“La depurazione è il sistema tecnologico che si realizza e si attiva per eliminare dai corpi liquidi e gassosi sostanze estranee o inquinanti. Si svolge un processo composto da una serie di azioni programmate di carattere meccanico, fisico e biologico.”
Tutto ha inizio alla fine degli anni ’70 quando la Italimpianti S.p.a,la stessa ditta che ha costruito parte degli impianti ormai dismessi di Bagnoli, iniziò la costruzione di un depuratore per la depurazione delle acque reflue dei comuni dell’area compresa tra i campi flegrei e parte del litorale domitio.
Tutto ha inizio alla fine degli anni ’70 quando la Italimpianti S.p.a,la stessa ditta che ha costruito parte degli impianti ormai dismessi di Bagnoli, iniziò la costruzione di un depuratore per la depurazione delle acque reflue dei comuni dell’area compresa tra i campi flegrei e parte del litorale domitio.
I lavori furono completati negli anni ’80,completati per modo di dire infatti già nel 1986,quattro anni dopo l’apertura,l’impianto fu chiuso su ordinanza del presidente della Provincia Antonio Somma che decise “per la chiusura dell' impianto fino a quando la Casmez non avrà risolto i problemi tecnici”.
Questi “problemi tecnici” consistevano nella quantità spropositata di idrogeno solforato liberato nell’aria dall’impianto che risultava superiore ai livelli di tollerabilità. Le analisi dell’amministrazione provinciale hanno sentenziato una pericolosità (anche 150 microgrammi per metro cubo) ben oltre il limite accettabile di quaranta microgrammi. Le analisi effettuate su campioni di fanghi essiccati, inoltre, rilevarono percentuali crescenti di cromo, tali da farli ritenere “tossici e nocivi”.
La regione però si prodigò per la riapertura che puntualmente avvenne.
Si decise di riaprire l’impianto solo a metà, consentendo “il trattamento biologico delle acque nere” mentre fu bloccato “la linea dei fanghi prodotti dalla depurazione dei liquami”. Si trattò quindi di un compromesso politico,di una pagliacciata che vide come attori protagonisti Regione,sindaco di Napoli,Provincia,Casmez e tecnici che si azzuffarono sul da farsi non concludendo nulla, decidendo infine di riaprire il depuratore,ma solo a metà servizio,in attesa dei lavori di adeguamento affidati alla Casmez.
In sostanza non si poteva chiudere un’opera costata ben 200 miliardi di lire del tempo,rovinando in questo modo l’immagine dei numerosi politici che si vantavano di aver risolto il problema degli scarichi fognari: il depuratore doveva restare aperto a tutti i costi.
L’allora sindaco di Napoli Carlo d’Amato dichiarò che “L'impianto che è costato duecento miliardi ha esercitato, al di là delle tracce di inquinamento atmosferico un effetto risolutivo sulle condizioni del mare”. Secondo il sindaco quindi non era importante che l’impianto immettesse nell’aria sostanze pericolose, l’importante era che il mare fosse (anzi sembrasse) ”pulito”. In altre parole era conveniente non inquinare il mare, inquinando l’aria.
Inutile dire che i lavori della Casmez non sono mai partiti, la Cassa per il Mezzogiorno fu soppressa proprio in quell’anno da Bettino Craxi e tutt’oggi è in corso un’inchiesta per verificare l’operato di questo fondo speciale per il Sud;l’eredità della Casmez è infatti pesante si parla di circa 22.000 pratiche ancora aperte per una somma che si aggira attorno ai 7 mila miliardi tra contenzioso e fondi per completare i lavori in sospeso.
A finanziare i lavori di adeguamento però ci ha pensato la Regione Campania che nel 2000 ha stanziato 1350 miliardi (in project financing)per la “realizzazione e gestione di sistemi di depurazione”. Nelle voci di spesa di questo “Strumento di Programmazione” figurano investimenti per “Cuma: Impianto di depurazione di Cuma - Impianto di sollevamento Alveo Camaldoli e Licola Mare” e per “Cuma: Ristrutturazione statica e funzionale del collettore”.
I lavori anche questa volta però non si sa per quale motivo non sono partiti; pare che la Tme Spa Termomeccanica Ecologica,la ditta che doveva attuare i lavori,abbia presentato al Commissariato di governo un progetto lacunoso e erroneo. Fatto sta che i lavori non sono partiti, come risulta da un rapporto dell’ “ENEA” del 2001 l’impianto non risulta per nulla a norma con le normative vigenti ma anzi presenta carenze strutturali. Secondo il rapporto risulta che:
“·Non tutti i collettamenti fognari previsti dal progetto sono stati realizzati.
· Il canale di alimentazione impianto nel tratto finale risulta intasato da sabbie e da sedime in modo particolarmente grave[…]presenza di odori e pessime condizioni igieniche sanitarie.
· Presenza di scarichi abusivi di natura industriale
· Pretrattamenti di grigliatura e dissabbiatura fuori uso
· La centrale di cogenerazione e l’unità di desolforazione sono fuori esercizio.
[…]Il responsabile dell’impianto ci ha informato solo della presenza di nitriti al di sopra dei limiti consentiti.
In conclusione nel rapporto veniva ribadito circa lo stato generale delle opere:
· Obsolescenza delle opere e delle apparecchiature
· Cattivo stato di conservazione delle opere in esercizio
· Carenza di manutenzione straordinaria delle opere elettromeccaniche
Nel 2006 la regione ha stanziato nuovamente 63 milioni e 700 mila. La gara è stata vinta dal Consorzio "Uniter C.S. a r.l."e lo scopo dei lavori erano il risanamento statico dell’impianto,la progettazione di sistemi integrati di condotte a mare allo scopo di allontanare dal litorale le acque reflue e molti interventi per evitare che le acque malsane finissero nel lago d’Averno e sul litorale domitio.
Sempre nel 2006 si è poi conclusa la gara che era stata avviata nel 2003 dalla Regione per affidare la gestione dell’impianto, la gara è stata vinta dalla “Hidrogest Spa” che ha avuto in concessione l’impianto per quindici anni.
Inutile dire che i lavori della Casmez non sono mai partiti, la Cassa per il Mezzogiorno fu soppressa proprio in quell’anno da Bettino Craxi e tutt’oggi è in corso un’inchiesta per verificare l’operato di questo fondo speciale per il Sud;l’eredità della Casmez è infatti pesante si parla di circa 22.000 pratiche ancora aperte per una somma che si aggira attorno ai 7 mila miliardi tra contenzioso e fondi per completare i lavori in sospeso.
A finanziare i lavori di adeguamento però ci ha pensato la Regione Campania che nel 2000 ha stanziato 1350 miliardi (in project financing)per la “realizzazione e gestione di sistemi di depurazione”. Nelle voci di spesa di questo “Strumento di Programmazione” figurano investimenti per “Cuma: Impianto di depurazione di Cuma - Impianto di sollevamento Alveo Camaldoli e Licola Mare” e per “Cuma: Ristrutturazione statica e funzionale del collettore”.
I lavori anche questa volta però non si sa per quale motivo non sono partiti; pare che la Tme Spa Termomeccanica Ecologica,la ditta che doveva attuare i lavori,abbia presentato al Commissariato di governo un progetto lacunoso e erroneo. Fatto sta che i lavori non sono partiti, come risulta da un rapporto dell’ “ENEA” del 2001 l’impianto non risulta per nulla a norma con le normative vigenti ma anzi presenta carenze strutturali. Secondo il rapporto risulta che:
“·Non tutti i collettamenti fognari previsti dal progetto sono stati realizzati.
· Il canale di alimentazione impianto nel tratto finale risulta intasato da sabbie e da sedime in modo particolarmente grave[…]presenza di odori e pessime condizioni igieniche sanitarie.
· Presenza di scarichi abusivi di natura industriale
· Pretrattamenti di grigliatura e dissabbiatura fuori uso
· La centrale di cogenerazione e l’unità di desolforazione sono fuori esercizio.
[…]Il responsabile dell’impianto ci ha informato solo della presenza di nitriti al di sopra dei limiti consentiti.
In conclusione nel rapporto veniva ribadito circa lo stato generale delle opere:
· Obsolescenza delle opere e delle apparecchiature
· Cattivo stato di conservazione delle opere in esercizio
· Carenza di manutenzione straordinaria delle opere elettromeccaniche
Nel 2006 la regione ha stanziato nuovamente 63 milioni e 700 mila. La gara è stata vinta dal Consorzio "Uniter C.S. a r.l."e lo scopo dei lavori erano il risanamento statico dell’impianto,la progettazione di sistemi integrati di condotte a mare allo scopo di allontanare dal litorale le acque reflue e molti interventi per evitare che le acque malsane finissero nel lago d’Averno e sul litorale domitio.
Sempre nel 2006 si è poi conclusa la gara che era stata avviata nel 2003 dalla Regione per affidare la gestione dell’impianto, la gara è stata vinta dalla “Hidrogest Spa” che ha avuto in concessione l’impianto per quindici anni.
Ma i guai non sono finiti, infatti il sito è stato perquisito più volte dalla polizia Ecologica e nel 2009 durante un incontro tenutosi presso il municipio di Pozzuoli, cui hanno preso parte l'assessore all'ambiente del capoluogo flegreo, Michelangelo Luongo, alcuni tecnici dell'Asl e un rappresentante della Hydrogest, è stato ribadito che il che “l'impianto di Cuma non ha l'autorizzazione per lo scarico in mare e che a tutt'oggi non sono stati avviati i lavori per l'adeguamento dell'impianto” in quanto il depuratore non rispetta i limiti massimi di alcune sostanze chimiche contenute nei liquami che finiscono in mare dopo il trattamento presso l'impianto.
Insomma,siamo tornati al punto di partenza,è dal 1986 che l’impianto necessita di lavori di adeguamento che ad oggi (nel 2009 per chi non lo sapesse) non sono stati ancora effettuati.
Come se non bastasse il sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, ha di recente denunciato che anche «L’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli scarica i suoi rifiuti direttamente in mare, saltando l’impianto di depurazione»,il tutto dovuto al mancato funzionamento del derivatore di Toiano”.
Tutto questo scempio in una delle zone più belle della Campania,ricca di beni archeologici e paesaggistici. L’ecosistema di Cuma, il cui habitat naturale è ritenuto sito di importanza comunitaria (SIC) e zona di protezione speciale (ZPS), “comprende una vasta banda dunare caratterizzata da una vegetazione variegata e non esente da rarità; per quanto riguarda la fauna, molteplici sono le varietà di uccelli che vi trovano riparo, palustri e migratori, incluse talune specie rare quali aironi e cormorani”. C’è inoltre la possibilità che una specie al limite d’estinzione, la tartaruga caretta caretta sia minacciata.” L’intera area è stata altresì inserita nel parco Regionale dei Campi Flegrei e qualificata come “area di riserva generale” (zona B) e pertanto protetta da rigide regole che non dovrebbero essere violate. Nonostante tutto questo il malfunzionamento della struttura ha fatto si che tutta la fascia costiera interessata dallo sversamento nelle acque del depuratore ricevesse la Bandiera Nera di Legambiente,distruggendo ben 40 km di costa.
A questo agghiacciante resoconto c’è veramente poco da aggiungere.
Insomma,siamo tornati al punto di partenza,è dal 1986 che l’impianto necessita di lavori di adeguamento che ad oggi (nel 2009 per chi non lo sapesse) non sono stati ancora effettuati.
Come se non bastasse il sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, ha di recente denunciato che anche «L’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli scarica i suoi rifiuti direttamente in mare, saltando l’impianto di depurazione»,il tutto dovuto al mancato funzionamento del derivatore di Toiano”.
Tutto questo scempio in una delle zone più belle della Campania,ricca di beni archeologici e paesaggistici. L’ecosistema di Cuma, il cui habitat naturale è ritenuto sito di importanza comunitaria (SIC) e zona di protezione speciale (ZPS), “comprende una vasta banda dunare caratterizzata da una vegetazione variegata e non esente da rarità; per quanto riguarda la fauna, molteplici sono le varietà di uccelli che vi trovano riparo, palustri e migratori, incluse talune specie rare quali aironi e cormorani”. C’è inoltre la possibilità che una specie al limite d’estinzione, la tartaruga caretta caretta sia minacciata.” L’intera area è stata altresì inserita nel parco Regionale dei Campi Flegrei e qualificata come “area di riserva generale” (zona B) e pertanto protetta da rigide regole che non dovrebbero essere violate. Nonostante tutto questo il malfunzionamento della struttura ha fatto si che tutta la fascia costiera interessata dallo sversamento nelle acque del depuratore ricevesse la Bandiera Nera di Legambiente,distruggendo ben 40 km di costa.
A questo agghiacciante resoconto c’è veramente poco da aggiungere.
Il depuratore di Cuma risulta essere l’emblema di quanto di cattivo c’è nella nostra regione e in coloro che ci governano e ci hanno governato.
E’tutto compreso in pochi chilometri quadrati, non manca nulla:c’è l’incapacità e la disonestà di una intera classe politica,c’è lo spreco di danaro pubblico,c’è la violazione delle leggi sulla salvaguardia dell’ambiente,c’è l’infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti pubblici, c’è quel lassismo che permette che un’opera non sia completata dopo più di venticinque anni dalla sua costruzione,c’è il permissivismo di tutti coloro che dovevano controllare e che non lo hanno fatto,c’è l’assenza dello Stato e c’è il degrado,ma soprattutto c’è un senso di abbandono percepito da tutti quei cittadini che vivono nella melma…
Fonte:Free Campania
Fonte:Free Campania
Nessun commento:
Posta un commento