sabato 7 luglio 2012

CADE LUOGO COMUNE: LOMBARDIA PRIMA NEL PUBBLICO IMPIEGO, SICILIA QUARTA


LavoroLa revisione della spesa ha fatto emergere alcune cifre utili. Per esempio quelle relative al pubblico impiego, che sono state il principale motivo di denigrazione e denuncia di sprechi e cattiva amministrazione verso le regioni meridionali e la Sicilia in particolare. Dai dati della Ragioneria generale dello Stato “consegnati” al Consiglio dei ministri risulta, infatti, che la Regione più affollata di dipendenti statali è proprio la Lombardia, da dove il governo “padano” e il partito “padano” hanno lanciato i loro strali piu’ velenosi.
I lombardi mantengono la folla di impiegati-fannulloni, questo ileit motiv da sempre. Ebbene la Lombardia guida la classifica dell’impiego pubblico con il 12,57 degli statali in servizio. Segue il Lazio con il 12,08, la Campania con il 9,45. La Sicilia si trova al quarto posto, in linea con la popolazione residente.
Le accuse rivolte alle amministrazioni regionali riguardano, soprattutto, il numero dei dipendenti regionali, che supera quota ventimila, e mette dentro i forestali e gli impiegati che altrove sono alle dipendenze dello Stato.
L’errore, infatti, viene compiuto alla base, perche’ non si tiene affatto conto che alcune funzioni altrove svolte dai dipendenti statali in Sicilia sono affidate alla Regione, che ha uno Statuto speciale.
Questa condizione, naturalmente, fa crescere il numero dei dipendenti regionali in modo esponenziale.
C’e’, inoltre, da considererare il contesto sociale ed ambientale: e’ fisiologico che nelle aree poco industrializzate che non propongono alternativa l’impiego pubblico sia il più ambito e richiesto. Questa “domanda” di posto pubblico viene raccolta ed accolta dalle istituzioni e dai partiti, come avviene in ogni altro settore.
La democrazia si regge, infatti, sul consenso, e i partiti competono fra loro sull’accoglimento della “domanda”, non sul dissenso, a prescindere dagli effettivi bisogni.
Insomma, il Dna o la saggezza degli amministratori, non c’entrano affatto o c’entrano in misura minore di quanto si ritenga. Ma i luoghi comuni e gli stereotipi sono duri a morire, specie se fanno comodo. Altrimenti come potrebbe reggere una “questione settentrionale” privilegiata rispetto ai bisogni inevasi nel Mezzogiorno d’Italia?
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LavoroLa revisione della spesa ha fatto emergere alcune cifre utili. Per esempio quelle relative al pubblico impiego, che sono state il principale motivo di denigrazione e denuncia di sprechi e cattiva amministrazione verso le regioni meridionali e la Sicilia in particolare. Dai dati della Ragioneria generale dello Stato “consegnati” al Consiglio dei ministri risulta, infatti, che la Regione più affollata di dipendenti statali è proprio la Lombardia, da dove il governo “padano” e il partito “padano” hanno lanciato i loro strali piu’ velenosi.
I lombardi mantengono la folla di impiegati-fannulloni, questo ileit motiv da sempre. Ebbene la Lombardia guida la classifica dell’impiego pubblico con il 12,57 degli statali in servizio. Segue il Lazio con il 12,08, la Campania con il 9,45. La Sicilia si trova al quarto posto, in linea con la popolazione residente.
Le accuse rivolte alle amministrazioni regionali riguardano, soprattutto, il numero dei dipendenti regionali, che supera quota ventimila, e mette dentro i forestali e gli impiegati che altrove sono alle dipendenze dello Stato.
L’errore, infatti, viene compiuto alla base, perche’ non si tiene affatto conto che alcune funzioni altrove svolte dai dipendenti statali in Sicilia sono affidate alla Regione, che ha uno Statuto speciale.
Questa condizione, naturalmente, fa crescere il numero dei dipendenti regionali in modo esponenziale.
C’e’, inoltre, da considererare il contesto sociale ed ambientale: e’ fisiologico che nelle aree poco industrializzate che non propongono alternativa l’impiego pubblico sia il più ambito e richiesto. Questa “domanda” di posto pubblico viene raccolta ed accolta dalle istituzioni e dai partiti, come avviene in ogni altro settore.
La democrazia si regge, infatti, sul consenso, e i partiti competono fra loro sull’accoglimento della “domanda”, non sul dissenso, a prescindere dagli effettivi bisogni.
Insomma, il Dna o la saggezza degli amministratori, non c’entrano affatto o c’entrano in misura minore di quanto si ritenga. Ma i luoghi comuni e gli stereotipi sono duri a morire, specie se fanno comodo. Altrimenti come potrebbe reggere una “questione settentrionale” privilegiata rispetto ai bisogni inevasi nel Mezzogiorno d’Italia?

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