Capitolo tratto dal libro di Antonio Ciano "Le stragi e gli eccidi dei Savoia"
Torre Santa Lucia massacrata
Gli abruzzesi reagirono all'invasione savoiarda da eroil. Si formarono subito bande di partigiani, tutti i paesi insorsero. Una compagnia di Bersaglieri si diresse verso Torre Santa Lucia. Tale villaggio, sito in posizione dominante, era circondato da profondi burroni. Verso mezzodì, il paese, battuto incessantemente dai cannoni Stenhops, era ridotto ad un cumulo di macerie. A quel punto, tre colonne di Bersaglieri si inerpicarono, fatte segno da un nutrito fuoco di fucileria,lungo il pendio;nonostante le perdite di vita umana i soldati irruppero con veemenza nel villaggio da diverse direzioni. I partigiani ( chiamati briganti dal regime savoiardo) fuggirono inseguiti dai bersaglieri chwe ne fecero mattanza. Un vero massacro. Torre Santa Lucia fu quasi rasa al suolo dai nazisti del 1800.
Il generale Pinelli incendia 22 paesi
Verso la fine di Gennaio del 1861 il generale Pinelli attaccò Torre Santa Lucia. Il villaggio fu raso al suolo dall’artiglieria pesante, dopo di che fu preso dai bersaglieri che massacrarono i partigiani duosiciliani rimasti vivi…”Rimasto padrone del campo, Pinelli ordinò di bruciare tutti i villaggi fino ad Acquasanta e di fucilare ogni persona sospetta di convivenza con i reazionari.Ubbidendo a tale direttiva, furono dati alle fiamme 10 paesi, secondo la relazione ufficiale, e passati per le armi, con procedura sommaria, un numero imprecisato, ma senza dubbio notevole, di persone (secondo asserzioni della stessa truppa piemontese, riportate da Gaetano Frascarelli, i villaggi saccheggiati ed incendiati furono invece 22 ( ventidue). Tutte le masserizie ed il bestiame, appartenenti a famiglie di sospetti”briganti”, furono confiscati e venduti al mercato di Ascoli…” ( Timoteo Galanti, Dagli Sciaboloni ai Piccioni, Edigrafital, S.p.A., S.Atto ( Teramo),1990,pag 295)
Da queste pagine dobbiamo dire che Pinelli ha ingannato persino Giacinto De Sivo, storico borbonico molto informato il quale scrive di sei paesi bruciati a pagina 447 della sua “ Storia delle Due Sicilie” visto che molti ricercatori storici, compreso il sottoscritto e il buon Gigi di Fiore han preso per buona la cifra di sei paesi bruciati in nove mesi riportata dallo storico di Maddaloni.Ma la colpa non è del De Sivo, né di Di Fiore né del sottoscritto se a volte ci si imbatte in qualche errore. Questo Stato non ha messo ancora in ordine i suoi archivi o ce li ha tenuti sotto controllo militare. La stessa cosa vale per Eleonoro Negri ritenuto il massacratore di Pontelandolfo mentre altri ritengono che sia stato Gaetano Negri. Comunque entrambi erano dei fucilatori di “briganti” e operavano nelle stesse zone. Aspettiamo che questo stato ci dica con certezza chi è stato e quanti sono stati i morti della guerra civile che ha insanguinato il Sud.
Nell’Aquilano non si votò quasi in nessun paese. Il generale Pinelli, tra i più feroci criminali di guerra che la storia ricordi, il 28 Ottobre, si diresse verso Pizzoli. Prese a saccheggiare masserie e case e a uccidere tutti i contadini che incontrava sulla sua strada: in una mattinata ne uccise 136, la maggior parte dei quali impiccati per risparmiare polvere da sparo. A Pizzoli, Pinelli, con il suo stato maggiore alloggiò nella casa di un certo Alessandro Cicchettani che, come ringraziamento, fu fucilato la mattina seguente dai bersaglieri piemontesi, alla presenza della moglie.
(Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Vol. II, Edizioni Brenner, 1984, pg 313) Forse il Pinelli aveva saputo che il Cicchettani non era un traditore della sua patria. I contadini usavano mettere coccarde rosse sul bavero delle giacche o fiocchi rossi sui cappelli in onore del loro Re; a San Vittorino, il Pinelli, vedendo il colore rosso dappertutto, diventò furioso come un toro scatenato: fece prigionieri tutti coloro che incontrava sulla sua strada. La gente veniva percossa, torturata e tradotta nelle carceri dell’Aquila. Due cittadini, rifiutatisi di sputare sulle nappe rosse, furono fucilati. Lo sbandamento fu generale, la gente fuggiva dai paesi che venivano rastrellati, saccheggiati, e, a volte, anche messi a ferro e fuoco dai piemontesi. Donne, bambini e vecchi furono costretti a fuggire sulle montagne, a patire la fame, a dormire all’addiaccio, a morire assiderati. Passata la furia savoiarda, i profughi tornano ai loro paesi e li trovano svuotati e distrutti. Campi incendiati, case arse e svuotate, tante fatiche distrutte dai bastardi invasori; botti di vino svuotate, grano derubato, olio sparso per le piazze. I contadini gridarono vendetta, giurarono odio eterno verso i liberal-massoni, verso i loro nemici affamatori, ogni arma, dalle pietre ai fucili, era buona per ucciderli. Il popolo, i contadini cominciarono una strenua e feroce lotta contro i piemontesi e il sistema liberal-massonico, lotta che, dagli scrittori salariati di regime, fu chiamata Brigantaggio
183 fucilati nell’avellinese
.Apprendiamo dal Cesari a pagina 108 de” Il brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano” che il generale Pinelli con alcune compagnie del 62° e della brigata Bologna iniziò verso la fine di agosto una spietata caccia che terminò nel successivo ottobre nell’avellinese. Nei vari scontri ci fa sapere il Cesari…di quella battuta vennero fucilati 83 briganti, un centinaio circa cadde in conflitto e altri duecento si costituirono.
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