giovedì 14 marzo 2013

Cavour, i Savoia e le persecuzioni della chiesa - Antonio Ciano



Di Antonio Ciano

” Raccogliete le pietre che i vostri persecutori vi lanciano e con le stesse fabbricherete un’altra casa”Questo è il pensiero di Ignazio di Loyola, fondatore della "Compagnia di Gesù" . La massoneria, Cavour hanno massacrato centinaia di monaci, hanno chiuso centinaia di conventi. I cattolici furono i primi a pagare. Don Bosco predisse la fine di casa Savoia entro quattro generazioni. La profezia si è avverata. Papa Francesco è originario piemontese, la cui famiglia fu sicuramente costretta ad emigrare perchè cattolica. Papa Francesco è un gesuita e conosce appieno la storia. Dobbiamo smantellare la massoneria imperante in Italia e nel mondo, se vogliamo una società più giusta. Non è possibile che 180 famiglie debbano possedere l'80% della ricchezza mondiale.


Pio IX, con un’allocuzione mise in luce le angherie che la Chiesa subiva nel Reame, denunciò al mondo la soppressione delle libertà operata dalla feccia nordista, la soppressione dei giornali di opposizione, le città eccidiate ed incendiate, la prigionia di vescovi e preti, la fucilazione di migliaia di contadini e, per tutta risposta:”...i giornali compri(venduti al nuovo regime tirannico)accusavanlo di proteggere i briganti, e di avere duro cuore per l’Italia; quasi la fittizia Italia che arde e fucila dovesse meritare l’approvazione del vicario di Dio”( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Vol. II, pag 465)
Cialdini imprigionò monsignor Maresca, vicario generale di Napoli ed altri cinque sacerdoti, lo scarcerò solo dopo che un mortale morbo, dovuto alla sporcizia del luogo, ebbe colpito il prelato.
La giunta luogotenenziale di Napoli non perse tempo a sequestrare le rendite e le mense degli arcivescovadi e degli istituti di beneficenza: sul territorio continentale delle Due Sicilie ve ne erano ben 8539 con reddito di 2.579.839 ducati lasciati alla Chiesa dai nostri padri ed incamerati dal governo piemontese ( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza,pag 471).
L’immenso Albergo dei Poveri fatto costruire dai Borbone per togliere dalle strade i mendicanti e dar loro un letto ed un lavoro, per dare ai ragazzi un mestiere, diventò luogo di miseria, di rapine,  semenzaio di immoralità. Mandarono fotografi a ritrarre le più belle alunne e poi, riferisce il il De Sivo a pag 417 del citato suo libro, inviarono  l’effigie a Torino, per la scelta! Furono dichiarate brigantesse le maestre e le allieve degli educandati dei Miracoli e San Marcellino che non avevano voluto giurare ai nuovi rigeneratori e non avevano voluto cantare il Te Deum per i colonizzatori sabaudi. I rigeneratori, i nuovi colonizzatori, addossarono la colpa di ciò a monsignor Tipaldi il quale fu multato ed incarcerato. I garibaldini il primo di ottobre stamparono una lettera che fecero circolare per la città e indirizzata alla Guardia Nazionale:” i preti, complici del papa. Sono come lui, vostri nemici; lavatevi di questa sozzura. Ogni volta che sul vostro passaggio si incontra la grottesca figura del figlio del sanfedismo e dell’Inquisizione, dovete come schifosa schiacciarla. Fate sparire dalla luce del sole quei cappelloni multiformi, simbolo per l’Italia di miserie e vergogne di diciotto secoli.”(Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza, 1985, pag. 472)  Garibaldi non sapeva che a Napoli l’inquisizione non aveva mai messo piede e che i sanfedisti avevano cacciato in mare i bastardi giacobini che al pari dei piemontesi avevano spogliato il popolo di ogni ben di Dio.
Come già si era praticato in Piemonte dal 1847 in poi, si cominciò a dar luogo all’esproprio dei beni della Chiesa. Prima ancora che fosse fatta la cosiddetta unità d’Italia, con decreto del 17 febbraio del 1861, il Carignano dichiarò cessati gli enti morali e le case monastiche di ambo i sessi, le congregazioni regolari: monaci e suore furono scacciati dai loro conventi dopo di che i liberatori fanno a gara nel depredare le ricchezze dei monasteri.
Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù diceva ai suoi discepoli:” Raccogliete le pietre che i vostri persecutori vi lanciano e con le stesse fabbricherete un’altra casa”.( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, Bompiani, 1985, pag.243) 
Il Garibaldi, pontefice massimo della massoneria nel Regno delle Due Sicilie, da Londra ricevette un ordine preciso:desertificare le coscienze della gente del Sud e distruggere la Chiesa Cattolica, l’unica in grado, col tempo, di stanare dalle fogne gli incappucciati di casa Savoia. I primi ad essere perseguitati ed esiliati dal suo governo dittatoriale  furono il vescovo di Montuoro, di Bovino, il cardinale di Napoli, l’arcivescovo di Reggio e quello di Sorrento; non vollero sottomettersi ai voleri del nizzardo, osannato dalla massoneria come il liberatore nonché come  il portatore dei germi della libertà. La libertà che il nizzardo portava era quella di rubare e  fucilare la classe contadina ed operaia in nome di casa Savoia e smantellare i beni della Chiesa che davano lavoro a migliaia di contadini, assistenza a migliaia di vecchi, di vedove, di orfani, di bambini ed un po’ di dignità ai bisognosi.
Il cardinale di Napoli, primo vescovo del Regno, fu esiliato a Marsiglia il 21 Settembre; lo seguì dopo sei giorni di carcere alla Concordia, l’arcivescovo di Sorrento mons. Francesco Saverio Apuzzo. La Chiesa di Roma fu perseguitata senza sosta dal criminale senza orecchie, (come ce lo ha presentato nel suo libro Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud), il fanatico giacobino che pensava di distruggere la Fede con l’esilio dei vescovi, con la fucilazione dei preti e dei contadini, con  l’esproprio dei beni ecclesiastici. Costui sapeva bene che nel Regno Felice non vi era praticamente disoccupazione e l’emigrazione era parola sconosciuta, che quasi tutti avevano un lavoro dignitoso e le donne procreavano sempre più bambini; società che molti chiamavano socialismo ma che i cattolici chiamavano “ Società di Cristo” ossia  una società solidale con i più deboli,una società ove i  parassiti erano tutti liberali.  I propugnatori di quella società di uguali, da sempre, sono stati i Gesuiti. L’ 11 Settembre il carognone abolì la benemerita Compagnia di Gesù; 400 padri Gesuiti furono espulsi dai conventi e buttati sulla strada. La massoneria “... perseguita la Compagnia di Gesù perché essa è il martello che stritola gli empii, essendo la più dotta difensrice dei diritti di Santa Romana Chiesa” ( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, pag. 243) I beni dei Gesuiti furono incamerati dai savoiardi. A tal fine si costituì una apposita giunta per legalizzare il furto. Viva l’Italia!
Nel 1818 l’alleanza sanfedista e controrivoluzionaria tra il papato ed i Borbone fu suggellata con un concordato. Il clero fu messo in una posizione privilegiata nel contesto della società civile e subalterna rispetto ai poteri dello Stato. ( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità,Giangiacono Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 63) Ciò fu fatto per combattere lo strapotere dei latifondisti e dare alla gente più potere, giacchè, solo la Chiesa era in grado di temperare la potenza dei capitalisti del tempo.
La Chiesa, secondo una statistica del 1848, nella sola parte continentale del Regno delle Due Sicilie era influente, economicamente potentissima.                                                                                                Gli ordini monastici erano 39 e contavano più di 12000 membri; possedevano 848 case madri, terreni e conventi, un patrimonio stimato in quasi 40 milioni di lire dell’epoca( mille lire di allora equivalevano a circa 6 milioni di lire del 1977)
Gli ordini Religiosi femminili erano 13 con 250 case e 5000 componenti mentre l’Episcopato era formato da 20 arcivescovi e settantasette vescovi, il cui patrimonio si aggirava sui 39 milioni di lire del 1848.( Franco Molfese,Ibidem, pag 63) Insomma, 79 milioni di lire, a tanto ammontavano i beni della Chiesa e Cavour lo sapeva, un vero tesoro, una montagna di denaro fresco incamerato dal Piemonte e dal Nord. Da considerare che, nel 1861 il Piemonte contribuì al Tesoro italiano con soli 27 milioni di lire. I savoiardi saccheggiarono quelle ricchezze per eliminare il loro debito pubblico di 1,150,000,000 di lire del 1860, una vera voragine debitoria, e per dare luogo alla industrializzazione della Padania, oggi  terminata. Questo  Stato oggi sta vendendo ancora beni demaniali del Sud, sempre per alleggerire il debito pubblico.


1 Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud, Campania Bella, 1998, Cercola (Napoli)

Parte di un capitolo del Libro " Le stragi e gli eccidi dei Savoia" di Antonio Ciano


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Di Antonio Ciano

” Raccogliete le pietre che i vostri persecutori vi lanciano e con le stesse fabbricherete un’altra casa”Questo è il pensiero di Ignazio di Loyola, fondatore della "Compagnia di Gesù" . La massoneria, Cavour hanno massacrato centinaia di monaci, hanno chiuso centinaia di conventi. I cattolici furono i primi a pagare. Don Bosco predisse la fine di casa Savoia entro quattro generazioni. La profezia si è avverata. Papa Francesco è originario piemontese, la cui famiglia fu sicuramente costretta ad emigrare perchè cattolica. Papa Francesco è un gesuita e conosce appieno la storia. Dobbiamo smantellare la massoneria imperante in Italia e nel mondo, se vogliamo una società più giusta. Non è possibile che 180 famiglie debbano possedere l'80% della ricchezza mondiale.


Pio IX, con un’allocuzione mise in luce le angherie che la Chiesa subiva nel Reame, denunciò al mondo la soppressione delle libertà operata dalla feccia nordista, la soppressione dei giornali di opposizione, le città eccidiate ed incendiate, la prigionia di vescovi e preti, la fucilazione di migliaia di contadini e, per tutta risposta:”...i giornali compri(venduti al nuovo regime tirannico)accusavanlo di proteggere i briganti, e di avere duro cuore per l’Italia; quasi la fittizia Italia che arde e fucila dovesse meritare l’approvazione del vicario di Dio”( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Vol. II, pag 465)
Cialdini imprigionò monsignor Maresca, vicario generale di Napoli ed altri cinque sacerdoti, lo scarcerò solo dopo che un mortale morbo, dovuto alla sporcizia del luogo, ebbe colpito il prelato.
La giunta luogotenenziale di Napoli non perse tempo a sequestrare le rendite e le mense degli arcivescovadi e degli istituti di beneficenza: sul territorio continentale delle Due Sicilie ve ne erano ben 8539 con reddito di 2.579.839 ducati lasciati alla Chiesa dai nostri padri ed incamerati dal governo piemontese ( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza,pag 471).
L’immenso Albergo dei Poveri fatto costruire dai Borbone per togliere dalle strade i mendicanti e dar loro un letto ed un lavoro, per dare ai ragazzi un mestiere, diventò luogo di miseria, di rapine,  semenzaio di immoralità. Mandarono fotografi a ritrarre le più belle alunne e poi, riferisce il il De Sivo a pag 417 del citato suo libro, inviarono  l’effigie a Torino, per la scelta! Furono dichiarate brigantesse le maestre e le allieve degli educandati dei Miracoli e San Marcellino che non avevano voluto giurare ai nuovi rigeneratori e non avevano voluto cantare il Te Deum per i colonizzatori sabaudi. I rigeneratori, i nuovi colonizzatori, addossarono la colpa di ciò a monsignor Tipaldi il quale fu multato ed incarcerato. I garibaldini il primo di ottobre stamparono una lettera che fecero circolare per la città e indirizzata alla Guardia Nazionale:” i preti, complici del papa. Sono come lui, vostri nemici; lavatevi di questa sozzura. Ogni volta che sul vostro passaggio si incontra la grottesca figura del figlio del sanfedismo e dell’Inquisizione, dovete come schifosa schiacciarla. Fate sparire dalla luce del sole quei cappelloni multiformi, simbolo per l’Italia di miserie e vergogne di diciotto secoli.”(Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza, 1985, pag. 472)  Garibaldi non sapeva che a Napoli l’inquisizione non aveva mai messo piede e che i sanfedisti avevano cacciato in mare i bastardi giacobini che al pari dei piemontesi avevano spogliato il popolo di ogni ben di Dio.
Come già si era praticato in Piemonte dal 1847 in poi, si cominciò a dar luogo all’esproprio dei beni della Chiesa. Prima ancora che fosse fatta la cosiddetta unità d’Italia, con decreto del 17 febbraio del 1861, il Carignano dichiarò cessati gli enti morali e le case monastiche di ambo i sessi, le congregazioni regolari: monaci e suore furono scacciati dai loro conventi dopo di che i liberatori fanno a gara nel depredare le ricchezze dei monasteri.
Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù diceva ai suoi discepoli:” Raccogliete le pietre che i vostri persecutori vi lanciano e con le stesse fabbricherete un’altra casa”.( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, Bompiani, 1985, pag.243) 
Il Garibaldi, pontefice massimo della massoneria nel Regno delle Due Sicilie, da Londra ricevette un ordine preciso:desertificare le coscienze della gente del Sud e distruggere la Chiesa Cattolica, l’unica in grado, col tempo, di stanare dalle fogne gli incappucciati di casa Savoia. I primi ad essere perseguitati ed esiliati dal suo governo dittatoriale  furono il vescovo di Montuoro, di Bovino, il cardinale di Napoli, l’arcivescovo di Reggio e quello di Sorrento; non vollero sottomettersi ai voleri del nizzardo, osannato dalla massoneria come il liberatore nonché come  il portatore dei germi della libertà. La libertà che il nizzardo portava era quella di rubare e  fucilare la classe contadina ed operaia in nome di casa Savoia e smantellare i beni della Chiesa che davano lavoro a migliaia di contadini, assistenza a migliaia di vecchi, di vedove, di orfani, di bambini ed un po’ di dignità ai bisognosi.
Il cardinale di Napoli, primo vescovo del Regno, fu esiliato a Marsiglia il 21 Settembre; lo seguì dopo sei giorni di carcere alla Concordia, l’arcivescovo di Sorrento mons. Francesco Saverio Apuzzo. La Chiesa di Roma fu perseguitata senza sosta dal criminale senza orecchie, (come ce lo ha presentato nel suo libro Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud), il fanatico giacobino che pensava di distruggere la Fede con l’esilio dei vescovi, con la fucilazione dei preti e dei contadini, con  l’esproprio dei beni ecclesiastici. Costui sapeva bene che nel Regno Felice non vi era praticamente disoccupazione e l’emigrazione era parola sconosciuta, che quasi tutti avevano un lavoro dignitoso e le donne procreavano sempre più bambini; società che molti chiamavano socialismo ma che i cattolici chiamavano “ Società di Cristo” ossia  una società solidale con i più deboli,una società ove i  parassiti erano tutti liberali.  I propugnatori di quella società di uguali, da sempre, sono stati i Gesuiti. L’ 11 Settembre il carognone abolì la benemerita Compagnia di Gesù; 400 padri Gesuiti furono espulsi dai conventi e buttati sulla strada. La massoneria “... perseguita la Compagnia di Gesù perché essa è il martello che stritola gli empii, essendo la più dotta difensrice dei diritti di Santa Romana Chiesa” ( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, pag. 243) I beni dei Gesuiti furono incamerati dai savoiardi. A tal fine si costituì una apposita giunta per legalizzare il furto. Viva l’Italia!
Nel 1818 l’alleanza sanfedista e controrivoluzionaria tra il papato ed i Borbone fu suggellata con un concordato. Il clero fu messo in una posizione privilegiata nel contesto della società civile e subalterna rispetto ai poteri dello Stato. ( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità,Giangiacono Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 63) Ciò fu fatto per combattere lo strapotere dei latifondisti e dare alla gente più potere, giacchè, solo la Chiesa era in grado di temperare la potenza dei capitalisti del tempo.
La Chiesa, secondo una statistica del 1848, nella sola parte continentale del Regno delle Due Sicilie era influente, economicamente potentissima.                                                                                                Gli ordini monastici erano 39 e contavano più di 12000 membri; possedevano 848 case madri, terreni e conventi, un patrimonio stimato in quasi 40 milioni di lire dell’epoca( mille lire di allora equivalevano a circa 6 milioni di lire del 1977)
Gli ordini Religiosi femminili erano 13 con 250 case e 5000 componenti mentre l’Episcopato era formato da 20 arcivescovi e settantasette vescovi, il cui patrimonio si aggirava sui 39 milioni di lire del 1848.( Franco Molfese,Ibidem, pag 63) Insomma, 79 milioni di lire, a tanto ammontavano i beni della Chiesa e Cavour lo sapeva, un vero tesoro, una montagna di denaro fresco incamerato dal Piemonte e dal Nord. Da considerare che, nel 1861 il Piemonte contribuì al Tesoro italiano con soli 27 milioni di lire. I savoiardi saccheggiarono quelle ricchezze per eliminare il loro debito pubblico di 1,150,000,000 di lire del 1860, una vera voragine debitoria, e per dare luogo alla industrializzazione della Padania, oggi  terminata. Questo  Stato oggi sta vendendo ancora beni demaniali del Sud, sempre per alleggerire il debito pubblico.


1 Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud, Campania Bella, 1998, Cercola (Napoli)

Parte di un capitolo del Libro " Le stragi e gli eccidi dei Savoia" di Antonio Ciano


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