Di Comidad
La consueta ora quotidiana che i media dedicano all’odio antimeridionale, si è dilatata in questi ultimi giorni sino ad invadere la comunicazione ufficiale; ciò a causa della presunta decisione governativa di elargire fondi alle Regioni meridionali. Per vendicare tanto oltraggio, da parte di ambienti dello stesso governo si è ritenuto immediatamente opportuno tirare fuori la vecchia e umiliante proposta delle gabbie salariali per il Sud.
Non è una coincidenza che in questa campagna di propaganda antimeridionale si siano distinti proprio gli organi di stampa più vicini al governo, come se l’interesse del governo stesso non fosse quello di distribuire davvero risorse finanziarie al Sud, ma di crearsi un alibi per la propria inettitudine grazie al mito del Meridione assistito, eterno peso morto che vampirizza le risorse del Nord.
Meridione-assistenzialismo costituisce una di quelle coppie semantiche ricorrenti nella propaganda ufficiale, come quella storica “Oriente-dispotismo”, e quelle più recenti, come “crimini-comunismo” o “Islam-terrorismo”. Nella comunicazione ufficiale la coppia semantica svolge la funzione di saltare a piè pari la dimostrazione, facendo appello al conformismo dell’uditorio, che tende a non smentire mai la coppia semantica, per timore che ciò venga bollato come ignoranza e comporti una esclusione dalla discussione.
In questa propaganda si ricorre talvolta alla finzione di fornire dati statistici, ma sempre con l’accorgimento di omettere dati decisivi. Ad esempio: si elencano i fondi stanziati per il Sud, senza precisare quali di questi fondi risultino poi effettivamente versati.
Proprio in questo ultimo provvedimento governativo, il solito trucco è stato riproposto presentando come nuovi stanziamenti dei fondi già previsti da leggi precedenti e mai arrivati a destinazione. Anche dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, vennero spacciati come fondi per la ricostruzione gli stanziamenti che erano già stati previsti per la Legge 167 per l’edilizia popolare.
Del resto la reticenza dei governi a versare quanto dovuto non ha bisogno di giustificazioni di fronte ad una opinione pubblica abituata a ritenere, per dogma, che ogni risorsa che vada al Sud venga immancabilmente intercettata dalla camorra e dalla mafia.
Per la propaganda l’antimeridionalismo è una carta vincente, non conosce barriere di partito o di ideologia, dall’estrema destra alla estrema sinistra, ed è inoltre pienamente condiviso dall’opinione pubblica meridionale. L’antimeridionalismo è utilissimo anche a veicolare altri messaggi propagandistici correlati. Quando, nel settembre del 1943, venne fondata la Repubblica Sociale Italiana, divenne urgente per i fascisti renderla popolare agli occhi della pubblica opinione, e allora il fatto che quello Stato fosse essenzialmente settentrionale, venne presentato dalla propaganda fascista come un vantaggio, poiché veniva a cessare il peso costituito dalla necessità di approvvigionare anche le regioni meridionali, e quindi vi sarebbero state più risorse per la “Padania”. Secondo quanto riferito dallo storico di parte repubblichina Edmondo Cione, quella propaganda funzionò talmente bene, che, all’atto della riunificazione dopo il 25 aprile 1945, vi furono malumori e proteste in alcune città del Nord per il fatto di dover tornare a sfamare i terroni.
Il ricorso all’antimeridionalismo non costituiva una novità per il fascismo. Allorché Mussolini salì al potere nel 1922, vi fu per lui l’urgenza di liquidare la Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza - più nota come Guardia Regia -, un corpo di polizia giudiziaria e amministrativa composto da circa venticinquemila uomini, che era stato istituito con il Regio Decreto 02/10/1919 n.1790 dall’allora Presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti. La Guardia Regia fu largamente utilizzata nella repressione antioperaia durante il Biennio Rosso, ma le si rimproverava di sparare anche ai fascisti e di essere rimasta fedele a Nitti. Quando Mussolini fu nominato Presidente del Consiglio dal re, si verificarono gli ultimi scontri armati tra le guardie regie e i fascisti, a Napoli, in Piazza Municipio.
La vicenda della Guardia Regia rappresenta l’unico caso conosciuto di corpo di polizia sciolto con motivazioni razziali. I componenti della Guardia Regia provenivano quasi tutti dalla Basilicata e dalla Puglia - regioni che, “casualmente”, costituivano anche il collegio elettorale di Nitti -, e questa origine meridionale venne presentata, dalla stampa vicina al regime fascista, come il motivo di una irrimediabile inferiorità fisica delle guardie regie, che avrebbe impedito loro di svolgere adeguatamente compiti di polizia.
L’idea che Settentrionali e Meridionali costituissero razze diverse aveva già trovato un sostegno scientifico alla fine dell’800, grazie agli studi di Cesare Lombroso e di alcuni suoi allievi sulla differenza della forma del cranio fra originari del Nord e del Sud. Caduta in discredito e in disuso la craniometria, il divario razziale tra Nord e Sud Italia è andato a poggiarsi su altre motivazioni, di tipo storico-culturale. Alla fine degli anni ’80, divenne popolare la tesi che la superiorità del Nord sul Sud fosse dovuta alle diverse dominazioni subite, quella austro-ungarica al Nord e quella spagnola al Sud. La tesi risultava piuttosto approssimativa e confusa sul piano storico, poiché la dominazione spagnola vi è stata anche in Lombardia, e quando al Nord vi era la dominazione austriaca, il regno del Sud era indipendente; però questa tesi incontrò ugualmente un travolgente consenso mediatico. Paolo Guzzanti, che è un giornalista sempre molto rigoroso, oculato e selettivo nel vagliare ogni sua informazione - e se non è una cazzata, non la dice - intrattenne anni fa per una intera serata i telespettatori su questa tesi pseudo-storiografica.
È da sottolineare però il fatto che l’attuale propaganda sulla superiorità del Nord sul Sud Italia, contiene una ambivalenza, poiché condiziona questa superiorità alla sottomissione a potenze straniere. Ci sono quindi tutte le premesse ideologiche per la “balcanizzazione” dell’Italia, in vista della sua trasformazione in una serie di repubblichette che vivano in funzione della presenza di una base NATO o USA e della sua annessa rete di loschi traffici. Se questa tendenza alla balcanizzazione dell’Italia non si è ancora concretizzata del tutto, è perché vi sono anche delle controtendenze, tutte interne, però, alla logica del potere NATO.
Attualmente l’Italia impiega le sue Forze Armate in tutta una serie di teatri bellici, sotto l’egida ONU o NATO (che è in pratica la stessa cosa). Soldati e marinai italiani si trovano in Afghanistan, nei Balcani e in Libano, impegnati nelle solite missioni “di pace” o missioni “umanitarie”. Di recente, il presidente USA ha anche preteso un ulteriore impegno italiano in Afghanistan. La dislocazione di Forze Armate italiane su tanti teatri, comporta necessariamente l’esistenza di uno Stato italiano unitario, in grado di sostenerle e pagarle.
Non è una coincidenza che in questa campagna di propaganda antimeridionale si siano distinti proprio gli organi di stampa più vicini al governo, come se l’interesse del governo stesso non fosse quello di distribuire davvero risorse finanziarie al Sud, ma di crearsi un alibi per la propria inettitudine grazie al mito del Meridione assistito, eterno peso morto che vampirizza le risorse del Nord.
Meridione-assistenzialismo costituisce una di quelle coppie semantiche ricorrenti nella propaganda ufficiale, come quella storica “Oriente-dispotismo”, e quelle più recenti, come “crimini-comunismo” o “Islam-terrorismo”. Nella comunicazione ufficiale la coppia semantica svolge la funzione di saltare a piè pari la dimostrazione, facendo appello al conformismo dell’uditorio, che tende a non smentire mai la coppia semantica, per timore che ciò venga bollato come ignoranza e comporti una esclusione dalla discussione.
In questa propaganda si ricorre talvolta alla finzione di fornire dati statistici, ma sempre con l’accorgimento di omettere dati decisivi. Ad esempio: si elencano i fondi stanziati per il Sud, senza precisare quali di questi fondi risultino poi effettivamente versati.
Proprio in questo ultimo provvedimento governativo, il solito trucco è stato riproposto presentando come nuovi stanziamenti dei fondi già previsti da leggi precedenti e mai arrivati a destinazione. Anche dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, vennero spacciati come fondi per la ricostruzione gli stanziamenti che erano già stati previsti per la Legge 167 per l’edilizia popolare.
Del resto la reticenza dei governi a versare quanto dovuto non ha bisogno di giustificazioni di fronte ad una opinione pubblica abituata a ritenere, per dogma, che ogni risorsa che vada al Sud venga immancabilmente intercettata dalla camorra e dalla mafia.
Per la propaganda l’antimeridionalismo è una carta vincente, non conosce barriere di partito o di ideologia, dall’estrema destra alla estrema sinistra, ed è inoltre pienamente condiviso dall’opinione pubblica meridionale. L’antimeridionalismo è utilissimo anche a veicolare altri messaggi propagandistici correlati. Quando, nel settembre del 1943, venne fondata la Repubblica Sociale Italiana, divenne urgente per i fascisti renderla popolare agli occhi della pubblica opinione, e allora il fatto che quello Stato fosse essenzialmente settentrionale, venne presentato dalla propaganda fascista come un vantaggio, poiché veniva a cessare il peso costituito dalla necessità di approvvigionare anche le regioni meridionali, e quindi vi sarebbero state più risorse per la “Padania”. Secondo quanto riferito dallo storico di parte repubblichina Edmondo Cione, quella propaganda funzionò talmente bene, che, all’atto della riunificazione dopo il 25 aprile 1945, vi furono malumori e proteste in alcune città del Nord per il fatto di dover tornare a sfamare i terroni.
Il ricorso all’antimeridionalismo non costituiva una novità per il fascismo. Allorché Mussolini salì al potere nel 1922, vi fu per lui l’urgenza di liquidare la Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza - più nota come Guardia Regia -, un corpo di polizia giudiziaria e amministrativa composto da circa venticinquemila uomini, che era stato istituito con il Regio Decreto 02/10/1919 n.1790 dall’allora Presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti. La Guardia Regia fu largamente utilizzata nella repressione antioperaia durante il Biennio Rosso, ma le si rimproverava di sparare anche ai fascisti e di essere rimasta fedele a Nitti. Quando Mussolini fu nominato Presidente del Consiglio dal re, si verificarono gli ultimi scontri armati tra le guardie regie e i fascisti, a Napoli, in Piazza Municipio.
La vicenda della Guardia Regia rappresenta l’unico caso conosciuto di corpo di polizia sciolto con motivazioni razziali. I componenti della Guardia Regia provenivano quasi tutti dalla Basilicata e dalla Puglia - regioni che, “casualmente”, costituivano anche il collegio elettorale di Nitti -, e questa origine meridionale venne presentata, dalla stampa vicina al regime fascista, come il motivo di una irrimediabile inferiorità fisica delle guardie regie, che avrebbe impedito loro di svolgere adeguatamente compiti di polizia.
L’idea che Settentrionali e Meridionali costituissero razze diverse aveva già trovato un sostegno scientifico alla fine dell’800, grazie agli studi di Cesare Lombroso e di alcuni suoi allievi sulla differenza della forma del cranio fra originari del Nord e del Sud. Caduta in discredito e in disuso la craniometria, il divario razziale tra Nord e Sud Italia è andato a poggiarsi su altre motivazioni, di tipo storico-culturale. Alla fine degli anni ’80, divenne popolare la tesi che la superiorità del Nord sul Sud fosse dovuta alle diverse dominazioni subite, quella austro-ungarica al Nord e quella spagnola al Sud. La tesi risultava piuttosto approssimativa e confusa sul piano storico, poiché la dominazione spagnola vi è stata anche in Lombardia, e quando al Nord vi era la dominazione austriaca, il regno del Sud era indipendente; però questa tesi incontrò ugualmente un travolgente consenso mediatico. Paolo Guzzanti, che è un giornalista sempre molto rigoroso, oculato e selettivo nel vagliare ogni sua informazione - e se non è una cazzata, non la dice - intrattenne anni fa per una intera serata i telespettatori su questa tesi pseudo-storiografica.
È da sottolineare però il fatto che l’attuale propaganda sulla superiorità del Nord sul Sud Italia, contiene una ambivalenza, poiché condiziona questa superiorità alla sottomissione a potenze straniere. Ci sono quindi tutte le premesse ideologiche per la “balcanizzazione” dell’Italia, in vista della sua trasformazione in una serie di repubblichette che vivano in funzione della presenza di una base NATO o USA e della sua annessa rete di loschi traffici. Se questa tendenza alla balcanizzazione dell’Italia non si è ancora concretizzata del tutto, è perché vi sono anche delle controtendenze, tutte interne, però, alla logica del potere NATO.
Attualmente l’Italia impiega le sue Forze Armate in tutta una serie di teatri bellici, sotto l’egida ONU o NATO (che è in pratica la stessa cosa). Soldati e marinai italiani si trovano in Afghanistan, nei Balcani e in Libano, impegnati nelle solite missioni “di pace” o missioni “umanitarie”. Di recente, il presidente USA ha anche preteso un ulteriore impegno italiano in Afghanistan. La dislocazione di Forze Armate italiane su tanti teatri, comporta necessariamente l’esistenza di uno Stato italiano unitario, in grado di sostenerle e pagarle.
Le recentissime dichiarazioni del leghisti Bossi e Calderoli sulla opportunità di riportare a casa i soldati italiani, vanno lette proprio nell’ambito di questo scenario; come a dire: se cessa l’interesse USA a utilizzare un impegno militare italiano all’estero, cadrà automaticamente ogni residuo interesse degli stessi USA a tenere ancora unita l’Italia, perciò preparatevi. Si tratta perciò di uno di quei messaggi tutti interni al ceto politico, che usano una pubblica opinione ignara solo come amplificatore minaccioso.
C’è anche da considerare che soltanto le forze armate potrebbero impedire delle secessioni, ma Forze Armate “italiane”, in senso stretto, non esistono più da tempo, poiché l’addestramento e l’indottrinamento in ambito NATO hanno fatto sì che i quadri dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione, siano fedeli agli USA e non ad un’Italia che è già una finzione giuridica. Molte basi militari italiane sono ormai il paravento di basi USA; basti pensare alla base dell’Aeronautica italiana a Cameri, che costituisce solo una dependance della base NATO di Solbiate Olona. Tutto questo senza neppure considerare il coinvolgimento diretto di molti quadri delle Forze Armate ex-italiane nei loschi traffici gestiti dalla NATO, cosa che comporta una complicità molto più concreta con l’occupante straniero.
Quindi le condizioni materiali per riconvertire l’attuale Banana Republic italiana in una serie di Basi NATO Republic già ci sono, e occorrerà vedere se, e quando, maturerà un interesse statunitense a realizzare pienamente tutto ciò.
Fonte:Reportonline
C’è anche da considerare che soltanto le forze armate potrebbero impedire delle secessioni, ma Forze Armate “italiane”, in senso stretto, non esistono più da tempo, poiché l’addestramento e l’indottrinamento in ambito NATO hanno fatto sì che i quadri dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione, siano fedeli agli USA e non ad un’Italia che è già una finzione giuridica. Molte basi militari italiane sono ormai il paravento di basi USA; basti pensare alla base dell’Aeronautica italiana a Cameri, che costituisce solo una dependance della base NATO di Solbiate Olona. Tutto questo senza neppure considerare il coinvolgimento diretto di molti quadri delle Forze Armate ex-italiane nei loschi traffici gestiti dalla NATO, cosa che comporta una complicità molto più concreta con l’occupante straniero.
Quindi le condizioni materiali per riconvertire l’attuale Banana Republic italiana in una serie di Basi NATO Republic già ci sono, e occorrerà vedere se, e quando, maturerà un interesse statunitense a realizzare pienamente tutto ciò.
Fonte:Reportonline
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