venerdì 14 novembre 2008
Taranto, la "Seveso del Sud" ora si ribella
Di PAMELA GIUFRÈ
TARANTO - Dalle canzoni di Caparezza alle leggi di Nichi Vendola. La diossina dell’Ilva suscita clamore e mobilita artisti e politici.
A rendere famosa questa micidiale sostanza inquinante sono stati prima gli studi sull'ambiente e i dati nazionali ed europei, poi l’orecchiabile testo di «Vieni a ballare in Puglia» che svela crude verità.
Verità raccontate in tv, scritte sui giornali, persino sulle riviste femminili di moda.
Ma di sicuro a suscitare maggiore clamore è lo schema di disegno di legge approvato dalla giunta regionale pugliese l’altro ieri.
Primo in Italia, questo ddl mira a ridurre i limiti previsti dalla legge italiana per la diossina.
Una buona notizia per tutti, ma le opinioni si dividono nel punto in cui il provvedimento prevede che i limiti di diossina dovranno scendere entro termini prefissati - 2,5 nanogrammi a metro cubo da aprile 2009 e 0,4 nanogrammi a metrocubo da gennaio 2011 -, altrimenti, in caso di mancato adempimento nei 60 giorni dalla scadenza, la Regione potrà sospendere l’attività dell’impianto siderurgico.
Ed è questa la maggiore preoccupazione dei tarantini che abbiamo intervistato ieri nel rione Tamburi: morire per il lavoro o vivere senza lavoro? «E' davvero difficile sapere cosa fare - dice Gianluca Festinante - quando ci sono in ballo la salute e l’occupazione». Gianluca ha u n’edicola in via Archimede. Dalla sua rivendita di giornali, se alza la testa vede le ciminiere dell’Ilva che «sbuffano»
nel cielo. Se l’abbassa vede invece la polvere rossastra che si posa su quotidiani e riviste. «Non è certo uno spettacolo piacevole - spiega - e mi rendo conto che le condizioni del quartiere sono pessime. Ai Tamburi c’è una pesante cappa nel cielo e sento la differenza d’aria. Ma come posso pretendere la chiusura del siderurgico? Troppe famiglie si mantengono grazie all’Ilva».
La legge regionale sulla diossina? «Se fosse stato così facile abbassare i livelli di diossina nel giro di quattro mesi appena, penso che gli stessi dirigenti dell’Ilva si sarebbero attivati per farlo. Qualche volta penso che l’unica soluzione sia quella di lasciare il quartiere. Ma non saprei dove andare. Di che vivere. La mia edicola in città sarebbe una tra tante. Qui invece mi conoscono tutti».
«Siamo nati in questo quartiere e non riusciamo ad immaginare un altro luogo dove vivere, anche se in giardino abbiamo la diossina » aggiunge un cliente. Mariano è giovane, ha un panificio nella zona ed è andato all’edicola per comprare le figurine a sua figlia. Le paga, ma prima di consegnarle alla bambina le ripulisce dalla polvere come ha già fatto Gianluca.
Giovane è anche Caterina Tasto, presidente della commissione Ambiente del quartiere e residente ai Tamburi. Tasto ha redatto un documento sulle condizioni ambientali del rione, in cui non si fa riferimento solo all’Ilva ma anche all’Agip e alla Cementir. A suo parere «mitigare l’inquinamento di origine industriale si può. E’ necessario realizzare un grande polmone verde mediante un’opera estesa di forestazione» dice Secondo Christian Scardicchio, biologo, «l'Ilva deve necessariamente riuscire a rispettare i parametri richiesti dalla Regione anche se attualmente si trova a livelli ben lontani».
E Giuseppe Corisi, consigliere di quartiere e già segretario del comitato cittadino permanente per l’ambiente nato nel 2001, sostiene: «Non si può lavorare per morire. Basterebbe chiudere l’area a caldo per ridurre notevolmente l’inquinamento».
Giovanni Cito, presidente dello stesso comitato, annuncia: «Rimetteremo in azione il comitato se sarà necessario. Non voglio la chiusura dell’Ilva. Non l’ho mai chiesta. E’ l'unica fonte economica del territorio. Ma è indispensabile provvedere al risanamento ambientale della città». «Intanto si è creato allarmismo tra la gente del quartiere - afferma Maria Lambiasi -. Vogliamo garanzie sulla nostra salute».
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
Di PAMELA GIUFRÈ
TARANTO - Dalle canzoni di Caparezza alle leggi di Nichi Vendola. La diossina dell’Ilva suscita clamore e mobilita artisti e politici.
A rendere famosa questa micidiale sostanza inquinante sono stati prima gli studi sull'ambiente e i dati nazionali ed europei, poi l’orecchiabile testo di «Vieni a ballare in Puglia» che svela crude verità.
Verità raccontate in tv, scritte sui giornali, persino sulle riviste femminili di moda.
Ma di sicuro a suscitare maggiore clamore è lo schema di disegno di legge approvato dalla giunta regionale pugliese l’altro ieri.
Primo in Italia, questo ddl mira a ridurre i limiti previsti dalla legge italiana per la diossina.
Una buona notizia per tutti, ma le opinioni si dividono nel punto in cui il provvedimento prevede che i limiti di diossina dovranno scendere entro termini prefissati - 2,5 nanogrammi a metro cubo da aprile 2009 e 0,4 nanogrammi a metrocubo da gennaio 2011 -, altrimenti, in caso di mancato adempimento nei 60 giorni dalla scadenza, la Regione potrà sospendere l’attività dell’impianto siderurgico.
Ed è questa la maggiore preoccupazione dei tarantini che abbiamo intervistato ieri nel rione Tamburi: morire per il lavoro o vivere senza lavoro? «E' davvero difficile sapere cosa fare - dice Gianluca Festinante - quando ci sono in ballo la salute e l’occupazione». Gianluca ha u n’edicola in via Archimede. Dalla sua rivendita di giornali, se alza la testa vede le ciminiere dell’Ilva che «sbuffano»
nel cielo. Se l’abbassa vede invece la polvere rossastra che si posa su quotidiani e riviste. «Non è certo uno spettacolo piacevole - spiega - e mi rendo conto che le condizioni del quartiere sono pessime. Ai Tamburi c’è una pesante cappa nel cielo e sento la differenza d’aria. Ma come posso pretendere la chiusura del siderurgico? Troppe famiglie si mantengono grazie all’Ilva».
La legge regionale sulla diossina? «Se fosse stato così facile abbassare i livelli di diossina nel giro di quattro mesi appena, penso che gli stessi dirigenti dell’Ilva si sarebbero attivati per farlo. Qualche volta penso che l’unica soluzione sia quella di lasciare il quartiere. Ma non saprei dove andare. Di che vivere. La mia edicola in città sarebbe una tra tante. Qui invece mi conoscono tutti».
«Siamo nati in questo quartiere e non riusciamo ad immaginare un altro luogo dove vivere, anche se in giardino abbiamo la diossina » aggiunge un cliente. Mariano è giovane, ha un panificio nella zona ed è andato all’edicola per comprare le figurine a sua figlia. Le paga, ma prima di consegnarle alla bambina le ripulisce dalla polvere come ha già fatto Gianluca.
Giovane è anche Caterina Tasto, presidente della commissione Ambiente del quartiere e residente ai Tamburi. Tasto ha redatto un documento sulle condizioni ambientali del rione, in cui non si fa riferimento solo all’Ilva ma anche all’Agip e alla Cementir. A suo parere «mitigare l’inquinamento di origine industriale si può. E’ necessario realizzare un grande polmone verde mediante un’opera estesa di forestazione» dice Secondo Christian Scardicchio, biologo, «l'Ilva deve necessariamente riuscire a rispettare i parametri richiesti dalla Regione anche se attualmente si trova a livelli ben lontani».
E Giuseppe Corisi, consigliere di quartiere e già segretario del comitato cittadino permanente per l’ambiente nato nel 2001, sostiene: «Non si può lavorare per morire. Basterebbe chiudere l’area a caldo per ridurre notevolmente l’inquinamento».
Giovanni Cito, presidente dello stesso comitato, annuncia: «Rimetteremo in azione il comitato se sarà necessario. Non voglio la chiusura dell’Ilva. Non l’ho mai chiesta. E’ l'unica fonte economica del territorio. Ma è indispensabile provvedere al risanamento ambientale della città». «Intanto si è creato allarmismo tra la gente del quartiere - afferma Maria Lambiasi -. Vogliamo garanzie sulla nostra salute».
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
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