giovedì 31 luglio 2008

PONTELANDOLFO E CASALDUNI


Iniziamo da oggi e nei prossimi giorni a postare alcuni brani tratti dal libro di Antonio Ciano " I Savoia e il massacro del Sud", in ricordo delle orrende stragi compiute dagli "squadroni della morte" piemontesi , nei paesi martiri di Pontelandolfo e Casalduni e del circondario Matese.


Finiamola di definirci i “buoni” d’Europa, e nessuno dei nostri fratelli del Nord venga a lamentarsi delle stragi naziste.

Le SS del 1860 e degli anni successivi si chiamarono, almeno per gli abitanti dell’ex Regno delle Due Sicilie, Piemontesi.

Perciò smettiamo di sbarrare gli occhi, di spalancare all’urlo le bocche, a deprecare violenze altrui.

Ci bastino le nostre, per sentire un solo brivido di pudore.

Noi abbiamo saputo fare di più e di peggio.

( Carlo Alianello )


L’ECCIDIO
di Pontelandolfo e Casalduni
di Antonio Ciano
da: “I Savoia e il massacro del sud” - Grandmelò, ROMA, 1996

Pontelandolfo e Casalduni sono due paesi del Matese e distano quasi 5 chilometri l’uno dall’altro. Nel 1861 il primo aveva 5 mila abitanti ed il secondo 3 mila; furono accomunati da un atroce destino. Nell’agosto di quell’anno infausto per il Sud, furono messi a ferro e fuoco dalle truppe piemontesi del generale Cialdini, e centinaia di cittadini furono trucidati nel sonno da due compagnie di bersaglieri che non combattevano contro soldati ma contro donne, bambini, vecchi ed infermi …….. Il Sud era in fibrillazione sin dall’11 maggio del 1860, quando Garibaldi sbarcò a Marsala. Tumulti si susseguirono in tutti i paesi dove la fame e le ingiustizie dei governi prodittatoriali cominciavano a farsi sentire. Nel dicembre del 1860 il Giornale di Gaeta, che riportava i proclami insurrezionali di Francesco II, stampato in migliaia di copie, veniva diffuso in tutto il Meridione. Già intorno al 20 settembre del 1860 vi fu una feroce ribellione contro governi prodittatoriali ……. insorsero i contadini di Cantalupo, Macchiagodena, S. Pietro Avellana, Forlì del Sannio e Rionero del Sannio, Roccasicura, Cittanova e Castel di Sangro; i morti furono all’incirca 1.500. Tra il 19 e il 21 settembre i contadini assieme ai reparti borbonici sconfissero a Roccaromana e Caiazzo le truppe di Csudafy e Cattabeni e li rigettarono oltre il Volturno ………..

Si formarono ben presto compagnie sotto la direzione del ministro della polizia borbonica Ulba, che aveva il compito di ripristinare ovunque il governo legittimista. Furono riconquistati verso la fine dell’ottobre del 1860 Pontecorvo, Sora, Teano, Venafro, Isernia e Piedimonte d’Alife. I borbonici batterono i cacciatori del Vesuvio, annientandoli a Civitella Roveto e raggiungendo Avezzano …….. Il 12 ottobre del 1860 le truppe piemontesi varcarono il Tronto con intenzioni certamente non pacifiche. Quel giorno iniziò la conquista del Sud da parte dei piemontesi, che trovarono una marea di partigiani negli Abruzzi, nel Molise ed in Ciociaria ………

I contadini del Sannio e del Molise, ricordandosi di appartenere alla stirpe degli antichi guerrieri che avevano sconfitto i Romani facendoli passare sotto le forche Caudine, scatenarono la loro rabbia repressa contro i liberali, rappresentanti illegali e servi dei piemontesi. Il Molise e l’Abruzzo ai primi di ottobre erano stati liberati; la bandiera borbonica sventolava su tutti i paesi ma il Piemonte mandò la sua armata agli ordini di Cialdini, visto che dappertutto i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi venivano bruciati e le bandiere savoiarde fatte a pezzi. La stessa cosa accadeva in Terra di Lavoro, in Capitanata, nel Gargano, in Basilicata, in Calabria…. [...]

L’ ECCIDIO DI PONTELANDOLFO E CASALDUNI

[...] Il regno delle Due Sicilie nell’agosto del 1861 era in fiamme, un vero inferno. Centinaia di paesi si erano sollevati contro l’oppressione, le fucilazioni erano all’ordine del giorno. Ad Auletta furono tricidati da mercenari ungherese, altra faccia immonda con coccarda azzurra in petto, 45 popolani, tra i quali quattro sacerdoti; questi poveri disgraziati furono seviziati con coltelli e fatti a pezzi dai barbari magiari sotto la guida piemontese-garibaldina.

Altri 100 cittadini furono portati a marcire nelle carceri di Salerno.

Il paese fu saccheggiato e dato alle fiamme. Nel Beneventano si sollevarono anche San Marco dei Cavoti, Molinara, San Giorgio La Molara, Pago, Pietrelcina, Paduli, Colle Sannita, Paolise, Bucciano, Forchia, Reina, Civitella. I fatti più gravi e sanguinosi si verificarono a Pontelandolfo e Casalduni. La reazione era voluta da tutto il popolo del Sud.

Il nuovo regime si stava dimostrando, nei fatti, tirannico e famelico, assetato di sangue e di denaro: ogni ciminiera di Torino e Milano è stata costruita con sangue meridionale. I piemontesi mettevano tasse e balzelli ed i contadini affamati ed esasperati presero la strada senza ritorno della montagna. I liberali la facevano da padroni, finalmente erano riusciti a mettere le mani sulla cosa pubblica e sulle terre demaniali.

I signorotti e i proprietari terrieri erano appellati galantuomini e da sempre erano i nemici dei contadini. Dagli Abruzzi, dal Molise, dalla Ciociaria arrivavano notizie di fucilazioni, notizie di donne violentate, di chiese saccheggiate, di bambini uccisi, di raccolti bruciati dai piemontesi e dai loro mercenari.

L’8 luglio del 1861, Carlo Torre, governatore di Benevento, spedisce al segretario generale del Dicastero di Polizia in Napoli Silvio Spaventa una relazione allarmata sulla reazione borbonica nel Sannio (1). Il 24 luglio 1861 un altro allarmantissimo rapporto dell’Intendente di Cerreto Sannita, Mario Carletti, al governatore di Benevento Carlo Torre (2) la dice lunga sullo stato in cui versava la provincia beneventana:

“I briganti scorazzanti pel Matese, corona di aspre ed intrattabili montagne poste a cavaliere di questa contrada, sono entrati nell’ardito intendimento di scendere al piano e aggredire l’abitato per consumarvi fatti di immane atrocità appena che la poca forza regolare qui stanziata se ne apparti per poco chiamata altrove …”.

Il governatore di Benevento seguendo la voce della prudenza chiedeva altra truppa al luogotenente Cialdini. I partigiani scorrazzanti le montagne del Matese erano capeggiati da Cosmo (Cosimo) Giordano di Cerreto Sannita, ex sergente borbonico.

La banda era costituita da circa duecento valorosi e coraggiosi guerrieri, votati alla morte con un giuramento fatto davanti a Dio. I pontelandolfesi erano: Nicola, Andrea e Michelangelo Mancini, Scudanigno; Salvatore Rinaldi, Matteo; Gennaro e Michele Rinaldi Sticco e loro padre Giuseppe; Antonio e Francesco Rinaldi di Romualdo; Saverio di Rubbio, Bascetta; Antonio Lese, Corso; Donato Paladino, Anguilla; Antonio e Francesco Perciosepe; Carlo Tomaso Bisconti; Giosuè del Negro; Antonio e G. B. Gugliotti; Tommaso Rinaldi, Falcone di Giuseppe; Pietro d’Addona Trippabella fu G. Battista; Donato Terlizzo; Giovanni Barbiero Vozzacchio e suo figlio; Giuseppe Borrelli di Domenicoantonio, Cellone; Giuseppe Bilotta, Lupo di Nicola; Giuseppe d’Addona fu Giacomo, Spaccamontagna; Filippo Lese d’Antonio, Riconto; Domenico d’Addona, Spaccamontagna di Francesco; Antonio Mancini, Cosetta, di Giuseppe; Pasquale Ranaudo, Mattone; Salvatore Biondi, Piroli, Vitantonio Ciarlo,; Pellegrini Sfeccio; Francesco, Domenico e Tommaso Ciarlo, Monaco e fratelli; Francesco, Domenico Petta, di Giuseppe; Vincenzo Longo, Giangiacomo; Giuseppe Ciarlo, Monaco, fu Nicola; Saverio Longo, Peppelongo, fu Giuseppe; Andrea Longo, Giangiacomo.(3) [...]
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Iniziamo da oggi e nei prossimi giorni a postare alcuni brani tratti dal libro di Antonio Ciano " I Savoia e il massacro del Sud", in ricordo delle orrende stragi compiute dagli "squadroni della morte" piemontesi , nei paesi martiri di Pontelandolfo e Casalduni e del circondario Matese.


Finiamola di definirci i “buoni” d’Europa, e nessuno dei nostri fratelli del Nord venga a lamentarsi delle stragi naziste.

Le SS del 1860 e degli anni successivi si chiamarono, almeno per gli abitanti dell’ex Regno delle Due Sicilie, Piemontesi.

Perciò smettiamo di sbarrare gli occhi, di spalancare all’urlo le bocche, a deprecare violenze altrui.

Ci bastino le nostre, per sentire un solo brivido di pudore.

Noi abbiamo saputo fare di più e di peggio.

( Carlo Alianello )


L’ECCIDIO
di Pontelandolfo e Casalduni
di Antonio Ciano
da: “I Savoia e il massacro del sud” - Grandmelò, ROMA, 1996

Pontelandolfo e Casalduni sono due paesi del Matese e distano quasi 5 chilometri l’uno dall’altro. Nel 1861 il primo aveva 5 mila abitanti ed il secondo 3 mila; furono accomunati da un atroce destino. Nell’agosto di quell’anno infausto per il Sud, furono messi a ferro e fuoco dalle truppe piemontesi del generale Cialdini, e centinaia di cittadini furono trucidati nel sonno da due compagnie di bersaglieri che non combattevano contro soldati ma contro donne, bambini, vecchi ed infermi …….. Il Sud era in fibrillazione sin dall’11 maggio del 1860, quando Garibaldi sbarcò a Marsala. Tumulti si susseguirono in tutti i paesi dove la fame e le ingiustizie dei governi prodittatoriali cominciavano a farsi sentire. Nel dicembre del 1860 il Giornale di Gaeta, che riportava i proclami insurrezionali di Francesco II, stampato in migliaia di copie, veniva diffuso in tutto il Meridione. Già intorno al 20 settembre del 1860 vi fu una feroce ribellione contro governi prodittatoriali ……. insorsero i contadini di Cantalupo, Macchiagodena, S. Pietro Avellana, Forlì del Sannio e Rionero del Sannio, Roccasicura, Cittanova e Castel di Sangro; i morti furono all’incirca 1.500. Tra il 19 e il 21 settembre i contadini assieme ai reparti borbonici sconfissero a Roccaromana e Caiazzo le truppe di Csudafy e Cattabeni e li rigettarono oltre il Volturno ………..

Si formarono ben presto compagnie sotto la direzione del ministro della polizia borbonica Ulba, che aveva il compito di ripristinare ovunque il governo legittimista. Furono riconquistati verso la fine dell’ottobre del 1860 Pontecorvo, Sora, Teano, Venafro, Isernia e Piedimonte d’Alife. I borbonici batterono i cacciatori del Vesuvio, annientandoli a Civitella Roveto e raggiungendo Avezzano …….. Il 12 ottobre del 1860 le truppe piemontesi varcarono il Tronto con intenzioni certamente non pacifiche. Quel giorno iniziò la conquista del Sud da parte dei piemontesi, che trovarono una marea di partigiani negli Abruzzi, nel Molise ed in Ciociaria ………

I contadini del Sannio e del Molise, ricordandosi di appartenere alla stirpe degli antichi guerrieri che avevano sconfitto i Romani facendoli passare sotto le forche Caudine, scatenarono la loro rabbia repressa contro i liberali, rappresentanti illegali e servi dei piemontesi. Il Molise e l’Abruzzo ai primi di ottobre erano stati liberati; la bandiera borbonica sventolava su tutti i paesi ma il Piemonte mandò la sua armata agli ordini di Cialdini, visto che dappertutto i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi venivano bruciati e le bandiere savoiarde fatte a pezzi. La stessa cosa accadeva in Terra di Lavoro, in Capitanata, nel Gargano, in Basilicata, in Calabria…. [...]

L’ ECCIDIO DI PONTELANDOLFO E CASALDUNI

[...] Il regno delle Due Sicilie nell’agosto del 1861 era in fiamme, un vero inferno. Centinaia di paesi si erano sollevati contro l’oppressione, le fucilazioni erano all’ordine del giorno. Ad Auletta furono tricidati da mercenari ungherese, altra faccia immonda con coccarda azzurra in petto, 45 popolani, tra i quali quattro sacerdoti; questi poveri disgraziati furono seviziati con coltelli e fatti a pezzi dai barbari magiari sotto la guida piemontese-garibaldina.

Altri 100 cittadini furono portati a marcire nelle carceri di Salerno.

Il paese fu saccheggiato e dato alle fiamme. Nel Beneventano si sollevarono anche San Marco dei Cavoti, Molinara, San Giorgio La Molara, Pago, Pietrelcina, Paduli, Colle Sannita, Paolise, Bucciano, Forchia, Reina, Civitella. I fatti più gravi e sanguinosi si verificarono a Pontelandolfo e Casalduni. La reazione era voluta da tutto il popolo del Sud.

Il nuovo regime si stava dimostrando, nei fatti, tirannico e famelico, assetato di sangue e di denaro: ogni ciminiera di Torino e Milano è stata costruita con sangue meridionale. I piemontesi mettevano tasse e balzelli ed i contadini affamati ed esasperati presero la strada senza ritorno della montagna. I liberali la facevano da padroni, finalmente erano riusciti a mettere le mani sulla cosa pubblica e sulle terre demaniali.

I signorotti e i proprietari terrieri erano appellati galantuomini e da sempre erano i nemici dei contadini. Dagli Abruzzi, dal Molise, dalla Ciociaria arrivavano notizie di fucilazioni, notizie di donne violentate, di chiese saccheggiate, di bambini uccisi, di raccolti bruciati dai piemontesi e dai loro mercenari.

L’8 luglio del 1861, Carlo Torre, governatore di Benevento, spedisce al segretario generale del Dicastero di Polizia in Napoli Silvio Spaventa una relazione allarmata sulla reazione borbonica nel Sannio (1). Il 24 luglio 1861 un altro allarmantissimo rapporto dell’Intendente di Cerreto Sannita, Mario Carletti, al governatore di Benevento Carlo Torre (2) la dice lunga sullo stato in cui versava la provincia beneventana:

“I briganti scorazzanti pel Matese, corona di aspre ed intrattabili montagne poste a cavaliere di questa contrada, sono entrati nell’ardito intendimento di scendere al piano e aggredire l’abitato per consumarvi fatti di immane atrocità appena che la poca forza regolare qui stanziata se ne apparti per poco chiamata altrove …”.

Il governatore di Benevento seguendo la voce della prudenza chiedeva altra truppa al luogotenente Cialdini. I partigiani scorrazzanti le montagne del Matese erano capeggiati da Cosmo (Cosimo) Giordano di Cerreto Sannita, ex sergente borbonico.

La banda era costituita da circa duecento valorosi e coraggiosi guerrieri, votati alla morte con un giuramento fatto davanti a Dio. I pontelandolfesi erano: Nicola, Andrea e Michelangelo Mancini, Scudanigno; Salvatore Rinaldi, Matteo; Gennaro e Michele Rinaldi Sticco e loro padre Giuseppe; Antonio e Francesco Rinaldi di Romualdo; Saverio di Rubbio, Bascetta; Antonio Lese, Corso; Donato Paladino, Anguilla; Antonio e Francesco Perciosepe; Carlo Tomaso Bisconti; Giosuè del Negro; Antonio e G. B. Gugliotti; Tommaso Rinaldi, Falcone di Giuseppe; Pietro d’Addona Trippabella fu G. Battista; Donato Terlizzo; Giovanni Barbiero Vozzacchio e suo figlio; Giuseppe Borrelli di Domenicoantonio, Cellone; Giuseppe Bilotta, Lupo di Nicola; Giuseppe d’Addona fu Giacomo, Spaccamontagna; Filippo Lese d’Antonio, Riconto; Domenico d’Addona, Spaccamontagna di Francesco; Antonio Mancini, Cosetta, di Giuseppe; Pasquale Ranaudo, Mattone; Salvatore Biondi, Piroli, Vitantonio Ciarlo,; Pellegrini Sfeccio; Francesco, Domenico e Tommaso Ciarlo, Monaco e fratelli; Francesco, Domenico Petta, di Giuseppe; Vincenzo Longo, Giangiacomo; Giuseppe Ciarlo, Monaco, fu Nicola; Saverio Longo, Peppelongo, fu Giuseppe; Andrea Longo, Giangiacomo.(3) [...]

4 commenti:

CampaniArrabbiata ha detto...

State facendo un ottimo lavoro e a voi va il mio ringraziamento.

CampaniArrabbiata ha detto...

Ho letto della vostra iniziativa sul supermercato. Io, in realtà, vorrei COMPILARE una lista, da far girare in internet, con tutti i produtti meridionali. Se volete, possiamo fondere i nostri contributi, visto che avete più di 400 adesioni.

NON MI ARRENDO ha detto...

Ti ringrazio per l'apprezzamento, seguo il tuo blog http://campaniarrabbiata.blogspot.com/ e anche tu non scherzi....;-)

NON MI ARRENDO ha detto...

Per il comprasud volentieri possiamo interagire.
Non conosco la tua mail..se mi contatti su : partitodelsud.emiliaromagna@yahoo.it ti fornisco una serie di contatti per procedere.
Grazie

 
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