domenica 5 febbraio 2012

Giustizia a rettori e studenti del Sud


di Lino Patruno

Dunque, il Politecnico di Bari è primo in Italia per il livello scientifico della sua ricerca, ma può capitare che finisca sotto le luci della ribalta solo perché un interruttore in un’aula è fuori posto. E all’Università di Bari si svolgono studi fondamentali contro la degenerazione dell’Alzheimer, ma può capitare che le luci della ribalta si accendano solo se qualche bagno non funziona. Ci sono tesori del Sud che il Sud dovrebbe coccolare di più. E’ vero che bisognerebbe evitare che all’Università di Bari ci sia un alto dirigente con una mezza dozzina di parenti assunti lì stesso. Però il Sud, come dice papale papale il rettore Petrocelli, non deve piangersi addosso, ma sputarsi addosso sì?

E non è solo un problema di università. Dove giri e giri in Terronia ci sono eccellenze misconosciute e soverchiate dal pregiudizio opposto.

Ma è lo stesso per i meridionali, tanto sottovalutati che quando un meridionale funziona come normalmente avviene al Nord, gli dicono, ah tu non sembri meridionale. Il fatto è che non ci si dovrebbero mettere anche i meridionali a farsi del male, stroncare le cialtronerie è sacrosanto ma santificare i meriti altrettanto.

Le università, allora. Non per fare spot sul Politecnico, ma così, spulciando di qua e di là. Lo studio di un suo giovane docente di “intelligenza artificiale” è stato finanziato da un colosso americano dell’informatica: consentirà di scoprire le qualità umane nascoste in un’azienda (magari, visto che ci siamo, lo si faccia per tutto il Sud). Grazie a un altro studio (Politecnico, Università di Foggia e un’azienda barese), presto sarà possibile, avvicinando uno smartphone a un prodotto o a un’opera d’arte, ottenere immediatamente tutto ciò che tra foto, internet, video, pubblicità è stato diffuso su quel prodotto o su quella opera d’arte: lo smartphone che racconta quello che c’è ma al momento non vedi. Si potrà infine, conseguenza di un altro studio, “misurare” la bellezza, cioè carpire con una scansione le caratteristiche da una miss, soprattutto del volto, e utilizzarle in ambito medico, chirurgia plastica o ricostruttiva.

Ma anche l’Università di Bari. Il suo dipartimento di fisica è il migliore d’Italia. I suoi biologi sono stati terzi in Italia. Una sua docente è stata la prima italiana e la prima donna ad ottenere il più prestigioso premio internazionale per le scienze analitiche. E sui suoi ricercatori di farmacia si appunta l’attenzione dell’industria del settore che, senti senti, ha in Puglia uno fra i maggiori poli di produzione italiana. Se andiamo a informarci su Lecce, Foggia o Potenza, ne troveremo delle altre.

Occorre saperlo e farlo sapere perché anche il silenzio sui meriti concorre a stilare le classifiche dei demeriti. E sparare sui demeriti del Sud è il principale sport nazionale. E non è solo questione di vanagloria, ma di finanziamenti, cioè di vita o di morte. Come hanno denunciato nella recente lettera al ministro i rettori di Puglia, Basilicata e Molise (che sono federati, sembrerà incredibile ma è vero). Insomma c’è un meccanismo di attribuzione di fondi che privilegia sempre chi più ha avuto in passato: cioè, manco a dirlo, le università del Nord, dato il basso gradimento spesso meritato ma molto più spesso immeritato che accompagna ogni cosa del Sud.

Il meccanismo è micidiale. Chi più ha avuto, fino a poco tempo fa lo ha avuto al di là dei meriti. Ma chi ha più avuto ha potuto non solo diventare più virtuoso nei bilanci, ma acquisire meriti scientifici grazie ai finanziamenti. Se continuerà ad avere sempre, mettiamo, cento euro in base al criterio storico, più il compenso ai meriti grazie a quei cento euro acquisiti (e agli aggiornamenti annui), sarà irraggiungibile dagli altri, anche se sfornano premi Nobel. E questi altri sono le università del Sud. Senza parlare delle ricche fondazioni bancarie che si prodigano in finanziamenti e sono tutte al Nord (anche con gli utili fatti dalle banche al Sud). E dei Comuni e delle Regioni più ricchi al Nord e altrettanto finanziatori. E infine, l’università del Sud che ha meno, deve aumentare le tasse, allontanando gli studenti e diventando sempre meno virtuosa.

E’ lo scenario ideale per arrivare alla soluzione finale prospettata da Gianfranco Viesti l’altro ieri su queste pagine. Poche grandi (e super finanziate) università al Nord. E quelle del Sud svuotate, sempre più ridotte, sempre più locali. E’ il meccanismo automatico non dello sviluppo, ma del sottosviluppo che da sempre condanna il Sud molto al di là delle sue evidenti colpe. Più ti svuoto le università, meno te le finanzio perché si abbassa il loro livello. Come avviene con i treni: ti tolgo i notturni perché ci sono pochi passeggeri, ma ci sono pochi passeggeri perché finora mi hai dato carrozze con le pulci. Dobbiamo continuare a giocare così?

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

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di Lino Patruno

Dunque, il Politecnico di Bari è primo in Italia per il livello scientifico della sua ricerca, ma può capitare che finisca sotto le luci della ribalta solo perché un interruttore in un’aula è fuori posto. E all’Università di Bari si svolgono studi fondamentali contro la degenerazione dell’Alzheimer, ma può capitare che le luci della ribalta si accendano solo se qualche bagno non funziona. Ci sono tesori del Sud che il Sud dovrebbe coccolare di più. E’ vero che bisognerebbe evitare che all’Università di Bari ci sia un alto dirigente con una mezza dozzina di parenti assunti lì stesso. Però il Sud, come dice papale papale il rettore Petrocelli, non deve piangersi addosso, ma sputarsi addosso sì?

E non è solo un problema di università. Dove giri e giri in Terronia ci sono eccellenze misconosciute e soverchiate dal pregiudizio opposto.

Ma è lo stesso per i meridionali, tanto sottovalutati che quando un meridionale funziona come normalmente avviene al Nord, gli dicono, ah tu non sembri meridionale. Il fatto è che non ci si dovrebbero mettere anche i meridionali a farsi del male, stroncare le cialtronerie è sacrosanto ma santificare i meriti altrettanto.

Le università, allora. Non per fare spot sul Politecnico, ma così, spulciando di qua e di là. Lo studio di un suo giovane docente di “intelligenza artificiale” è stato finanziato da un colosso americano dell’informatica: consentirà di scoprire le qualità umane nascoste in un’azienda (magari, visto che ci siamo, lo si faccia per tutto il Sud). Grazie a un altro studio (Politecnico, Università di Foggia e un’azienda barese), presto sarà possibile, avvicinando uno smartphone a un prodotto o a un’opera d’arte, ottenere immediatamente tutto ciò che tra foto, internet, video, pubblicità è stato diffuso su quel prodotto o su quella opera d’arte: lo smartphone che racconta quello che c’è ma al momento non vedi. Si potrà infine, conseguenza di un altro studio, “misurare” la bellezza, cioè carpire con una scansione le caratteristiche da una miss, soprattutto del volto, e utilizzarle in ambito medico, chirurgia plastica o ricostruttiva.

Ma anche l’Università di Bari. Il suo dipartimento di fisica è il migliore d’Italia. I suoi biologi sono stati terzi in Italia. Una sua docente è stata la prima italiana e la prima donna ad ottenere il più prestigioso premio internazionale per le scienze analitiche. E sui suoi ricercatori di farmacia si appunta l’attenzione dell’industria del settore che, senti senti, ha in Puglia uno fra i maggiori poli di produzione italiana. Se andiamo a informarci su Lecce, Foggia o Potenza, ne troveremo delle altre.

Occorre saperlo e farlo sapere perché anche il silenzio sui meriti concorre a stilare le classifiche dei demeriti. E sparare sui demeriti del Sud è il principale sport nazionale. E non è solo questione di vanagloria, ma di finanziamenti, cioè di vita o di morte. Come hanno denunciato nella recente lettera al ministro i rettori di Puglia, Basilicata e Molise (che sono federati, sembrerà incredibile ma è vero). Insomma c’è un meccanismo di attribuzione di fondi che privilegia sempre chi più ha avuto in passato: cioè, manco a dirlo, le università del Nord, dato il basso gradimento spesso meritato ma molto più spesso immeritato che accompagna ogni cosa del Sud.

Il meccanismo è micidiale. Chi più ha avuto, fino a poco tempo fa lo ha avuto al di là dei meriti. Ma chi ha più avuto ha potuto non solo diventare più virtuoso nei bilanci, ma acquisire meriti scientifici grazie ai finanziamenti. Se continuerà ad avere sempre, mettiamo, cento euro in base al criterio storico, più il compenso ai meriti grazie a quei cento euro acquisiti (e agli aggiornamenti annui), sarà irraggiungibile dagli altri, anche se sfornano premi Nobel. E questi altri sono le università del Sud. Senza parlare delle ricche fondazioni bancarie che si prodigano in finanziamenti e sono tutte al Nord (anche con gli utili fatti dalle banche al Sud). E dei Comuni e delle Regioni più ricchi al Nord e altrettanto finanziatori. E infine, l’università del Sud che ha meno, deve aumentare le tasse, allontanando gli studenti e diventando sempre meno virtuosa.

E’ lo scenario ideale per arrivare alla soluzione finale prospettata da Gianfranco Viesti l’altro ieri su queste pagine. Poche grandi (e super finanziate) università al Nord. E quelle del Sud svuotate, sempre più ridotte, sempre più locali. E’ il meccanismo automatico non dello sviluppo, ma del sottosviluppo che da sempre condanna il Sud molto al di là delle sue evidenti colpe. Più ti svuoto le università, meno te le finanzio perché si abbassa il loro livello. Come avviene con i treni: ti tolgo i notturni perché ci sono pochi passeggeri, ma ci sono pochi passeggeri perché finora mi hai dato carrozze con le pulci. Dobbiamo continuare a giocare così?

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

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