giovedì 30 giugno 2011

Un autogol il sacco del Sud, il Nord capirà

Parla l’autore di “Terroni”: la Lega è antimeridionale. Ma la maggioranza dei settentrionali no. Si deve spiegargli che il Paese si salva unendo le forze

Nel giorno in cui il deputato leghista Bitonci suggerisce ai napoletani di «affogare tra i loro rifiuti», come stimolo a trovare rapidamente una soluzione al dramma-monnezza, insorge lo scrittore e giornalista Pino Aprile («ennesima conferma di un razzismo vergognoso»), autore cult della galassia neo meridionalista, col bestseller “Terroni” (Piemme). Una reazione tuttavia articolata: «Il Nord non è la Lega. Occorre consapevolezza reciproca tra meridionali e settentrionali onesti, la stragrande maggioranza – afferma il saggista pugliese- di quanto la scelta di penalizzare il Mezzogiorno per arricchire una sola parte d’Italia sia un errore che oggi paga tutto il Paese».

I rifiuti di Napoli esaltano le pulsioni antimeridionali?

La Lega si sta confermando in maniera plateale nelle sue caratteristiche fondamentali come movimento ferocemente razzista e antimeridionale. Se Napoli deve affogare nella sua monnezza quando è in emergenza, ci si dovrebbe aspettare che quando il Veneto è alluvionato per aver devastato il suo territorio con una inondazione edilizia del 350%, allora si dovrebbe dire che se la cavi da solo e anneghi nel suo sacco ambientale. M sarebbe una stupidaggine pari e contraria a quella che partoriscono questi quattro razzistelli. Che Napoli abbia le sue responsabilità è innegabile, ma che si debba dire che una città, una delle più grandi d’Italia, debba morire di monnezza, è davvero vergognoso. Quando questo aveva ancora parvenza di Paese civile, chiunque si sarebbe vergognato di dire certe cose. Ma ormai la decenza è diventata un sogno.

Nel suo libro sostiene l’esistenza di una volontà del Nord di mantenere il Mezzogiorno in condizioni di subalternità, da 150 anni a questa parte. Come mai?

L’Italia duale è stata fatta così perché, come diceva Pasquale Saraceno, grande meridionalista nato a Sondrio, questo era il modo di costruzione economica di quel tempo. Tutti i Paesi che allora si avviarono all’industrializzazione, lo fecero procurandosi le risorse, o come si dice l’accumulazione primaria, a spese di altri, con la creazione di colonie. Quando si pensa alle colonie, la mente va all’Asia o all’Africa. Ma ci sono state colonie interne. Maestra di questa strategia è la Gran Bretagna, che aveva come colonie interne Scozia e Irlanda. La branca dell’economia che studia questi sistemi è infatti inglese. Una colonia è un territorio privato della capacità di produrre merci, ridotto a serbatoio di braccia e mercato del potere dominante. In Italia da 150 anni è così. Lo hanno dimostrato gli studi del Cnel, dello Svimez, delll’Unioncamere, i quali mostrano che le due parti dell’Italia nel 1860 erano allo stesso livello, e in alcuni campi il Sud era avanti. E dal 1860 che il Sud declina e il Nord sale. E le ragioni per motivare il declino non sono oneste: si dice che quell’economia del Sud fosse aiutata dallo Stato. Però si dimentica che in tutti i grandi Paesi dell’epoca lo Stato era il primo committente. E quel sistema, una volta uccisa l’industria del Sud, è stato usato per il Nord. Dopo anni di guerre e stragi per fare accettare questo al Mezzogiorno. Certo, oggi l’Italia è uno dei dieci Paesi più industrializzati al mondo, partendo da posizioni imparagonabili. Ma è un sistema ottocentesco. Per crescere adesso, non si può prescindere dallo sviluppo del Sud.

Cosa direbbe all’opinione pubblica per persuaderla di ciò?

Domandiamoci dove sarebbe oggi l’Italia se non avesse consumato anni, vite, energie, denaro per sottomettere una parte del Paese, per distruggere la sua economia, demolire il più grande stabilimento siderurgico nazionale, quello calabrese di Mongiana, far fallire le competenze dei calabresi note in tutto il mondo, sprecando possibilità di crescita. Pietrarsa era la più grande officina meccanica dell’800, basta vedere quante locomotive si producevano nel napoletano e quante al Nord, e la si volle far fallire. Invece di mettere a sistema il buono del Nord e quello del Sud, per una volontà comune di crescere, si è voluto solo togliere al Sud per portare tutto al Nord. Oggi non è cambiato nulla: cosa fa la Lega? Cerca di far sviluppare il Paese? No. Vuole solo fare gli interessi del suo territorio. Come portare reti Rai e ministeri a Milano. Un modo stupido di spostare l’economia da un posto all’altro, senza produrre ricchezza. Questo è un Paese di pazzi.

Ma i meridionali avranno pure delle colpe, o no?

La principale delle colpe è non aver fatto abbastanza per acquisire consapevolezza della propria condizione. E dove è stata acquisita, non è stata trasformata in azione politica e civile. Ma se ieri si doveva pensare a salvare il Sud, oggi il compito è salvare l’Italia, che è due Paesi e non uno, per tante cose: le ferrovie, che con soldi di tutti sono amministrate a beneficio solo di una parte del Paese; per le autostrade, che finiscono a Napoli, al massimo a Salerno. E la Salerno-Reggio Calabria, di cui oggi tutti parlano malissimo, fu comunque fatta a dispetto dell’Iri, e Giacomo Mancini pagò cara quella battaglia, dovette abbandonare la politica nazionale, dopo una violenta campagna di diffamazione; per gli aeroporti, la cui dotazione meridionale è inferiore dal 40 a 60 per cento di quella del Nord; per la spesa sanitaria pro capite.

Con queste premesse, quale futuro immagina per il Mezzogiorno?

Dico che si dovrà acquisire consapevolezza e agire idi conseguenza. Informarsi, discutere, parlare con i settentrionali e convincerli delle nostre buone ragioni. Cercare un percorso comune, non è difficile e si deve fare. La discriminazione sembra colpire solo i meridionali, ma in realtà colpisce tutti. Un Paese in guerra con se stesso brucia inutilmente energie, il che fa moltissimo comodo ai suoi concorrenti. Sono convinto che gli italiani sono in grado di capirlo e trovare una soluzione comune. Quando vado al Nord a parlare del mio libro e la gente apprende di stragi e furti a danno dei meridionali, osservo una vera partecipazione. Il Nord non è la Lega, gli inglesi dicono che è il barattolo vuoto a far più rumore. Gli starnazzamenti razzistici nascondono un Settentrione che in maggioranza non è su quella linea. Gli onesti di Nord e Sud sono la stragrande maggioranza e saranno loro, acquisendo consapevolezza, scambiando conoscenza tra loro, a trovare la soluzione. Perché un Paese è unito quando sa di sé, e noi non sappiamo niente di noi.


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Parla l’autore di “Terroni”: la Lega è antimeridionale. Ma la maggioranza dei settentrionali no. Si deve spiegargli che il Paese si salva unendo le forze

Nel giorno in cui il deputato leghista Bitonci suggerisce ai napoletani di «affogare tra i loro rifiuti», come stimolo a trovare rapidamente una soluzione al dramma-monnezza, insorge lo scrittore e giornalista Pino Aprile («ennesima conferma di un razzismo vergognoso»), autore cult della galassia neo meridionalista, col bestseller “Terroni” (Piemme). Una reazione tuttavia articolata: «Il Nord non è la Lega. Occorre consapevolezza reciproca tra meridionali e settentrionali onesti, la stragrande maggioranza – afferma il saggista pugliese- di quanto la scelta di penalizzare il Mezzogiorno per arricchire una sola parte d’Italia sia un errore che oggi paga tutto il Paese».

I rifiuti di Napoli esaltano le pulsioni antimeridionali?

La Lega si sta confermando in maniera plateale nelle sue caratteristiche fondamentali come movimento ferocemente razzista e antimeridionale. Se Napoli deve affogare nella sua monnezza quando è in emergenza, ci si dovrebbe aspettare che quando il Veneto è alluvionato per aver devastato il suo territorio con una inondazione edilizia del 350%, allora si dovrebbe dire che se la cavi da solo e anneghi nel suo sacco ambientale. M sarebbe una stupidaggine pari e contraria a quella che partoriscono questi quattro razzistelli. Che Napoli abbia le sue responsabilità è innegabile, ma che si debba dire che una città, una delle più grandi d’Italia, debba morire di monnezza, è davvero vergognoso. Quando questo aveva ancora parvenza di Paese civile, chiunque si sarebbe vergognato di dire certe cose. Ma ormai la decenza è diventata un sogno.

Nel suo libro sostiene l’esistenza di una volontà del Nord di mantenere il Mezzogiorno in condizioni di subalternità, da 150 anni a questa parte. Come mai?

L’Italia duale è stata fatta così perché, come diceva Pasquale Saraceno, grande meridionalista nato a Sondrio, questo era il modo di costruzione economica di quel tempo. Tutti i Paesi che allora si avviarono all’industrializzazione, lo fecero procurandosi le risorse, o come si dice l’accumulazione primaria, a spese di altri, con la creazione di colonie. Quando si pensa alle colonie, la mente va all’Asia o all’Africa. Ma ci sono state colonie interne. Maestra di questa strategia è la Gran Bretagna, che aveva come colonie interne Scozia e Irlanda. La branca dell’economia che studia questi sistemi è infatti inglese. Una colonia è un territorio privato della capacità di produrre merci, ridotto a serbatoio di braccia e mercato del potere dominante. In Italia da 150 anni è così. Lo hanno dimostrato gli studi del Cnel, dello Svimez, delll’Unioncamere, i quali mostrano che le due parti dell’Italia nel 1860 erano allo stesso livello, e in alcuni campi il Sud era avanti. E dal 1860 che il Sud declina e il Nord sale. E le ragioni per motivare il declino non sono oneste: si dice che quell’economia del Sud fosse aiutata dallo Stato. Però si dimentica che in tutti i grandi Paesi dell’epoca lo Stato era il primo committente. E quel sistema, una volta uccisa l’industria del Sud, è stato usato per il Nord. Dopo anni di guerre e stragi per fare accettare questo al Mezzogiorno. Certo, oggi l’Italia è uno dei dieci Paesi più industrializzati al mondo, partendo da posizioni imparagonabili. Ma è un sistema ottocentesco. Per crescere adesso, non si può prescindere dallo sviluppo del Sud.

Cosa direbbe all’opinione pubblica per persuaderla di ciò?

Domandiamoci dove sarebbe oggi l’Italia se non avesse consumato anni, vite, energie, denaro per sottomettere una parte del Paese, per distruggere la sua economia, demolire il più grande stabilimento siderurgico nazionale, quello calabrese di Mongiana, far fallire le competenze dei calabresi note in tutto il mondo, sprecando possibilità di crescita. Pietrarsa era la più grande officina meccanica dell’800, basta vedere quante locomotive si producevano nel napoletano e quante al Nord, e la si volle far fallire. Invece di mettere a sistema il buono del Nord e quello del Sud, per una volontà comune di crescere, si è voluto solo togliere al Sud per portare tutto al Nord. Oggi non è cambiato nulla: cosa fa la Lega? Cerca di far sviluppare il Paese? No. Vuole solo fare gli interessi del suo territorio. Come portare reti Rai e ministeri a Milano. Un modo stupido di spostare l’economia da un posto all’altro, senza produrre ricchezza. Questo è un Paese di pazzi.

Ma i meridionali avranno pure delle colpe, o no?

La principale delle colpe è non aver fatto abbastanza per acquisire consapevolezza della propria condizione. E dove è stata acquisita, non è stata trasformata in azione politica e civile. Ma se ieri si doveva pensare a salvare il Sud, oggi il compito è salvare l’Italia, che è due Paesi e non uno, per tante cose: le ferrovie, che con soldi di tutti sono amministrate a beneficio solo di una parte del Paese; per le autostrade, che finiscono a Napoli, al massimo a Salerno. E la Salerno-Reggio Calabria, di cui oggi tutti parlano malissimo, fu comunque fatta a dispetto dell’Iri, e Giacomo Mancini pagò cara quella battaglia, dovette abbandonare la politica nazionale, dopo una violenta campagna di diffamazione; per gli aeroporti, la cui dotazione meridionale è inferiore dal 40 a 60 per cento di quella del Nord; per la spesa sanitaria pro capite.

Con queste premesse, quale futuro immagina per il Mezzogiorno?

Dico che si dovrà acquisire consapevolezza e agire idi conseguenza. Informarsi, discutere, parlare con i settentrionali e convincerli delle nostre buone ragioni. Cercare un percorso comune, non è difficile e si deve fare. La discriminazione sembra colpire solo i meridionali, ma in realtà colpisce tutti. Un Paese in guerra con se stesso brucia inutilmente energie, il che fa moltissimo comodo ai suoi concorrenti. Sono convinto che gli italiani sono in grado di capirlo e trovare una soluzione comune. Quando vado al Nord a parlare del mio libro e la gente apprende di stragi e furti a danno dei meridionali, osservo una vera partecipazione. Il Nord non è la Lega, gli inglesi dicono che è il barattolo vuoto a far più rumore. Gli starnazzamenti razzistici nascondono un Settentrione che in maggioranza non è su quella linea. Gli onesti di Nord e Sud sono la stragrande maggioranza e saranno loro, acquisendo consapevolezza, scambiando conoscenza tra loro, a trovare la soluzione. Perché un Paese è unito quando sa di sé, e noi non sappiamo niente di noi.


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1 commento:

Pietro ha detto...

Finalmente parole chiarissime,alternative alla retorica del 150°.
Sembrerebbe non esserci proprio niente da festeggiare.
La Sinistra garibaldina rimuove Bronte, i piemontesi leghisti e non leghisti "ammmuccianu" (nascondono) Fenestrelle.
Per quanto tempo ancora, senza indignarci, tollereremo gli ascari (politici e burocrati della nomenclatura baronale) ingordi, parassiti, specialisti del sottosviluppo?

 
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