Un libro che ti accompagnerà in un viaggio conoscitivo utile per invertire la prospettiva geografica e che ti aiuterà a vedere, per sempre, il Mezzogiorno con occhi diversi …
COMUNICATO STAMPA Dopo un percorso durato alcuni mesi, anche con incontri diretti sempre all'insegna della cordiale collaborazione...
La campagna di adesione al Partito del Sud è ripresa, con il nuovo tesseramento, da gennaio.
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I sud del mondo hanno tutti in comune il medesimo destino, sono stati conquistati, sfruttati depredati e abbandonati a loro stessi. Il partito del sud è convinto che la solidarietà e l'accoglienza siano un dovere perchè ogni essere umano ha diritto a vivere una vita dignitosa
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Il giorno 08/12/2007 nella sala congressi dell'Hotel Serapo di Gaeta veniva fondato il Partito del Sud.
Nei sedici anni dalla fondazione il Partito del Sud è sempre stato presente ogni anno, con il proprio simbolo o in coalizione, a elezioni nazionali, europee, regionali, provinciali e comunali; oltre ad organizzare o partecipare a convegni, volantinaggi, trasmissioni televisive locali e nazionali, videoconferenze, comizi, dibattiti e tante altre manifestazioni.Il giorno 08/12/2007 nella sala congressi dell'Hotel Serapo di Gaeta veniva fondato il Partito del Sud.
Nei sedici anni dalla fondazione il Partito del Sud è sempre stato presente ogni anno, con il proprio simbolo o in coalizione, a elezioni nazionali, europee, regionali, provinciali e comunali; oltre ad organizzare o partecipare a convegni, volantinaggi, trasmissioni televisive locali e nazionali, videoconferenze, comizi, dibattiti e tante altre manifestazioni.
COMUNICATO STAMPA
Il Partito del Sud-Meridionalisti Progressisti invita ad aderire allo sciopero generale proclamato da CGIL
e UIL a partire dal 17 novembre. Va contrastata e respinta la gazzarra
scatenata dal ministro Salvini che con le precettazioni offende la
Costituzione, i diritti dei lavoratori e i sindacati promotori dello sciopero.
Doveroso constatare che, malgrado le ipocrite
dichiarazioni di non voler mettere in discussione il diritto di sciopero, nei
fatti si vuole impedire una mobilitazione nazionale, anche se tardiva e
parziale, fondamentale per difendere i diritti dei lavoratori, dei pensionati,
dei precari, che da anni sono messi in discussione o cancellati da manovre
economiche “riformiste” perseguite dall’attuale governo così come dai
precedenti.
Bene hanno fatto CGIL e UIL, non condividendo la
decisione della Commissione di Garanzia nominata dall’attuale esecutivo, di
confermare “la proclamazione dello sciopero generale e le sue modalità di
svolgimento ad iniziare dalla giornata del 17 novembre”.
La svolta autoritaria messa in atto dall’attuale Governo
con l’Autonomia differenziata, il premierato e ora l’attacco al diritto di sciopero
va contrastata unitariamente senza inutili e dannosi distinguo e mettono in
luce la deriva pericolosa che sta vivendo il nostro Paese.
Il Partito del Sud -Meridionalisti Progressisti invita
pertanto tutti ad incrociare le braccia e sostenere la lotta. Qui non si tratta più di “uno sciopero” o di “un
sindacato”, ma di difendere quel poco di democrazia che ancora sopravvive nel
nostro Paese dall’attacco del governo più antimeridionale e classista della
storia della Repubblica.
Natale Cuccurese
Presidente nazionale del Partito del Sud-Meridionalisti
Progressisti
COMUNICATO STAMPA
Il Partito del Sud-Meridionalisti Progressisti invita ad aderire allo sciopero generale proclamato da CGIL
e UIL a partire dal 17 novembre. Va contrastata e respinta la gazzarra
scatenata dal ministro Salvini che con le precettazioni offende la
Costituzione, i diritti dei lavoratori e i sindacati promotori dello sciopero.
Doveroso constatare che, malgrado le ipocrite
dichiarazioni di non voler mettere in discussione il diritto di sciopero, nei
fatti si vuole impedire una mobilitazione nazionale, anche se tardiva e
parziale, fondamentale per difendere i diritti dei lavoratori, dei pensionati,
dei precari, che da anni sono messi in discussione o cancellati da manovre
economiche “riformiste” perseguite dall’attuale governo così come dai
precedenti.
Bene hanno fatto CGIL e UIL, non condividendo la
decisione della Commissione di Garanzia nominata dall’attuale esecutivo, di
confermare “la proclamazione dello sciopero generale e le sue modalità di
svolgimento ad iniziare dalla giornata del 17 novembre”.
La svolta autoritaria messa in atto dall’attuale Governo
con l’Autonomia differenziata, il premierato e ora l’attacco al diritto di sciopero
va contrastata unitariamente senza inutili e dannosi distinguo e mettono in
luce la deriva pericolosa che sta vivendo il nostro Paese.
Il Partito del Sud -Meridionalisti Progressisti invita
pertanto tutti ad incrociare le braccia e sostenere la lotta. Qui non si tratta più di “uno sciopero” o di “un
sindacato”, ma di difendere quel poco di democrazia che ancora sopravvive nel
nostro Paese dall’attacco del governo più antimeridionale e classista della
storia della Repubblica.
Natale Cuccurese
Presidente nazionale del Partito del Sud-Meridionalisti
Progressisti
COMUNICATO STAMPA
In Medio Oriente si sta configurando un vero e proprio genocidio che non può lasciare indifferenti. Per i civili, così come per gli innocenti bambini, che in queste ore muoiono nelle proprie case o mentre sono in piazza, non c'è differenza se la fine arriva attraverso un drone israeliano o un kamikaze musulmano.
Eppure per motivi oscuri di realpolitik sembra che sia vietato chiedere di fermarsi, bisogna perdere tempo a trovare giustificazioni alle azioni violente dell'uno e alla rappresaglia dell'altro. E intanto il contatore dei morti schizza sempre più verso l'alto.
Basta!
L'Europa si svegli dal sonno della
ragione in cui è caduta e torni a fare "politica".
E' nata affinché il sangue non
scorresse più, ma pare aver completamente dimenticato la sua ragion d'essere. I pronunciamenti e le delibere dell’ONU circa la necessità di
affermare con l’esistenza dello Stato di Israele quello di Palestina (due
popoli, due Stati) che sono rimaste sulla carta a tutto discapito di
quest’ultimo, mai nato grazie anche ad una politica israeliana aggressiva, che attraverso
gli insediamenti dei propri coloni ha progressivamente ridotto gli spazi
riconosciuti e da riconoscere ai palestinesi (quelli antecedenti la guerra del
67), ne ha immiserito le condizioni, compresso la libertà e gli spazi di
democrazia, trasformato la Striscia di Gaza in una vera e propria prigione a cielo aperto.
Una situazione che oggettivamente ha alimentato ed alimenta tra i
palestinesi, ed in larga parte della popolazione araba un sentimento anti
israeliano. I tanti crimini conto l’umanità a Gaza devono essere denunciati, perseguiti
e puniti. Nulla li giustifica.
Il Governo Meloni deve fermare il
sostegno incondizionato al Governo di Israele e fare pressione sulla Ue perché
faccia altrettanto, al fine di superare le divisioni e tornare al tavolo della
trattativa. Anche i palestinesi sono esseri umani. L'Europa così come il
governo Meloni non si accodi sempre supinamente all’atlantismo più sfrenato e succube,
ma si adoperi per il dialogo con iniziative diplomatiche.
Noi del Partito del Sud siamo al fianco del popolo palestinese, oppresso, delle sue legittime aspirazioni e domandiamo con forza a tutte le parti in causa la ricerca di una soluzione di pace definitiva che preveda due popoli, due Stati.
Cessino subito le violenze, si apra un corridoio
umanitario per Gaza e si proceda in futuro nel reciproco rispetto. Tutte le parti in causa fermino subito le armi,
fermiamo le stragi, fermiamo il pericolo di un possibile e tragico allargamento
della guerra!
COMITATO POLITICO NAZIONALE DEL
PARTITO DEL SUD
COMUNICATO STAMPA
In Medio Oriente si sta configurando un vero e proprio genocidio che non può lasciare indifferenti. Per i civili, così come per gli innocenti bambini, che in queste ore muoiono nelle proprie case o mentre sono in piazza, non c'è differenza se la fine arriva attraverso un drone israeliano o un kamikaze musulmano.
Eppure per motivi oscuri di realpolitik sembra che sia vietato chiedere di fermarsi, bisogna perdere tempo a trovare giustificazioni alle azioni violente dell'uno e alla rappresaglia dell'altro. E intanto il contatore dei morti schizza sempre più verso l'alto.
Basta!
L'Europa si svegli dal sonno della
ragione in cui è caduta e torni a fare "politica".
E' nata affinché il sangue non
scorresse più, ma pare aver completamente dimenticato la sua ragion d'essere. I pronunciamenti e le delibere dell’ONU circa la necessità di
affermare con l’esistenza dello Stato di Israele quello di Palestina (due
popoli, due Stati) che sono rimaste sulla carta a tutto discapito di
quest’ultimo, mai nato grazie anche ad una politica israeliana aggressiva, che attraverso
gli insediamenti dei propri coloni ha progressivamente ridotto gli spazi
riconosciuti e da riconoscere ai palestinesi (quelli antecedenti la guerra del
67), ne ha immiserito le condizioni, compresso la libertà e gli spazi di
democrazia, trasformato la Striscia di Gaza in una vera e propria prigione a cielo aperto.
Una situazione che oggettivamente ha alimentato ed alimenta tra i
palestinesi, ed in larga parte della popolazione araba un sentimento anti
israeliano. I tanti crimini conto l’umanità a Gaza devono essere denunciati, perseguiti
e puniti. Nulla li giustifica.
Il Governo Meloni deve fermare il
sostegno incondizionato al Governo di Israele e fare pressione sulla Ue perché
faccia altrettanto, al fine di superare le divisioni e tornare al tavolo della
trattativa. Anche i palestinesi sono esseri umani. L'Europa così come il
governo Meloni non si accodi sempre supinamente all’atlantismo più sfrenato e succube,
ma si adoperi per il dialogo con iniziative diplomatiche.
Noi del Partito del Sud siamo al fianco del popolo palestinese, oppresso, delle sue legittime aspirazioni e domandiamo con forza a tutte le parti in causa la ricerca di una soluzione di pace definitiva che preveda due popoli, due Stati.
Cessino subito le violenze, si apra un corridoio
umanitario per Gaza e si proceda in futuro nel reciproco rispetto. Tutte le parti in causa fermino subito le armi,
fermiamo le stragi, fermiamo il pericolo di un possibile e tragico allargamento
della guerra!
COMITATO POLITICO NAZIONALE DEL
PARTITO DEL SUD
COMUNICATO STAMPA
Il Partito del Sud-Meridionalisti Progressisti ha aderito e partecipa alla manifestazione nazionale del 7 ottobre a Roma “La via maestra. Insieme per la Costituzione”, perchè ne condivide le rivendicazioni.
Siamo da sempre contro l’Autonomia differenziata che spaccherà il Paese confliggendo con il patto di solidarietà della nostra Costituzione. Un provvedimento che accrescerà ulteriormente le disuguaglianze, oltretutto senza nessun dibattito pubblico.Un provvedimento che distruggerà quel che resta del patto nazionale di cittadinanza che fino a oggi era chiamato a rispondere alle disuguaglianze sociali, a vigilare sul nostro patrimonio collettivo a garantire i diritti dei cittadini, gli stessi, per tutti.
Per la Pace: la guerra sarà ancora una volta pagata soprattutto dai figli del Sud, mentre la Costituzione è ancora una volta disattesa, così come accade per l’art. 11, quello che dice che l’Italia ripudia la guerra.Non dimentichiamo poi che ai giorni nostri l’Esercito italiano è composto dal 72% di cittadini del Mezzogiorno, contro un dato demografico del 34% di cittadini residenti, ovvia conseguenza anche della cronica scarsità di occasioni di lavoro nel Mezzogiorno.
Per il salario ed il reddito: basta paghe da fame, basta sfruttamento, basta precarietà. Tutti meccanismi utili solo ad ingrassare multinazionali e prenditori collusi con l’attuale mala-politica. Siamo favorevoli ad un Reddito minimo garantito che permetta a chi è in povertà di poter vivere.
Partecipiamo tutti alla
manifestazione del 7 ottobre, a difesa dei valori e dei principi della
Costituzione del ‘48, mai realmente applicata integralmente, ed oggi ancora
sotto attacco da chi vorrebbe stravolgerla ulteriormente con il
presidenzialismo
CDN del Partito del Sud-Meridionalisti Progressistitito che permetta a chi è in povertà di poter vivere.
COMUNICATO STAMPA
Il Partito del Sud-Meridionalisti Progressisti ha aderito e partecipa alla manifestazione nazionale del 7 ottobre a Roma “La via maestra. Insieme per la Costituzione”, perchè ne condivide le rivendicazioni.
Siamo da sempre contro l’Autonomia differenziata che spaccherà il Paese confliggendo con il patto di solidarietà della nostra Costituzione. Un provvedimento che accrescerà ulteriormente le disuguaglianze, oltretutto senza nessun dibattito pubblico.Un provvedimento che distruggerà quel che resta del patto nazionale di cittadinanza che fino a oggi era chiamato a rispondere alle disuguaglianze sociali, a vigilare sul nostro patrimonio collettivo a garantire i diritti dei cittadini, gli stessi, per tutti.
Per la Pace: la guerra sarà ancora una volta pagata soprattutto dai figli del Sud, mentre la Costituzione è ancora una volta disattesa, così come accade per l’art. 11, quello che dice che l’Italia ripudia la guerra.Non dimentichiamo poi che ai giorni nostri l’Esercito italiano è composto dal 72% di cittadini del Mezzogiorno, contro un dato demografico del 34% di cittadini residenti, ovvia conseguenza anche della cronica scarsità di occasioni di lavoro nel Mezzogiorno.
Per il salario ed il reddito: basta paghe da fame, basta sfruttamento, basta precarietà. Tutti meccanismi utili solo ad ingrassare multinazionali e prenditori collusi con l’attuale mala-politica. Siamo favorevoli ad un Reddito minimo garantito che permetta a chi è in povertà di poter vivere.
Partecipiamo tutti alla
manifestazione del 7 ottobre, a difesa dei valori e dei principi della
Costituzione del ‘48, mai realmente applicata integralmente, ed oggi ancora
sotto attacco da chi vorrebbe stravolgerla ulteriormente con il
presidenzialismo
CDN del Partito del Sud-Meridionalisti Progressistitito che permetta a chi è in povertà di poter vivere.
Sul numero di Luglio del bimestrale “Su la testa”, interamente dedicato ad articoli sul perchè è doveroso contrastare ogni Autonomia differenziata, un articolo del nostro Presidente, Natale Cuccurese, dal titolo: “L’autonomia differenziata è un bluff separatista”.
Natale Cuccurese*
L’Autonomia differenziata non è coerente con la piena attuazione della legge Calderoli di applicazione del federalismo fiscale. La legge 42 prevede il superamento della spesa storica attraverso i Lep (Livelli Essenziali delle Prestazioni), da sempre in attesa di attuazione. Il punto resta quello di superare la spesa storica, cioè un criterio che danneggia i cittadini governati da amministratori inefficienti o presunti tali, dato che spesso, ma questo nessuno mai lo sottolinea, meno hanno speso per i servizi solo a causa di una sperequata distribuzione territoriale delle risorse.
L’Autonomia differenziata crea una corsia preferenziale solo per le regioni ricche che faranno un’autonomia accelerata senza definizione dei Lep. Nei fatti si stanno costruendo tre nuove regioni a statuto speciale, agendo al di fuori della legge Calderoli del 2009. Infatti, a proposito di rispetto della Costituzione, la corretta procedura prevista dall’art. 116 della Costituzione chiude con la frase: ”nel rispetto dell’art 119 e della legge del 2009 (che prevede appunto fondi perequativi mai definiti)” e rimanda poi all’art 117 dove si parla dei diritti di cittadinanza che devono essere garantiti allo stesso livello su tutto il territorio nazionale, previa definizione dei Lep, cosa mai avvenuta, che si vuole ancora rinviare e che è già costata al Mezzogiorno oltre 840 miliardi di euro (Eurispes – Rapporto Italia 2020). Verrebbe così affermata la fine di quanto previsto nella prima parte della Costituzione, e cioè cittadini italiani tutti con gli stessi diritti, per cedere il posto a una “doppia cittadinanza”, di serie A e di serie B. Ma non è solo un problema di “Nord Vs Sud” come alcuni vogliono far intendere, visto che anche all’interno dello stesso territorio regionale ci saranno territori, e quindi cittadini, favoriti o sfavoriti. Per esempio, territori montani Vs città. Si verrebbero così a costituire “micro-repubbliche” regionali con a capo “governatori” con pieni poteri che potranno decidere su un ventaglio di materie amplissimo: dalla sanità alle strade e autostrade, alle centrali idriche, alla scuola etc. Un anticipo del presidenzialismo prossimo venturo nazionale, che è alla base dello scambio fra Lega e FdI e che prevede appunto l’Autonomia differenziata in cambio del presidenzialismo. Nessuno però si chiede chi risponderà del carico del debito pubblico.
Gli “errori di calcolo” renderanno non sostenibile il debito pubblico statale
Infatti, anche ammettendo l’ipotesi dell’esistenza di un residuo fiscale, vi sarebbe un palese errore di calcolo in quanto non si terrebbe conto del fatto che una parte della differenza di quanto versato all’erario rispetto a quanto trasferito dallo Stato alle Regioni ritornerebbe sul territorio regionale in forma di pagamento degli interessi sui titoli del debito pubblico posseduti dai soggetti residenti in quelle regioni. In ultima analisi, il rischio contenuto nell’attuazione del terzo comma dell’art. 116 non sarebbe soltanto quello politico di una possibile rottura dell’Unità nazionale, ma anche quello, ben più concreto, di rendere non più sostenibile il debito pubblico statale a causa della riduzione dei flussi di cassa di livello statale. Non basta infatti determinare un Lep se poi non ci sono le risorse per garantire quel fabbisogno. In questo consiste il bluff leghista.
Per esempio, è stato calcolato che la perdita per lo Stato, limitatamente alle sole regioni del Nord, sarebbe di 112 miliardi all’anno. È quanto resterebbe a Lombardia, Veneto ed Emilia se il 90% di Irpef, Ires e Iva non fosse versato allo Stato.
Il Tesoro si troverebbe ad avere 112 miliardi di euro in meno, secondo stime pubblicate dalla stessa Regione Veneto sul sito dedicato all’Autonomia differenziata, e 190 miliardi, secondo i calcoli elaborati qualche tempo fa dal presidente della Svimez. La differenza sta nel fatto che, nel secondo caso, i conteggi hanno tenuto conto anche dei contributi previdenziali oltre che delle tasse.
La sola Lombardia ha un gettito Iva di oltre 21 miliardi, un gettito Irpef di 36 miliardi e uno Ires di 12 miliardi. Quanta parte potrà essere devoluta? Secondo gli stessi conteggi del portale dell’Autonomia del Veneto, la spesa regionalizzata in Lombardia è di 42 miliardi, nel Veneto di 18 miliardi, in Emilia Romagna di 17 miliardi. Il punto centrale rimane la dinamica delle entrate. Nell’anno zero si può trasferire una somma pari a quella spesa dallo Stato. Ma che succede poi negli anni successivi se il gettito aumenta? L’extra a chi spetterebbe, allo Stato o alla Regione? E se il gettito diminuisce? Domande senza risposta…
Interessante a tale proposito la provocazione sui Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, portata dal ministro Calderoli e Zaia, in merito ad alcune dichiarazioni di sabato 3 dicembre 2022 sul “Gazzettino” dove il ministro affermava che, paradossalmente, ad alcune Regioni, specie al Sud, forse converrebbe restare con la spesa storica per non rimetterci: “Una volta noti, sarà l’occasione per chiedere i Lep o per non chiederli. E io temo che per molti sarà così”, ha detto Calderoli. Non a caso, Zaia ha lanciato la provocazione: “Una volta definiti i Lep, si scriva in una norma che vanno obbligatoriamente applicati, perché io sono convinto che qualcuno si rifiuterà”,
Dal che si evince, come da tempo ripetiamo, che più che i mai definiti LEP bisognerebbe domandare e definire i LUP, e cioè i Livelli Uniformi delle Prestazioni, perché con i Lep l’asticella da parte di chi governa potrebbe essere collocata così in basso, e le cifre relative essere così miserabili, da renderli inutili, fino addirittura a fare preferire la spesa storica, come dice Zaia, che come è noto su moltissime materie è pari a ZERO! Non a caso, lo stesso Zaia, dichiarava al “Corriere della Sera” di lunedì 6 dicembre 2022: “Usciamo dalla narrazione che tutti siamo uguali”. Il che rende bene l’idea di cosa bolle in pentola.
Un motivo in più per ribadire a questi “statisti” che la Costituzione afferma che tutti gli italiani devono avere gli stessi diritti. Se invece la Costituzione non è più in vigore e di conseguenza il patto di cittadinanza non è più valido ce lo facciano sapere, così ci attrezziamo di conseguenza.
La storia recente
Nel maggio scorso è poi scoppiato un giallo: il Servizio Bilancio del Senato ha documentato come l’Autonomia regionale differenziata porti, nei fatti, alla fine dell’attuale stato unitario. L’abnorme decentramento di funzioni e risorse finanziarie creerà appunto enormi problemi al bilancio dello Stato e al finanziamento dei servizi nelle altre regioni, più povere, che imploderebbero anche per impossibilità dello stato ad assicurare i LEP. E’ un documento ufficiale pubblicato sul sito del Senato e diffuso sui social. Poi degradato dopo furiose polemiche a bozza da verificare.
Come reagiranno i 20 milioni di cittadini del Mezzogiorno di fronte a simili modalità, addirittura peggiorative rispetto alle attuali?! Ecco perché dire che il Paese è a rischio balcanizzazione non è assolutamente un artificio lessicale, ma stringente attualità.
Che l’Autonomia differenziata sulle 23 materie oggi gestite dallo Stato possa essere concessa a tutte le 15 regioni ordinarie è soltanto un bluff. L’autonomia la può ottenere soltanto il Nord. Ormai il re è nudo. A certificarlo, a poche settimane dal “giallo” precedente, è stato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che a fine giugno ha depositato in Commissione Affari Costituzionali del Senato un documento che per la prima volta ha provato a rispondere compiutamente a una domanda centrale del progetto autonomista: quali Regioni hanno davvero abbastanza capienza di gettito per gestire in proprio i servizi che oggi dispensa lo Stato? Più sono ricchi i cittadini, più tasse versano, più facile sarà ottenere l’autonomia e gestire le materie perché l’aliquota di compartecipazione alle tasse dello Stato sarà abbastanza capiente da finanziare tutti i servizi trasferiti. In altri termini, per alcuni territori, cioè tutte le Regioni del Sud e diverse del Centro, l’autonomia rischia di essere troppo cara e non se la possono permettere.
Ultimo colpo di scena, al momento in cui scrivo: la critica all’Autonomia differenziata viene dalla stessa struttura chiamata a porne le basi e cioè dalla “mini costituente”, il Comitato per la definizione dei Lep (CLEP), composta da membri nominati da Calderoli e scelti in modo preponderante al Centro Nord, molti dei quali già da tempo fortemente orientati a favore dell’Autonomia differenziata. Il tutto con il Parlamento completamente tagliato fuori. Persino da questa Commissione giungono critiche con una lettera pubblica di quattro influenti membri che han presentato le dimissioni: “è discriminatoria, va riportata sui binari definiti dalla nostra Costituzione. Il criterio della spesa storica crea diseguaglianze e le risorse sono un’incognita”. Il che fa capire come il rischio per l’unità dello Stato sia più che mai reale.
L’Autonomia differenziata è un progetto liberista che mette in pericolo l’unità stessa del Paese. Chi si accoda a queste richieste si assume interamente, e a futura memoria, la responsabilità della possibile, e certo non auspicabile, “balcanizzazione” del Paese non appena i cittadini di alcune aree, non solo del Mezzogiorno, si accorgeranno di essere di serie B, cioè con meno diritti e soggetti a una sorta di apartheid economico. C’è chi lavora per vedere lentamente morire la Repubblica parlamentare nata dalla Resistenza e l’unità del Paese, mentre i dati Istat degli ultimi anni pongono in evidenza come i divari territoriali e sociali da anni si stiano sempre più approfondendo. Del tutto illusorio pensare che qualche Regione possa “salvarsi da sola”, se non si affrontando i nodi d’insieme del Paese.
Fortunatamente, nel maggio scorso, i giornali hanno riportato il giudizio negativo dei cittadini, anche del Nord, sul disegno di legge di riforma voluto dal governo. Il 60% degli italiani, infatti, ritiene che con questa legge aumenterebbe il divario fra Nord e Sud, con punte del 70% fra i giovani e del 76% fra coloro che risiedono al Sud e nelle isole. Se (finalmente) informati, i cittadini capiscono bene la fregatura che il partito unico delle privatizzazioni vuole rifilargli. Ma ciò che spicca è che anche la maggioranza di chi abita al Nord la pensa così. Solo il 31% è convinto che saranno premiate le regioni cosiddette virtuose a prescindere dalla localizzazione geografica. In conclusione un progetto divisivo, da avversare e respingere senza esitazioni.
* Natale Cuccurese – Presidente nazionale del Partito del Sud, Consigliere Comunale e dell’Unione per Sinistra Unita a Quattro Castella (RE), dove risiede. Meridionalista progressista, collabora con siti e giornali d’informazione politica.
Link: https://www.sulatesta.net/lautonomia-differenziata-e-un-bluff-separatista/
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Sul numero di Luglio del bimestrale “Su la testa”, interamente dedicato ad articoli sul perchè è doveroso contrastare ogni Autonomia differenziata, un articolo del nostro Presidente, Natale Cuccurese, dal titolo: “L’autonomia differenziata è un bluff separatista”.
Natale Cuccurese*
L’Autonomia differenziata non è coerente con la piena attuazione della legge Calderoli di applicazione del federalismo fiscale. La legge 42 prevede il superamento della spesa storica attraverso i Lep (Livelli Essenziali delle Prestazioni), da sempre in attesa di attuazione. Il punto resta quello di superare la spesa storica, cioè un criterio che danneggia i cittadini governati da amministratori inefficienti o presunti tali, dato che spesso, ma questo nessuno mai lo sottolinea, meno hanno speso per i servizi solo a causa di una sperequata distribuzione territoriale delle risorse.
L’Autonomia differenziata crea una corsia preferenziale solo per le regioni ricche che faranno un’autonomia accelerata senza definizione dei Lep. Nei fatti si stanno costruendo tre nuove regioni a statuto speciale, agendo al di fuori della legge Calderoli del 2009. Infatti, a proposito di rispetto della Costituzione, la corretta procedura prevista dall’art. 116 della Costituzione chiude con la frase: ”nel rispetto dell’art 119 e della legge del 2009 (che prevede appunto fondi perequativi mai definiti)” e rimanda poi all’art 117 dove si parla dei diritti di cittadinanza che devono essere garantiti allo stesso livello su tutto il territorio nazionale, previa definizione dei Lep, cosa mai avvenuta, che si vuole ancora rinviare e che è già costata al Mezzogiorno oltre 840 miliardi di euro (Eurispes – Rapporto Italia 2020). Verrebbe così affermata la fine di quanto previsto nella prima parte della Costituzione, e cioè cittadini italiani tutti con gli stessi diritti, per cedere il posto a una “doppia cittadinanza”, di serie A e di serie B. Ma non è solo un problema di “Nord Vs Sud” come alcuni vogliono far intendere, visto che anche all’interno dello stesso territorio regionale ci saranno territori, e quindi cittadini, favoriti o sfavoriti. Per esempio, territori montani Vs città. Si verrebbero così a costituire “micro-repubbliche” regionali con a capo “governatori” con pieni poteri che potranno decidere su un ventaglio di materie amplissimo: dalla sanità alle strade e autostrade, alle centrali idriche, alla scuola etc. Un anticipo del presidenzialismo prossimo venturo nazionale, che è alla base dello scambio fra Lega e FdI e che prevede appunto l’Autonomia differenziata in cambio del presidenzialismo. Nessuno però si chiede chi risponderà del carico del debito pubblico.
Gli “errori di calcolo” renderanno non sostenibile il debito pubblico statale
Infatti, anche ammettendo l’ipotesi dell’esistenza di un residuo fiscale, vi sarebbe un palese errore di calcolo in quanto non si terrebbe conto del fatto che una parte della differenza di quanto versato all’erario rispetto a quanto trasferito dallo Stato alle Regioni ritornerebbe sul territorio regionale in forma di pagamento degli interessi sui titoli del debito pubblico posseduti dai soggetti residenti in quelle regioni. In ultima analisi, il rischio contenuto nell’attuazione del terzo comma dell’art. 116 non sarebbe soltanto quello politico di una possibile rottura dell’Unità nazionale, ma anche quello, ben più concreto, di rendere non più sostenibile il debito pubblico statale a causa della riduzione dei flussi di cassa di livello statale. Non basta infatti determinare un Lep se poi non ci sono le risorse per garantire quel fabbisogno. In questo consiste il bluff leghista.
Per esempio, è stato calcolato che la perdita per lo Stato, limitatamente alle sole regioni del Nord, sarebbe di 112 miliardi all’anno. È quanto resterebbe a Lombardia, Veneto ed Emilia se il 90% di Irpef, Ires e Iva non fosse versato allo Stato.
Il Tesoro si troverebbe ad avere 112 miliardi di euro in meno, secondo stime pubblicate dalla stessa Regione Veneto sul sito dedicato all’Autonomia differenziata, e 190 miliardi, secondo i calcoli elaborati qualche tempo fa dal presidente della Svimez. La differenza sta nel fatto che, nel secondo caso, i conteggi hanno tenuto conto anche dei contributi previdenziali oltre che delle tasse.
La sola Lombardia ha un gettito Iva di oltre 21 miliardi, un gettito Irpef di 36 miliardi e uno Ires di 12 miliardi. Quanta parte potrà essere devoluta? Secondo gli stessi conteggi del portale dell’Autonomia del Veneto, la spesa regionalizzata in Lombardia è di 42 miliardi, nel Veneto di 18 miliardi, in Emilia Romagna di 17 miliardi. Il punto centrale rimane la dinamica delle entrate. Nell’anno zero si può trasferire una somma pari a quella spesa dallo Stato. Ma che succede poi negli anni successivi se il gettito aumenta? L’extra a chi spetterebbe, allo Stato o alla Regione? E se il gettito diminuisce? Domande senza risposta…
Interessante a tale proposito la provocazione sui Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, portata dal ministro Calderoli e Zaia, in merito ad alcune dichiarazioni di sabato 3 dicembre 2022 sul “Gazzettino” dove il ministro affermava che, paradossalmente, ad alcune Regioni, specie al Sud, forse converrebbe restare con la spesa storica per non rimetterci: “Una volta noti, sarà l’occasione per chiedere i Lep o per non chiederli. E io temo che per molti sarà così”, ha detto Calderoli. Non a caso, Zaia ha lanciato la provocazione: “Una volta definiti i Lep, si scriva in una norma che vanno obbligatoriamente applicati, perché io sono convinto che qualcuno si rifiuterà”,
Dal che si evince, come da tempo ripetiamo, che più che i mai definiti LEP bisognerebbe domandare e definire i LUP, e cioè i Livelli Uniformi delle Prestazioni, perché con i Lep l’asticella da parte di chi governa potrebbe essere collocata così in basso, e le cifre relative essere così miserabili, da renderli inutili, fino addirittura a fare preferire la spesa storica, come dice Zaia, che come è noto su moltissime materie è pari a ZERO! Non a caso, lo stesso Zaia, dichiarava al “Corriere della Sera” di lunedì 6 dicembre 2022: “Usciamo dalla narrazione che tutti siamo uguali”. Il che rende bene l’idea di cosa bolle in pentola.
Un motivo in più per ribadire a questi “statisti” che la Costituzione afferma che tutti gli italiani devono avere gli stessi diritti. Se invece la Costituzione non è più in vigore e di conseguenza il patto di cittadinanza non è più valido ce lo facciano sapere, così ci attrezziamo di conseguenza.
La storia recente
Nel maggio scorso è poi scoppiato un giallo: il Servizio Bilancio del Senato ha documentato come l’Autonomia regionale differenziata porti, nei fatti, alla fine dell’attuale stato unitario. L’abnorme decentramento di funzioni e risorse finanziarie creerà appunto enormi problemi al bilancio dello Stato e al finanziamento dei servizi nelle altre regioni, più povere, che imploderebbero anche per impossibilità dello stato ad assicurare i LEP. E’ un documento ufficiale pubblicato sul sito del Senato e diffuso sui social. Poi degradato dopo furiose polemiche a bozza da verificare.
Come reagiranno i 20 milioni di cittadini del Mezzogiorno di fronte a simili modalità, addirittura peggiorative rispetto alle attuali?! Ecco perché dire che il Paese è a rischio balcanizzazione non è assolutamente un artificio lessicale, ma stringente attualità.
Che l’Autonomia differenziata sulle 23 materie oggi gestite dallo Stato possa essere concessa a tutte le 15 regioni ordinarie è soltanto un bluff. L’autonomia la può ottenere soltanto il Nord. Ormai il re è nudo. A certificarlo, a poche settimane dal “giallo” precedente, è stato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che a fine giugno ha depositato in Commissione Affari Costituzionali del Senato un documento che per la prima volta ha provato a rispondere compiutamente a una domanda centrale del progetto autonomista: quali Regioni hanno davvero abbastanza capienza di gettito per gestire in proprio i servizi che oggi dispensa lo Stato? Più sono ricchi i cittadini, più tasse versano, più facile sarà ottenere l’autonomia e gestire le materie perché l’aliquota di compartecipazione alle tasse dello Stato sarà abbastanza capiente da finanziare tutti i servizi trasferiti. In altri termini, per alcuni territori, cioè tutte le Regioni del Sud e diverse del Centro, l’autonomia rischia di essere troppo cara e non se la possono permettere.
Ultimo colpo di scena, al momento in cui scrivo: la critica all’Autonomia differenziata viene dalla stessa struttura chiamata a porne le basi e cioè dalla “mini costituente”, il Comitato per la definizione dei Lep (CLEP), composta da membri nominati da Calderoli e scelti in modo preponderante al Centro Nord, molti dei quali già da tempo fortemente orientati a favore dell’Autonomia differenziata. Il tutto con il Parlamento completamente tagliato fuori. Persino da questa Commissione giungono critiche con una lettera pubblica di quattro influenti membri che han presentato le dimissioni: “è discriminatoria, va riportata sui binari definiti dalla nostra Costituzione. Il criterio della spesa storica crea diseguaglianze e le risorse sono un’incognita”. Il che fa capire come il rischio per l’unità dello Stato sia più che mai reale.
L’Autonomia differenziata è un progetto liberista che mette in pericolo l’unità stessa del Paese. Chi si accoda a queste richieste si assume interamente, e a futura memoria, la responsabilità della possibile, e certo non auspicabile, “balcanizzazione” del Paese non appena i cittadini di alcune aree, non solo del Mezzogiorno, si accorgeranno di essere di serie B, cioè con meno diritti e soggetti a una sorta di apartheid economico. C’è chi lavora per vedere lentamente morire la Repubblica parlamentare nata dalla Resistenza e l’unità del Paese, mentre i dati Istat degli ultimi anni pongono in evidenza come i divari territoriali e sociali da anni si stiano sempre più approfondendo. Del tutto illusorio pensare che qualche Regione possa “salvarsi da sola”, se non si affrontando i nodi d’insieme del Paese.
Fortunatamente, nel maggio scorso, i giornali hanno riportato il giudizio negativo dei cittadini, anche del Nord, sul disegno di legge di riforma voluto dal governo. Il 60% degli italiani, infatti, ritiene che con questa legge aumenterebbe il divario fra Nord e Sud, con punte del 70% fra i giovani e del 76% fra coloro che risiedono al Sud e nelle isole. Se (finalmente) informati, i cittadini capiscono bene la fregatura che il partito unico delle privatizzazioni vuole rifilargli. Ma ciò che spicca è che anche la maggioranza di chi abita al Nord la pensa così. Solo il 31% è convinto che saranno premiate le regioni cosiddette virtuose a prescindere dalla localizzazione geografica. In conclusione un progetto divisivo, da avversare e respingere senza esitazioni.
* Natale Cuccurese – Presidente nazionale del Partito del Sud, Consigliere Comunale e dell’Unione per Sinistra Unita a Quattro Castella (RE), dove risiede. Meridionalista progressista, collabora con siti e giornali d’informazione politica.
Link: https://www.sulatesta.net/lautonomia-differenziata-e-un-bluff-separatista/
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COMUNICATO STAMPA
Il Consiglio Direttivo Nazionale del Partito del Sud-Meridionalisti Progressisti ribadendo la necessità di una non più procrastinabile costituzione d'un soggetto politico unitario di Sinistra, al fine di costruire l’alternativa antiliberista, ambientalista, femminista, antifascista, pacifista, anticapitalista e meridionalista, utile a formare una fronte popolare per opporsi con forza alle destre fasciste, razziste, secessioniste e liberiste oggi al governo in Italia e in forte avanzata in tutta Europa, prende atto con rammarico che ancora in troppi, anche nella sinistra d’alternativa, paiono non essere consapevoli che il Mezzogiorno non solo è il territorio più povero d’Europa, ma soffre di discriminazioni e di un razzismo di Stato che addirittura penalizza volutamente anche la durata di vita dei suoi abitanti e quindi ha bisogno di un richiamo e di una sua specificità riconoscibile e riconducibile. Bisogna unirsi tutti su più battaglie, in questo caso sul Mezzogiorno dandogli voce e rappresentanza mettendolo fra i temi fondanti della agenda politica, già a partire dalle prossime elezioni europee.
Impossibile procedere ancora a fari spenti mentre fra poco meno di un anno si svolgeranno elezioni decisive per le sorti del Paese tutto e del Mezzogiorno in particolare, con precise scadenze da rispettare. Bisogna sempre ricordare che anche “quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio”.
Per tutti questi motivi il Consiglio Direttivo ha deciso all’unanimità di raccogliere l’appello del Partito Comunista Italiano, con cui da tempo sono attive positive interlocuzioni, per la costituzione di una lista plurale. Appello di cui condividiamo i temi, a partire dalla ricerca di una soluzione di pace in Ucraina e nel Mondo e contro ogni deriva bellicista, dalla critica all’Unione Europea delle banche e delle lobby che con le sue politiche ordoliberiste e di austerità alimenta nuovi fascismi in Europa, come dimostrato anche dalla vergognosa equiparazione fra nazismo e comunismo ad opera del Parlamento europeo nel 2019, e dal contrasto all’Autonomia Differenziata. Accogliamo inoltre molto favorevolmente il richiamo alla Questione Meridionale, senza approfondire la quale non è possibile capire, tantomeno spiegare compiutamente ai cittadini, a cosa mira veramente l’Autonomia Differenziata.
Resta inteso che, come sempre, siamo disponibili a formare una fronte popolare unitario più ampio e coeso possibile, ma sempre nel reale rispetto delle pari condizioni, anche di visibilità e dignità, di tutte le componenti e nella assoluta condivisione dei temi in forma non settaria, per creare una piattaforma comune con tutte quelle soggettività che condividono l’urgenza di lavorare in forma aperta alla costruzione di un percorso plurale per l’alternativa sociale, culturale e politica ai poli e agli schieramenti politici oggi esistenti al fine di lavorare unitariamente, pur nel rispetto delle singole identità, per saldare e dare visibilità a tutte le lotte, al fine di portare nel prossimo Parlamento Europeo una voce di contrasto alle politiche antipopolari fino ad oggi perseguite dall’Unione, ben rappresentate in Italia dal Governo Meloni con il recente attacco alle classi più deboli tramite la cancellazione del Reddito di Cittadinanza.
Siamo infine pronti ad accogliere e a collaborare con tutti quei meridionalisti progressisti che vogliano procedere senza ricercare facili scorciatoie sulla strada di un reale cambiamento, partendo dalla riscossa del Sud.
Il Consiglio Direttivo Nazionale del Partito del Sud
COMUNICATO STAMPA
Il Consiglio Direttivo Nazionale del Partito del Sud-Meridionalisti Progressisti ribadendo la necessità di una non più procrastinabile costituzione d'un soggetto politico unitario di Sinistra, al fine di costruire l’alternativa antiliberista, ambientalista, femminista, antifascista, pacifista, anticapitalista e meridionalista, utile a formare una fronte popolare per opporsi con forza alle destre fasciste, razziste, secessioniste e liberiste oggi al governo in Italia e in forte avanzata in tutta Europa, prende atto con rammarico che ancora in troppi, anche nella sinistra d’alternativa, paiono non essere consapevoli che il Mezzogiorno non solo è il territorio più povero d’Europa, ma soffre di discriminazioni e di un razzismo di Stato che addirittura penalizza volutamente anche la durata di vita dei suoi abitanti e quindi ha bisogno di un richiamo e di una sua specificità riconoscibile e riconducibile. Bisogna unirsi tutti su più battaglie, in questo caso sul Mezzogiorno dandogli voce e rappresentanza mettendolo fra i temi fondanti della agenda politica, già a partire dalle prossime elezioni europee.
Impossibile procedere ancora a fari spenti mentre fra poco meno di un anno si svolgeranno elezioni decisive per le sorti del Paese tutto e del Mezzogiorno in particolare, con precise scadenze da rispettare. Bisogna sempre ricordare che anche “quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio”.
Per tutti questi motivi il Consiglio Direttivo ha deciso all’unanimità di raccogliere l’appello del Partito Comunista Italiano, con cui da tempo sono attive positive interlocuzioni, per la costituzione di una lista plurale. Appello di cui condividiamo i temi, a partire dalla ricerca di una soluzione di pace in Ucraina e nel Mondo e contro ogni deriva bellicista, dalla critica all’Unione Europea delle banche e delle lobby che con le sue politiche ordoliberiste e di austerità alimenta nuovi fascismi in Europa, come dimostrato anche dalla vergognosa equiparazione fra nazismo e comunismo ad opera del Parlamento europeo nel 2019, e dal contrasto all’Autonomia Differenziata. Accogliamo inoltre molto favorevolmente il richiamo alla Questione Meridionale, senza approfondire la quale non è possibile capire, tantomeno spiegare compiutamente ai cittadini, a cosa mira veramente l’Autonomia Differenziata.
Resta inteso che, come sempre, siamo disponibili a formare una fronte popolare unitario più ampio e coeso possibile, ma sempre nel reale rispetto delle pari condizioni, anche di visibilità e dignità, di tutte le componenti e nella assoluta condivisione dei temi in forma non settaria, per creare una piattaforma comune con tutte quelle soggettività che condividono l’urgenza di lavorare in forma aperta alla costruzione di un percorso plurale per l’alternativa sociale, culturale e politica ai poli e agli schieramenti politici oggi esistenti al fine di lavorare unitariamente, pur nel rispetto delle singole identità, per saldare e dare visibilità a tutte le lotte, al fine di portare nel prossimo Parlamento Europeo una voce di contrasto alle politiche antipopolari fino ad oggi perseguite dall’Unione, ben rappresentate in Italia dal Governo Meloni con il recente attacco alle classi più deboli tramite la cancellazione del Reddito di Cittadinanza.
Siamo infine pronti ad accogliere e a collaborare con tutti quei meridionalisti progressisti che vogliano procedere senza ricercare facili scorciatoie sulla strada di un reale cambiamento, partendo dalla riscossa del Sud.
Il Consiglio Direttivo Nazionale del Partito del Sud
Di Antonio Rosato
L'italia ripudia la guerra. Ma si calpesta la costituzione come fosse carta igienica. Per questo motivo il Partito del Sud ha aderito alla fiaccolata per la pace a Cassino (FR) organizzata dal comitato art.11. Manifestazione riuscitissima con interventi vari.
Ma menziono solo due parole dette dal Vescovo di Cassino che ha dato il via alla fiaccolata. "Non c'è tifo per uno o per l'altro, ne bisogna pensare che uno deve vincere sull'altro. Le morti dei giovani 18enni hanno pari dignità siano essi russi siano essi ucraini. Ci vuole una pace giusta immediata. No armi e ha condannato l'Europa che manda armi invece di prodigarsi per la pace.
Noi del Circolo Partito del Sud - Sud Pontino Ribelle eravamo presenti sia fisicamente con con l'adesione alla manifestazione che è terminata sotto Rocca Janula rasa al suolo dalla seconda guerra mondiale.
E un urlo di pace non poteva che levarsi da Cassino città martire che conosce molto bene cosa è la guerra.
Di Antonio Rosato
L'italia ripudia la guerra. Ma si calpesta la costituzione come fosse carta igienica. Per questo motivo il Partito del Sud ha aderito alla fiaccolata per la pace a Cassino (FR) organizzata dal comitato art.11. Manifestazione riuscitissima con interventi vari.
Ma menziono solo due parole dette dal Vescovo di Cassino che ha dato il via alla fiaccolata. "Non c'è tifo per uno o per l'altro, ne bisogna pensare che uno deve vincere sull'altro. Le morti dei giovani 18enni hanno pari dignità siano essi russi siano essi ucraini. Ci vuole una pace giusta immediata. No armi e ha condannato l'Europa che manda armi invece di prodigarsi per la pace.
Noi del Circolo Partito del Sud - Sud Pontino Ribelle eravamo presenti sia fisicamente con con l'adesione alla manifestazione che è terminata sotto Rocca Janula rasa al suolo dalla seconda guerra mondiale.
E un urlo di pace non poteva che levarsi da Cassino città martire che conosce molto bene cosa è la guerra.