mercoledì 15 luglio 2009

La Zoppata sui piedi di Bankitalia



di Federico A. Rand


La Banca d’Italia ha sospeso l’operatività di uno dei principali operatori del social lending italiano. Cospirazione dei banchieri o freno ad attività dubbie? Nessuna delle due cose. Il social lending è molto interessante, ma le sue opportunità ed i suoi rischi spesso non sono quelli che finiscono sotto la lente dei supervisori o sulle prime pagine dei giornali.



Il social lending è una modalità d’intermediazione finanziaria che sembra sperimentare una crescita esponenziale in Italia, arrivando a coinvolgere circa 40mila persone nel giro di poco più di un paio d’anni. In parte è dovuto alla crisi economica, che spinge a ricercare canali di finanziamento innovativi, in parte per la definizione, molto politicamente corretta, di attività sociale ed equa. Il 13 luglio è arrivata la prima tegola: il Ministero dell’Economia, su richiesta della Banca d’Italia, ha sospeso l’operatività di Zopa.it, il maggior operatore del settore in Italia e filiale milanese della società inglese Zopa. La sospensione implica la possibilità di continuare l’attività ordinaria, ma impedisce nuove operazioni.



COS’E’ IL SOCIAL LENDING E COME FUNZIONA - Per social lending si definisce un prestito da parte di privati ad altri privati su Internet a titolo di prestito personale. Viene anche chiamato prestito peer-to-peer o prestito tra persone, in analogia ai sistemi di diffusione dati tra utenti diretti. Le società di social lending, da Zopa a Boober alla startup prestiamoci.it, hanno la funzione di facilitare il contatto fra coloro che vorrebbero ottenere un prestito e coloro che hanno denaro da investire e di facilitare il regolare svolgimento delle operazioni. Ognuna delle società di social lending opera in maniera lievemente differente, ma le basi sono simili. Sia chi ha liquidità da investire e chi vorrebbe un prestito si iscrivono sul sito di social lending; i potenziali debitori debbono poi inserire una serie dettagliata di informazioni personali.


La società di social lending li identifica e valuta il loro merito di credito, impiegando la loro storia creditizia presso il resto del sistema finanziario insieme ad altri parametri; fornisce così un “rating”,ossia un giudizio sintetico circa le capacità del debitore di ripagare in maniera tempestiva e regolare il debito. I potenziali prestatori scelgono per quanto tempo vogliono prestare il loro denaro e a clienti appartenenti a quale categoria di rischio: più basso il merito di credito, più alto il tasso d’interesse ricevuto. Per ridurre i rischi, ogni richiedente non riceve denaro da un unico finanziatore: ogni richiesta di credito viene frammentata in piccole quote da pochi euro, ognuna delle quale viene sottoscritta da un differente investitore. Una volta completata la prima fase dell’operazione, il prenditore riceve il denaro e i creditori ricevono pagamenti mensili. Nel caso un debitore non paghi, la società di social lending interessa una società di recupero crediti, che si incarica di trovare il debitore e costringerlo a pagare il dovuto. La società online svolge quindi sia il ruolo di agenzia di rating, che quello che in gergo finanziario si definisce di “servicer”, ossia di gestore di tutta la procedura amministrativa: definisce e cura la contrattualistica, si occupa del del trasferimento dei fondi tra prestatori e debitori, controlla che i pagamenti siano regolari e avvisa la società di recupero crediti nel caso vi siano problemi. Il grande vantaggio di questo modello è che l’assenza di un intermediario finanziario vero e proprio permette a creditori e debitori di avere entrambi tassi migliori. L’investitore riceve tassi d’interesse relativamente elevati: secondo Maurizio Sella di Zopa, i ritorni sono intorno al nove per cento annuo; i debitori pagano intorno al sette per cento, circa la metà dei tassi normalmente disponibili presso una tradizionale finanziaria.



ZOPA E I SUOI FRATELLI - Sgombriamo il tavolo da ogni possibile equivoco: non stiamo parlando di attività dubbie. Zopa non è una società fantasma, ma la filiale italiana di una realtà nata in Gran Bretagna nel 2005. E’ il frutto di un’idea di parte del team che ha creato anche Egg, la prima banca completamente online del Regno Unito; il successo dell’esperienza di Egg ha portato due fondi di venture capital, Benchmark Capital e Wellington Partners, a finanziare la nascita di Zopa. Boober.it, l’altra realtà leader in Italia, è di proprietà di Centax, società leader nei servizi di garanzia degli assegni, con un’esperienza ed una reputazione più che ventennali. L’irregolarità contestata a Zopa.it non sembra essere di natura sostanziale. La società ha ottenuto tutte le debite autorizzazioni quale società finanziaria, quindi anche più di quanto la propria operatività effettivamente richieda; ricordiamoci infatti che Zopa.it non presta direttamente il denaro, né garantisce il credito dovuto ai prestatori. Il problema nasce dalle somme che vengono depositate presso Zopa.it dai potenziali prestatori di denaro e che la società custodisce, in attesa che vengano effettivamente prestate.


La Banca d’Italia sostiene che tali depositi costituirebbero raccolta abusiva del risparmio e non un servizio strumentale all’attività caratteristica di Zopa.it : la società raccoglierebbe denaro che in teoria potrebbe impiegare a proprio piacimento, senza garanzia per coloro che le depositano. In base a questa interpretazione, Zopa.it avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione a raccogliere depositi, autorizzazione che di solito viene richiesta soltanto dalle banche commerciali e non dalle finanziarie, perché è complessa ed onerosa da ottenere. A meno della scoperta di abusi nella custodia di tali somme, Zopa.it dovrebbe essere in grado di risolvere la situazione in maniera relativamente rapida, ad esempio tramite l’accordo con una banca dove far depositare i fondi dei clienti in attesa dell’effettivo impiego, ossia l’esborso ai richiedenti. Resta da vedere quali saranno le sanzioni che Banca d’Italia e Ministero decideranno di imporre alla società.


Fonte:Giornalettismo

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di Federico A. Rand


La Banca d’Italia ha sospeso l’operatività di uno dei principali operatori del social lending italiano. Cospirazione dei banchieri o freno ad attività dubbie? Nessuna delle due cose. Il social lending è molto interessante, ma le sue opportunità ed i suoi rischi spesso non sono quelli che finiscono sotto la lente dei supervisori o sulle prime pagine dei giornali.



Il social lending è una modalità d’intermediazione finanziaria che sembra sperimentare una crescita esponenziale in Italia, arrivando a coinvolgere circa 40mila persone nel giro di poco più di un paio d’anni. In parte è dovuto alla crisi economica, che spinge a ricercare canali di finanziamento innovativi, in parte per la definizione, molto politicamente corretta, di attività sociale ed equa. Il 13 luglio è arrivata la prima tegola: il Ministero dell’Economia, su richiesta della Banca d’Italia, ha sospeso l’operatività di Zopa.it, il maggior operatore del settore in Italia e filiale milanese della società inglese Zopa. La sospensione implica la possibilità di continuare l’attività ordinaria, ma impedisce nuove operazioni.



COS’E’ IL SOCIAL LENDING E COME FUNZIONA - Per social lending si definisce un prestito da parte di privati ad altri privati su Internet a titolo di prestito personale. Viene anche chiamato prestito peer-to-peer o prestito tra persone, in analogia ai sistemi di diffusione dati tra utenti diretti. Le società di social lending, da Zopa a Boober alla startup prestiamoci.it, hanno la funzione di facilitare il contatto fra coloro che vorrebbero ottenere un prestito e coloro che hanno denaro da investire e di facilitare il regolare svolgimento delle operazioni. Ognuna delle società di social lending opera in maniera lievemente differente, ma le basi sono simili. Sia chi ha liquidità da investire e chi vorrebbe un prestito si iscrivono sul sito di social lending; i potenziali debitori debbono poi inserire una serie dettagliata di informazioni personali.


La società di social lending li identifica e valuta il loro merito di credito, impiegando la loro storia creditizia presso il resto del sistema finanziario insieme ad altri parametri; fornisce così un “rating”,ossia un giudizio sintetico circa le capacità del debitore di ripagare in maniera tempestiva e regolare il debito. I potenziali prestatori scelgono per quanto tempo vogliono prestare il loro denaro e a clienti appartenenti a quale categoria di rischio: più basso il merito di credito, più alto il tasso d’interesse ricevuto. Per ridurre i rischi, ogni richiedente non riceve denaro da un unico finanziatore: ogni richiesta di credito viene frammentata in piccole quote da pochi euro, ognuna delle quale viene sottoscritta da un differente investitore. Una volta completata la prima fase dell’operazione, il prenditore riceve il denaro e i creditori ricevono pagamenti mensili. Nel caso un debitore non paghi, la società di social lending interessa una società di recupero crediti, che si incarica di trovare il debitore e costringerlo a pagare il dovuto. La società online svolge quindi sia il ruolo di agenzia di rating, che quello che in gergo finanziario si definisce di “servicer”, ossia di gestore di tutta la procedura amministrativa: definisce e cura la contrattualistica, si occupa del del trasferimento dei fondi tra prestatori e debitori, controlla che i pagamenti siano regolari e avvisa la società di recupero crediti nel caso vi siano problemi. Il grande vantaggio di questo modello è che l’assenza di un intermediario finanziario vero e proprio permette a creditori e debitori di avere entrambi tassi migliori. L’investitore riceve tassi d’interesse relativamente elevati: secondo Maurizio Sella di Zopa, i ritorni sono intorno al nove per cento annuo; i debitori pagano intorno al sette per cento, circa la metà dei tassi normalmente disponibili presso una tradizionale finanziaria.



ZOPA E I SUOI FRATELLI - Sgombriamo il tavolo da ogni possibile equivoco: non stiamo parlando di attività dubbie. Zopa non è una società fantasma, ma la filiale italiana di una realtà nata in Gran Bretagna nel 2005. E’ il frutto di un’idea di parte del team che ha creato anche Egg, la prima banca completamente online del Regno Unito; il successo dell’esperienza di Egg ha portato due fondi di venture capital, Benchmark Capital e Wellington Partners, a finanziare la nascita di Zopa. Boober.it, l’altra realtà leader in Italia, è di proprietà di Centax, società leader nei servizi di garanzia degli assegni, con un’esperienza ed una reputazione più che ventennali. L’irregolarità contestata a Zopa.it non sembra essere di natura sostanziale. La società ha ottenuto tutte le debite autorizzazioni quale società finanziaria, quindi anche più di quanto la propria operatività effettivamente richieda; ricordiamoci infatti che Zopa.it non presta direttamente il denaro, né garantisce il credito dovuto ai prestatori. Il problema nasce dalle somme che vengono depositate presso Zopa.it dai potenziali prestatori di denaro e che la società custodisce, in attesa che vengano effettivamente prestate.


La Banca d’Italia sostiene che tali depositi costituirebbero raccolta abusiva del risparmio e non un servizio strumentale all’attività caratteristica di Zopa.it : la società raccoglierebbe denaro che in teoria potrebbe impiegare a proprio piacimento, senza garanzia per coloro che le depositano. In base a questa interpretazione, Zopa.it avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione a raccogliere depositi, autorizzazione che di solito viene richiesta soltanto dalle banche commerciali e non dalle finanziarie, perché è complessa ed onerosa da ottenere. A meno della scoperta di abusi nella custodia di tali somme, Zopa.it dovrebbe essere in grado di risolvere la situazione in maniera relativamente rapida, ad esempio tramite l’accordo con una banca dove far depositare i fondi dei clienti in attesa dell’effettivo impiego, ossia l’esborso ai richiedenti. Resta da vedere quali saranno le sanzioni che Banca d’Italia e Ministero decideranno di imporre alla società.


Fonte:Giornalettismo

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