Di Marcello Cini
Affidereste la gestione degli appalti a Bertolaso? Vi fidereste della competenza dell'Impregilo che per anni ha riempito la Campania di ecoballe di spazzatura indifferenziata destinate a un termovalorizzatore incapace di bruciarle? E sareste soddisfatti se dello smaltimento delle scorie si occupassero gli amici dei casalesi?
Non sono domande provocatorie. Rispecchiano soltanto la dura realtà di fatti accertati e di atti ufficiali. E, dunque, perché Floris non incarica Pagnoncelli di condurre un sondaggio sull'opinione degli italiani con queste domande?
Una clava contro di noi?
È stata questa la mia prima reazione alla notizia che Obama ha preannunciato la costruzione di due centrali nucleari da realizzare nei prossimi sette-otto anni interrompendo una moratoria di trent'anni nella politica energetica degli Stati Uniti. «Per molto tempo - ha detto - si è creduto che chi si batte per l'ambiente debba essere contrario al nucleare ma è un controsenso: il nucleare è la nostra unica fonte di energia pulita». Non c'è dubbio che questa decisione verrà usata come una clava sulla testa di noi oppositori al programma nucleare approvato recentemente dal governo italiano. La prima ovvia reazione è dunque quella che ho descritto all'inizio. Occorre tuttavia aggiungere qualche altra considerazione meno amara sulle ragioni perché il contesto italiano differisce sostanzialmente da quelle degli Stati Uniti. È alla luce di questa differenza che va vista la scelta di Obama.
Una pubblicità ingannevole
Va preliminarmente osservato, comunque, che Obama non ha sostenuto, come fa invece il coro dei nostri nucleofili, che il costo del chilowattore nucleare sarà inferiore a quello delle altre fonti, Non è infatti un argomento serio. Senza entrare in dettagli, basta osservare che su queste ultime, rinnovabili e non rinnovabili, pesa comunque il costo del barile di petrolio, che è passato in un anno da centocinquanta dollari a cinquanta, ma potrà anche risalire se i padroni del petrolio decideranno di farlo. Se è vero che è sempre più difficile e costoso trovare nuovi giacimenti, è assai probabile che questo accada.
Il prezzo del petrolio condiziona tutti gli altri sia direttamente sia indirettamente, perché così come il suo basso prezzo ha ridotto drammaticamente gli investimenti nelle rinnovabili, ostacolandone la precedente tendenza alla diminuzione dei costi, una sua risalita farebbe rilanciare la convenienza delle altre fonti. L'esperienza insegna invece che in ogni caso i costi dedi reattori nucleari aumentano radicalmente in corso d'opera.
Qualunque raffronto oggi a favore del nucleare è dunque pubblicità ingannevole. Del resto, l'impegno di Obama a intervenire per la realizzazione delle due nuove centrali nucleari con un finanziamento pubblico significa che il mercato da solo non ritiene economicamente conveniente investire in questo settore.
La scelta di Obama è dunque una scelta strategica che ha l'obiettivo prioritario di mantenere la leadership tecnologica e la posizione egemonica degli Stati Uniti nei confronti dei paesi emergenti del mondo globalizzato.
Più rischi e meno occupazione
La seconda considerazione da fare riguarda la differenza fra la natura stessa della fonte nucleare rispetto a quella delle fonti solari, eoliche e delle varie forme di risparmio energetico. La fonte nucleare (che, ricordiamolo, è non rinnovabile perché l'uranio è una risorsa limitata e insufficiente a soddisfare una domanda globale massiccia) è localizzata in impianti grandi, molto costosi e tecnologicamente complessi, mentre quelle rinnovabili sono impianti diffusi sul territorio, piccoli e tecnologicamente semplici, per non parlare delle forme di risparmio energetico, localizzate ovunque per definizione. Inoltre, questi impianti non presentano particolari rischi, mentre i reattori nucleari, anche ammesso che siano protetti da sofisticati ed efficientissimi sistemi di sicurezza in condizioni di funzionamento normali, sono potenzialmente vulnerabili da imprevedibili atti terroristici o eventi sismici.
Questa differente natura produce effetti sostanzialmente diversi. Innanzitutto sull'occupazione. Per il nucleare si tratta, in fase di costruzione, di qualche migliaio di operai (i due reattori americani ne impiegheranno tremila) e in fase di funzionamento qualche centinaio (850 previsti). Numeri irrisori anche soltanto rispetto alle molte migliaia di lavoratori messi da noi sul lastrico dagli avvoltoi invisibili che hanno acquistato le imprese informatiche (ex Olivetti). La costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti energetici «dolci» può invece richiedere, al crescere della loro diffusione sul territorio e alla conseguente diminuzione dei costi, fino a centinaia di migliaia di lavoratori qualificati. È ovvio, per di più, che a questa crescita si accompagnerebbe uno sviluppo diretto e indiretto dell'economia italiana, che, come è noto, si regge prevalentemente sulla piccola e media industria.
L'abissale differenza
Ultima considerazione: l'abissale differenza fra il nostro paese e quelli che hanno sviluppato per primi le armi nucleari. Non si tratta, va da sé, di un peccato originale. Si tratta invece di riconoscere che lo sviluppo dell'industria dei reattori nucleari è frutto di una pluridecennale sinergia fra il settore militare e quello civile. Questo significa che uno sviluppo di questa industria non si può inventare dal nulla. L'Italia è dunque condannata, se e quando sarà eventualmente necessario farlo, a comprare reattori da chi li ha sempre costruiti.
Questo non è vero per l'industria degli impianti per la produzione delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, che siamo ancora in tempo a sviluppare in competizione seria con i paesi che hanno già imboccata questa via, purché questa scelta di politica energetica sia fatta subito e con gli ingenti investimenti in uomini e mezzi necessari.
Concluderei con un richiamo alla dura realtà del nostro Paese, ricordando che l'articolo 640 del Codice penale definisce il reato di truffa con queste parole: «Chiunque con artifizi o raggiri inducendo taluno in errore, procura a sé e ad altri un ingiusto profitto con altrui danno è punito...». Non vi fa venire in mente qualcuno?
Fonte:Il Manifesto
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Non sono domande provocatorie. Rispecchiano soltanto la dura realtà di fatti accertati e di atti ufficiali. E, dunque, perché Floris non incarica Pagnoncelli di condurre un sondaggio sull'opinione degli italiani con queste domande?
Una clava contro di noi?
È stata questa la mia prima reazione alla notizia che Obama ha preannunciato la costruzione di due centrali nucleari da realizzare nei prossimi sette-otto anni interrompendo una moratoria di trent'anni nella politica energetica degli Stati Uniti. «Per molto tempo - ha detto - si è creduto che chi si batte per l'ambiente debba essere contrario al nucleare ma è un controsenso: il nucleare è la nostra unica fonte di energia pulita». Non c'è dubbio che questa decisione verrà usata come una clava sulla testa di noi oppositori al programma nucleare approvato recentemente dal governo italiano. La prima ovvia reazione è dunque quella che ho descritto all'inizio. Occorre tuttavia aggiungere qualche altra considerazione meno amara sulle ragioni perché il contesto italiano differisce sostanzialmente da quelle degli Stati Uniti. È alla luce di questa differenza che va vista la scelta di Obama.
Una pubblicità ingannevole
Va preliminarmente osservato, comunque, che Obama non ha sostenuto, come fa invece il coro dei nostri nucleofili, che il costo del chilowattore nucleare sarà inferiore a quello delle altre fonti, Non è infatti un argomento serio. Senza entrare in dettagli, basta osservare che su queste ultime, rinnovabili e non rinnovabili, pesa comunque il costo del barile di petrolio, che è passato in un anno da centocinquanta dollari a cinquanta, ma potrà anche risalire se i padroni del petrolio decideranno di farlo. Se è vero che è sempre più difficile e costoso trovare nuovi giacimenti, è assai probabile che questo accada.
Il prezzo del petrolio condiziona tutti gli altri sia direttamente sia indirettamente, perché così come il suo basso prezzo ha ridotto drammaticamente gli investimenti nelle rinnovabili, ostacolandone la precedente tendenza alla diminuzione dei costi, una sua risalita farebbe rilanciare la convenienza delle altre fonti. L'esperienza insegna invece che in ogni caso i costi dedi reattori nucleari aumentano radicalmente in corso d'opera.
Qualunque raffronto oggi a favore del nucleare è dunque pubblicità ingannevole. Del resto, l'impegno di Obama a intervenire per la realizzazione delle due nuove centrali nucleari con un finanziamento pubblico significa che il mercato da solo non ritiene economicamente conveniente investire in questo settore.
La scelta di Obama è dunque una scelta strategica che ha l'obiettivo prioritario di mantenere la leadership tecnologica e la posizione egemonica degli Stati Uniti nei confronti dei paesi emergenti del mondo globalizzato.
Più rischi e meno occupazione
La seconda considerazione da fare riguarda la differenza fra la natura stessa della fonte nucleare rispetto a quella delle fonti solari, eoliche e delle varie forme di risparmio energetico. La fonte nucleare (che, ricordiamolo, è non rinnovabile perché l'uranio è una risorsa limitata e insufficiente a soddisfare una domanda globale massiccia) è localizzata in impianti grandi, molto costosi e tecnologicamente complessi, mentre quelle rinnovabili sono impianti diffusi sul territorio, piccoli e tecnologicamente semplici, per non parlare delle forme di risparmio energetico, localizzate ovunque per definizione. Inoltre, questi impianti non presentano particolari rischi, mentre i reattori nucleari, anche ammesso che siano protetti da sofisticati ed efficientissimi sistemi di sicurezza in condizioni di funzionamento normali, sono potenzialmente vulnerabili da imprevedibili atti terroristici o eventi sismici.
Questa differente natura produce effetti sostanzialmente diversi. Innanzitutto sull'occupazione. Per il nucleare si tratta, in fase di costruzione, di qualche migliaio di operai (i due reattori americani ne impiegheranno tremila) e in fase di funzionamento qualche centinaio (850 previsti). Numeri irrisori anche soltanto rispetto alle molte migliaia di lavoratori messi da noi sul lastrico dagli avvoltoi invisibili che hanno acquistato le imprese informatiche (ex Olivetti). La costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti energetici «dolci» può invece richiedere, al crescere della loro diffusione sul territorio e alla conseguente diminuzione dei costi, fino a centinaia di migliaia di lavoratori qualificati. È ovvio, per di più, che a questa crescita si accompagnerebbe uno sviluppo diretto e indiretto dell'economia italiana, che, come è noto, si regge prevalentemente sulla piccola e media industria.
L'abissale differenza
Ultima considerazione: l'abissale differenza fra il nostro paese e quelli che hanno sviluppato per primi le armi nucleari. Non si tratta, va da sé, di un peccato originale. Si tratta invece di riconoscere che lo sviluppo dell'industria dei reattori nucleari è frutto di una pluridecennale sinergia fra il settore militare e quello civile. Questo significa che uno sviluppo di questa industria non si può inventare dal nulla. L'Italia è dunque condannata, se e quando sarà eventualmente necessario farlo, a comprare reattori da chi li ha sempre costruiti.
Questo non è vero per l'industria degli impianti per la produzione delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, che siamo ancora in tempo a sviluppare in competizione seria con i paesi che hanno già imboccata questa via, purché questa scelta di politica energetica sia fatta subito e con gli ingenti investimenti in uomini e mezzi necessari.
Concluderei con un richiamo alla dura realtà del nostro Paese, ricordando che l'articolo 640 del Codice penale definisce il reato di truffa con queste parole: «Chiunque con artifizi o raggiri inducendo taluno in errore, procura a sé e ad altri un ingiusto profitto con altrui danno è punito...». Non vi fa venire in mente qualcuno?
Fonte:Il Manifesto
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