sabato 25 ottobre 2008

Gassogeno: Ricordo di quando le auto andavano ad... alcol del legno.



Ricevo e posto dall'amico Mallamaci queste interessanti considerazioni, e relative specifiche tecniche....( a proposito del protocollo di Kyoto, del caro benzina, delle centrali nucleari,della crisi economica e della fame del mondo denunciata per altro anche nell'ultimo convegno della Fao.......)


Di Duccio Mallamaci


Tanto, tanto tempo fa,… nei lontani anni quaranta, quando ero bambino, prima che la guerra finisse e prima della bomba atomica, ricordo… che i camion, le auto, gli autobus, i tram… andavano… ad alcol!... Possibile?...
Ma noo!... Ma è un asino che vola!... È una bugia!
Beh!... Forse, è una bugia!...
Ma, eppure, io ricordo:….

Quanto segue attesta che il metanolo, o alcol metilico o alcol del legno, può essere usato in autotrazione invece dell’etanolo o alcol etilico o alcol del vino.
Il potere calorifico specifico dell’alcol metilico è maggiore di quello etilico; il costo di produzione dell’alcol metilico è minore di quello etilico.
Il materiale da cui si estrae l’alcol metilico è il legno ed i suoi analoghi materiali: segatura, paglia, foglie secche, che costano molto, molto meno dei materiali necessari per la produzione dell’alcol etilico: vino, birra, grano, mais, patate, ecc.

È evidente che le ultime direttive ecologiche, raccomandate e prese ad alti livelli decisionali mondiali per l’incremento della produzione dell’”etanolo” per automobili, autocarri, ecc. dal mais, dalla soia, ed altri prodotti alimentari, senza mai neanche minimamente menzionare il suo analogo succedaneo e molto più economico ed efficace “metanolo”, è un vero e proprio imbroglio teso a far lievitare i prezzi mondiali del cibo per far soffrire la fame a centinaia di milioni di esseri umani ogni giorno nel mondo, ed a farne morire di fame milioni in più ogni anno.

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Da MoviSol
Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà


15 maggio 2006 – Da un po' di tempo a questa parte negli USA si moltiplicano gli interventi a favore di una presunta alternativa al petrolio e al gas naturale. Questa alternativa sarebbe rappresentata dall'etanolo, ovvero l'alcool ottenuto dalla lavorazione (fermentazione) di biomasse di vario genere, in particolare mais.

Da un punto di vista scientifico ed economico, ciò rappresenta innanzitutto una distrazione dalle vere urgenze nel settore automobilistico (necessità di reimpiegare la capacità produttiva perduta del settore nella realizzazione di progetti infrastrutturali) e nel campo energetico, rappresentate dalla necessità di nuovi impianti nucleari di ultima generazione e dalla ricerca nel campo della fusione nucleare. In secondo luogo si tratta di una vera e propria bufala in quanto stiamo parlando di tecnologie a perdita netta di energia nell'intero ciclo produttivo.

Purtroppo però, negli ultimi tempi personalità come Bill Ford, presidente della Ford Motors, General Motors e Chrysler (in passato anche autore di una interessante presa di posizione sulla necessità di reimpiegare la capacità produttiva perduta del settore auto USA), hanno dato vita ad una Apollo Alliance, un progetto per la promozione di queste anti-tecnologie finanziata dalla fondazione Rockefeller Financial Services e la Ford Foundation, in combutta con altre iniziative come la Alliance for Climate Protection di Al Gore ed altre organizzazioni neo-con come la Set America Free coalition.Quest'ultima organizzazione conta su personaggi molto vicini all'attuale amministrazione USA come l'ex direttore della CIA James Woolsey, Daniel Pipes e Meyrav Wurmser. Dietro questa propaganda c'è anche l'Institute for American Future, finanziata da Soros.Pertanto gli stesi falchi che premono sull'acceleratore della guerra (anche nucleare) e promuovono l'apartheid tecnologico nei confronti dei paesi in via di sviluppo, in casa promuovono il ritorno ad una società di tipo feudale a bassa tecnologia.Il seguente articolo tratto dalla rivista Executive Intelligence Review, fornisce alcuni dati scientifici che mostrano la falsità della presunta svolta “alcoolistica."


12 maggio 2006 L'Etanolo assorbe più energia di quella che produce

Di Marjorie Mazel Hecht

La verità sull'etanolo, il meraviglioso carburante che si vorrebbe il sostituto della dipendenza degli USA dal “petrolio straniero”, è che occorre più energia per produrlo, di quanta il carburante di etanolo risultante possa fornire. Inoltre, per rimpiazzare il petrolio importato con l'etanolo, occorrerebbe coprire più della metà della superficie terrestre degli Stati Uniti con colture di mais o altre biomasse.

Uno degli argomenti più forti contro l'uso dell'etanolo viene dal professor David Pimentel della Cornell University, un difensore di vecchia data della “bassa tecnologia”.

Questi, insieme ad un suo collega, Tad W. Patzek, professore di ingegneria civile e ambientale, presso l'Università della California a Berkeley, ha condotto una dettagliata analisi sui rapporti tra input e guadagno di energia nella produzione di etanolo da mais, “switchgrass” (una specie di foraggio nativo del Nord America - ndr) e biomasse di legno.

Le loro scoperte, pubblicate su Natural Resources Research (Vol. 14, No. 1, marzo 2005, pagg. 65-76), sono:o L'etanolo dal mais richiede il 29% in più di energia da carburante fossile rispetto al carburante prodotto;o L'etanolo da “switchgrass” richiede il 45% in più di energia da carburante fossile rispetto al carburante prodotto;o L'etanolo dalle biomasse di legno richiede il 57% in più di energia da carburante fossile rispetto al carburante prodotto.

Pimentel e Patzek hanno considerato l'energia usata per produrre il mais, il che include la produzione di pesticidi e fertilizzanti, macchine agricole, irrigazione e trasporto, più l'energia necessaria per distillare l'etanolo.Come ha detto Pimentel al servizio stampa della Cornell University nel luglio 2005, “Non c'è proprio nessun beneficio nell'usare biomasse per il carburante liquido. Queste strategie non sono sostenibili...

La produzione di etanolo richiede un largo uso di energia fossile, e perciò contribuisce all'importazione di petrolio e gas naturale e al deficit USA.”Pimentel ha calcolato che occorrono circa 131.000 BTU (Unità Termiche Britanniche) per fare un gallone di etanolo (circa 4 litri- ndr), ma un gallone di etanolo ha un valore energetico di sole 77.000 BTU, una perdita netta di 54.000 BTU per gallone.

Pimentel e Patzek non hanno incluso nei loro calcoli il costo dei sussidi federali e statali che sono elargiti alle grandi aziende produttrici di energia da biomasse. Da notare che Pimentel sostiene l'uso di biomasse solo per il riscaldamento domestico e non per la produzione di carburante liquido.Non è tuttoMa non è tutto.

Anche gli entusiasti della produzione di etanolo, come l'ex direttore della CIA James Woolsey, notano che il maggiore ostacolo alla sostituzione della benzina con l'etanolo è il suo “alto costo di produzione” e il fatto che richieda “ampi sussidi.” Woolsey ed altri puntano sulla nuova ricerca in ingegneria genetica che dovrebbe sviluppare speciali microbi per far fermentare il mais e le altre biomasse. Ma a Woosley e soci sfugge l'elefante dell'etanolo che siede in mezzo ai loro argomenti: l'uso del suolo.Il dottor Howard Hayden, professore emerito dell'università del Connecticut ed editore della newsletter The Energy Advocate, nota in un articolo sul numero di primavera 2006 della rivista 21st Century Science & Technology, che “per produrre etanolo per tanta energia quanta ne usiamo per i trasporti, richiederebbe 1,1 miliardi di acri dedicati alla produzione di mais ad alto rendimento, con tutte le cose che gli ambientalisti odiano: fertilizzanti, irrigazione, e pesticidi. Ciò equivale a circa 1,8 milioni di miglia quadrate, circa il 51% della superficie terrestre dei 50 stati.”Questo enorme utilizzo del suolo non preoccupa le molte aziende che sono intossicate dalla prospettiva dei sussidi governativi per distillare alcool come carburante.

Il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti ha annunciato ad aprile che un'azienda della Florida, la Progress Energy Florida, ha firmato un contratto venticinquennale per comprare energia da un impianto a “biomassa erbacea”da 130 megawatt nella Florida centrale, il quale riceverà un sussidio governativo per i prossimi dieci anni.In Georgia, un'altra azienda di energia alternativa, la Earth Resources, progetta un impianto energetico a escrementi di pollo (tecnologia per la quale è stata finanziata con un milione di dollari dal Ministero dell'Agricoltura USA).
Altre compagnie stanno aprendo la strada all'uso di letame di vacca con sussidio governativo.

In California, lo stato da lungo tempo leader in schemi energetici anti-economia-fisica, il Governatore Arnold Schwarzenegger ha firmato da poco un ordine esecutivo che stabilisce il traguardo di produrre il 20% dei 900 milioni di galloni di bio-carburante consumati in un anno nello stato all'interno dello stato stesso entro il 2010, arrivando al 40% entro il 2020 e al 75% per il 2050. L'ordine richiede inoltre che le biomasse forniscano il 20% dell'elettricità generata per andare incontro alle richieste di energia rinnovabile dello stato - un vero perdente di energia.

Allo stesso tempo, gruppi ambientalisti della California citano un rapporto dell'Università della California che dimostra come l'uso di etanolo risulterebbe in una più alta concentrazione di inquinanti tossici nell'aria.L'odierna spinta verso l'etanolo deriva direttamente dalla controcultura, inflitta agli USA circa trent'anni fa, con la promozione di una società post-industriale e l'abbandono della scienza e della tecnologia.

La realtà e l'economia fisica sono divenute irrilevanti e, come nella “Neolingua” del romanzo 1984 di Orwell, “più” è diventato “meno”. Da qui la popolarità dell'etanolo e il non-sviluppo di tecnologie avanzate (fissione e fusione nucleare) che possano fornire energia ad una società industriale.
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La rete urbana degli autobus
L'alimentazione a gasogeno sugli autobus dell'ATAG
dal 1934 al 1944
di Vittorio Formigari e Mauro Di Pietrantonio

Un gasogeno per la produzione di gas povero, almeno per le applicazioni all’autotrazione, può essere alimentato a legna o a carbone. Per gli autobus romani fu sistematicamente utilizzato solo il primo tipo (generatori su licenza Imbert, Eva e Dux), mentre il generatore a carbone su licenza Nostrum trovò un applicazione sperimentale dapprima sul Lancia Omicron 867, e quindi sull'ultima serie dei Fiat 656 entrati in servizio nel 1936, autobus che però risultano convertiti a gasolio già nel 1940. L'alimentazione a gassogeno, che fu utilizzata anche per gli autocarri, si rivelò da subito fonte di problemi a non finire per lo scarso rendimento e la difficoltà di provvedere e conservare le scorte di carburante, ma nonostante gli inconvenienti e i maggiori costi di esercizio fu imposta per la volontà di Mussolini di staccare gradualmente il Paese dal ricatto delle importazioni, nel caso specifico dei carburanti, il cui costo era comunque andato crescendo per le conseguenze della crisi economica mondiale del 1929.
La produzione del gas d’acqua si basa essenzialmente sull’azione dell’acqua sul carbone, portato ad una conveniente temperatura. L’acqua passa allo stato di vapore e si dissocia fornendo ossigeno, che si combina con il carbonio dando luogo ad ossido di carbonio e idrogeno. La miscela così ottenuta di ossido di carbonio e biossido di carbonio costituisce appunto il gas d’acqua con cui si alimenta il motore.
Il primo autobus romano con alimentazione a gassogeno fu messo in circolazione sperimentale dal 20 agosto 1934 sulla linea CP. La vettura prescelta per l'esperimento fu un Lancia Omicron corto a benzina, la vettura B.1001 che, per l'occasione, fu reimmatricolata G.1001. Per la sua trasformazione (col generatore brevetto Imbert), si rese anzitutto necessario intervenire sullo sbalzo posteriore (lo sbalzo è la parte del telaio successiva alle ruote), dotandolo di un piano di lamiera dotato di un incavo, necessario per sorreggere il corposo alimentatore necessario a questo sistema assurdo. Radicale fu la trasformazione del motore, l'usuale Lancia-Junkers di derivazione sportiva caratteristico di questi veicoli, del quale fu notevolmente aumentato il rapporto di compressione con dei pistoni di maggiori dimensioni.
Nell'impianto elettrico, allo scopo di poter vincere la maggiore resistenza prodotta dall'aumentato rapporto di compressione, l'usuale motorino di avviamento da 12 volt è sostituito con un nuovo motorino da 24 volt alimentato da due batterie da 12 volt normalmente connesse in parallelo ma che si mettono in serie quando si preme il bottone della messa in moto.
Allo scopo di ottenere un movimento delle ruote quasi identico a quello ottenuto col motore a benzina fu necessario aumentare il rapporto di trasmissione.

Varie sistemazioni del generatore (Lancia Omicron e Alfa 110-AG).
Il generatore del gasogeno, sistemato posteriormente, contiene internamente un serbatoio cilindrico nella parte alta e terminante in basso con due coni rovesciati uniti per il diametro più piccolo: il legno, in piccoli pezzi irregolari del volume medio di mezzo decimetro cubo e con un preciso tasso di umidità, viene caricato dall'alto fino a riempire completamente un secondo recipiente, interno al serbatoio. Quest'ultimo è immerso parzialmente con uno strato di carbone di legna che occupa il fondo del serbatoio e che, nella parte più stretta, è dotato di cinque aperture da cui viene immessa l'aria necessaria alla combustione. L'aria viene aspirata da apposite valvole, che entrano in funzione contemporaneamente all'accensione dell'apparato. L'aspirazione è provocata dal richiamo di gas da parte del motore. L'ossido di carbonio attraversa lo strato di carbone, che pur portato a temperatura elevata non brucia, mentre durante questo passaggio il biossido di carbonio prosegue il suo percorso verso il motore.
Durante questo processo l'acqua contenuta nella legna, portata ad altissima temperatura, si trasforma in vapore, e quest'ultimo, attraversando il punto di maggior calore, si dissocia fornendo ulteriore ossido di carbonio, che prosegue verso il motore assieme all'idrogeno e ai gas inerti. Passati in una camera di calma, i gas raggiungono finalmente il miscelatore, apparato che fa le veci dell’ordinario carburatore: qui il gas è miscelato con la quantità d’aria necessaria alla combustione nei cilindri.
Altri componenti dell'apparato sono:
· VASCA DI CONDENSA - Raccoglie attraverso un apposito tubo i prodotti della distillazione del legno che si condensano nella parte superiore del generatore;
· DEPURATORE CENTRIFUGO FISSO - Il gas prodotto, all'uscita del generatore, attraversa detto depuratore, dove è costretto per la forma delle pareti a compiere un movimento rotatorio: di conseguenza le particelle pesanti (la cenere prodotta dalla combustione della legna), battono nelle pareti e cadono in un apposito recipiente (che viene chiamato CINERARIO);
· RAFFREDDATORI - Consistono in un fascio di tubi percorsi internamente dal gas e raffreddati esternamente dall'aria.
· CONDENSATORE E FILTRO - Vi giungono tre condotti, uno adduttore proveniente dal generatore, e due aspiratori, di cui uno alimenta il motore e l'altro serve per il suo avviamento. E' composto da una camera che viene riempita di paglia di legno, che funziona da filtro.
Per l'avvio del generatore e del motore si devono inizialmente lasciare chiuse le prese d'aria ed avviare l'impianto che aspira il gas verso il motore. L'aspiratore si apre premendo a fondo il pedale acceleratore, così che all'interno dell'impianto si provochi un improvviso e repentino richiamo d'aria attraverso le prese che erano state inizialmente lasciate chiuse. A questo punto è necessario avvicinare uno straccio acceso alla valvolina di accensione in modo da non ostruire il foro, in una posizione che, verso il basso, consenta all'aspirazione in corso di attrarre la fiamma verso l'interno ed avviare la combustione della legna. Nel tempo di un minuto la legna dovrebbe prendere fuoco, mentre ne basterebbero cinque per la produzione di gas buono per l'avviamento del motore, ma il condizionale è d'obbligo, dal momento che l'avvio della combustione di legna umida in tale lasso di tempo appare quantomeno improbabile nonostante la fortissima aerazione, ed anche all'avvio della combustione stessa sembra che i minuti necessari all'avvio del motore siano sempre stati ben più dei cinque indicati nel manuale di gestione e manutenzione dei gasogeni. A prescindere dal tempo necessario quando l'alimentatore inizia la produzione di gas buono è necessario premere nuovamente a fondo il pedale acceleratore, per mantenere alta e costante l'aspirazione del gas stesso verso il motore nel momento della messa in moto, particolarmente difficoltosa per l'elevato rapporto di compressione del motore.

Tutte queste operazioni devono essere effettuate ogni giorno, e per ogni singolo autobus in uscita, (immaginiamo con quanta gioia del personale incaricato, e con quali invettive nei confronti dell'innovazione nazionale e di colui che ne era stato più o meno direttamente il fautore), ma non meno laboriose sono quelle da effettuarsi al termine del servizio e nell'ordinaria manutenzione dell'impianto.
In primo luogo è necessario ad ogni rientrata, e sempre per ogni singolo autobus, svuotare la vasca di condensa, dove si è accumulata l'acqua distillata dal vapore sulle pareti interne del generatore. Durante le ore notturne deve inoltre essere effettuato il rifornimento di legna per il servizio del giorno successivo, ma per far ciò è anzitutto necessario rimuovere quella eventualmente avanzata dal giorno precedente: l'operazione deve essere effettuata con un apposito strumento di metallo da manovrare dalla cima del generatore. Sempre a cadenza quotidiana, come per il rifornimento, si deve intervenire sul fondo del serbatoio per rimuovere la polvere di combustione e le impurità, rimuovendo e reimmettendo il carbone ivi contenuto, curando eventualmente di colmare il livello dello strato all'altezza delle cinque aperture da cui viene immessa l'aria necessaria alla combustione.
Il manuale di gestione e manutenzione dei gasogeni prescrive inoltre alcune operazioni periodiche:
· ogni due giorni: apertura dei depuratori ed estrazione della componentistica interna, che deve essere scrollata dalla polvere e accuratamente lavata sotto getti di acqua corrente. Prima di rimetterli a posto si deve inoltre provvedere la pulizia dei cilindri interni con uno straccio morbido asciutto;
· ogni 1000 Km: lavaggio completo ed accurato dei refrigeratori e delle condotte di alimentazione;
· ogni 2000 Km: sostituzione completa del carbone, previo lavaggio del serbatoio che lo contiene, e revisione completa di tutto l'apparato.
Per gli autobus con motore a gasolio la trasformazione si rivelò ben più complessa. Per la conversione di un motore Alfa Romeo F6-M317 si rese infatti necessario:
ridurre il rapporto di compressione e sostituzione completa della testata, dovendosi anche ottenere le sedi per le candele;
sostituire tutto il complessivo di alimentazione, pompa di iniezione compresa, con un carburatore e relativi condotti;
montare un magnete di accensione;
aumentare la cilindrata da 11.500 a 12.517 cm3, portando l’alesaggio da 120 a 125 mm;
alleggerire le bielle e bilanciare l’albero motore per la maggior velocità che avrà il motore, passando da 1500 a 1750 giri/min;
ridurre il rapporto al ponte da 25/35 a 25/40 sostituendo la corona.
Queste complicazioni lasciano intendere il motivo per cui la trasformazione degli autobus diesel si fermò alle sole due vetture 3101 e 3103 (Alfa Romeo 80N). Com'è facile immaginare la gestione degli autobus a gassogeno è comunque tutt'altro che semplice, e questo perché alle complicazioni che si sono fin qui descritte occorre aggiungerne altre: c’è innanzitutto la questione del combustibile, che deve essere legna tagliata nella citata pezzatura media di mezzo decimetro cubo, non troppo secca, anzi con un ben definito contenuto di umidità per poter dare l’acqua necessaria alla formazione del gas, e ne occorrono circa 120 kg per riempire il generatore di un Lancia Omicron al quale, tra l’altro, neanche sono sufficienti per l’intero turno giornaliero, obbligando a rientri in deposito per un secondo rifornimento. Con la massiccia diffusione di questi veicoli si pose l'ulteriore problema di trovare lo spazio per la conservazione delle scorte di legna e carbone. Tenuto conto che ogni autobus consuma non meno di 120 Kg di legna al giorno (che occupa uno spazio ben maggiore del fusto che può contenere la benzina necessaria per produrre la stessa energia), l'azienda si trovò costretta a locare magazzini dislocati in vari punti della città, tutti a ridosso della rete tranviaria, laddove poteva essere installato un antistante binario di raddoppio.
Per il trasporto del carburante dai magazzini alle rimesse fu poi necessario predisporre un servizio quotidiano di treni composti da un locomotore e da vari carri merci, che vengono caricati sui binari di raddoppio per non ostacolare il servizio viaggiatori. Per logica conseguenza fu necessario assegnare le vetture a gassogeno a quei depositi dotati internamente di binari (Officine Centrali, Deposito del Littorio per un breve periodo, Trionfale, Portonaccio, etc), tanto che ad un certo punto si pensò anche alla possibilità di riattivare l'esercizio dell'autorimessa Santa Croce, ex deposito tranviario che poteva in breve tempo essere nuovamente raccordato alla rete nell'omonima piazza.

L'esercizio delle linee ordinarie coi veicoli a gasogeno si rivelò da subito fonte di numerosi problemi. Lo scarso rendimento del motore, che si traduceva in una velocità di marcia piuttosto bassa (meno di 20 Km/h nei numerosi tratti in pendenza di una città collinare qual'è Roma), l'insufficienza del carico massimo di 120 Kg di combustibile all'intero esercizio giornaliero, ed ancora i numerosi guasti cui era soggetto il generatore comportarono numerosi (ed onerosi), cambiamenti nelle modalità di esercizio. Fu anzitutto necessario spezzare in due il servizio giornaliero delle vetture che dovevano prestare servizio per l'intera giornata: le tabelle di marcia che prevedevano l'avvicendamento di tre conducenti su turni interi o più di tre nel frequente caso dei turni di servizio frazionati su due vetture diverse, furono "spezzate" isolando il primo o l'ultimo dei turni (rispettivamente mattina/prima uscita e bussolotto/terzo turno). Avveniva così che al cambio ad avvicendarsi erano non solo autista e fattorino, ma anche la vettura, con l'autista smontante che doveva ricondurre in rimessa quella giunta al limite della scorta di combustibile.
Fu inoltre necessario rivedere i tempi di percorrenza delle linee esercitate con queste vetture, dal momento che all'estrema lentezza si aggiungeva il problema della sosta al capolinea. Basandosi l'intero processo sulla combustione della legna a mezzo di fiamme vive la mancata aspirazione del gas verso il motore rendeva ovviamente insufficiente quella dell'aria necessaria al loro mantenimento e alimentazione, col risultato che in tutti i casi di sosta - a prescindere dal motivo - il processo di combustione andava naturalmente sopendosi. Secondo le istruzioni aziendali il motore poteva essere semplicemente rimesso in moto - o si poteva comunque riprendere la marcia - se la sosta non durava più di quindici minuti (dovendosi per contro ripetere tutta la procedura di accensione per le soste superiori), ma all'atto pratico ci si rese conto che una pur minima diminuzione dell'intensità delle fiamme portava a una sensibile riduzione della densità del gas necessario all'azionamento del motore, quel tanto che bastava a non poter più vincere la maggiore resistenza dell'elevato rapporto di compressione. Il problema non poteva essere risolto azionando la ventilazione elettrica, per il mancato sfogo dell'enorme quantitativo di aria da questa aspirata, e furono quindi impartite varie disposizioni poi unificate nell'ordine di servizio n. 72 del 25 gennaio 1938, recante "Istruzioni sulla condotta degli autobus a Gassogeno".
Tale ordine di servizio fu addirittura distribuito in copia ad ogni singolo conducente, che attestò di averlo ricevuto mediante firma su un apposito elenco, e vale la pena di riportarlo testualmente:

"Si è dovuto rilevare che non tutti gli autisti adibiti alla guida di autobus a gassogeno si attengono a quelle norme che sono indispensabili per il buon funzionamento del tipo di vetture in oggetto.
Si tenga presente che quanto più vivo ed energico è il regime di giri del motore a gassogeno, tanto migliore ne è il funzionamento. Pertanto nella guida degli autobus a gassogeno si osservino le seguenti norme:

1) quando per ragioni di traffico stradale, o per altre ragioni, la velocità della vettura deve essere limitata, marciare in terza velocità anziché in prima, anche in discesa, allo scopo di mantenere alto il numero dei giri;

2) Dopo le fermate spostare sempre il cambio in prima.

Si rammenta inoltre ai guidatori che ogni qualvolta una vettura provvista di carburante ausiliario si fermi per deficienza del gassogeno, allo scopo di riprendere al più presto la corsa coi viaggiatori, si deve subito mettere in funzione il carburatore di emergenza colle modalità e norme prescritte in precedenti ordini di servizio.
Le soste al capolinea furono ridotte al minimo, con l'ulteriore prescrizione che obbligava l'autista a premere il pedale acceleratore con la marcia in folle ogni due minuti, in modo da mantenere vive le fiamme, ma le prescrizioni ora illustrate sull'uso della terza marcia crearono non pochi problemi nell'usura del motore, col che ben lungi dal risolvere i problemi ci si trovò ad affrontarne altri e ben più gravosi.
Con la massiccia introduzione dei veicoli a gassogeno, avvenuta nel periodo 1935-1937, l'impossibilità di poter assicurare l'intero servizio giornaliero con un carico unico di legna portò poi all'installazione di quel secondo carburatore richiamato nello stesso ordine di servizio, che avrebbe consentito alla vettura di percorrere alcuni Km pur con l'alimentatore ordinario fermo. Il comunicato aziendale lo giustifica con la necessità di ricondurre la vettura in rimessa in caso di guasti o di insufficiente alimentazione, ma appare fin troppo ovvio che questa piccola riserva è finalizzata anche (se non soprattutto), ad assicurare il rientro dell'autobus al termine della scorta di carburante. Il secondo carburatore viene applicato al conduttore d'aspirazione, al di sopra del miscelatore. La scorta di carburante è sistemata in un apposita vasca nella cabina del conducente, dotata di un rubinetto piombato. L'entrata in funzione di un impianto esclude automaticamente l'altro, e per l'utilizzo del carburatore di riserva occorre anzitutto intervenire sul motore, sganciando l'asta di collegamento del pedale acceleratore al collettore di aspirazione del gas: utilizzando un apposito prolungamento (un ulteriore attrezzo aggiunto a quelli già elencati), il meccanismo dell'acceleratore deve essere agganciato alla speciale valvola a farfalla che regola l'aspirazione del gas dall'impianto di riserva. Si deve quindi intervenire sulla valvola del carburatore di emergenza, aprendola quel tanto che basta ad assicurare un leggero aumento del numero di giri minimo del motore, e quindi si spiomba il rubinetto della vasca che contiene la riserva di carburante. L'avvio del motore si ottiene con le medesime operazioni già descritte per l'avviamento in rimessa, ma a messa in moto avvenuta è necessario intervenire nuovamente sulla regolazione del minimo, manovrando l'apposita valvola e la sua vite di arresto.
Le vetture cosi modificate risultano al 19 maggio 1937 essere i Lancia Omicron dotati di generatore su licenza Imbert 679, 689, 691, 803, 823, 825, 843, 865, 875, 881, 887, 893, 1235. Dal successivo 15 ottobre, onde permetterne un immediata identificazione, al centro del cofano di queste vetture viene dipinto un cerchio bianco del diametro di 14 cm, recante in nero le lettere CR (Carburatore di Riserva), distribuite sui due lati del cofano stesso.

Le squadre di pronto intervento per i guasti in linea si trovarono alle prese con un consistente numero di attrezzi aggiunti per il soccorso dei veicoli a gassogeno, attrezzi che naturalmente furono dati in dotazione anche ai depositi e che vale la pena di elencare:
un attizzatoio, una scaletta di ferro a pioli di conveniente altezza e non meno di due sacchi contenenti ciascuno 50 Kg di legna pronta all'uso;
un asta di ferro di conveniente lunghezza a raggiungere il fondo del serbatoio, per la sistemazione e il livellamento della legna appena versata;
un attizzatoio del tipo usuale per i caminetti, per rinvigorire la combustione della legna dalla valvolina di accensione;
una paletta a cartoccio per la sistemazione e il livellamento dello strato di carbone;
una chiave quadra per l'apertura e la chiusura dei vari sportelli dell'alimentatore;
una chiave a tubo per l'apertura e la chiusura dei vari sportelli d'ispezione e controllo dell'impianto;
un paio di pinze universali;
un martello del peso non inferiore di mezzo Kg;
guarnizioni per il coperchio generatore, per la vasca di condensa e per le portine d'ispezione in quantitativo variabile;
un piccolo recipiente in lamiera per contenere il carbone eventualmente estratto;
uno o più secchielli contenitori;
Come si può ben immaginare l'impiego dell'alimentazione a gassogeno non portò mai alcun vantaggio all'esercizio della rete, ed anzi complicò in ogni modo possibile la vita del personale tecnico e di guida, aumentando nel contempo le spese di esercizio delle linee esercitate con questi veicoli. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania, con le consistenti riduzioni del servizio tranviario per esigenze di risparmio dell'energia elettrica, fu drasticamente ridotto il servizio di trasporto del combustibile alle rimesse, e ai capolinea furono installate delle cabine dotate dell'attrezzatura necessaria per il secondo rifornimento della vettura, compito assegnato all'autista col premio di una lira per ogni rifornimento effettuato. Il combustibile necessario al secondo rifornimento è dato in consegna con la vettura e con la chiave necessaria per aprire la cabina dove viene conservato durante il servizio. La successiva carenza di pneumatici e di lubrificanti non risparmiò nemmeno i veicoli a gassogeno dalla sospensione quasi totale del servizio autobus attuata successivamente all'occupazione tedesca di Roma (settembre 1943), ed anzi l'azienda indirizzò i propri sforzi unicamente verso le vetture alimentate a benzina o a gasolio, col risultato che l'ultimo autobus a gassogeno di Roma circolò in regolare servizio il 23 aprile 1944.
È da notare che nel parco ATAG abbiamo tre gruppi di autobus costruiti in fabbrica direttamente con alimentazione a gasogeno, i Fiat 656-RG 1701-1747 (motore 656-G), i Lancia Omicron 1801-1849 (motore 77) e gli Alfa Romeo 110-AG 3259-3307 (motore AG-6). Ai primi fu applicato un generatore di gas a carbone anziché a legna, ma l’invenzione, che dette subito ai veicoli il nome di autobus a carbonella, forse anche per la difficoltà di trovare il carbone, non ebbe successo; gli altri furono invece dotati di usuale gasogeno a legna. In tutti i casi la trasformazione inversa, per l’alimentazione a gasolio, avvenuta per i primi tra il 1939 e il 1940 e per gli altri a guerra finita, avrebbe comportato per ogni rotabile all’incirca la stessa mole di lavoro che abbiamo visto per la trasformazione del motore F6-M317; appare quindi comprensibile che con la cessazione delle ostilità e il venir meno della volontà di un singolo uomo - seppure con maggiore sforzo sia tecnico che economico - la conversione dei gassogeni si sia indirizzata da subito alla completa sostituzione del motore e alla rimozione dell'alimentatore.

Per saperne di più:
Gassogeno
Metanolo
Etanolo
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Ricevo e posto dall'amico Mallamaci queste interessanti considerazioni, e relative specifiche tecniche....( a proposito del protocollo di Kyoto, del caro benzina, delle centrali nucleari,della crisi economica e della fame del mondo denunciata per altro anche nell'ultimo convegno della Fao.......)


Di Duccio Mallamaci


Tanto, tanto tempo fa,… nei lontani anni quaranta, quando ero bambino, prima che la guerra finisse e prima della bomba atomica, ricordo… che i camion, le auto, gli autobus, i tram… andavano… ad alcol!... Possibile?...
Ma noo!... Ma è un asino che vola!... È una bugia!
Beh!... Forse, è una bugia!...
Ma, eppure, io ricordo:….

Quanto segue attesta che il metanolo, o alcol metilico o alcol del legno, può essere usato in autotrazione invece dell’etanolo o alcol etilico o alcol del vino.
Il potere calorifico specifico dell’alcol metilico è maggiore di quello etilico; il costo di produzione dell’alcol metilico è minore di quello etilico.
Il materiale da cui si estrae l’alcol metilico è il legno ed i suoi analoghi materiali: segatura, paglia, foglie secche, che costano molto, molto meno dei materiali necessari per la produzione dell’alcol etilico: vino, birra, grano, mais, patate, ecc.

È evidente che le ultime direttive ecologiche, raccomandate e prese ad alti livelli decisionali mondiali per l’incremento della produzione dell’”etanolo” per automobili, autocarri, ecc. dal mais, dalla soia, ed altri prodotti alimentari, senza mai neanche minimamente menzionare il suo analogo succedaneo e molto più economico ed efficace “metanolo”, è un vero e proprio imbroglio teso a far lievitare i prezzi mondiali del cibo per far soffrire la fame a centinaia di milioni di esseri umani ogni giorno nel mondo, ed a farne morire di fame milioni in più ogni anno.

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Da MoviSol
Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà


15 maggio 2006 – Da un po' di tempo a questa parte negli USA si moltiplicano gli interventi a favore di una presunta alternativa al petrolio e al gas naturale. Questa alternativa sarebbe rappresentata dall'etanolo, ovvero l'alcool ottenuto dalla lavorazione (fermentazione) di biomasse di vario genere, in particolare mais.

Da un punto di vista scientifico ed economico, ciò rappresenta innanzitutto una distrazione dalle vere urgenze nel settore automobilistico (necessità di reimpiegare la capacità produttiva perduta del settore nella realizzazione di progetti infrastrutturali) e nel campo energetico, rappresentate dalla necessità di nuovi impianti nucleari di ultima generazione e dalla ricerca nel campo della fusione nucleare. In secondo luogo si tratta di una vera e propria bufala in quanto stiamo parlando di tecnologie a perdita netta di energia nell'intero ciclo produttivo.

Purtroppo però, negli ultimi tempi personalità come Bill Ford, presidente della Ford Motors, General Motors e Chrysler (in passato anche autore di una interessante presa di posizione sulla necessità di reimpiegare la capacità produttiva perduta del settore auto USA), hanno dato vita ad una Apollo Alliance, un progetto per la promozione di queste anti-tecnologie finanziata dalla fondazione Rockefeller Financial Services e la Ford Foundation, in combutta con altre iniziative come la Alliance for Climate Protection di Al Gore ed altre organizzazioni neo-con come la Set America Free coalition.Quest'ultima organizzazione conta su personaggi molto vicini all'attuale amministrazione USA come l'ex direttore della CIA James Woolsey, Daniel Pipes e Meyrav Wurmser. Dietro questa propaganda c'è anche l'Institute for American Future, finanziata da Soros.Pertanto gli stesi falchi che premono sull'acceleratore della guerra (anche nucleare) e promuovono l'apartheid tecnologico nei confronti dei paesi in via di sviluppo, in casa promuovono il ritorno ad una società di tipo feudale a bassa tecnologia.Il seguente articolo tratto dalla rivista Executive Intelligence Review, fornisce alcuni dati scientifici che mostrano la falsità della presunta svolta “alcoolistica."


12 maggio 2006 L'Etanolo assorbe più energia di quella che produce

Di Marjorie Mazel Hecht

La verità sull'etanolo, il meraviglioso carburante che si vorrebbe il sostituto della dipendenza degli USA dal “petrolio straniero”, è che occorre più energia per produrlo, di quanta il carburante di etanolo risultante possa fornire. Inoltre, per rimpiazzare il petrolio importato con l'etanolo, occorrerebbe coprire più della metà della superficie terrestre degli Stati Uniti con colture di mais o altre biomasse.

Uno degli argomenti più forti contro l'uso dell'etanolo viene dal professor David Pimentel della Cornell University, un difensore di vecchia data della “bassa tecnologia”.

Questi, insieme ad un suo collega, Tad W. Patzek, professore di ingegneria civile e ambientale, presso l'Università della California a Berkeley, ha condotto una dettagliata analisi sui rapporti tra input e guadagno di energia nella produzione di etanolo da mais, “switchgrass” (una specie di foraggio nativo del Nord America - ndr) e biomasse di legno.

Le loro scoperte, pubblicate su Natural Resources Research (Vol. 14, No. 1, marzo 2005, pagg. 65-76), sono:o L'etanolo dal mais richiede il 29% in più di energia da carburante fossile rispetto al carburante prodotto;o L'etanolo da “switchgrass” richiede il 45% in più di energia da carburante fossile rispetto al carburante prodotto;o L'etanolo dalle biomasse di legno richiede il 57% in più di energia da carburante fossile rispetto al carburante prodotto.

Pimentel e Patzek hanno considerato l'energia usata per produrre il mais, il che include la produzione di pesticidi e fertilizzanti, macchine agricole, irrigazione e trasporto, più l'energia necessaria per distillare l'etanolo.Come ha detto Pimentel al servizio stampa della Cornell University nel luglio 2005, “Non c'è proprio nessun beneficio nell'usare biomasse per il carburante liquido. Queste strategie non sono sostenibili...

La produzione di etanolo richiede un largo uso di energia fossile, e perciò contribuisce all'importazione di petrolio e gas naturale e al deficit USA.”Pimentel ha calcolato che occorrono circa 131.000 BTU (Unità Termiche Britanniche) per fare un gallone di etanolo (circa 4 litri- ndr), ma un gallone di etanolo ha un valore energetico di sole 77.000 BTU, una perdita netta di 54.000 BTU per gallone.

Pimentel e Patzek non hanno incluso nei loro calcoli il costo dei sussidi federali e statali che sono elargiti alle grandi aziende produttrici di energia da biomasse. Da notare che Pimentel sostiene l'uso di biomasse solo per il riscaldamento domestico e non per la produzione di carburante liquido.Non è tuttoMa non è tutto.

Anche gli entusiasti della produzione di etanolo, come l'ex direttore della CIA James Woolsey, notano che il maggiore ostacolo alla sostituzione della benzina con l'etanolo è il suo “alto costo di produzione” e il fatto che richieda “ampi sussidi.” Woolsey ed altri puntano sulla nuova ricerca in ingegneria genetica che dovrebbe sviluppare speciali microbi per far fermentare il mais e le altre biomasse. Ma a Woosley e soci sfugge l'elefante dell'etanolo che siede in mezzo ai loro argomenti: l'uso del suolo.Il dottor Howard Hayden, professore emerito dell'università del Connecticut ed editore della newsletter The Energy Advocate, nota in un articolo sul numero di primavera 2006 della rivista 21st Century Science & Technology, che “per produrre etanolo per tanta energia quanta ne usiamo per i trasporti, richiederebbe 1,1 miliardi di acri dedicati alla produzione di mais ad alto rendimento, con tutte le cose che gli ambientalisti odiano: fertilizzanti, irrigazione, e pesticidi. Ciò equivale a circa 1,8 milioni di miglia quadrate, circa il 51% della superficie terrestre dei 50 stati.”Questo enorme utilizzo del suolo non preoccupa le molte aziende che sono intossicate dalla prospettiva dei sussidi governativi per distillare alcool come carburante.

Il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti ha annunciato ad aprile che un'azienda della Florida, la Progress Energy Florida, ha firmato un contratto venticinquennale per comprare energia da un impianto a “biomassa erbacea”da 130 megawatt nella Florida centrale, il quale riceverà un sussidio governativo per i prossimi dieci anni.In Georgia, un'altra azienda di energia alternativa, la Earth Resources, progetta un impianto energetico a escrementi di pollo (tecnologia per la quale è stata finanziata con un milione di dollari dal Ministero dell'Agricoltura USA).
Altre compagnie stanno aprendo la strada all'uso di letame di vacca con sussidio governativo.

In California, lo stato da lungo tempo leader in schemi energetici anti-economia-fisica, il Governatore Arnold Schwarzenegger ha firmato da poco un ordine esecutivo che stabilisce il traguardo di produrre il 20% dei 900 milioni di galloni di bio-carburante consumati in un anno nello stato all'interno dello stato stesso entro il 2010, arrivando al 40% entro il 2020 e al 75% per il 2050. L'ordine richiede inoltre che le biomasse forniscano il 20% dell'elettricità generata per andare incontro alle richieste di energia rinnovabile dello stato - un vero perdente di energia.

Allo stesso tempo, gruppi ambientalisti della California citano un rapporto dell'Università della California che dimostra come l'uso di etanolo risulterebbe in una più alta concentrazione di inquinanti tossici nell'aria.L'odierna spinta verso l'etanolo deriva direttamente dalla controcultura, inflitta agli USA circa trent'anni fa, con la promozione di una società post-industriale e l'abbandono della scienza e della tecnologia.

La realtà e l'economia fisica sono divenute irrilevanti e, come nella “Neolingua” del romanzo 1984 di Orwell, “più” è diventato “meno”. Da qui la popolarità dell'etanolo e il non-sviluppo di tecnologie avanzate (fissione e fusione nucleare) che possano fornire energia ad una società industriale.
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La rete urbana degli autobus
L'alimentazione a gasogeno sugli autobus dell'ATAG
dal 1934 al 1944
di Vittorio Formigari e Mauro Di Pietrantonio

Un gasogeno per la produzione di gas povero, almeno per le applicazioni all’autotrazione, può essere alimentato a legna o a carbone. Per gli autobus romani fu sistematicamente utilizzato solo il primo tipo (generatori su licenza Imbert, Eva e Dux), mentre il generatore a carbone su licenza Nostrum trovò un applicazione sperimentale dapprima sul Lancia Omicron 867, e quindi sull'ultima serie dei Fiat 656 entrati in servizio nel 1936, autobus che però risultano convertiti a gasolio già nel 1940. L'alimentazione a gassogeno, che fu utilizzata anche per gli autocarri, si rivelò da subito fonte di problemi a non finire per lo scarso rendimento e la difficoltà di provvedere e conservare le scorte di carburante, ma nonostante gli inconvenienti e i maggiori costi di esercizio fu imposta per la volontà di Mussolini di staccare gradualmente il Paese dal ricatto delle importazioni, nel caso specifico dei carburanti, il cui costo era comunque andato crescendo per le conseguenze della crisi economica mondiale del 1929.
La produzione del gas d’acqua si basa essenzialmente sull’azione dell’acqua sul carbone, portato ad una conveniente temperatura. L’acqua passa allo stato di vapore e si dissocia fornendo ossigeno, che si combina con il carbonio dando luogo ad ossido di carbonio e idrogeno. La miscela così ottenuta di ossido di carbonio e biossido di carbonio costituisce appunto il gas d’acqua con cui si alimenta il motore.
Il primo autobus romano con alimentazione a gassogeno fu messo in circolazione sperimentale dal 20 agosto 1934 sulla linea CP. La vettura prescelta per l'esperimento fu un Lancia Omicron corto a benzina, la vettura B.1001 che, per l'occasione, fu reimmatricolata G.1001. Per la sua trasformazione (col generatore brevetto Imbert), si rese anzitutto necessario intervenire sullo sbalzo posteriore (lo sbalzo è la parte del telaio successiva alle ruote), dotandolo di un piano di lamiera dotato di un incavo, necessario per sorreggere il corposo alimentatore necessario a questo sistema assurdo. Radicale fu la trasformazione del motore, l'usuale Lancia-Junkers di derivazione sportiva caratteristico di questi veicoli, del quale fu notevolmente aumentato il rapporto di compressione con dei pistoni di maggiori dimensioni.
Nell'impianto elettrico, allo scopo di poter vincere la maggiore resistenza prodotta dall'aumentato rapporto di compressione, l'usuale motorino di avviamento da 12 volt è sostituito con un nuovo motorino da 24 volt alimentato da due batterie da 12 volt normalmente connesse in parallelo ma che si mettono in serie quando si preme il bottone della messa in moto.
Allo scopo di ottenere un movimento delle ruote quasi identico a quello ottenuto col motore a benzina fu necessario aumentare il rapporto di trasmissione.

Varie sistemazioni del generatore (Lancia Omicron e Alfa 110-AG).
Il generatore del gasogeno, sistemato posteriormente, contiene internamente un serbatoio cilindrico nella parte alta e terminante in basso con due coni rovesciati uniti per il diametro più piccolo: il legno, in piccoli pezzi irregolari del volume medio di mezzo decimetro cubo e con un preciso tasso di umidità, viene caricato dall'alto fino a riempire completamente un secondo recipiente, interno al serbatoio. Quest'ultimo è immerso parzialmente con uno strato di carbone di legna che occupa il fondo del serbatoio e che, nella parte più stretta, è dotato di cinque aperture da cui viene immessa l'aria necessaria alla combustione. L'aria viene aspirata da apposite valvole, che entrano in funzione contemporaneamente all'accensione dell'apparato. L'aspirazione è provocata dal richiamo di gas da parte del motore. L'ossido di carbonio attraversa lo strato di carbone, che pur portato a temperatura elevata non brucia, mentre durante questo passaggio il biossido di carbonio prosegue il suo percorso verso il motore.
Durante questo processo l'acqua contenuta nella legna, portata ad altissima temperatura, si trasforma in vapore, e quest'ultimo, attraversando il punto di maggior calore, si dissocia fornendo ulteriore ossido di carbonio, che prosegue verso il motore assieme all'idrogeno e ai gas inerti. Passati in una camera di calma, i gas raggiungono finalmente il miscelatore, apparato che fa le veci dell’ordinario carburatore: qui il gas è miscelato con la quantità d’aria necessaria alla combustione nei cilindri.
Altri componenti dell'apparato sono:
· VASCA DI CONDENSA - Raccoglie attraverso un apposito tubo i prodotti della distillazione del legno che si condensano nella parte superiore del generatore;
· DEPURATORE CENTRIFUGO FISSO - Il gas prodotto, all'uscita del generatore, attraversa detto depuratore, dove è costretto per la forma delle pareti a compiere un movimento rotatorio: di conseguenza le particelle pesanti (la cenere prodotta dalla combustione della legna), battono nelle pareti e cadono in un apposito recipiente (che viene chiamato CINERARIO);
· RAFFREDDATORI - Consistono in un fascio di tubi percorsi internamente dal gas e raffreddati esternamente dall'aria.
· CONDENSATORE E FILTRO - Vi giungono tre condotti, uno adduttore proveniente dal generatore, e due aspiratori, di cui uno alimenta il motore e l'altro serve per il suo avviamento. E' composto da una camera che viene riempita di paglia di legno, che funziona da filtro.
Per l'avvio del generatore e del motore si devono inizialmente lasciare chiuse le prese d'aria ed avviare l'impianto che aspira il gas verso il motore. L'aspiratore si apre premendo a fondo il pedale acceleratore, così che all'interno dell'impianto si provochi un improvviso e repentino richiamo d'aria attraverso le prese che erano state inizialmente lasciate chiuse. A questo punto è necessario avvicinare uno straccio acceso alla valvolina di accensione in modo da non ostruire il foro, in una posizione che, verso il basso, consenta all'aspirazione in corso di attrarre la fiamma verso l'interno ed avviare la combustione della legna. Nel tempo di un minuto la legna dovrebbe prendere fuoco, mentre ne basterebbero cinque per la produzione di gas buono per l'avviamento del motore, ma il condizionale è d'obbligo, dal momento che l'avvio della combustione di legna umida in tale lasso di tempo appare quantomeno improbabile nonostante la fortissima aerazione, ed anche all'avvio della combustione stessa sembra che i minuti necessari all'avvio del motore siano sempre stati ben più dei cinque indicati nel manuale di gestione e manutenzione dei gasogeni. A prescindere dal tempo necessario quando l'alimentatore inizia la produzione di gas buono è necessario premere nuovamente a fondo il pedale acceleratore, per mantenere alta e costante l'aspirazione del gas stesso verso il motore nel momento della messa in moto, particolarmente difficoltosa per l'elevato rapporto di compressione del motore.

Tutte queste operazioni devono essere effettuate ogni giorno, e per ogni singolo autobus in uscita, (immaginiamo con quanta gioia del personale incaricato, e con quali invettive nei confronti dell'innovazione nazionale e di colui che ne era stato più o meno direttamente il fautore), ma non meno laboriose sono quelle da effettuarsi al termine del servizio e nell'ordinaria manutenzione dell'impianto.
In primo luogo è necessario ad ogni rientrata, e sempre per ogni singolo autobus, svuotare la vasca di condensa, dove si è accumulata l'acqua distillata dal vapore sulle pareti interne del generatore. Durante le ore notturne deve inoltre essere effettuato il rifornimento di legna per il servizio del giorno successivo, ma per far ciò è anzitutto necessario rimuovere quella eventualmente avanzata dal giorno precedente: l'operazione deve essere effettuata con un apposito strumento di metallo da manovrare dalla cima del generatore. Sempre a cadenza quotidiana, come per il rifornimento, si deve intervenire sul fondo del serbatoio per rimuovere la polvere di combustione e le impurità, rimuovendo e reimmettendo il carbone ivi contenuto, curando eventualmente di colmare il livello dello strato all'altezza delle cinque aperture da cui viene immessa l'aria necessaria alla combustione.
Il manuale di gestione e manutenzione dei gasogeni prescrive inoltre alcune operazioni periodiche:
· ogni due giorni: apertura dei depuratori ed estrazione della componentistica interna, che deve essere scrollata dalla polvere e accuratamente lavata sotto getti di acqua corrente. Prima di rimetterli a posto si deve inoltre provvedere la pulizia dei cilindri interni con uno straccio morbido asciutto;
· ogni 1000 Km: lavaggio completo ed accurato dei refrigeratori e delle condotte di alimentazione;
· ogni 2000 Km: sostituzione completa del carbone, previo lavaggio del serbatoio che lo contiene, e revisione completa di tutto l'apparato.
Per gli autobus con motore a gasolio la trasformazione si rivelò ben più complessa. Per la conversione di un motore Alfa Romeo F6-M317 si rese infatti necessario:
ridurre il rapporto di compressione e sostituzione completa della testata, dovendosi anche ottenere le sedi per le candele;
sostituire tutto il complessivo di alimentazione, pompa di iniezione compresa, con un carburatore e relativi condotti;
montare un magnete di accensione;
aumentare la cilindrata da 11.500 a 12.517 cm3, portando l’alesaggio da 120 a 125 mm;
alleggerire le bielle e bilanciare l’albero motore per la maggior velocità che avrà il motore, passando da 1500 a 1750 giri/min;
ridurre il rapporto al ponte da 25/35 a 25/40 sostituendo la corona.
Queste complicazioni lasciano intendere il motivo per cui la trasformazione degli autobus diesel si fermò alle sole due vetture 3101 e 3103 (Alfa Romeo 80N). Com'è facile immaginare la gestione degli autobus a gassogeno è comunque tutt'altro che semplice, e questo perché alle complicazioni che si sono fin qui descritte occorre aggiungerne altre: c’è innanzitutto la questione del combustibile, che deve essere legna tagliata nella citata pezzatura media di mezzo decimetro cubo, non troppo secca, anzi con un ben definito contenuto di umidità per poter dare l’acqua necessaria alla formazione del gas, e ne occorrono circa 120 kg per riempire il generatore di un Lancia Omicron al quale, tra l’altro, neanche sono sufficienti per l’intero turno giornaliero, obbligando a rientri in deposito per un secondo rifornimento. Con la massiccia diffusione di questi veicoli si pose l'ulteriore problema di trovare lo spazio per la conservazione delle scorte di legna e carbone. Tenuto conto che ogni autobus consuma non meno di 120 Kg di legna al giorno (che occupa uno spazio ben maggiore del fusto che può contenere la benzina necessaria per produrre la stessa energia), l'azienda si trovò costretta a locare magazzini dislocati in vari punti della città, tutti a ridosso della rete tranviaria, laddove poteva essere installato un antistante binario di raddoppio.
Per il trasporto del carburante dai magazzini alle rimesse fu poi necessario predisporre un servizio quotidiano di treni composti da un locomotore e da vari carri merci, che vengono caricati sui binari di raddoppio per non ostacolare il servizio viaggiatori. Per logica conseguenza fu necessario assegnare le vetture a gassogeno a quei depositi dotati internamente di binari (Officine Centrali, Deposito del Littorio per un breve periodo, Trionfale, Portonaccio, etc), tanto che ad un certo punto si pensò anche alla possibilità di riattivare l'esercizio dell'autorimessa Santa Croce, ex deposito tranviario che poteva in breve tempo essere nuovamente raccordato alla rete nell'omonima piazza.

L'esercizio delle linee ordinarie coi veicoli a gasogeno si rivelò da subito fonte di numerosi problemi. Lo scarso rendimento del motore, che si traduceva in una velocità di marcia piuttosto bassa (meno di 20 Km/h nei numerosi tratti in pendenza di una città collinare qual'è Roma), l'insufficienza del carico massimo di 120 Kg di combustibile all'intero esercizio giornaliero, ed ancora i numerosi guasti cui era soggetto il generatore comportarono numerosi (ed onerosi), cambiamenti nelle modalità di esercizio. Fu anzitutto necessario spezzare in due il servizio giornaliero delle vetture che dovevano prestare servizio per l'intera giornata: le tabelle di marcia che prevedevano l'avvicendamento di tre conducenti su turni interi o più di tre nel frequente caso dei turni di servizio frazionati su due vetture diverse, furono "spezzate" isolando il primo o l'ultimo dei turni (rispettivamente mattina/prima uscita e bussolotto/terzo turno). Avveniva così che al cambio ad avvicendarsi erano non solo autista e fattorino, ma anche la vettura, con l'autista smontante che doveva ricondurre in rimessa quella giunta al limite della scorta di combustibile.
Fu inoltre necessario rivedere i tempi di percorrenza delle linee esercitate con queste vetture, dal momento che all'estrema lentezza si aggiungeva il problema della sosta al capolinea. Basandosi l'intero processo sulla combustione della legna a mezzo di fiamme vive la mancata aspirazione del gas verso il motore rendeva ovviamente insufficiente quella dell'aria necessaria al loro mantenimento e alimentazione, col risultato che in tutti i casi di sosta - a prescindere dal motivo - il processo di combustione andava naturalmente sopendosi. Secondo le istruzioni aziendali il motore poteva essere semplicemente rimesso in moto - o si poteva comunque riprendere la marcia - se la sosta non durava più di quindici minuti (dovendosi per contro ripetere tutta la procedura di accensione per le soste superiori), ma all'atto pratico ci si rese conto che una pur minima diminuzione dell'intensità delle fiamme portava a una sensibile riduzione della densità del gas necessario all'azionamento del motore, quel tanto che bastava a non poter più vincere la maggiore resistenza dell'elevato rapporto di compressione. Il problema non poteva essere risolto azionando la ventilazione elettrica, per il mancato sfogo dell'enorme quantitativo di aria da questa aspirata, e furono quindi impartite varie disposizioni poi unificate nell'ordine di servizio n. 72 del 25 gennaio 1938, recante "Istruzioni sulla condotta degli autobus a Gassogeno".
Tale ordine di servizio fu addirittura distribuito in copia ad ogni singolo conducente, che attestò di averlo ricevuto mediante firma su un apposito elenco, e vale la pena di riportarlo testualmente:

"Si è dovuto rilevare che non tutti gli autisti adibiti alla guida di autobus a gassogeno si attengono a quelle norme che sono indispensabili per il buon funzionamento del tipo di vetture in oggetto.
Si tenga presente che quanto più vivo ed energico è il regime di giri del motore a gassogeno, tanto migliore ne è il funzionamento. Pertanto nella guida degli autobus a gassogeno si osservino le seguenti norme:

1) quando per ragioni di traffico stradale, o per altre ragioni, la velocità della vettura deve essere limitata, marciare in terza velocità anziché in prima, anche in discesa, allo scopo di mantenere alto il numero dei giri;

2) Dopo le fermate spostare sempre il cambio in prima.

Si rammenta inoltre ai guidatori che ogni qualvolta una vettura provvista di carburante ausiliario si fermi per deficienza del gassogeno, allo scopo di riprendere al più presto la corsa coi viaggiatori, si deve subito mettere in funzione il carburatore di emergenza colle modalità e norme prescritte in precedenti ordini di servizio.
Le soste al capolinea furono ridotte al minimo, con l'ulteriore prescrizione che obbligava l'autista a premere il pedale acceleratore con la marcia in folle ogni due minuti, in modo da mantenere vive le fiamme, ma le prescrizioni ora illustrate sull'uso della terza marcia crearono non pochi problemi nell'usura del motore, col che ben lungi dal risolvere i problemi ci si trovò ad affrontarne altri e ben più gravosi.
Con la massiccia introduzione dei veicoli a gassogeno, avvenuta nel periodo 1935-1937, l'impossibilità di poter assicurare l'intero servizio giornaliero con un carico unico di legna portò poi all'installazione di quel secondo carburatore richiamato nello stesso ordine di servizio, che avrebbe consentito alla vettura di percorrere alcuni Km pur con l'alimentatore ordinario fermo. Il comunicato aziendale lo giustifica con la necessità di ricondurre la vettura in rimessa in caso di guasti o di insufficiente alimentazione, ma appare fin troppo ovvio che questa piccola riserva è finalizzata anche (se non soprattutto), ad assicurare il rientro dell'autobus al termine della scorta di carburante. Il secondo carburatore viene applicato al conduttore d'aspirazione, al di sopra del miscelatore. La scorta di carburante è sistemata in un apposita vasca nella cabina del conducente, dotata di un rubinetto piombato. L'entrata in funzione di un impianto esclude automaticamente l'altro, e per l'utilizzo del carburatore di riserva occorre anzitutto intervenire sul motore, sganciando l'asta di collegamento del pedale acceleratore al collettore di aspirazione del gas: utilizzando un apposito prolungamento (un ulteriore attrezzo aggiunto a quelli già elencati), il meccanismo dell'acceleratore deve essere agganciato alla speciale valvola a farfalla che regola l'aspirazione del gas dall'impianto di riserva. Si deve quindi intervenire sulla valvola del carburatore di emergenza, aprendola quel tanto che basta ad assicurare un leggero aumento del numero di giri minimo del motore, e quindi si spiomba il rubinetto della vasca che contiene la riserva di carburante. L'avvio del motore si ottiene con le medesime operazioni già descritte per l'avviamento in rimessa, ma a messa in moto avvenuta è necessario intervenire nuovamente sulla regolazione del minimo, manovrando l'apposita valvola e la sua vite di arresto.
Le vetture cosi modificate risultano al 19 maggio 1937 essere i Lancia Omicron dotati di generatore su licenza Imbert 679, 689, 691, 803, 823, 825, 843, 865, 875, 881, 887, 893, 1235. Dal successivo 15 ottobre, onde permetterne un immediata identificazione, al centro del cofano di queste vetture viene dipinto un cerchio bianco del diametro di 14 cm, recante in nero le lettere CR (Carburatore di Riserva), distribuite sui due lati del cofano stesso.

Le squadre di pronto intervento per i guasti in linea si trovarono alle prese con un consistente numero di attrezzi aggiunti per il soccorso dei veicoli a gassogeno, attrezzi che naturalmente furono dati in dotazione anche ai depositi e che vale la pena di elencare:
un attizzatoio, una scaletta di ferro a pioli di conveniente altezza e non meno di due sacchi contenenti ciascuno 50 Kg di legna pronta all'uso;
un asta di ferro di conveniente lunghezza a raggiungere il fondo del serbatoio, per la sistemazione e il livellamento della legna appena versata;
un attizzatoio del tipo usuale per i caminetti, per rinvigorire la combustione della legna dalla valvolina di accensione;
una paletta a cartoccio per la sistemazione e il livellamento dello strato di carbone;
una chiave quadra per l'apertura e la chiusura dei vari sportelli dell'alimentatore;
una chiave a tubo per l'apertura e la chiusura dei vari sportelli d'ispezione e controllo dell'impianto;
un paio di pinze universali;
un martello del peso non inferiore di mezzo Kg;
guarnizioni per il coperchio generatore, per la vasca di condensa e per le portine d'ispezione in quantitativo variabile;
un piccolo recipiente in lamiera per contenere il carbone eventualmente estratto;
uno o più secchielli contenitori;
Come si può ben immaginare l'impiego dell'alimentazione a gassogeno non portò mai alcun vantaggio all'esercizio della rete, ed anzi complicò in ogni modo possibile la vita del personale tecnico e di guida, aumentando nel contempo le spese di esercizio delle linee esercitate con questi veicoli. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania, con le consistenti riduzioni del servizio tranviario per esigenze di risparmio dell'energia elettrica, fu drasticamente ridotto il servizio di trasporto del combustibile alle rimesse, e ai capolinea furono installate delle cabine dotate dell'attrezzatura necessaria per il secondo rifornimento della vettura, compito assegnato all'autista col premio di una lira per ogni rifornimento effettuato. Il combustibile necessario al secondo rifornimento è dato in consegna con la vettura e con la chiave necessaria per aprire la cabina dove viene conservato durante il servizio. La successiva carenza di pneumatici e di lubrificanti non risparmiò nemmeno i veicoli a gassogeno dalla sospensione quasi totale del servizio autobus attuata successivamente all'occupazione tedesca di Roma (settembre 1943), ed anzi l'azienda indirizzò i propri sforzi unicamente verso le vetture alimentate a benzina o a gasolio, col risultato che l'ultimo autobus a gassogeno di Roma circolò in regolare servizio il 23 aprile 1944.
È da notare che nel parco ATAG abbiamo tre gruppi di autobus costruiti in fabbrica direttamente con alimentazione a gasogeno, i Fiat 656-RG 1701-1747 (motore 656-G), i Lancia Omicron 1801-1849 (motore 77) e gli Alfa Romeo 110-AG 3259-3307 (motore AG-6). Ai primi fu applicato un generatore di gas a carbone anziché a legna, ma l’invenzione, che dette subito ai veicoli il nome di autobus a carbonella, forse anche per la difficoltà di trovare il carbone, non ebbe successo; gli altri furono invece dotati di usuale gasogeno a legna. In tutti i casi la trasformazione inversa, per l’alimentazione a gasolio, avvenuta per i primi tra il 1939 e il 1940 e per gli altri a guerra finita, avrebbe comportato per ogni rotabile all’incirca la stessa mole di lavoro che abbiamo visto per la trasformazione del motore F6-M317; appare quindi comprensibile che con la cessazione delle ostilità e il venir meno della volontà di un singolo uomo - seppure con maggiore sforzo sia tecnico che economico - la conversione dei gassogeni si sia indirizzata da subito alla completa sostituzione del motore e alla rimozione dell'alimentatore.

Per saperne di più:
Gassogeno
Metanolo
Etanolo

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