mercoledì 10 settembre 2008

Scuola nord contro sud. Le vere cause del divario nei test P.I.S.A..


Di Bruno Moretto


E’ ricorrente l’uso disinvolto dei risultati nei test P.I.S.A. per continuare l’opera di costante diffamazione della scuola italiana. L’ultima polemica tardo estiva è quella innescata dal Ministro Gelmini con le sue affermazioni circa la necessità di corsi di aggiornamento degli insegnanti del sud, tesi a colmare il divario di 80-90 punti su una media di 500 fra i risultati degli studenti del nord e del mezzogiorno.
Prima di tutto occorre chiarire che lo scopo della ricerca O.C.S.E. P.I.S.A. inaugurata nel 2000 e ripetuta ogni tre anni è quello di valutare il livello di competenze base degli studenti 15enni in lettura-comprensione del testo, matematica e scienze, cercando di definire quali sono quelle necessarie per essere un cittadino consapevole dei paesi più sviluppati.

Non è quindi una ricerca che misura il grado di conoscenze curricolari degli studenti e strettamente i risultati dell’azione scolastica.
E’ infatti evidente che sulle competenze di base incidono diversi fattori, oltre a quello scolastico.
La stessa ricerca ne individua due prevalenti in tutti i paesi: la condizione economico sociale e il titolo di studio dei genitori.

Detto questo i risultati dei nostri studenti sono deludenti in generale e preoccupanti in matematica, disciplina nella quale, fatta salva la media di 500, ottengono risultati peggiori dei nostri studenti (462 punti) solo quelli greci e turchi e lo scarto dagli studenti migliori (finlandesi e asiatici) è di oltre 80 punti.
Il nostro paese sconta un ritardo culturale storico, fatto di analfabetismo e di scarsa scolarizzazione, che la scuola della Repubblica ha cercato di colmare negli ultimi 50 anni, portando al diploma il 77% dei giovani delle nuove generazioni, contro il 27% della popolazione di età 55-64 anni.
Resta però importante il divario con gli altri paesi europei, che hanno un tasso di diplomati del 70% su tutta la popolazione attiva 25-64 anni contro il 51% nostro.
Osservando meglio i risultati saltano agli occhi le rilevanti differenze dei risultati in matematica fra studenti del sud (440) e isole (417) e quelli del nord est (505). Differenze analoghe si riscontrano anche in lettura e scienze.

La causa non è certo la preparazione degli insegnanti, visto che molti insegnanti del sud insegnano al nord e spesso vi rientrano dopo un certo numero di anni.
Ormai sono a disposizione ricerche approfondite, la più rilevante delle quali è stata pubblicata nel 2007 a cura di M. Bratti, D. Checchi, A. Filippin, ed. Il Mulino, che ha come sottotitolo proprio “I divari territoriali nell’indagine OCSE PISA 2003”.

La ricerca individua come cause prevalenti:

1) il contesto territoriale;
2) il titolo di studio e lo stato occupazionale dei genitori;
3) le strutture scolastiche.

1) L’istruzione media della popolazione di un territorio, la disponibilità di risorse culturali, di biblioteche ecc.., il tasso di occupazione incidono fortemente sui risultati. Tutti sanno che a fronte di una situazione nel nord est di piena occupazione, anche se in misura crescente precaria, il tasso di disoccupazione giovanile al sud raggiunge cifre drammatiche. Anche per quanto riguarda l’offerta culturale nel sud si mescolano situazioni di eccellenza e situazioni critiche. Infine in molte parti del sud sono ancora presenti casi di analfabetismo endemici. La percentuale di popolazione con più di 15 anni che ha al massimo la licenza elementare oscilla intorno al 30%. Il tasso di dispersione scolastica è ancora molto superiore a quello del nord. Mentre la media italiana dei 18-24 enni non più in formazione era nel 2006, secondo il MPI, del 20,6%, le percentuali di Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia viaggiavano fra il 25 e il 30%.

2) Il numero di diplomati e laureati in Italia è ancora significativamente più basso che quello dei paesi più sviluppati. Secondo i dati ISTAT il 26% della popolazione con più di 15 anni possiede al massimo la licenza elementare. Prendendo come riferimento i dati di PISA il 5% dei genitori di ragazzi 15enni del mezzogiorno ha al massimo la licenza elementare e il 32,5% la licenza media, mentre nel nord est le percentuali sono rispettivamente del 1,6 e del 19,8.

3) Lo stato degli edifici scolastici italiani è sicuramente arretrato. In alcune province il 30% degli edifici ospitanti le scuole superiori risulta “precariamente adattato ad uso scolastico”. Fonte MPI 1999. Se la dotazione di edilizia scolastica è nel complesso di basso livello, la situazione è particolarmente preoccupante al sud, nel quale la spesa complessiva per studente è più bassa di quella media italiana. In generale risultano inferiori gli investimenti degli enti locali, in particolare nella scuola dell’infanzia, la cui frequenza è uno dei fattori determinanti del successo scolastico futuro.

Occorre chiarire che i dati evidenziati sono dati medi, che anche al sud vi sono situazioni di eccellenza e che occorre individuare concretamente le aree particolarmente disagiate.
In ogni caso il quadro evidenziato rende fuorviante e superficiale la tesi del Ministro che occorra intervenire sugli insegnanti per affrontare il tema del gap nord sud.

Sarebbe necessario un piano nazionale di intervento sul mezzogiorno e specificamente sulle realtà provinciali che a sud e a nord mostrano maggiori difficoltà e i cui studenti ottengono risultati più scarsi. In tali realtà occorrono interventi a tutto campo sulle strutture scolastiche, sull’offerta culturale, ecc.. senza dimenticare un progetto di educazione degli adulti.

Ma questo contrasta con la politica dell’attuale governo, come dei precedenti degli ultimi venti anni, che vede la scuola solo come un servizio e non un’istituzione e prosegue nella politica dei tagli pesanti sulla spesa scolastica (nel 2009 circa 8 miliardi di euro).

Le recenti affermazioni del Ministro Gelmini che rilancia l’idea delle scuole fondazioni sostenute con i contributi dei genitori, della sussidiarietà dei privati e dell’autonomia della miseria, nonché l’eliminazione del valore legale del titolo di studio, fanno capire che la prospettiva dell’attuale governo è il definitivo smantellamento della scuola di tutti e per tutti prevista dalla nostra Costituzione a garanzia dell’uguaglianza di tutti i cittadini.

In tal modo il futuro della scuola del nostro sud come di quella del nord è quello di vedere aumentare il distacco da quella del resto d’Europa.
Un paese che non sa investire sul futuro dei suoi giovani è condannato ad un triste destino.

Bruno Moretto, segretario del Comitato bolognese Scuola e Costituzione

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Di Bruno Moretto


E’ ricorrente l’uso disinvolto dei risultati nei test P.I.S.A. per continuare l’opera di costante diffamazione della scuola italiana. L’ultima polemica tardo estiva è quella innescata dal Ministro Gelmini con le sue affermazioni circa la necessità di corsi di aggiornamento degli insegnanti del sud, tesi a colmare il divario di 80-90 punti su una media di 500 fra i risultati degli studenti del nord e del mezzogiorno.
Prima di tutto occorre chiarire che lo scopo della ricerca O.C.S.E. P.I.S.A. inaugurata nel 2000 e ripetuta ogni tre anni è quello di valutare il livello di competenze base degli studenti 15enni in lettura-comprensione del testo, matematica e scienze, cercando di definire quali sono quelle necessarie per essere un cittadino consapevole dei paesi più sviluppati.

Non è quindi una ricerca che misura il grado di conoscenze curricolari degli studenti e strettamente i risultati dell’azione scolastica.
E’ infatti evidente che sulle competenze di base incidono diversi fattori, oltre a quello scolastico.
La stessa ricerca ne individua due prevalenti in tutti i paesi: la condizione economico sociale e il titolo di studio dei genitori.

Detto questo i risultati dei nostri studenti sono deludenti in generale e preoccupanti in matematica, disciplina nella quale, fatta salva la media di 500, ottengono risultati peggiori dei nostri studenti (462 punti) solo quelli greci e turchi e lo scarto dagli studenti migliori (finlandesi e asiatici) è di oltre 80 punti.
Il nostro paese sconta un ritardo culturale storico, fatto di analfabetismo e di scarsa scolarizzazione, che la scuola della Repubblica ha cercato di colmare negli ultimi 50 anni, portando al diploma il 77% dei giovani delle nuove generazioni, contro il 27% della popolazione di età 55-64 anni.
Resta però importante il divario con gli altri paesi europei, che hanno un tasso di diplomati del 70% su tutta la popolazione attiva 25-64 anni contro il 51% nostro.
Osservando meglio i risultati saltano agli occhi le rilevanti differenze dei risultati in matematica fra studenti del sud (440) e isole (417) e quelli del nord est (505). Differenze analoghe si riscontrano anche in lettura e scienze.

La causa non è certo la preparazione degli insegnanti, visto che molti insegnanti del sud insegnano al nord e spesso vi rientrano dopo un certo numero di anni.
Ormai sono a disposizione ricerche approfondite, la più rilevante delle quali è stata pubblicata nel 2007 a cura di M. Bratti, D. Checchi, A. Filippin, ed. Il Mulino, che ha come sottotitolo proprio “I divari territoriali nell’indagine OCSE PISA 2003”.

La ricerca individua come cause prevalenti:

1) il contesto territoriale;
2) il titolo di studio e lo stato occupazionale dei genitori;
3) le strutture scolastiche.

1) L’istruzione media della popolazione di un territorio, la disponibilità di risorse culturali, di biblioteche ecc.., il tasso di occupazione incidono fortemente sui risultati. Tutti sanno che a fronte di una situazione nel nord est di piena occupazione, anche se in misura crescente precaria, il tasso di disoccupazione giovanile al sud raggiunge cifre drammatiche. Anche per quanto riguarda l’offerta culturale nel sud si mescolano situazioni di eccellenza e situazioni critiche. Infine in molte parti del sud sono ancora presenti casi di analfabetismo endemici. La percentuale di popolazione con più di 15 anni che ha al massimo la licenza elementare oscilla intorno al 30%. Il tasso di dispersione scolastica è ancora molto superiore a quello del nord. Mentre la media italiana dei 18-24 enni non più in formazione era nel 2006, secondo il MPI, del 20,6%, le percentuali di Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia viaggiavano fra il 25 e il 30%.

2) Il numero di diplomati e laureati in Italia è ancora significativamente più basso che quello dei paesi più sviluppati. Secondo i dati ISTAT il 26% della popolazione con più di 15 anni possiede al massimo la licenza elementare. Prendendo come riferimento i dati di PISA il 5% dei genitori di ragazzi 15enni del mezzogiorno ha al massimo la licenza elementare e il 32,5% la licenza media, mentre nel nord est le percentuali sono rispettivamente del 1,6 e del 19,8.

3) Lo stato degli edifici scolastici italiani è sicuramente arretrato. In alcune province il 30% degli edifici ospitanti le scuole superiori risulta “precariamente adattato ad uso scolastico”. Fonte MPI 1999. Se la dotazione di edilizia scolastica è nel complesso di basso livello, la situazione è particolarmente preoccupante al sud, nel quale la spesa complessiva per studente è più bassa di quella media italiana. In generale risultano inferiori gli investimenti degli enti locali, in particolare nella scuola dell’infanzia, la cui frequenza è uno dei fattori determinanti del successo scolastico futuro.

Occorre chiarire che i dati evidenziati sono dati medi, che anche al sud vi sono situazioni di eccellenza e che occorre individuare concretamente le aree particolarmente disagiate.
In ogni caso il quadro evidenziato rende fuorviante e superficiale la tesi del Ministro che occorra intervenire sugli insegnanti per affrontare il tema del gap nord sud.

Sarebbe necessario un piano nazionale di intervento sul mezzogiorno e specificamente sulle realtà provinciali che a sud e a nord mostrano maggiori difficoltà e i cui studenti ottengono risultati più scarsi. In tali realtà occorrono interventi a tutto campo sulle strutture scolastiche, sull’offerta culturale, ecc.. senza dimenticare un progetto di educazione degli adulti.

Ma questo contrasta con la politica dell’attuale governo, come dei precedenti degli ultimi venti anni, che vede la scuola solo come un servizio e non un’istituzione e prosegue nella politica dei tagli pesanti sulla spesa scolastica (nel 2009 circa 8 miliardi di euro).

Le recenti affermazioni del Ministro Gelmini che rilancia l’idea delle scuole fondazioni sostenute con i contributi dei genitori, della sussidiarietà dei privati e dell’autonomia della miseria, nonché l’eliminazione del valore legale del titolo di studio, fanno capire che la prospettiva dell’attuale governo è il definitivo smantellamento della scuola di tutti e per tutti prevista dalla nostra Costituzione a garanzia dell’uguaglianza di tutti i cittadini.

In tal modo il futuro della scuola del nostro sud come di quella del nord è quello di vedere aumentare il distacco da quella del resto d’Europa.
Un paese che non sa investire sul futuro dei suoi giovani è condannato ad un triste destino.

Bruno Moretto, segretario del Comitato bolognese Scuola e Costituzione

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