Guaglione: ecco «Regno fm», emittente neoborbonica
Trasmette da Barletta per le «notizie taciute dai libri»
Paolo Guaglione
«Tu piemontese, ’nu miezo francese, stive ’nguaiato fra diebete e spese. Sì addeventato grand’ ommo e sovrano cu ’e sorde d’ ’e banche napulitane». È la strofa di «Malaunità», canzone napoletana e battagliera. È la rabbia urlata contro i violenti invasori del Meridione: i Savoia. A pochi giorni dal 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia è sufficiente un clic per incontrare questa ribellione a scoppio ritardato. Basta connettersi al sito www.regno.fm, una webradio che inneggia al Regno delle due Sicilie, ai Borbone e alla cultura di un Sud glorioso, vittima sacrificale del patriottismo sabaudo. La webradio trasmette on line — da qualche settimana — canzoni e informazioni rigorosamente borboniche. «Diffondiamo notizie che i libri di storia, di regime, hanno finora sottaciuto. Come giornalista ed editore ho sentito il bisogno morale di dare voce a vicende rinnegate», dice Paolo Guaglione ideatore della «radio del bel Reame», com’è scritto sull’homepage. Papà di due bambine, 45 anni, di Barletta, città da cui si irradiano via web le news anti-risorgimentali, Guaglione si definisce borbonico e orgoglioso dei trecento contatti giornalieri della radio. «Arrivano tantissime mail piene di complimenti», commenta mentre sulla scrivania zeppa di libri, fogli, penne e telefonini, cerca i dati di ascolto.
«Ci seguono anche dall’estero: New York, Parigi e persino dall’Australia». Il palinsesto della webradio è strutturato in base al genere musicale in programmazione: si va dalla musica napoletana antica, ai testi di Concetta Barra ed Eugenio Bennato. A fare da intermezzo, piccoli spazi informativi legati alla storia del regno di Napoli, sfregiato e distrutto dall’arrivo dell’esercito sabaudo. Tutte le notizie sono precedute da una voce femminile che, con tono dolce, tuona: «A scuola non mi hanno fatto sapere che...». «Certo — dichiara Guaglione — a scuola tante cose non sono state insegnate mentre Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele, tre massoni, sono stati presentati come eroi che hanno liberato il Sud dalla tenaglia borbonica. Non è andata così. A Napoli si viveva bene, nessuno andava via. E dal Nord scendevano al Sud per lavorare e stare meglio». Al contrario di come avviene adesso. Guaglione è il solo a occuparsi della webradio che presto però, avrà una redazione. Perché oltre a Internet e alla radio è previsto un progetto editoriale più ampio che coinvolgerà anche la televisione «per restituire dignità a un popolo privato della memoria», rincara l’editore mentre mostra il suo iPad su cui c’è l’immagine «della mia patria vista dall’alto»: è l’Italia meridionale fotografata dal satellite, il resto della Penisola non c’è. Ed è un po’ un controsenso per lui che edita anche un canale satellitare che, ironia della sorte, si chiama W l’Italia channel.
«La mia patria è questa», insiste mostrando l’iPad e continua: «È così non solo per me. All’estero quando si dice di essere italiani, gli stranieri sorridono e dicono pizza, sole, mare e mandolino, mai Tarvisio o la polenta. E questo conferma che l’Italia siamo noi, il Sud», ribadisce Guaglione. In ufficio ha persino la macchina per il caffè Borbone. «È stata una piacevole sorpresa», ammette. Qualcosa però non torna: se i Borbone avevano creato un regime con un welfare efficacissimo, se il popolo stava bene, perché i soldati reali non difesero il loro regno? «Perché le guardie furono corrotte dai Savoia e da soli i contadini che divennero briganti non riuscirono a frenare l’incursione», spiega Guaglione. «I Savoia rubarono ben 432 milioni di vecchie lire dal banco di Napoli». Beh, ma dopo l’unificazione del Paese quei soldi erano del re d’Italia.
«No — ribatte — quei soldi non furono usati per far crescere il Paese ma solo per rimpinguare le casse piemontesi, in rosso da tempo». La visione della storia italiana qui, nella sede della webradio alla periferia della città della disfida franco-italiana, ha il sapore di un romanzo tragico dove le vite dei contadini si intrecciano alla crudeltà dell’esercito sabaudo che «rase al suolo paesi come Pontelandolfo e Casalduni non prima di aver stuprato donne e ucciso bambini», racconta Guaglione. E allora il 17 marzo come lo trascorrerà? «Isserò una bandiera a lutto», dice. La chiusura però è repubblicana: «La mia festa patriottica è quella del 2 giugno. Quella e basta».
Alba Di Palo
14 marzo 2011
Fonte:La Gazzetta del Mezzogiorno
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