giovedì 17 novembre 2011

L’altra verità storica dietro l’Unità d’Italia


«La questione meridionale ha radici storiche e lo Stato non è riuscito in questi anni ad affrontarla e risolverla»

Di CATERINA ROTUNNO
Fonte: CorriereCanadese.com

TORONTO - «Ci sono cose che nessuno ti dirà …sei nato nel Paese delle mezze verità». Così recita una canzone di successo di un cantautore italiano molto famoso tra i giovani. Quante volte la verità su fatti dolorosi, stragi, massacri, attentati è stata nascosta dalla logica del “segreto di Stato” che - come si legge dalla sua definizione - si tratta di un veto posto per “non danneggiare gravemente gli interessi di un Paese”. A volte anche l’analisi storica, a distanza di tanti anni, fa fatica a rivelare e a far conoscere certe verità perché contrastanti con i miti e con un credo storico ormai diffuso che compiace e soddisfa le masse popolari, dando versioni ricche di eroi buoni e di gesta indimenticabili. I segreti e le verità non dette hanno radici lontane per l’Italia e proprio i fatti relativi all’Unità del Paese del 1861 ne sono uno dei tanti esempi.
Questo è stato il tema del Convegno dal titolo “Operazione Terronia” che si è svolto a Toronto, la scorsa domenica 13 novembre presso Villa Colombo. Protagonisti di questo incontro il giornalista Pino Aprile e l’assessore al Comune di Gaeta, Antonio Ciano venuti direttamente dall’Italia, affiancati dall’avvocato Rocco Galati di Toronto che ha svolto un’interessante disamina dei fatti storici italiani di 150 anni fa alla luce degli attuali istituti della moderna giurisprudenza utilizzati per giudicare atti criminali avvenuti durante i conflitti di guerra. Moderatore del convegno e dell’acceso dibattito tenutosi nel pomeriggio tra i relatori e il pubblico presente, il giornalista e scrittore Antonio Nicaso.
Il titolo stesso del convegno ha preso lo spunto dal libro Terroni - Tutto quello che è stato fatto perché gli abitanti del Sud diventassero terroni di Pino Aprile, di recente pubblicazione, a cui si va ad aggiungere il libro I Savoia e il massacro del Sud, scritto da Antonio Ciano.
Al centro degli interventi dei relatori l’annosa “questione meridionale”, che ha le sue origini proprio nel momento in cui si voleva riunificare il territorio italiano diviso tra un Nord dominato dai Savoia e un Sud dove Ferdinando II di Borbone era il re delle Regno delle due Sicilie. «Non esiste un Paese al mondo - ha esordito Pino Aprile - dove ci sia una questione interna irrisolta che duri da così tanto tempo», riferendosi ad esempio a Paesi come l’Irlanda, che hanno saputo affrontare e risolvere problemi interni causati anch’essi da episodi storici di unificazioni dei territori.

Ma da dove prende origine questo dualismo che ancora oggi divide l’Italia tra un Nord ricco e industrializzato e un Sud povero e afflitto da seri problemi sociali, di delinquenza dove le organizzazioni della criminalità organizzata che vanno sotto vario nome con mafia, ndrangheta o camorra, la fanno da padroni?
Le tesi avanzate dai relatori del convegno hanno ribaltano completamente ciò a cui fino ad oggi eravamo stati abituati a credere, perché lo abbiamo appreso dai nostri insegnati, perché i libri scolastici hanno sempre scritto la storia in un certo modo e perché in tutti questi anni non c’è mai stata la volontà di “aggiornare” la verità storica. E perché ci sono «delle verità che fanno fatica ad affermarsi in quanto - dice Aprile - incompatibili con il potere». «Ma forse le oltre 250 mila copie vendute dal libro Terroni - afferma Antonio Ciano - sono il segnale che qualcosa sta cambiando e che il nostro Paese è pronto a conoscere un’altra verità storica».
Da documenti e analisi di studiosi risulta evidente che prima del 1861 non c’era nessun divario tra il Nord e il Sud dell’Italia ma, anzi, il meridione presentava una struttura economica, industriale e uno stato sociale superiore a quello dell’Italia settentrionale. Il prodotto interno lordo pro capite era uguale, così come la quantità degli addetti all’industria, con un numero leggermente più elevato per il Regno delle due Sicilie e con la presenza nelle fabbriche di molte donne. Identico anche il numero degli addetti al settore dell’agricoltura e del terziario. L’industria più sviluppata era quella metalmeccanica e tessile, mentre si contava la presenza di cantieri navali e flotte mercantili tra le più grandi e importanti d’Europa e del mondo. Il meridione d’Italia - prima del 1861 - aveva già un consolidato commercio internazionale e circa l’85% delle sue merci era destinato agli Stati Uniti e ai Paesi del Nord Europa. Già nel 1839 venne costruita la prima ferrovia a Napoli e per gli anni seguenti erano già stati prevista la costruzione di altri tratti ferroviari nell’area campana. «Il Sud d’Italia prima dell’unificazione - fa presente Antonio Ciano - aveva anche un sistema fiscale moderno e all’avanguardia per quell’epoca tanto che lo stesso Conte di Cavour aveva mandato a formare alcuni suoi ragionieri. Quattro erano le tasse che dovevano pagare i cittadini e il fenomeno dell’evasione era molto raro. Venivano realizzate numerose opere pubbliche - continua Ciano - con la costruzione di strade e bonifiche delle terre che poi venivano date in uso ai contadini. Esistevano centrali idroelettriche e l’elettricità era presente in molte case; molte di queste centrali furono distrutte dall’esercito dei Savoia e in tante zone si ritornò alle lampade a petrolio. Anche la scuola pubblica era molto efficiente insieme a numerose iniziative rivolte alla cultura all’arte e alla musica. Il teatro San Carlo venne costruito in 270 giorni e appena i piemontesi entrarono a Napoli lo chiusero immediatamente».

«Dopo il 1861, con l’unificazione del territorio italiano, si apre quella forbice tra nord e sud: per circa 12 anni il meridione d’Italia - ricorda Pino Aprile - è stato oggetto di razzie e ruberie da parte degli eserciti del Nord. Vengono uccisi e massacrati cittadini inermi. Viene rubato l’oro e ogni genere di prodotti della terra che gli eserciti raziavano al loro passaggio nelle campagne. La grande flotta mercantile, come quella dei Florio di Napoli, venne subito nordizzata. Inizia un processo di desertificazione del territorio: vengono chiuse tutte le fabbriche e i macchinari vengono portati al Nord. La prima tassa che viene messa dalla nuova autorità statale - continua Aprile - è una tassa sulla guerra, una guerra che gli abitanti non avevano certo voluto e per la quale dovevano pagare, secondo quanto aveva anche stabilito l’allora presidente della Confindustria, il genovese Costa che pretese che questi indennizzi andassero alle aziende del Nord. Quando successivamente Di Vittorio in Parlamento denunciò questa ingiustizia, Costa gli rispose che se volevano mangiare la gente del Sud poteva emigrare al nord».
Furono proprio in quegli anni che inizia, nelle terre del meridione d’Italia, il fenomeno dell’emigrazione praticamente inesistente prima del 1861. E sempre allora «inizia la “rabbia del sud” - tiene a precisare Antonio Ciano - con il fenomeno del brigantaggio, che può essere visto come un movimento partigiano della nostra gente che cercava di fronteggiare le barbarie e le stragi dell’esercito invasore dei Savoia».
«Il risultato e l’obiettivo del processo di unificazione del 1861 - secondo Pino Aprile - è stato quello di colonizzare il Sud dell’Italia ovvero creare un territorio che rispondesse alle caratteristiche tipiche di una colonia: nessuna produzione di beni e reddito creato attravero l’incremento spropositato dell’impiego pubblico, producendo quel fenomeno di ipertrofia amministrativa tipico di tutte le colonie ed ex-colonie. Tutto ciò va ad influire negativamente sull’efficienza facendo crescere nel contempo la corruzione. Per cui lo Stato procura alla popolazione il reddito necessario per comprare le sue merci ma, allo stesso tempo, attraverso il forte apparato brocratico mantiene un ampio controllo di tutto il sistema. Ma c’è un’industria che non può essere portata fuori ed è quella della violenza e coloro che tra la popolazione hanno “doti” particolari e sono senza scrupoli, sottomettono gli altri creando sistemi di organizzazioni criminali. Tutte le colonie ed ex colonie hanno sempre prodotto potenti mafie che sono appunto il risultato di grossi apparati burocratici, corruzione e assistenzialismo. E io conosco un Paese che è fatto così: è casa mia».

Fonte: CorriereCanadese.com


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«La questione meridionale ha radici storiche e lo Stato non è riuscito in questi anni ad affrontarla e risolverla»

Di CATERINA ROTUNNO
Fonte: CorriereCanadese.com

TORONTO - «Ci sono cose che nessuno ti dirà …sei nato nel Paese delle mezze verità». Così recita una canzone di successo di un cantautore italiano molto famoso tra i giovani. Quante volte la verità su fatti dolorosi, stragi, massacri, attentati è stata nascosta dalla logica del “segreto di Stato” che - come si legge dalla sua definizione - si tratta di un veto posto per “non danneggiare gravemente gli interessi di un Paese”. A volte anche l’analisi storica, a distanza di tanti anni, fa fatica a rivelare e a far conoscere certe verità perché contrastanti con i miti e con un credo storico ormai diffuso che compiace e soddisfa le masse popolari, dando versioni ricche di eroi buoni e di gesta indimenticabili. I segreti e le verità non dette hanno radici lontane per l’Italia e proprio i fatti relativi all’Unità del Paese del 1861 ne sono uno dei tanti esempi.
Questo è stato il tema del Convegno dal titolo “Operazione Terronia” che si è svolto a Toronto, la scorsa domenica 13 novembre presso Villa Colombo. Protagonisti di questo incontro il giornalista Pino Aprile e l’assessore al Comune di Gaeta, Antonio Ciano venuti direttamente dall’Italia, affiancati dall’avvocato Rocco Galati di Toronto che ha svolto un’interessante disamina dei fatti storici italiani di 150 anni fa alla luce degli attuali istituti della moderna giurisprudenza utilizzati per giudicare atti criminali avvenuti durante i conflitti di guerra. Moderatore del convegno e dell’acceso dibattito tenutosi nel pomeriggio tra i relatori e il pubblico presente, il giornalista e scrittore Antonio Nicaso.
Il titolo stesso del convegno ha preso lo spunto dal libro Terroni - Tutto quello che è stato fatto perché gli abitanti del Sud diventassero terroni di Pino Aprile, di recente pubblicazione, a cui si va ad aggiungere il libro I Savoia e il massacro del Sud, scritto da Antonio Ciano.
Al centro degli interventi dei relatori l’annosa “questione meridionale”, che ha le sue origini proprio nel momento in cui si voleva riunificare il territorio italiano diviso tra un Nord dominato dai Savoia e un Sud dove Ferdinando II di Borbone era il re delle Regno delle due Sicilie. «Non esiste un Paese al mondo - ha esordito Pino Aprile - dove ci sia una questione interna irrisolta che duri da così tanto tempo», riferendosi ad esempio a Paesi come l’Irlanda, che hanno saputo affrontare e risolvere problemi interni causati anch’essi da episodi storici di unificazioni dei territori.

Ma da dove prende origine questo dualismo che ancora oggi divide l’Italia tra un Nord ricco e industrializzato e un Sud povero e afflitto da seri problemi sociali, di delinquenza dove le organizzazioni della criminalità organizzata che vanno sotto vario nome con mafia, ndrangheta o camorra, la fanno da padroni?
Le tesi avanzate dai relatori del convegno hanno ribaltano completamente ciò a cui fino ad oggi eravamo stati abituati a credere, perché lo abbiamo appreso dai nostri insegnati, perché i libri scolastici hanno sempre scritto la storia in un certo modo e perché in tutti questi anni non c’è mai stata la volontà di “aggiornare” la verità storica. E perché ci sono «delle verità che fanno fatica ad affermarsi in quanto - dice Aprile - incompatibili con il potere». «Ma forse le oltre 250 mila copie vendute dal libro Terroni - afferma Antonio Ciano - sono il segnale che qualcosa sta cambiando e che il nostro Paese è pronto a conoscere un’altra verità storica».
Da documenti e analisi di studiosi risulta evidente che prima del 1861 non c’era nessun divario tra il Nord e il Sud dell’Italia ma, anzi, il meridione presentava una struttura economica, industriale e uno stato sociale superiore a quello dell’Italia settentrionale. Il prodotto interno lordo pro capite era uguale, così come la quantità degli addetti all’industria, con un numero leggermente più elevato per il Regno delle due Sicilie e con la presenza nelle fabbriche di molte donne. Identico anche il numero degli addetti al settore dell’agricoltura e del terziario. L’industria più sviluppata era quella metalmeccanica e tessile, mentre si contava la presenza di cantieri navali e flotte mercantili tra le più grandi e importanti d’Europa e del mondo. Il meridione d’Italia - prima del 1861 - aveva già un consolidato commercio internazionale e circa l’85% delle sue merci era destinato agli Stati Uniti e ai Paesi del Nord Europa. Già nel 1839 venne costruita la prima ferrovia a Napoli e per gli anni seguenti erano già stati prevista la costruzione di altri tratti ferroviari nell’area campana. «Il Sud d’Italia prima dell’unificazione - fa presente Antonio Ciano - aveva anche un sistema fiscale moderno e all’avanguardia per quell’epoca tanto che lo stesso Conte di Cavour aveva mandato a formare alcuni suoi ragionieri. Quattro erano le tasse che dovevano pagare i cittadini e il fenomeno dell’evasione era molto raro. Venivano realizzate numerose opere pubbliche - continua Ciano - con la costruzione di strade e bonifiche delle terre che poi venivano date in uso ai contadini. Esistevano centrali idroelettriche e l’elettricità era presente in molte case; molte di queste centrali furono distrutte dall’esercito dei Savoia e in tante zone si ritornò alle lampade a petrolio. Anche la scuola pubblica era molto efficiente insieme a numerose iniziative rivolte alla cultura all’arte e alla musica. Il teatro San Carlo venne costruito in 270 giorni e appena i piemontesi entrarono a Napoli lo chiusero immediatamente».

«Dopo il 1861, con l’unificazione del territorio italiano, si apre quella forbice tra nord e sud: per circa 12 anni il meridione d’Italia - ricorda Pino Aprile - è stato oggetto di razzie e ruberie da parte degli eserciti del Nord. Vengono uccisi e massacrati cittadini inermi. Viene rubato l’oro e ogni genere di prodotti della terra che gli eserciti raziavano al loro passaggio nelle campagne. La grande flotta mercantile, come quella dei Florio di Napoli, venne subito nordizzata. Inizia un processo di desertificazione del territorio: vengono chiuse tutte le fabbriche e i macchinari vengono portati al Nord. La prima tassa che viene messa dalla nuova autorità statale - continua Aprile - è una tassa sulla guerra, una guerra che gli abitanti non avevano certo voluto e per la quale dovevano pagare, secondo quanto aveva anche stabilito l’allora presidente della Confindustria, il genovese Costa che pretese che questi indennizzi andassero alle aziende del Nord. Quando successivamente Di Vittorio in Parlamento denunciò questa ingiustizia, Costa gli rispose che se volevano mangiare la gente del Sud poteva emigrare al nord».
Furono proprio in quegli anni che inizia, nelle terre del meridione d’Italia, il fenomeno dell’emigrazione praticamente inesistente prima del 1861. E sempre allora «inizia la “rabbia del sud” - tiene a precisare Antonio Ciano - con il fenomeno del brigantaggio, che può essere visto come un movimento partigiano della nostra gente che cercava di fronteggiare le barbarie e le stragi dell’esercito invasore dei Savoia».
«Il risultato e l’obiettivo del processo di unificazione del 1861 - secondo Pino Aprile - è stato quello di colonizzare il Sud dell’Italia ovvero creare un territorio che rispondesse alle caratteristiche tipiche di una colonia: nessuna produzione di beni e reddito creato attravero l’incremento spropositato dell’impiego pubblico, producendo quel fenomeno di ipertrofia amministrativa tipico di tutte le colonie ed ex-colonie. Tutto ciò va ad influire negativamente sull’efficienza facendo crescere nel contempo la corruzione. Per cui lo Stato procura alla popolazione il reddito necessario per comprare le sue merci ma, allo stesso tempo, attraverso il forte apparato brocratico mantiene un ampio controllo di tutto il sistema. Ma c’è un’industria che non può essere portata fuori ed è quella della violenza e coloro che tra la popolazione hanno “doti” particolari e sono senza scrupoli, sottomettono gli altri creando sistemi di organizzazioni criminali. Tutte le colonie ed ex colonie hanno sempre prodotto potenti mafie che sono appunto il risultato di grossi apparati burocratici, corruzione e assistenzialismo. E io conosco un Paese che è fatto così: è casa mia».

Fonte: CorriereCanadese.com


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