sabato 19 marzo 2011

ll Nord senza Sud sarebbe più debole


Il Mezzogiorno è un mercato da 20 milioni di persone E compra oltre un terzo dei prodotti fabbricati nel Nord

Di MARCO ALFIERI

La Stampa del 17 marzo 2011


Italiani per forza. Del Sud in questi giorni si parla in chiave rivendicazionista:

un autonomismo speculare a quello leghista alla base dei movimenti di Raffaele Lombardo, Gianfranco Miccichè o Adriana Poli Bortone. In chiave nostalgica, neo borbonica: la Napoli preunitaria che era una metropoli internazionale, aveva la ferrovia più sofisticata d`Italia, una flotta meccanizzata e industrie meccaniche e tessili. Oppure in chiave emergenziale: la Gomorra infinita di Roberto Saviano.

Manca però un punto di vista sudista sul 150 ° anniversario dell`Unità d`Italia, tanto più alla vigilia del federalismo.

La voce è sempre quella nordista, anche quando si parla di questione meridionale. Perché? «Negli ultimi vent`anni ragiona Luca Bianchi, vicedirettore dello Svimez - in Italia si è affermato il paradigma leghista del Paese duale alla cui base c`è un dogma: il Sud è la palla al piede del Nord. Il Meridione è solo spreco e il Nord deve liberarsene altrimenti sprofonda pure lui». Il Nord paga, il resto d`Italia festeggia, titola La Padania.

Un riassunto perfetto di questo pensiero dominante.

In realtà i dati raccontano di una forte interdipendenza tra economie e territori. Se guardiamo ai flussi di prodotti manifatturieri scambiati per macroaree italiane (Stime Svimez-Irpet), la quota che dal Nord Ovest scende al Sud è pari al 37,7%, e dal Nord Est al 31 per cento. «Le imprese padane scambiano ancora molte merci col Meridione, in un mercato dove vivono e consumano 20 milioni di persone e la domanda di beni e servizi è più forte dell`offerta», spiegano i ricercatori dello Svimez. Le stesse aziende settentrionali completamente tecnologizzate, globali e integrate con il resto d`Europa, che possono permettersi di «saltare» il Mezzogiorno, per Banldtalia sono una minoranza.

E ancora. «145 miliardi di euro annualmente trasferiti dal Centro-Nord al Sud», cioè il cuore del risentimento padano, la polizza vita dei Carroccio, «hanno finanziato importazioni nette di questa area pari a 62 miliardi dall`interno e a 13 miliardi dall`estero», calcola l`economista Paolo Savona in un recente saggio pubblicato dalla rivista Formiche. «In molte regioni le esportazioni interne hanno un peso elevato: in Lombardia hanno raggiunto nel periodo 1995-2005 il 53,7% del PII annuale.

Ma su questi dati - continua Savona - si assiste a una vera congiura del silenzio».

Questo significa, secondo lo Svimez, che le due Italie vanno insieme, come i carabinieri. «Il Sud cresce quando cresce il Nord. Le interrelazioni economiche sono così profonde da condizionare i risultati di ciascun territorio» (vedi focus/1).

Quella sudista è insomma una lettura profondamente diversa dal mainstream della Seconda Repubblica.

«Quando si parla di secessione, bisognerebbe guardare prima ai numeri», riassume Bianchi. «La dipendenza del mercato economico meridionale da quello del Centro Nord resta molto forte nella subfornitura, ben oltre la quota dei trasferimenti pubblici». Per questo la crisi ha pesato molto.

.Eppure la lettura dei «territori separati» ha egemonizzato il discorso pubblico. Il Sud è diventato la panacea di tutti i mali del Nord. Nello stesso Piano nazionale delle riforme 2020 il governo afferma che il sistema italiano è duale: c`è un Centro Nord che funziona (è solo in difficoltà congiunturale) e un Mezzogiorno buco nero. Giulio Tremonti lo ripete in ogni occasione pubblica.

«Ma è un`impostazione sbagliata perché la bassa crescita è un fattore comune», continua Bianchi.

Persino la stagione dei Patti per lo sviluppo (Anni Novanta) ha risentito di questa impostazione localista. «Scomparsa la Cassa per il Mezzogiorno, non ha funzionato la strategia di far passare le risorse finanziarie direttamente attraverso le regioni, alla quale credeva fermamente Carlo Azeglio Ciampi e tutto il dipartimento per lo sviluppo guidato da Fabrizio Barca», ha scritto Stefano Cingolani su Il Foglio. Né ha dato grandi risultati il cosiddetto «modello adriatico» di piccola industria. Il Censis lo ha raccontato e santificato. Alternativo all`industrializzazione forzata e all`assistenzialismo pubblico, sembrava il naturale pendant meridionale dei distretti, invece...

Invece «20 anni di retorica di piccolo è bello hanno fatto perdere una prospettiva unitaria al Paese», ragiona il professor Gianfranco Viesti. Una concessione gentile allo spirito dei tempi e al leghismo egemone. «Fermo restando il giudizio impietoso sui risultati raggiunti dalle regioni meridionali - nota Adriano Giannola, economista dell`Università Federico II di Napoli - a livello macroeconomico le performance non sono state molto diverse da quelle di reputate consorelle del Centro Nord, ottenute in regime di razionamento delle risorse» (vedifocus/2).

Peraltro il Nord non ha futuro se si arrocca sopra il Po, se vince la logica del localismo sopra e sotto Roma (la deriva dei mille mezzogiorni). E se il Paese non sa più pensare il Sud, non riesce nemmeno ad avere una politica sul Mediterraneo, la nostra Cina, e quando brucia il Maghreb rimane senza parole. Italiani per forza, dunque...

INVESTIMENTO 1 45 miliardi di trasferimenti generano domanda per 62 in Italia e 13 all`estero LO SVIMEZ «Chi parla di secessione dovrebbe guardare ai numeri» Che non la incoraggiano

Chiusa la vecchia Cassa non ha funzionato il passaggio attraverso le Regioni

Il piano delle Riforme 2020 fa suo il concetto del Paese a due velocità Quanto pesano le regioni meridionali L`INTERDIPENDENZA ECONOMICA I FLUSSI DEI PRODOTTI MANIFATTURIERI La cifra trasferita ogni (Stime Svimez-Irpet) anno dal Centro Nord al Nord Sud come residuo fiscale 39,6Est ..........................................................

Le importazioni nette del Sud dalle regioni del Centro Nord 53,7% il valore dell`export Centro interno sul Pii della Regione Lombardia INVESTIMENTI PUBBLICI AL SUD 10 miliardi € in meno ogni anno dal 1998 al 2008 31% 25 miliardi € la quota di fondi Fas usati per finalità diverse dallo sviluppo del Sud (taglio dell`Ici e cassa integrazione per le aziende del Nord) LA DISCESA DEL NORD IL SALDO IMPORT/EXPORT Pii per abitante delle Ripartizioni italiane: Media Ue 27 = 100 INTERNO SUL PROPRIO PIL 150 -2% X13 i 110 il`i 100~I_~ 1998 2000 2001 2005 2006 2007 Nord Oves Nord Est Sud Centimetri - LA STAMPA I tassi di crescita vanno di pari passo Due economie parallele. Negli anni dei miracolo economico i tassi di crescita dei 4-5% al nord sono corrispondenti a quelli del meridione. Nei Novanta post svalutazione della lira, il boom del Nord Est si sposa agli anni migliori dei mezzogiorno.

Addirittura nel quinquennio `96-2000 il sud cresce più del nord. Poi la Padanìa va in letargo e, di conseguenza, il sud. L`ultimo decennio, insieme al brusco stop nel processo di convergenza Nord-Sud, mostra una perdita di competitività dell`intero settentrione. Se misuriamo il Pii per abitante il Nordovest nel `98 vale il 140% della media dei paesi Ue, nel 2008 scende al 127%. Mentre il Nord Est passa da 137 a 125. «Non solo perché il sud è una palla al piede - spiega lo Svimez - ma per problemi congeniti al modello padano: il nanismo d`impresa, la quasi scomparsa delle grandi aziende, il deficit infrastrutturale, la fine delle svalutazioni competitive e la difficile trasformazione terziaria della sua economia».

«I fondi Fas dirottati La rapina dei secolo» «Negli ultimi anni il calo degli investimenti pubblici nel meridione è stato reale: rispetto al piani dei Governi italiani, dal 1998 in avanti, in media ogni anno la cifra effettiva è stata inferiore di 10 miliardi», calcola Gianfranco Viesti. Acuendo la crisi dei poli produttivi del Sud. Di più. «Si è assistito alla più grande rapina del secolo - batte i pugni il sindaco di Salerno, Vincenzo de Luca - al progressivo svuotamento dell`intera quota nazionale dei fondi Fas: prima con tagli a copertura di qualsiasi esigenza propagandistica e clientelare (dall`ici al risanamento dei comuni amici di Catania e Roma), poi per fronteggiare la crisi (con il finanziamento della cassa integrazione, al 70% destinata a imprese dei nord)».

Parliamo di 25 miliardi destinati ad investimenti ai sud trasformati in spesa corrente. «Ma oggi togliere soldi al mezzogiorno ha un costo politico bassissimo», allarga le braccia De Luca.


Fonte: Governo Italiano Rassegna Stampa

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Il Mezzogiorno è un mercato da 20 milioni di persone E compra oltre un terzo dei prodotti fabbricati nel Nord

Di MARCO ALFIERI

La Stampa del 17 marzo 2011


Italiani per forza. Del Sud in questi giorni si parla in chiave rivendicazionista:

un autonomismo speculare a quello leghista alla base dei movimenti di Raffaele Lombardo, Gianfranco Miccichè o Adriana Poli Bortone. In chiave nostalgica, neo borbonica: la Napoli preunitaria che era una metropoli internazionale, aveva la ferrovia più sofisticata d`Italia, una flotta meccanizzata e industrie meccaniche e tessili. Oppure in chiave emergenziale: la Gomorra infinita di Roberto Saviano.

Manca però un punto di vista sudista sul 150 ° anniversario dell`Unità d`Italia, tanto più alla vigilia del federalismo.

La voce è sempre quella nordista, anche quando si parla di questione meridionale. Perché? «Negli ultimi vent`anni ragiona Luca Bianchi, vicedirettore dello Svimez - in Italia si è affermato il paradigma leghista del Paese duale alla cui base c`è un dogma: il Sud è la palla al piede del Nord. Il Meridione è solo spreco e il Nord deve liberarsene altrimenti sprofonda pure lui». Il Nord paga, il resto d`Italia festeggia, titola La Padania.

Un riassunto perfetto di questo pensiero dominante.

In realtà i dati raccontano di una forte interdipendenza tra economie e territori. Se guardiamo ai flussi di prodotti manifatturieri scambiati per macroaree italiane (Stime Svimez-Irpet), la quota che dal Nord Ovest scende al Sud è pari al 37,7%, e dal Nord Est al 31 per cento. «Le imprese padane scambiano ancora molte merci col Meridione, in un mercato dove vivono e consumano 20 milioni di persone e la domanda di beni e servizi è più forte dell`offerta», spiegano i ricercatori dello Svimez. Le stesse aziende settentrionali completamente tecnologizzate, globali e integrate con il resto d`Europa, che possono permettersi di «saltare» il Mezzogiorno, per Banldtalia sono una minoranza.

E ancora. «145 miliardi di euro annualmente trasferiti dal Centro-Nord al Sud», cioè il cuore del risentimento padano, la polizza vita dei Carroccio, «hanno finanziato importazioni nette di questa area pari a 62 miliardi dall`interno e a 13 miliardi dall`estero», calcola l`economista Paolo Savona in un recente saggio pubblicato dalla rivista Formiche. «In molte regioni le esportazioni interne hanno un peso elevato: in Lombardia hanno raggiunto nel periodo 1995-2005 il 53,7% del PII annuale.

Ma su questi dati - continua Savona - si assiste a una vera congiura del silenzio».

Questo significa, secondo lo Svimez, che le due Italie vanno insieme, come i carabinieri. «Il Sud cresce quando cresce il Nord. Le interrelazioni economiche sono così profonde da condizionare i risultati di ciascun territorio» (vedi focus/1).

Quella sudista è insomma una lettura profondamente diversa dal mainstream della Seconda Repubblica.

«Quando si parla di secessione, bisognerebbe guardare prima ai numeri», riassume Bianchi. «La dipendenza del mercato economico meridionale da quello del Centro Nord resta molto forte nella subfornitura, ben oltre la quota dei trasferimenti pubblici». Per questo la crisi ha pesato molto.

.Eppure la lettura dei «territori separati» ha egemonizzato il discorso pubblico. Il Sud è diventato la panacea di tutti i mali del Nord. Nello stesso Piano nazionale delle riforme 2020 il governo afferma che il sistema italiano è duale: c`è un Centro Nord che funziona (è solo in difficoltà congiunturale) e un Mezzogiorno buco nero. Giulio Tremonti lo ripete in ogni occasione pubblica.

«Ma è un`impostazione sbagliata perché la bassa crescita è un fattore comune», continua Bianchi.

Persino la stagione dei Patti per lo sviluppo (Anni Novanta) ha risentito di questa impostazione localista. «Scomparsa la Cassa per il Mezzogiorno, non ha funzionato la strategia di far passare le risorse finanziarie direttamente attraverso le regioni, alla quale credeva fermamente Carlo Azeglio Ciampi e tutto il dipartimento per lo sviluppo guidato da Fabrizio Barca», ha scritto Stefano Cingolani su Il Foglio. Né ha dato grandi risultati il cosiddetto «modello adriatico» di piccola industria. Il Censis lo ha raccontato e santificato. Alternativo all`industrializzazione forzata e all`assistenzialismo pubblico, sembrava il naturale pendant meridionale dei distretti, invece...

Invece «20 anni di retorica di piccolo è bello hanno fatto perdere una prospettiva unitaria al Paese», ragiona il professor Gianfranco Viesti. Una concessione gentile allo spirito dei tempi e al leghismo egemone. «Fermo restando il giudizio impietoso sui risultati raggiunti dalle regioni meridionali - nota Adriano Giannola, economista dell`Università Federico II di Napoli - a livello macroeconomico le performance non sono state molto diverse da quelle di reputate consorelle del Centro Nord, ottenute in regime di razionamento delle risorse» (vedifocus/2).

Peraltro il Nord non ha futuro se si arrocca sopra il Po, se vince la logica del localismo sopra e sotto Roma (la deriva dei mille mezzogiorni). E se il Paese non sa più pensare il Sud, non riesce nemmeno ad avere una politica sul Mediterraneo, la nostra Cina, e quando brucia il Maghreb rimane senza parole. Italiani per forza, dunque...

INVESTIMENTO 1 45 miliardi di trasferimenti generano domanda per 62 in Italia e 13 all`estero LO SVIMEZ «Chi parla di secessione dovrebbe guardare ai numeri» Che non la incoraggiano

Chiusa la vecchia Cassa non ha funzionato il passaggio attraverso le Regioni

Il piano delle Riforme 2020 fa suo il concetto del Paese a due velocità Quanto pesano le regioni meridionali L`INTERDIPENDENZA ECONOMICA I FLUSSI DEI PRODOTTI MANIFATTURIERI La cifra trasferita ogni (Stime Svimez-Irpet) anno dal Centro Nord al Nord Sud come residuo fiscale 39,6Est ..........................................................

Le importazioni nette del Sud dalle regioni del Centro Nord 53,7% il valore dell`export Centro interno sul Pii della Regione Lombardia INVESTIMENTI PUBBLICI AL SUD 10 miliardi € in meno ogni anno dal 1998 al 2008 31% 25 miliardi € la quota di fondi Fas usati per finalità diverse dallo sviluppo del Sud (taglio dell`Ici e cassa integrazione per le aziende del Nord) LA DISCESA DEL NORD IL SALDO IMPORT/EXPORT Pii per abitante delle Ripartizioni italiane: Media Ue 27 = 100 INTERNO SUL PROPRIO PIL 150 -2% X13 i 110 il`i 100~I_~ 1998 2000 2001 2005 2006 2007 Nord Oves Nord Est Sud Centimetri - LA STAMPA I tassi di crescita vanno di pari passo Due economie parallele. Negli anni dei miracolo economico i tassi di crescita dei 4-5% al nord sono corrispondenti a quelli del meridione. Nei Novanta post svalutazione della lira, il boom del Nord Est si sposa agli anni migliori dei mezzogiorno.

Addirittura nel quinquennio `96-2000 il sud cresce più del nord. Poi la Padanìa va in letargo e, di conseguenza, il sud. L`ultimo decennio, insieme al brusco stop nel processo di convergenza Nord-Sud, mostra una perdita di competitività dell`intero settentrione. Se misuriamo il Pii per abitante il Nordovest nel `98 vale il 140% della media dei paesi Ue, nel 2008 scende al 127%. Mentre il Nord Est passa da 137 a 125. «Non solo perché il sud è una palla al piede - spiega lo Svimez - ma per problemi congeniti al modello padano: il nanismo d`impresa, la quasi scomparsa delle grandi aziende, il deficit infrastrutturale, la fine delle svalutazioni competitive e la difficile trasformazione terziaria della sua economia».

«I fondi Fas dirottati La rapina dei secolo» «Negli ultimi anni il calo degli investimenti pubblici nel meridione è stato reale: rispetto al piani dei Governi italiani, dal 1998 in avanti, in media ogni anno la cifra effettiva è stata inferiore di 10 miliardi», calcola Gianfranco Viesti. Acuendo la crisi dei poli produttivi del Sud. Di più. «Si è assistito alla più grande rapina del secolo - batte i pugni il sindaco di Salerno, Vincenzo de Luca - al progressivo svuotamento dell`intera quota nazionale dei fondi Fas: prima con tagli a copertura di qualsiasi esigenza propagandistica e clientelare (dall`ici al risanamento dei comuni amici di Catania e Roma), poi per fronteggiare la crisi (con il finanziamento della cassa integrazione, al 70% destinata a imprese dei nord)».

Parliamo di 25 miliardi destinati ad investimenti ai sud trasformati in spesa corrente. «Ma oggi togliere soldi al mezzogiorno ha un costo politico bassissimo», allarga le braccia De Luca.


Fonte: Governo Italiano Rassegna Stampa

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma allora capovolgiamo la domanda :se è vero ,come è vero, che il Nord senza il Sud sarebbe più debole ,come sarebbe il Sud senza il Nord ?
Il Sud inserito in un altro contesto economico potrebbe gravitare in un altro mercato commerciale ? in sostanza l'indipendenza del Sud anche se contraria al comune sentire dei meridionali che hanno quasi tutti forti legami affettivi con il Nord , sarebbe un 'opzione così svantaggiosa e folle ?

costanza castellano

 
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