denunciati dagli intervistati c'è una certa uniformità nelle risposte nelle varie aree geografiche. Eppure, di fronte alla domanda: "Si trasferirebbe all'estero?", la situazione si ribalta. Il 62,9% degli abitanti delle Isole non lo farebbe mai (nonostante le preoccupazioni per il lavoro e tutti i problemi reali dell'area geografica, dall'economia alla criminalità), contro il 49,1% degli abitanti del Nord-Ovest. I più disposti a trasferirsi vivono al Centro (49,4%, mentre solo il 40% ha dichiarato che non cambierebbe mai Paese). Guardando alle fasce di età, i più bendisposti ad andarsene hanno tra i 25 e i 34 anni (50,9%).

Ma dove si trasferirebbero gli aspiranti emigranti? In Francia (16,5%), Stati Uniti (16,1%), Spagna (14,3%), Paese che peraltro ha un tasso di disoccupazione che supera il 20%, Inghilterra (11,9%) e Germania (10,1%). Seguono Svizzera, Austria, Svezia, Canada, Olanda, Brasile, Danimarca, Norvegia.

Chi invece non si trasferirebbe mai dall'Italia ne apprezza soprattutto la libertà di opinione e di espressione (26,8%), la tradizione artistico-culturale (20,8%), il clima mediterraneo (17,3%), le bellezze naturali (16,6%), e poi la simpatia della gente, la buona cucina e, buon ultimo, il benessere economico (3,1%). Ancora una volta, sono i meridionali a sentirsi in grande maggioranza fortunati a vivere nel Belpaese (nonostante le classifiche indichino regolarmente le città del Nord come le più vivibili, e quelle del Sud siano sempre in coda alle varie graduatorie): si dichiarano felici di vivere nel proprio Paese il 74,1% degli abitanti delle Isole e il 66,7% del Mezzogiorno, contro solo il 54,4% degli abitanti del Centro.

Eppure, anche il Rapporto Eurispes (se ce ne fosse bisogno) conferma che è al Sud che si concentrano i problemi economici più gravi. Arrivare a fine mese è "uno scoglio insormontabile" per il 35,1% delle famiglie, e nel 2011 "sono in diminuzione le famiglie italiane che nonostante tutto riescono a risparmiare qualcosa (26,2% contro il 30,8% del 2010) e a raggiungere l'ormai ambito traguardo della fine del mese (61% contro 66% del 2010)". Il disagio aumenta però vertiginosamente al Sud (43%), pur essendo acuto anche nel Nord-Est (37%) e nelle Isole (36,5%). il 40% delle famiglie dichiara inoltre di avere difficoltà a pagare rate e canoni.

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sabato 29 gennaio 2011

Uniamo le forze del Sud, siamo il primo partito italiano


Di Antonio Ciano

Sono nati centinaia di gruppi e movimenti meridionalisti. Tra i primi c'erano "il Fronte del Sud" di Angelo Manna e "Alleanza Meridionale" di Lucio Barone, nata nel 1991 e dalle cui costole è nato il Partito del Sud.


Alle elezioni comunali di Gaeta del 2002 il logo del Partito del Sud conteneva all'interno del Simbolo la chiocciola di "Alleanza Meridionale".

Il che significa che il mio Partito è stato battezzato come emanazione del Partito di Lucio Barone e ne osservava statuto e quant'altro.


Il Partito del Sud è stato creato da una mia idea con l'avallo di Lucio Barone, di Angelo Manna e di Cosmo Ciaramaglia. Il Partito del Sud avrebbe dovuto essere il partito di tutti i meridionalisti, magari provenienti da diverse ideologie politiche. Angelo Manna era stato eletto nelle file del MSI, da indipendente; Lucio Barone era stato consigliere della Democrazia Cristiana;Il sottoscritto era iscritto all PCI; Cosmo Ciaramaglia era un iscritto del PSI ed ex sindacalista della CGIL.Una volta si lottava per il benessere del popolo, oggi si lotta per il benessere del Capo, del Principe, del Caimano.


La nostra costituzione è nata dalla lotta dei nostri partigiani, contro casa savoia.La stessa lotta fu iniziata dai nostri partigiani, chiamati Briganti dai savoiardi. La nostra Patria è questa Repubblica.

Il partito del Sud non festeggerà mai i massacri del 1860 e dintorni. Sono morti un milione di contadini nel 1860 e dintorni e 87 mila partigiani nel 1943-45, per cacciare i savoia e la loro infame monarchia. Noi ricorderemo i misfatti, ricorderemo gli eccidi commessi in nome di casa SaBoia, le stragi, le guerre per arricchire gli industriali del Nord. Ricordiamo e ricorderemo sempre la colonizzazione economica che, senza soluzione di continuità, sta massacrando la nostra.


Oggi esiste solo una economia Tosco-padana e la fanno passare per italiana. Tutto l'apparato industriale che conta è nel Nord; tutte le società finanziarie che contano sono nel Nord; tutte le compagnie assicuratrici hanno le loro sedi nella Padania di Bossi, Berlusconi e Bersani; tutte le compagnie commerciali che contano sono site nella Padania ( Panorama, coop, conad, Rinascente, Upim, standa ecc ecc.); tutte le banche sono del Nord, comprese il Banco di Napoli e quello di Sicilia (appartengono al San Saolo Imi di Torino e Unicredit di Milano); le compagnie telefoniche sono del Nord, quelle energetiche sono del Nord; quelle mediatiche nazionali sono del Nord ( Mediaset e La 7). La nostra egricoltura sta per essere colonizzata dai vari Zonin. I nostri contadini vengono usurati dalle banche e sono costreetti a rivolgersi alla Mandraca, i loro prodotti sottocostati. Un Kg di farina viene pagato dai pastai del Nord a 10 centesimi al kg, sette grammi di Ily caffè costa no 80 centesimi. Per un faffè un contadino deve sborsare il ricavato di 8 kg di farina. Questo tipo di economia se lo sono inventati con il capitalismo pro do sua risorgimentalista. Il Sud ritenuto come colonia di struttamento.Dobbiamo cambiarla. Negli USA le compagnie agricole sono le più quotate in Borsa. In Italia l'agricoltura, il comemrcio, l'artigianato, la pesca e il Turismo non sono classificati.


Il Sud è stato sprofondato. I Nostri giovani costretti ad emigrare in 150 mila ogni anno.


Il Presidente della repubblica il 17 marzo va a festeggiare la nascita della Mopnarchia sabauda al Pantheon, dove è sepolto Vittorio Emanuele II, uno dei più grandi criminali della storia. Invase un regno senza dichiarazione di guerra, come fece Saddham Hussein con il Kuwait.In Italia abbiamo ancora piazze, ospedali, strade intitolate a Vittorio Emanuele Terzo, che promulgò le leggi razziali contro gli ebrei nel 1938. Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, ma nessuno ricorda la shoà dei meridionali.Nnessuno si è mai sognato di emanare un decreto per la cancellazione delle strade intitolate al re codardo savoiardo.Ll'8 settembre del 1943 abbandonò l'Italia nelle mani della rabbia fascista e tedesca generando di fatto la divisione amministrativa e politica d'Italia.il 10 settembre del 1943 Hitler accorpò al Terzo Reich l'Italia nord-orientale. L'Italia nord occidentale era amministrata dalla RSI di Mussolini, IL REGNO DEL SUD, dagli americani.

Tre italie.

Solo grazie alla lotta partigiana, con l'aiuto degli Alleati fu possibile la riunuficazione amministrativa e politicaterritoriale dell'Italia.


Il 17 marzo è giorno di lutto per tutti i meridionali e non solo. I savoia si macchiarono di stragi e di delitti in tutta Italia. Le stragi cominciarono a Genova nel 1849. I savoia massacrarono 700 genovesi repubblicani. Le stragi continuarono, in nome dei savoia a Bronte, Regalbuto, Niscemi, ADRANO, Cesarò, Biancavilla e in tutto il regno delle due sicilie. Paesi e città distrutte e massacrate; gaeta rasa al suolo con migliaia di Morti; Pontelandolfo, Casalduni, Vieste, Montefalcione. Isernia, Ariano Irpino, Gioia del Colle, Civitella del Tronto, Mozzano, Santa Lucia ed altre cento cancellate, massacrate, incendiate.Vi furono rivoluture sanfediste e repubblicane, tutte soffocate nel sangue. Crispi nel 1893 mise a ferro e fuoco la sua sicilia, distrutti i fasci siciliani, massacrati i contadini republicani che chiedevano terra, libertà. Nel 1898 Bava Beccaris massacrò trecento operai ed impiegati milanesi, tutti repubblicani e socialisti e venne decorato. Sig. Presidente, il 17 marzo si dia ammalato, non partecipi al carnasciale massonico in atto, e chieda le scuse agli ebrei per le leggi razziali del 1938; chieda scusa a tutti gli italiani per la barbarie savoiarda che il popolo italiano è stato costretto a subire.


Se le forze politiche del Sud si unissero, non ci sarebbe trippa per gatti, devono solo volerlo.


L'Italia repubblicana avrebbe nuova linfa vitale. La repubblica nata dalla resistenza è solo un ricordo.


Un Partito del Sud con dentro le varie formazioni maridionaliste, secondo l'ultimo sondaggio di Mannhaimer, prenderebbe il 24 % dei voti degli italiani. Dovremmo avere solo la forza di unirci.


Un invito alle forze politiche meridionaliste che siedono nel parlamento padano di Roma; un invito a tutti gli schieramenti e movimenti politici meridionalisti che sono nai in questi ultimi anni. Uniamoci!!! siamo il primo Partito d'Italia.


Spediamo Bossi e Calderoli a zappare la terra alpina; mandiamo Berlusconi a fare il suo mestiere, ballare il Bunga Bunga; mandiamo Bersani a governare l'Emila rossa. Bossi è lumbard, Berlusconi è milanese; Fini e Casini sono bolognesi; Bersani è emiliano. Difendono i poteri e l'economia delle lro regioni.


A Noi hanno lasciato solo camorra, spazzatura ed emigrazione.


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Di Antonio Ciano

Sono nati centinaia di gruppi e movimenti meridionalisti. Tra i primi c'erano "il Fronte del Sud" di Angelo Manna e "Alleanza Meridionale" di Lucio Barone, nata nel 1991 e dalle cui costole è nato il Partito del Sud.


Alle elezioni comunali di Gaeta del 2002 il logo del Partito del Sud conteneva all'interno del Simbolo la chiocciola di "Alleanza Meridionale".

Il che significa che il mio Partito è stato battezzato come emanazione del Partito di Lucio Barone e ne osservava statuto e quant'altro.


Il Partito del Sud è stato creato da una mia idea con l'avallo di Lucio Barone, di Angelo Manna e di Cosmo Ciaramaglia. Il Partito del Sud avrebbe dovuto essere il partito di tutti i meridionalisti, magari provenienti da diverse ideologie politiche. Angelo Manna era stato eletto nelle file del MSI, da indipendente; Lucio Barone era stato consigliere della Democrazia Cristiana;Il sottoscritto era iscritto all PCI; Cosmo Ciaramaglia era un iscritto del PSI ed ex sindacalista della CGIL.Una volta si lottava per il benessere del popolo, oggi si lotta per il benessere del Capo, del Principe, del Caimano.


La nostra costituzione è nata dalla lotta dei nostri partigiani, contro casa savoia.La stessa lotta fu iniziata dai nostri partigiani, chiamati Briganti dai savoiardi. La nostra Patria è questa Repubblica.

Il partito del Sud non festeggerà mai i massacri del 1860 e dintorni. Sono morti un milione di contadini nel 1860 e dintorni e 87 mila partigiani nel 1943-45, per cacciare i savoia e la loro infame monarchia. Noi ricorderemo i misfatti, ricorderemo gli eccidi commessi in nome di casa SaBoia, le stragi, le guerre per arricchire gli industriali del Nord. Ricordiamo e ricorderemo sempre la colonizzazione economica che, senza soluzione di continuità, sta massacrando la nostra.


Oggi esiste solo una economia Tosco-padana e la fanno passare per italiana. Tutto l'apparato industriale che conta è nel Nord; tutte le società finanziarie che contano sono nel Nord; tutte le compagnie assicuratrici hanno le loro sedi nella Padania di Bossi, Berlusconi e Bersani; tutte le compagnie commerciali che contano sono site nella Padania ( Panorama, coop, conad, Rinascente, Upim, standa ecc ecc.); tutte le banche sono del Nord, comprese il Banco di Napoli e quello di Sicilia (appartengono al San Saolo Imi di Torino e Unicredit di Milano); le compagnie telefoniche sono del Nord, quelle energetiche sono del Nord; quelle mediatiche nazionali sono del Nord ( Mediaset e La 7). La nostra egricoltura sta per essere colonizzata dai vari Zonin. I nostri contadini vengono usurati dalle banche e sono costreetti a rivolgersi alla Mandraca, i loro prodotti sottocostati. Un Kg di farina viene pagato dai pastai del Nord a 10 centesimi al kg, sette grammi di Ily caffè costa no 80 centesimi. Per un faffè un contadino deve sborsare il ricavato di 8 kg di farina. Questo tipo di economia se lo sono inventati con il capitalismo pro do sua risorgimentalista. Il Sud ritenuto come colonia di struttamento.Dobbiamo cambiarla. Negli USA le compagnie agricole sono le più quotate in Borsa. In Italia l'agricoltura, il comemrcio, l'artigianato, la pesca e il Turismo non sono classificati.


Il Sud è stato sprofondato. I Nostri giovani costretti ad emigrare in 150 mila ogni anno.


Il Presidente della repubblica il 17 marzo va a festeggiare la nascita della Mopnarchia sabauda al Pantheon, dove è sepolto Vittorio Emanuele II, uno dei più grandi criminali della storia. Invase un regno senza dichiarazione di guerra, come fece Saddham Hussein con il Kuwait.In Italia abbiamo ancora piazze, ospedali, strade intitolate a Vittorio Emanuele Terzo, che promulgò le leggi razziali contro gli ebrei nel 1938. Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, ma nessuno ricorda la shoà dei meridionali.Nnessuno si è mai sognato di emanare un decreto per la cancellazione delle strade intitolate al re codardo savoiardo.Ll'8 settembre del 1943 abbandonò l'Italia nelle mani della rabbia fascista e tedesca generando di fatto la divisione amministrativa e politica d'Italia.il 10 settembre del 1943 Hitler accorpò al Terzo Reich l'Italia nord-orientale. L'Italia nord occidentale era amministrata dalla RSI di Mussolini, IL REGNO DEL SUD, dagli americani.

Tre italie.

Solo grazie alla lotta partigiana, con l'aiuto degli Alleati fu possibile la riunuficazione amministrativa e politicaterritoriale dell'Italia.


Il 17 marzo è giorno di lutto per tutti i meridionali e non solo. I savoia si macchiarono di stragi e di delitti in tutta Italia. Le stragi cominciarono a Genova nel 1849. I savoia massacrarono 700 genovesi repubblicani. Le stragi continuarono, in nome dei savoia a Bronte, Regalbuto, Niscemi, ADRANO, Cesarò, Biancavilla e in tutto il regno delle due sicilie. Paesi e città distrutte e massacrate; gaeta rasa al suolo con migliaia di Morti; Pontelandolfo, Casalduni, Vieste, Montefalcione. Isernia, Ariano Irpino, Gioia del Colle, Civitella del Tronto, Mozzano, Santa Lucia ed altre cento cancellate, massacrate, incendiate.Vi furono rivoluture sanfediste e repubblicane, tutte soffocate nel sangue. Crispi nel 1893 mise a ferro e fuoco la sua sicilia, distrutti i fasci siciliani, massacrati i contadini republicani che chiedevano terra, libertà. Nel 1898 Bava Beccaris massacrò trecento operai ed impiegati milanesi, tutti repubblicani e socialisti e venne decorato. Sig. Presidente, il 17 marzo si dia ammalato, non partecipi al carnasciale massonico in atto, e chieda le scuse agli ebrei per le leggi razziali del 1938; chieda scusa a tutti gli italiani per la barbarie savoiarda che il popolo italiano è stato costretto a subire.


Se le forze politiche del Sud si unissero, non ci sarebbe trippa per gatti, devono solo volerlo.


L'Italia repubblicana avrebbe nuova linfa vitale. La repubblica nata dalla resistenza è solo un ricordo.


Un Partito del Sud con dentro le varie formazioni maridionaliste, secondo l'ultimo sondaggio di Mannhaimer, prenderebbe il 24 % dei voti degli italiani. Dovremmo avere solo la forza di unirci.


Un invito alle forze politiche meridionaliste che siedono nel parlamento padano di Roma; un invito a tutti gli schieramenti e movimenti politici meridionalisti che sono nai in questi ultimi anni. Uniamoci!!! siamo il primo Partito d'Italia.


Spediamo Bossi e Calderoli a zappare la terra alpina; mandiamo Berlusconi a fare il suo mestiere, ballare il Bunga Bunga; mandiamo Bersani a governare l'Emila rossa. Bossi è lumbard, Berlusconi è milanese; Fini e Casini sono bolognesi; Bersani è emiliano. Difendono i poteri e l'economia delle lro regioni.


A Noi hanno lasciato solo camorra, spazzatura ed emigrazione.


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FIGLIO DI PARTITO - Il diario segreto della DC siciliana

di Marzio Tristano

C'era una volta (e forse c'è ancora) in Sicilia un allevamento di "talpe istituzionali", carabinieri e poliziotti pronti a tradire la divisa per fornire notizie top secret ai politici inquisiti.
E una stanza in una anonima palazzina dell'agrigentino con centinaia di miliardi in contanti, la "cassa continua" di una corrente Dc a disposizione "per tutte le esigenze". C'era una volta anche un "tesoro" personale, supermercati, alberghi, ville, terreni, yacht e imprese, di un deputato ufficialmente morto povero, affidati a prestanome che invece di consegnarlo alla famiglia hanno pensato bene di tenerlo. E quando il figlio ne ha chiesto la restituzione si è sentito rispondere da uno dei migliori amici di papà che il problema poteva essere risolto da un latitante mafioso.

Per questo Alfonso Sciangula, 33 anni, figlio di Totò, potente deputato Dc morto per un infarto a Palermo nell'aula dell'assemblea regionale il primo giugno del 1995, un giorno è entrato in procura, a Palermo, a raccontare tutti i segreti di quella lobby politico-affaristica, con convinte simpatie mafiose. Tutto, o quasi. Il resto lo ha descritto in un libro non ancora uscito, improvvisamente conteso dalla Sicilia che conta.
Perché dentro ci sono, condite da soprannomi di personaggi riconoscibilissimi, le storie sommerse e illegali di un sistema di potere governato dal padre e raccontato dall'interno dagli occhi di un ragazzino che fin da piccolo si nascondeva dietro le tende di casa per ascoltare i discorsi dei "grandi". Spunti di indagine annidati in ogni pagina, aneddoti inediti sui retroscena della politica regionale ma anche nazionale, come la cena organizzata dal padre la sera della votazione del primo governo Berlusconi per impedire che un senatore dell'opposizione andasse in aula a votare contro.

L'operazione riuscì e Berlusconi, racconta il giovane Sciangula, chiese: "Onorevole, come posso ringraziarla?". "Per adesso, con una stretta di mano", rispose sornione il genitore. Ringraziamenti evidentemente attesi anche da un altro big della politica siciliana, per il quale il giovane "figlio del sistema" fu chiamato a votare dal padre, nonostante fosse esponente di una corrente acerrima nemica: "Papà si portò il dito indice alle labbra, mimando il segno del silenzio - scrive l'autore - quel giovane candidato, sbarcato dal mondo della medicina radiologica, si chiamava Salvatore Cuffaro e da lì ne avrebbe fatta di strada... ".

Oggi Alfonso Sciangula è testimone in un processo per riciclaggio della Dda, è stato sentito anche nell'inchiesta contro il deputato carabiniere accusato di mafia Antonio Borzacchelli, e vive lontano dalla Sicilia alimentando il suo blog "Contromafia" su Internet. La sua famiglia lo ha preso per pazzo, gli amici si sono dileguati: "Dicono che chi cerca la verità è un pazzo che vuole essere ammazzato - scrive - e prima o poi finirà che mi ammazzeranno davvero, e quindi questo libro è il mio testamento storico che voglio lasciare in eredità a tutti i bambini bravi e curiosi come me".

Le 120 pagine di "Figlio di partito" (Armando Siciliano editore) sono lo sconvolgente affresco del sistema di potere politico mafioso in Sicilia raccontato dall'interno, dagli occhi di un ragazzino curioso e determinato: "Gli amici di papà non mi hanno dato molta scelta - scrive - o con loro o contro di loro: tertium non datur". Con alcune rivelazioni sorprendenti che spiegano le inchieste di questi ultimi mesi condotte dalla procura su mafia e politica: ecco saltare fuori, infatti, la rete di "talpe" istituzionali, pronte ad informare politici ed imprenditori degli sviluppi di ogni inchiesta. Papà e i suoi amici le allevavano in laboratorio: "Prima una villetta, tutto spesato, magari vicino casa dell'allevatore - scrive - poi la macchina a prezzo di favore, un bel posto di lavoro alla moglie, la destinazione ad altro incarico fino ad arrivare a venti milioni al mese, "come un senatore" sentivo dire". Nomi nel libro non ne fa, ma offre qualche indicazione: "Alcune di queste persone le ho incontrate dopo, sono state premiate, hanno cambiato mestiere, hanno fatto il salto tre gradini alla volta in ciò aiutate da chi ha ereditato il testimone di quel sistema. Anche questo si eredita in politica. Una, nome in codice Paolo, si è fatta una di quelle salitone a rifarla una persona normale ci mette tre generazioni che uno si chiede: ma come avrà fatto?".
Tra campagne elettorali condotte a colpi di buoni benzina, vacanze tra Saint Moritz e Porto Cervo con ministri e sottosegretari, bacchettate ai falsi moralisti dc e degli altri partiti, anche dell'opposizione, orologi da 50 milioni di vecchie lire finiti nelle tasche di funzionari corrotti e altri regali improvvisamente spariti nel calderone dell'occultamento delle prove, corrieri carichi di valigie stracolme di miliardi dirette in Svizzera, il teatrino della politica siciliana va in scena nel libro del giovane "figlio di partito" che racconta anche Cosa Nostra, per averla vista da vicino, sempre a braccetto, oggi come ieri, del potere politico: "La mafia è formata da due tipologie di persone: quelle che pensano e quelle che uccidono. Quelle che pensano difficilmente finiscono in galera e mai per reati di mafia, quelle che uccidono si, oppure si danno alla latitanza o muoiono ammazzati.
Ed è questa l'unica differenza".

Una mafia respirata in casa sin da bambino: "Una volta un amico di papà colpì il figlio con un ceffone perchè aveva pronunciato la parola "mafia". Chi ti ha insegnato queste stronzate?, gli chiese. Io ci rimasi molto male, perchè quella parola gliel'avevo insegnata io". "Ora mi dicono che sono cascittuni, muffutu, sbirro, Buscetta e tragediaturi, parole che vogliono dire che parlo troppo - conclude il giovane autore - e questo è il racconto di un tragediatore, perchè in Sicilia chi dice la verità è sovente definito così. Ma ci sono tragediatori laddove sussistono i presupposti per le tragedie...".

Fonte: l'Unità

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di Marzio Tristano

C'era una volta (e forse c'è ancora) in Sicilia un allevamento di "talpe istituzionali", carabinieri e poliziotti pronti a tradire la divisa per fornire notizie top secret ai politici inquisiti.
E una stanza in una anonima palazzina dell'agrigentino con centinaia di miliardi in contanti, la "cassa continua" di una corrente Dc a disposizione "per tutte le esigenze". C'era una volta anche un "tesoro" personale, supermercati, alberghi, ville, terreni, yacht e imprese, di un deputato ufficialmente morto povero, affidati a prestanome che invece di consegnarlo alla famiglia hanno pensato bene di tenerlo. E quando il figlio ne ha chiesto la restituzione si è sentito rispondere da uno dei migliori amici di papà che il problema poteva essere risolto da un latitante mafioso.

Per questo Alfonso Sciangula, 33 anni, figlio di Totò, potente deputato Dc morto per un infarto a Palermo nell'aula dell'assemblea regionale il primo giugno del 1995, un giorno è entrato in procura, a Palermo, a raccontare tutti i segreti di quella lobby politico-affaristica, con convinte simpatie mafiose. Tutto, o quasi. Il resto lo ha descritto in un libro non ancora uscito, improvvisamente conteso dalla Sicilia che conta.
Perché dentro ci sono, condite da soprannomi di personaggi riconoscibilissimi, le storie sommerse e illegali di un sistema di potere governato dal padre e raccontato dall'interno dagli occhi di un ragazzino che fin da piccolo si nascondeva dietro le tende di casa per ascoltare i discorsi dei "grandi". Spunti di indagine annidati in ogni pagina, aneddoti inediti sui retroscena della politica regionale ma anche nazionale, come la cena organizzata dal padre la sera della votazione del primo governo Berlusconi per impedire che un senatore dell'opposizione andasse in aula a votare contro.

L'operazione riuscì e Berlusconi, racconta il giovane Sciangula, chiese: "Onorevole, come posso ringraziarla?". "Per adesso, con una stretta di mano", rispose sornione il genitore. Ringraziamenti evidentemente attesi anche da un altro big della politica siciliana, per il quale il giovane "figlio del sistema" fu chiamato a votare dal padre, nonostante fosse esponente di una corrente acerrima nemica: "Papà si portò il dito indice alle labbra, mimando il segno del silenzio - scrive l'autore - quel giovane candidato, sbarcato dal mondo della medicina radiologica, si chiamava Salvatore Cuffaro e da lì ne avrebbe fatta di strada... ".

Oggi Alfonso Sciangula è testimone in un processo per riciclaggio della Dda, è stato sentito anche nell'inchiesta contro il deputato carabiniere accusato di mafia Antonio Borzacchelli, e vive lontano dalla Sicilia alimentando il suo blog "Contromafia" su Internet. La sua famiglia lo ha preso per pazzo, gli amici si sono dileguati: "Dicono che chi cerca la verità è un pazzo che vuole essere ammazzato - scrive - e prima o poi finirà che mi ammazzeranno davvero, e quindi questo libro è il mio testamento storico che voglio lasciare in eredità a tutti i bambini bravi e curiosi come me".

Le 120 pagine di "Figlio di partito" (Armando Siciliano editore) sono lo sconvolgente affresco del sistema di potere politico mafioso in Sicilia raccontato dall'interno, dagli occhi di un ragazzino curioso e determinato: "Gli amici di papà non mi hanno dato molta scelta - scrive - o con loro o contro di loro: tertium non datur". Con alcune rivelazioni sorprendenti che spiegano le inchieste di questi ultimi mesi condotte dalla procura su mafia e politica: ecco saltare fuori, infatti, la rete di "talpe" istituzionali, pronte ad informare politici ed imprenditori degli sviluppi di ogni inchiesta. Papà e i suoi amici le allevavano in laboratorio: "Prima una villetta, tutto spesato, magari vicino casa dell'allevatore - scrive - poi la macchina a prezzo di favore, un bel posto di lavoro alla moglie, la destinazione ad altro incarico fino ad arrivare a venti milioni al mese, "come un senatore" sentivo dire". Nomi nel libro non ne fa, ma offre qualche indicazione: "Alcune di queste persone le ho incontrate dopo, sono state premiate, hanno cambiato mestiere, hanno fatto il salto tre gradini alla volta in ciò aiutate da chi ha ereditato il testimone di quel sistema. Anche questo si eredita in politica. Una, nome in codice Paolo, si è fatta una di quelle salitone a rifarla una persona normale ci mette tre generazioni che uno si chiede: ma come avrà fatto?".
Tra campagne elettorali condotte a colpi di buoni benzina, vacanze tra Saint Moritz e Porto Cervo con ministri e sottosegretari, bacchettate ai falsi moralisti dc e degli altri partiti, anche dell'opposizione, orologi da 50 milioni di vecchie lire finiti nelle tasche di funzionari corrotti e altri regali improvvisamente spariti nel calderone dell'occultamento delle prove, corrieri carichi di valigie stracolme di miliardi dirette in Svizzera, il teatrino della politica siciliana va in scena nel libro del giovane "figlio di partito" che racconta anche Cosa Nostra, per averla vista da vicino, sempre a braccetto, oggi come ieri, del potere politico: "La mafia è formata da due tipologie di persone: quelle che pensano e quelle che uccidono. Quelle che pensano difficilmente finiscono in galera e mai per reati di mafia, quelle che uccidono si, oppure si danno alla latitanza o muoiono ammazzati.
Ed è questa l'unica differenza".

Una mafia respirata in casa sin da bambino: "Una volta un amico di papà colpì il figlio con un ceffone perchè aveva pronunciato la parola "mafia". Chi ti ha insegnato queste stronzate?, gli chiese. Io ci rimasi molto male, perchè quella parola gliel'avevo insegnata io". "Ora mi dicono che sono cascittuni, muffutu, sbirro, Buscetta e tragediaturi, parole che vogliono dire che parlo troppo - conclude il giovane autore - e questo è il racconto di un tragediatore, perchè in Sicilia chi dice la verità è sovente definito così. Ma ci sono tragediatori laddove sussistono i presupposti per le tragedie...".

Fonte: l'Unità

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Governo, maxi regalo alla mafia

Sembra incredibile, ma la Commissione del Viminale che forniva protezione e nuove identità segrete ai pentiti è stata abolita. Adesso nessuno potrà più decidere se e quali tutele dare a nuovi eventuali collaboratori di giustizia. Sempre che ce ne siano ancora

(27 gennaio 2011)
La Commissione centrale per i collaboratori giustizia e i testimoni del Ministero degli Interni non è stata prorogata dal governo ed è decaduta.

Proprio così: da quasi un mese non esiste più l'organo politico-amministrativo che valuta e decide l'ammissione dei pentiti e dei testimoni allo speciale programma di protezione, nonché la modifica e la revoca dello stesso.

La notizia è stata confermata a "L'espresso".

La commissione era presieduta dal sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, e nella scorsa primavera se n'era parecchio parlato perché aveva negato il programma di protezione al pentito mafioso Gaspare Spatuzza, che aveva fatto rivelazioni su Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, accusandoli di collusioni con la mafia e nelle stragi di Firenze, Roma e Milano.

Oltre al sottosegretario Mantovano della commissione facevano parte altri sette componenti: due magistrati e cinque appartenenti a vario titolo alle forze dell'ordine.

La commissione era inclusa tra quegli organismi confermati presso il ministero dell'Interno, in base al decreto legge n 223 del 2007, ed era considerato come un organo soggetto a "proroga discrezionale", destinato per questo motivo alla soppressione dopo tre anni, che in questo caso scadevano a dicembre 2010, salvo proroga disposta con decreto del presidente del consiglio dei ministri. Nessuno ha pensato adesso di prorogare questo fondamentale organo politico-amministrativo dal quale dipendono i pentiti.

Insieme al programma di protezione e alla gestione amministrativa dei collaboratori giustizia, la Commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione deliberava anche il cambio di identità di pentiti e testimoni. Con il decreto di cambiamento di generalità, oltre al nome viene cambiato anche il luogo di nascita. Negli ultimi anni la Commissione ha esaminato diverse richieste di collaboratori che volevano cambiare nome. Alcune sono state respinte, altre accettate, specie quelle provenienti da persone che stavano per concludere il programma di protezione.

Tutto adesso viene azzerato e si corre il rischio che la macchina amministrativa che regola la vita dei collaboratori e dei testimoni venga bloccata. E potrebbe essere bloccato anche l'iter giudiziario per l'inserimento di nuovi testimoni o pentiti nel programma di protezione.
Fonte: L'Espresso

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Sembra incredibile, ma la Commissione del Viminale che forniva protezione e nuove identità segrete ai pentiti è stata abolita. Adesso nessuno potrà più decidere se e quali tutele dare a nuovi eventuali collaboratori di giustizia. Sempre che ce ne siano ancora

(27 gennaio 2011)
La Commissione centrale per i collaboratori giustizia e i testimoni del Ministero degli Interni non è stata prorogata dal governo ed è decaduta.

Proprio così: da quasi un mese non esiste più l'organo politico-amministrativo che valuta e decide l'ammissione dei pentiti e dei testimoni allo speciale programma di protezione, nonché la modifica e la revoca dello stesso.

La notizia è stata confermata a "L'espresso".

La commissione era presieduta dal sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, e nella scorsa primavera se n'era parecchio parlato perché aveva negato il programma di protezione al pentito mafioso Gaspare Spatuzza, che aveva fatto rivelazioni su Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, accusandoli di collusioni con la mafia e nelle stragi di Firenze, Roma e Milano.

Oltre al sottosegretario Mantovano della commissione facevano parte altri sette componenti: due magistrati e cinque appartenenti a vario titolo alle forze dell'ordine.

La commissione era inclusa tra quegli organismi confermati presso il ministero dell'Interno, in base al decreto legge n 223 del 2007, ed era considerato come un organo soggetto a "proroga discrezionale", destinato per questo motivo alla soppressione dopo tre anni, che in questo caso scadevano a dicembre 2010, salvo proroga disposta con decreto del presidente del consiglio dei ministri. Nessuno ha pensato adesso di prorogare questo fondamentale organo politico-amministrativo dal quale dipendono i pentiti.

Insieme al programma di protezione e alla gestione amministrativa dei collaboratori giustizia, la Commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione deliberava anche il cambio di identità di pentiti e testimoni. Con il decreto di cambiamento di generalità, oltre al nome viene cambiato anche il luogo di nascita. Negli ultimi anni la Commissione ha esaminato diverse richieste di collaboratori che volevano cambiare nome. Alcune sono state respinte, altre accettate, specie quelle provenienti da persone che stavano per concludere il programma di protezione.

Tutto adesso viene azzerato e si corre il rischio che la macchina amministrativa che regola la vita dei collaboratori e dei testimoni venga bloccata. E potrebbe essere bloccato anche l'iter giudiziario per l'inserimento di nuovi testimoni o pentiti nel programma di protezione.
Fonte: L'Espresso

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venerdì 28 gennaio 2011

Il rischio-caos che minaccia il Paese


FEDERICO GEREMICCA
Un cumulo di macerie fumanti, circondate da miasmi venefici, mentre fango e melma ricoprono quel che non è stato ancora distrutto del tutto. Come se un terremoto si fosse abbattuto sulle istituzioni repubblicane, ecco quel che si osservava ieri, alle otto della sera, di uno dei giorni più neri che la Repubblica ricordi: un panorama sudamericano. In una sorta di resa dei conti finale, infatti, in questa guerra autodistruttrice di tutti contro tutti, non una istituzione - e non un uomo che la rappresenti - ha mantenuto intatto il prestigio e il decoro che dovrebbero legittimarla. Così, non è un caso se dall’alto del Colle del Quirinale - unico e preoccupato riferimento in questi giorni di convulsioni - filtri una sola e allarmata considerazione: «Una situazione ingestibile».

I giornali che stampano in prima pagina l’ennesima slavina di ricatti, bugie e miserie intorno alle notti e alle frequentazioni del presidente del Consiglio sono solo la premessa al peggio che sta per arrivare. E il peggio è presto raccontato, in una sequenza impietosa che mostra - soprattutto - come il senso di ogni limite sia stato superato, in una sorta di occhio per occhio dal quale non si salva più nessuno.

Si comincia al Senato, dove il ministro Frattini, rispondendo ad una interrogazione, produce in aula documenti provenienti dall’isola di Santa Lucia (già noti e giunti alla Farnesina oltre un mese fa) che proverebbero come la ormai famosissima casa di Montecarlo sarebbe di Giancarlo Tulliani, cognato del presidente Fini.

Le conseguenze della mossa - prevedibili e aspre - sono immediate: il partito di Berlusconi e la Lega di Bossi chiedono, con parole durissime, le dimissioni del presidente della Camera. Le opposizioni, al contrario, attaccano il presidente del Senato per aver permesso un simile dibattito e chiedono che si dimetta. Come se non bastasse, un elettore di Fli (il neo-partito di Fini) denuncia il ministro degli Esteri per abuso d’ufficio: lo annuncia in conferenza stampa il capogruppo Fli alla Camera, Bocchino, accusando il capo del governo di dossieraggio e spiegando che Frattini dovrà presto presentarsi di fronte al Tribunale dei ministri.

Intanto, miasmi e veleni irrompono in altri organismi parlamentari. La giunta per le autorizzazioni a procedere vota a maggioranza il rinvio a Milano di tutti gli atti spediti a Roma dalla procura meneghina e riguardanti l’inchiesta su Silvio Berlusconi. Viene eccepita la competenza della magistratura milanese: volano parole grosse, in attesa che sia ora l’aula di Montecitorio a dire l’ultima parola. Contemporaneamente, il terremoto investe anche il Copasir, l’organismo di controllo sui servizi di sicurezza presieduto da Massimo D’Alema. Nel pomeriggio era programmata l’audizione del sottosegretario Letta: Lega e Pdl, contestando con parole durissime tempi e procedure, abbandonano i lavori annunciando che non parteciperanno più ad alcuna riunione dell’organismo. Di fatto, è la paralisi.

Riassumendo. La maggioranza di governo torna a chiedere con accuse gravissime le dimissioni del presidente della Camera; le opposizioni contestano apertamente il comportamento del presidente del Senato, e ne sollecitano le dimissioni. Il ministro degli Esteri - rappresentante dell’Italia nel mondo - viene denunciato per abuso d’ufficio. Il Copasir - comitato dalle funzioni delicatissime - è messo nelle condizioni di non poter più operare. Inoltre, e per gradire, cascate di insulti investono la procura della Repubblica di Milano, una mail di minacce raggiunge il presidente dell’Anm, Palamara, e la giornata si conclude con risse dai toni inaccettabili in questo o quel talk show televisivo.

Il crollo generale del senso di responsabilità è evidente. Qualunque forma di rispetto verso le istituzioni e i loro rappresentanti è ormai venuta meno. E l’esempio - il messaggio - che dai palazzi romani raggiunge i cittadini e il Paese, è devastante. In tutto questo, il presidente del Consiglio - semisommerso da elementi fattuali e intercettazioni inequivoche e mortificanti - continua a rifiutare qualunque tipo di contraddittorio e di confronto circa le vicende che lo riguardano. Non un’ammissione, naturalmente: ma nemmeno giustificazioni, spiegazioni, mezze autocritiche che almeno provino a confortare i suoi elettori, ormai assai più che turbati. E’ un crepuscolo terribile, quello che accompagna l’ormai inevitabile fine della legislatura. Forse perfino più terribile di quello che accompagnò il crollo di Bettino Craxi, di Arnaldo Forlani e della mai rimpianta Prima Repubblica...

Fonte:La Stampa
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FEDERICO GEREMICCA
Un cumulo di macerie fumanti, circondate da miasmi venefici, mentre fango e melma ricoprono quel che non è stato ancora distrutto del tutto. Come se un terremoto si fosse abbattuto sulle istituzioni repubblicane, ecco quel che si osservava ieri, alle otto della sera, di uno dei giorni più neri che la Repubblica ricordi: un panorama sudamericano. In una sorta di resa dei conti finale, infatti, in questa guerra autodistruttrice di tutti contro tutti, non una istituzione - e non un uomo che la rappresenti - ha mantenuto intatto il prestigio e il decoro che dovrebbero legittimarla. Così, non è un caso se dall’alto del Colle del Quirinale - unico e preoccupato riferimento in questi giorni di convulsioni - filtri una sola e allarmata considerazione: «Una situazione ingestibile».

I giornali che stampano in prima pagina l’ennesima slavina di ricatti, bugie e miserie intorno alle notti e alle frequentazioni del presidente del Consiglio sono solo la premessa al peggio che sta per arrivare. E il peggio è presto raccontato, in una sequenza impietosa che mostra - soprattutto - come il senso di ogni limite sia stato superato, in una sorta di occhio per occhio dal quale non si salva più nessuno.

Si comincia al Senato, dove il ministro Frattini, rispondendo ad una interrogazione, produce in aula documenti provenienti dall’isola di Santa Lucia (già noti e giunti alla Farnesina oltre un mese fa) che proverebbero come la ormai famosissima casa di Montecarlo sarebbe di Giancarlo Tulliani, cognato del presidente Fini.

Le conseguenze della mossa - prevedibili e aspre - sono immediate: il partito di Berlusconi e la Lega di Bossi chiedono, con parole durissime, le dimissioni del presidente della Camera. Le opposizioni, al contrario, attaccano il presidente del Senato per aver permesso un simile dibattito e chiedono che si dimetta. Come se non bastasse, un elettore di Fli (il neo-partito di Fini) denuncia il ministro degli Esteri per abuso d’ufficio: lo annuncia in conferenza stampa il capogruppo Fli alla Camera, Bocchino, accusando il capo del governo di dossieraggio e spiegando che Frattini dovrà presto presentarsi di fronte al Tribunale dei ministri.

Intanto, miasmi e veleni irrompono in altri organismi parlamentari. La giunta per le autorizzazioni a procedere vota a maggioranza il rinvio a Milano di tutti gli atti spediti a Roma dalla procura meneghina e riguardanti l’inchiesta su Silvio Berlusconi. Viene eccepita la competenza della magistratura milanese: volano parole grosse, in attesa che sia ora l’aula di Montecitorio a dire l’ultima parola. Contemporaneamente, il terremoto investe anche il Copasir, l’organismo di controllo sui servizi di sicurezza presieduto da Massimo D’Alema. Nel pomeriggio era programmata l’audizione del sottosegretario Letta: Lega e Pdl, contestando con parole durissime tempi e procedure, abbandonano i lavori annunciando che non parteciperanno più ad alcuna riunione dell’organismo. Di fatto, è la paralisi.

Riassumendo. La maggioranza di governo torna a chiedere con accuse gravissime le dimissioni del presidente della Camera; le opposizioni contestano apertamente il comportamento del presidente del Senato, e ne sollecitano le dimissioni. Il ministro degli Esteri - rappresentante dell’Italia nel mondo - viene denunciato per abuso d’ufficio. Il Copasir - comitato dalle funzioni delicatissime - è messo nelle condizioni di non poter più operare. Inoltre, e per gradire, cascate di insulti investono la procura della Repubblica di Milano, una mail di minacce raggiunge il presidente dell’Anm, Palamara, e la giornata si conclude con risse dai toni inaccettabili in questo o quel talk show televisivo.

Il crollo generale del senso di responsabilità è evidente. Qualunque forma di rispetto verso le istituzioni e i loro rappresentanti è ormai venuta meno. E l’esempio - il messaggio - che dai palazzi romani raggiunge i cittadini e il Paese, è devastante. In tutto questo, il presidente del Consiglio - semisommerso da elementi fattuali e intercettazioni inequivoche e mortificanti - continua a rifiutare qualunque tipo di contraddittorio e di confronto circa le vicende che lo riguardano. Non un’ammissione, naturalmente: ma nemmeno giustificazioni, spiegazioni, mezze autocritiche che almeno provino a confortare i suoi elettori, ormai assai più che turbati. E’ un crepuscolo terribile, quello che accompagna l’ormai inevitabile fine della legislatura. Forse perfino più terribile di quello che accompagnò il crollo di Bettino Craxi, di Arnaldo Forlani e della mai rimpianta Prima Repubblica...

Fonte:La Stampa
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Elezioni/Ricerca : 21% i potenziali elettori per il Partito del Sud

Roma, 25 gen. (TMNews) - Il 21% degli italiani potrebbe votare il 'Partito del Sud' se le elezioni fossero imminenti, percentuale che sale al 38% nelle regioni meridionali. Ma ciò che più conta è che il maggior interesse per il 'Partito del Sud' si registra a sinistra, e che quasi la metà dei potenziali elettori proviene dal popolo degli indecisi e degli astenuti. E' quanto emerge dalla ricerca commissionata dai parlamentari di 'Noi Sud' all'Ispo sulle "Potenzialità di un partito del Sud", presentata oggi dal professore Renato Mannheimer in conferenza stampa a Montecitorio.
Secondo il sondaggio dell'Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione un italiano su tre (8% molto, 25% abbastanza) giudica opportuna la formazione di un 'Partito del Sud', ipotesi che nel meridione trova consenso addirittura nel 45% dell'elettorato. E tuttavia, a quanto risulta all'Ispo, il potenziale elettore del 'Partito del Sud' è più tra chi in politica si sente di sinistra (29%), solo dopo viene chi si considera di centro (27%) o di centrodestra (23%).Più 'freddi' coloro che si collocano a destra (21%) e nel centrosinistra (18%). Il nuovo partito, inoltre, suscita interesse soprattutto tra i giovani e nei piccoli Comuni.
E comunque, riferisce ancora la ricerca, il bacino elettorale potenziale è pari al 21%: il 3% degli italiani infatti voterebbe certamente il 'Partito del Sud', mentre il 18% lo prenderebbe abbastanza in considerazione. A livello territoriale, il 38% degli elettori al Sud prenderebbe in considerazione il voto, il 13% nel Nord est e l'11% nel Nord ovest e nel centro Italia. Stando all'Ispo, su 100 elettori che prenderebbero in considerazione il voto per il 'Partito del Sud' quasi la metà (44) proviene dall'area degli astenuti e degli indecisi (rispettivamente, 14 e 30), poi dal Pd (18) e dal Pdl (16), e a distanza da Sel (6) e Fli (6), Udc (3), Lega (1) e Idv (1).
"Questi dati - ha dichiarato Renato Mannheimer - dimostrano come il Partito del Sud abbia grandi potenzialità non solo nel meridione, ma in tutto il Paese".


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Roma, 25 gen. (TMNews) - Il 21% degli italiani potrebbe votare il 'Partito del Sud' se le elezioni fossero imminenti, percentuale che sale al 38% nelle regioni meridionali. Ma ciò che più conta è che il maggior interesse per il 'Partito del Sud' si registra a sinistra, e che quasi la metà dei potenziali elettori proviene dal popolo degli indecisi e degli astenuti. E' quanto emerge dalla ricerca commissionata dai parlamentari di 'Noi Sud' all'Ispo sulle "Potenzialità di un partito del Sud", presentata oggi dal professore Renato Mannheimer in conferenza stampa a Montecitorio.
Secondo il sondaggio dell'Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione un italiano su tre (8% molto, 25% abbastanza) giudica opportuna la formazione di un 'Partito del Sud', ipotesi che nel meridione trova consenso addirittura nel 45% dell'elettorato. E tuttavia, a quanto risulta all'Ispo, il potenziale elettore del 'Partito del Sud' è più tra chi in politica si sente di sinistra (29%), solo dopo viene chi si considera di centro (27%) o di centrodestra (23%).Più 'freddi' coloro che si collocano a destra (21%) e nel centrosinistra (18%). Il nuovo partito, inoltre, suscita interesse soprattutto tra i giovani e nei piccoli Comuni.
E comunque, riferisce ancora la ricerca, il bacino elettorale potenziale è pari al 21%: il 3% degli italiani infatti voterebbe certamente il 'Partito del Sud', mentre il 18% lo prenderebbe abbastanza in considerazione. A livello territoriale, il 38% degli elettori al Sud prenderebbe in considerazione il voto, il 13% nel Nord est e l'11% nel Nord ovest e nel centro Italia. Stando all'Ispo, su 100 elettori che prenderebbero in considerazione il voto per il 'Partito del Sud' quasi la metà (44) proviene dall'area degli astenuti e degli indecisi (rispettivamente, 14 e 30), poi dal Pd (18) e dal Pdl (16), e a distanza da Sel (6) e Fli (6), Udc (3), Lega (1) e Idv (1).
"Questi dati - ha dichiarato Renato Mannheimer - dimostrano come il Partito del Sud abbia grandi potenzialità non solo nel meridione, ma in tutto il Paese".


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PSICOASTENIA!

Riflessioni sui nostri tempi :

di Bruno Pappalardo

Siamo in psicoastenia. Non siamo più coscienti.
La dico meglio; … nonostante si sia in grado di capire chiaramente tutto ciò che c’è da capire e agire di conseguenza e consapevolmente, non muoviamo un dito per mutare le cose e ciò dimostra una tale indifferenza da raggiungere un discreto tasso di codardia.
Parlo a tutti gli italiani. Credo sia giunto il momento propizio per schierarsi! E’ il momento ideale per farlo! Perché? Perché tutti sanno tutto di tutto! Non c’è bisogno di sapere o avere prove e leggere di atti in tribunali e sentenze per sapere se quel tizio è onesto o un ladro, lo sappiamo già. Sappiamo che lo è! Chi lo difende vuole difendere se stesso, i propri guadagni o i propri peccati. Siamo narcotizzati dall’imbecillità di infinite dissertazioni vuote come pitali rotti e da cui nasce l’ipnosi mediatica. Si diventa remissivi e consenzienti, ci lasciamo lentamente sottrarre, pur vedendoli, i nostri diritti senza reagire come storditi da un pendolino. Si diventa complici. Non si può essere solo osservatori e non ritenersi complici.

Per schierarsi è difficile? Ma NO! basta farsi domande:

1) Sono cattolico? Sono un credente? Se lo sono, lo sono ma volendo rimanere laico e senza alcuna interferenza della Chiesa nella politica o nella mia vita privata e viceversa?

2) Sono per le leggi “Ad Personam” e “Conflitti d’Interesse”?

3) Se sono perseguitato dalla giustizia non mi presenterò mai davanti alla giustizia? (… se non lo farò, ci sarà una ragione, quale ?!!) Se un legittimo sospetto coinvolgesse la mia persona di politico o uomo pubblico, riterrei giusto o sbagliato “dimettermi” dal mio incarico?4) Sono per i più deboli o tutti fanno parte del corpo sociale e a ciascuno il suo? Sono per un’equità fiscale in ragione di distinta proporzione in base al reddito, ossia il povero paga meno ed il ricco paga di più?

5) Ritengo di dover-poter essere ricattato da un manager, datore di lavoro o di un funzionario per continuare a lavorare per solo sfamare i nostri propri figli davanti agli out, out di costoro che ti chiedono: “ sei disposto ad accettare le mie condizioni senza che tu m chieda dei tuoi diritti di ammalarti, di scioperare o di guadagnare di più? ( Marchionne guadagna 6.400 volte lo stipendio di un proprio operaio: In un sol giorno ha guadagnato 100milioni di euro (oltre a 4,5 milioni di euro fissi)con i titoli in Borsa di Fiat; di nuovo Conflitto d’interesse? Sei d’accordo se questa pratica, già diffusissima nel Paese, si allargasse ancora di più ??!!!!

6) Sono per firme false per le liste elettorali? Per favoritismi mediante listini per incarichi diretti a favore di consiglieri regionali non formati per governatori e sindaci? Meritocrazia zero!

7) Sono per favorire parenti e amici e di partito, per chiamata diretta (parentopoli) da impiegare in enti o organismi pubblici in assenza di concorsi o aziende private, scuola, università, inserimento in graduatorie e che, dunque, non valutino i requisiti di merito?? Meritocrazia zero!

8. Sono per trascurare la Sicurezza sui luoghi di lavoro? (… muoiono circa 5 operai al giorno nei cantieri o in generale sul proprio posto di lavoro ) Sono, dunque, d’accordo che la Politica abbia detto che i costi per la sicurezza impediscono lo sviluppo delle imprese e dunque bisogna tagliare le norme per l’incolumità di studenti, malati in ospedali, utenti in luoghi pubblici, lavoratori in azienda et cetera?

9) Sono a favore di appalti illeciti pilotati per volontà di cricche collegate a funzionari dello Stato e alla criminalità? Voglio che questi acquisiscano pezzi di demanio, palazzi storici e litorali? Penso che tutto si muova per il finanziamento illecito dei partiti, personali interessi e/o riciclaggio di denaro sporco?

10) Sono per una naturale Evasione Fiscale/Società Offshore: paradisi fiscali che tolgono denaro da tassare al nostro paese che potrebbe sostenere un migliore sviluppo, un minore debito pubblico, una diminuzione dei costi di Servizi et cetera?

11. Sono, se fosse necessario, capace di accordarmi pure con le mafie per riuscire nel mio giusto intento?

12) Sono per far circolare sempre gli stessi funzionari e/o giudici nei vari organismi di controllo dello Stato?

13) La vita privata di importanti uomini e donne della politico è anche pubblica?

14) Sono per la privatizzazione di tutto? Sono d’accordo che nell’università entri il privato e che lo studente si indebiti con “ finanziamenti da onorare” e la convenuta restituzione (attualmente uno studente su sei non arriva all’università) Meritocrazia possibile o zero?

15) Sono d’accordo che un uomo politico debba essere una persona linda e se Presidente del Consiglio o delle Camere la sua vita debba essere ESEMPLARE? ( Leone nel pur bugiardo scandalo di Lookheed si dimissionò)

Bisogna schierarsi e darsi delle risposte!. Non era così difficile,… vi pare???

Vuoi tu uomini come Il meridionale Donato Menichella? (dal 1934 al ’44 Direttore Generale dell’IRI) Relatore della riforma sulla legislatura bancaria. Dal ’46 al 47 è Direttore Generale della Banca d’Italia. Fondatore nel ’46 della Svimez e nel ’50 della Cassa del Mezzogiorno. Nel ’47 governatore della Banca d’Italia) si autoridusse il suo stipendio dell’IRI e non ritirò, ritornato all'IRI, dopo la guerra, due anni e mezzo di stipendio; disse; “Dall'ottobre 1943 al febbraio 1946 non ho lavorato!” Decise per se il suo stipendio a meno della metà di quanto era previsto. Nel ‘66 ottenne che gli riducessero la pensione, praticamente alla metà asserendo: 'Ho verificato che da pensionato mi servono molti meno danari!'. Ai figli ha lasciato lettere e documenti di tutte le proposte e rinunce a posti, prebende e cariche.

Cari Marchionne, manager, politici, consulenti, banchieri, presidenti di Enti dello Stato e Locali, … Vergogna! … ma dov’è il Pudore!

Noi cerchiamo la nuova classe dirigente; che sia fatta di vecchi o giovani poco conta ma che sappia ri-intercettare quei valori che animavano, con probante onorabilità l’animo di certi uomini dello Stato . Dal passato, il nostro futuro: il coraggio di parlare, il coraggio di restaurare, il coraggio di ricostruire, il coraggio di infilare i pali di struttura sul terreno solido, roccioso della nostra consapevolezza di uomini migliori, superbi.

Uomini del sud, segnati “ante rem” da infausti condanne davanti alle quali abbiamo sempre vigorosamente reagito ma, oggi, più vicini alla strada interrotta del nostro sviluppo, il solco sollevato dai calzari di straccio dei nostri patrioti che segnarono di rosso di sangue e santo, quel sentiero di riscatto dell’onore, della libertà e della patria.

Bruno Pappalardo

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Riflessioni sui nostri tempi :

di Bruno Pappalardo

Siamo in psicoastenia. Non siamo più coscienti.
La dico meglio; … nonostante si sia in grado di capire chiaramente tutto ciò che c’è da capire e agire di conseguenza e consapevolmente, non muoviamo un dito per mutare le cose e ciò dimostra una tale indifferenza da raggiungere un discreto tasso di codardia.
Parlo a tutti gli italiani. Credo sia giunto il momento propizio per schierarsi! E’ il momento ideale per farlo! Perché? Perché tutti sanno tutto di tutto! Non c’è bisogno di sapere o avere prove e leggere di atti in tribunali e sentenze per sapere se quel tizio è onesto o un ladro, lo sappiamo già. Sappiamo che lo è! Chi lo difende vuole difendere se stesso, i propri guadagni o i propri peccati. Siamo narcotizzati dall’imbecillità di infinite dissertazioni vuote come pitali rotti e da cui nasce l’ipnosi mediatica. Si diventa remissivi e consenzienti, ci lasciamo lentamente sottrarre, pur vedendoli, i nostri diritti senza reagire come storditi da un pendolino. Si diventa complici. Non si può essere solo osservatori e non ritenersi complici.

Per schierarsi è difficile? Ma NO! basta farsi domande:

1) Sono cattolico? Sono un credente? Se lo sono, lo sono ma volendo rimanere laico e senza alcuna interferenza della Chiesa nella politica o nella mia vita privata e viceversa?

2) Sono per le leggi “Ad Personam” e “Conflitti d’Interesse”?

3) Se sono perseguitato dalla giustizia non mi presenterò mai davanti alla giustizia? (… se non lo farò, ci sarà una ragione, quale ?!!) Se un legittimo sospetto coinvolgesse la mia persona di politico o uomo pubblico, riterrei giusto o sbagliato “dimettermi” dal mio incarico?4) Sono per i più deboli o tutti fanno parte del corpo sociale e a ciascuno il suo? Sono per un’equità fiscale in ragione di distinta proporzione in base al reddito, ossia il povero paga meno ed il ricco paga di più?

5) Ritengo di dover-poter essere ricattato da un manager, datore di lavoro o di un funzionario per continuare a lavorare per solo sfamare i nostri propri figli davanti agli out, out di costoro che ti chiedono: “ sei disposto ad accettare le mie condizioni senza che tu m chieda dei tuoi diritti di ammalarti, di scioperare o di guadagnare di più? ( Marchionne guadagna 6.400 volte lo stipendio di un proprio operaio: In un sol giorno ha guadagnato 100milioni di euro (oltre a 4,5 milioni di euro fissi)con i titoli in Borsa di Fiat; di nuovo Conflitto d’interesse? Sei d’accordo se questa pratica, già diffusissima nel Paese, si allargasse ancora di più ??!!!!

6) Sono per firme false per le liste elettorali? Per favoritismi mediante listini per incarichi diretti a favore di consiglieri regionali non formati per governatori e sindaci? Meritocrazia zero!

7) Sono per favorire parenti e amici e di partito, per chiamata diretta (parentopoli) da impiegare in enti o organismi pubblici in assenza di concorsi o aziende private, scuola, università, inserimento in graduatorie e che, dunque, non valutino i requisiti di merito?? Meritocrazia zero!

8. Sono per trascurare la Sicurezza sui luoghi di lavoro? (… muoiono circa 5 operai al giorno nei cantieri o in generale sul proprio posto di lavoro ) Sono, dunque, d’accordo che la Politica abbia detto che i costi per la sicurezza impediscono lo sviluppo delle imprese e dunque bisogna tagliare le norme per l’incolumità di studenti, malati in ospedali, utenti in luoghi pubblici, lavoratori in azienda et cetera?

9) Sono a favore di appalti illeciti pilotati per volontà di cricche collegate a funzionari dello Stato e alla criminalità? Voglio che questi acquisiscano pezzi di demanio, palazzi storici e litorali? Penso che tutto si muova per il finanziamento illecito dei partiti, personali interessi e/o riciclaggio di denaro sporco?

10) Sono per una naturale Evasione Fiscale/Società Offshore: paradisi fiscali che tolgono denaro da tassare al nostro paese che potrebbe sostenere un migliore sviluppo, un minore debito pubblico, una diminuzione dei costi di Servizi et cetera?

11. Sono, se fosse necessario, capace di accordarmi pure con le mafie per riuscire nel mio giusto intento?

12) Sono per far circolare sempre gli stessi funzionari e/o giudici nei vari organismi di controllo dello Stato?

13) La vita privata di importanti uomini e donne della politico è anche pubblica?

14) Sono per la privatizzazione di tutto? Sono d’accordo che nell’università entri il privato e che lo studente si indebiti con “ finanziamenti da onorare” e la convenuta restituzione (attualmente uno studente su sei non arriva all’università) Meritocrazia possibile o zero?

15) Sono d’accordo che un uomo politico debba essere una persona linda e se Presidente del Consiglio o delle Camere la sua vita debba essere ESEMPLARE? ( Leone nel pur bugiardo scandalo di Lookheed si dimissionò)

Bisogna schierarsi e darsi delle risposte!. Non era così difficile,… vi pare???

Vuoi tu uomini come Il meridionale Donato Menichella? (dal 1934 al ’44 Direttore Generale dell’IRI) Relatore della riforma sulla legislatura bancaria. Dal ’46 al 47 è Direttore Generale della Banca d’Italia. Fondatore nel ’46 della Svimez e nel ’50 della Cassa del Mezzogiorno. Nel ’47 governatore della Banca d’Italia) si autoridusse il suo stipendio dell’IRI e non ritirò, ritornato all'IRI, dopo la guerra, due anni e mezzo di stipendio; disse; “Dall'ottobre 1943 al febbraio 1946 non ho lavorato!” Decise per se il suo stipendio a meno della metà di quanto era previsto. Nel ‘66 ottenne che gli riducessero la pensione, praticamente alla metà asserendo: 'Ho verificato che da pensionato mi servono molti meno danari!'. Ai figli ha lasciato lettere e documenti di tutte le proposte e rinunce a posti, prebende e cariche.

Cari Marchionne, manager, politici, consulenti, banchieri, presidenti di Enti dello Stato e Locali, … Vergogna! … ma dov’è il Pudore!

Noi cerchiamo la nuova classe dirigente; che sia fatta di vecchi o giovani poco conta ma che sappia ri-intercettare quei valori che animavano, con probante onorabilità l’animo di certi uomini dello Stato . Dal passato, il nostro futuro: il coraggio di parlare, il coraggio di restaurare, il coraggio di ricostruire, il coraggio di infilare i pali di struttura sul terreno solido, roccioso della nostra consapevolezza di uomini migliori, superbi.

Uomini del sud, segnati “ante rem” da infausti condanne davanti alle quali abbiamo sempre vigorosamente reagito ma, oggi, più vicini alla strada interrotta del nostro sviluppo, il solco sollevato dai calzari di straccio dei nostri patrioti che segnarono di rosso di sangue e santo, quel sentiero di riscatto dell’onore, della libertà e della patria.

Bruno Pappalardo

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giovedì 27 gennaio 2011

All'asta il real sito borbonico di Carditello Base di 25 milioni per la «piccola» reggia


Prima udienza per la vendita del monumento che fu tenuta di caccia. L'appello delle associazioni| Video

NAPOLI - Uno dei gioielli borbonici va all'asta. Si terrà oggi la prima udienza per la vendita del Real Sito di Carditello - a San Tammaro, tra Napoli e Caserta - complesso architettonico settecentesco «vanvitelliano», nel senso che è stato realizzato da Francesco Collecini che di Luigi Vanvitelli era allievo.

Il monumento neoclassico, impreziosito da affreschi di Hackert, è abbandonato a se stesso da anni ed è in condizioni di degrado.

Carditello, «Venaria del Sud» in degrado: foto
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Gli alloggi dei contadini del '700
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • La cappella reale di Carditello
  • La cappella reale di Carditello
  • La cappella reale di Carditello
  • Un barbagianni catturato dal custode che volava all'interno del sito di Carditello
  • La cappella reale di Carditello
  • La cappella reale di Carditello
  • La cappella reale di Carditello
  • La cappella reale di Carditello
  • L'affresco di Hackert raffigurante i Borbone a Carditello
  • Affresco nella stanza di Ferdinando IV di Borbone
  • Affresco nella stanza di Carolina d'Asburgo
  • Veduta dalla terrazza di Carditello
  • Veduta dalla terrazza di Carditello della discarica vicina
  • Veduta dalla terrazza di Carditello

La «reale delizia» sarà venduta all’asta con una base di partenza di 25 milioni di euro. La «piccola reggia», molto simile per architettura a quella di Caserta, finora è stata patrimonio del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, un ente strumentale della Regione Campania.

Il Real Sito di Carditello può essere considerato la «Venaria del Sud» e faceva parte di un patrimonio di ben 22 residenze borboniche che avevano la doppia funzione di aziende e di luogo ameno per battute di cacce e passeggiate a cavallo. In particolare fu Carlo di Borbone (1716-1788) ad eleggerlo luogo privilegiato per la caccia e l'allevamento di cavalli di razza. Ferdinando IV di Borbone (1751-1752), invece, lo trasformò in una fattoria di tipo illuminista, destinata alla coltivazione del grano e all'allevamento anche di bovini.
Di tutto questo oggi rimane l'imponente complesso architettonico tra i boschi e da anni i casertani e non solo loro ne aspettavano il restauro e la riapertura.

Carditello choc: illuminata sì, ma dalle lucciole

L'ufficio esecuzioni immobiliari del tribunale di Santa Maria Capua Vetere intanto ha nominato l’incaricato della procedura di vendita, l’avvocato Meinardi: si aggiudicherà il sito chi soddisfarà l'ente creditore Sga, società di recupero crediti del Banco di Napoli.
Italia Nostra e il coordinamento associazioni casertane lanciano un appello alle istituzioni affinché acquistino il monumento e provvedano al suo restauro. «Sarebbe veramente tragico - spiegano Italia Nostra e Coasca - celebrare i 150 anni dall’Unità d’Italia perdendo un così straordinario patrimonio storico artistico, testimonianza del glorioso passato produttivo di Terra di Lavoro».

Marco Perillo
Fonte: Corriere del Mezzogiorno del 27 gennaio 2011


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Prima udienza per la vendita del monumento che fu tenuta di caccia. L'appello delle associazioni| Video

NAPOLI - Uno dei gioielli borbonici va all'asta. Si terrà oggi la prima udienza per la vendita del Real Sito di Carditello - a San Tammaro, tra Napoli e Caserta - complesso architettonico settecentesco «vanvitelliano», nel senso che è stato realizzato da Francesco Collecini che di Luigi Vanvitelli era allievo.

Il monumento neoclassico, impreziosito da affreschi di Hackert, è abbandonato a se stesso da anni ed è in condizioni di degrado.

Carditello, «Venaria del Sud» in degrado: foto
  • Il real sito di Carditello (Caserta)
  • Gli alloggi dei contadini del '700
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  • Il real sito di Carditello (Caserta)
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  • La cappella reale di Carditello
  • La cappella reale di Carditello
  • L'affresco di Hackert raffigurante i Borbone a Carditello
  • Affresco nella stanza di Ferdinando IV di Borbone
  • Affresco nella stanza di Carolina d'Asburgo
  • Veduta dalla terrazza di Carditello
  • Veduta dalla terrazza di Carditello della discarica vicina
  • Veduta dalla terrazza di Carditello

La «reale delizia» sarà venduta all’asta con una base di partenza di 25 milioni di euro. La «piccola reggia», molto simile per architettura a quella di Caserta, finora è stata patrimonio del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, un ente strumentale della Regione Campania.

Il Real Sito di Carditello può essere considerato la «Venaria del Sud» e faceva parte di un patrimonio di ben 22 residenze borboniche che avevano la doppia funzione di aziende e di luogo ameno per battute di cacce e passeggiate a cavallo. In particolare fu Carlo di Borbone (1716-1788) ad eleggerlo luogo privilegiato per la caccia e l'allevamento di cavalli di razza. Ferdinando IV di Borbone (1751-1752), invece, lo trasformò in una fattoria di tipo illuminista, destinata alla coltivazione del grano e all'allevamento anche di bovini.
Di tutto questo oggi rimane l'imponente complesso architettonico tra i boschi e da anni i casertani e non solo loro ne aspettavano il restauro e la riapertura.

Carditello choc: illuminata sì, ma dalle lucciole

L'ufficio esecuzioni immobiliari del tribunale di Santa Maria Capua Vetere intanto ha nominato l’incaricato della procedura di vendita, l’avvocato Meinardi: si aggiudicherà il sito chi soddisfarà l'ente creditore Sga, società di recupero crediti del Banco di Napoli.
Italia Nostra e il coordinamento associazioni casertane lanciano un appello alle istituzioni affinché acquistino il monumento e provvedano al suo restauro. «Sarebbe veramente tragico - spiegano Italia Nostra e Coasca - celebrare i 150 anni dall’Unità d’Italia perdendo un così straordinario patrimonio storico artistico, testimonianza del glorioso passato produttivo di Terra di Lavoro».

Marco Perillo
Fonte: Corriere del Mezzogiorno del 27 gennaio 2011


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