Che la Sicilia si possa offendere impunemente come ha fatto l’ex Ministro di stato Amato nel 2007 è cosa nota, che la Sicilia sia considerata terra di conquista e colonia italiana è cosa altrettanto nota.
Ma che adesso una rivista “italiana” spacci per storia una grottesca rappresentazione di un improbabile sbarco greco in Sicilia per “civilizzarlo” è il limite della decenza della pseudo cultura italiota.
Nel numero 22/2008, Focus Storia (?) , editrice Gruner e distribuito da Mondadori (un ritorno dopo la illuminante guida della Sicilia pubblicata nel 2007), presenta una copertina dedicata alla Sicilia che più che offendere l’Isola ed i suoi abitanti, offende il buon gusto e soprattutto dimostra come in questa “libera democrazia italiana”, artisticamente si può offendere e ridicolizzare chiunque spacciando una offensiva vignetta caricaturistica come libera interpretazione “artistica”.Mondadori a pagina 25 della sua guida affermava che
“ è una storia non siciliana, non generata internamente dall’isola ma sempre imposta dall’esterno. Anche i Sicani, gli Elimi e i Siculi … provenivano da fuori…”. E giù poi a dire che tutte le popolazioni che hanno composto l’identità siciliana non sarebbero state altro che “una successione di dominazioni.Focus Storia fa di meglio.
Presenta lo sbarco degli ateniesi come lo sbarco di Colombo in centro america, ma ricorda nell’insieme lo sbarco di Garibaldi a Marsala nel 1860, solo che la storia “scritta dagli stessi vincitori” ci ricorda che i marsalesi abbandonarono la città, e rappresenta il popolo siciliano come un popolo di straccioni privo di cultura ed intelligenza. Ma, cosa più allucinante, rappresenta le donne siciliane come “prostitute”, donnine facili o peggio ancora merce di scambio.
E già, perchè secondo Focus, Atene venne in Sicilia non solo per colonizzarla ma anche e soprattutto per civilizzarla e prendersi le donne siciliane, pronte a prostituirsi o a vendersi al civilizzatore.
E se ci fossero dei dubbi sull’interpretazione della tavola di apertura, Focus Storia interviene precisando che “... i coloni greci scambiavano le loro merci con le donne siciliane” .Secondo Focus Storia, i coloni greci (ma cosa c’entrano con i coloni i guerrieri greci raffigurati?) sbarcano in Sicilia vestiti di tuniche che guarda caso riportano i colori della bandiera italiana (!) quando tutto il mondo sa che i colori predominanti nell’antica grecia erano il rosso, l’ocra e il blu. Un trittico di colori italiani che appare come un chiaro messaggio subliminale.
La scena rappresentata dalla tavola di apertura ci presenta gli ateniesi come un popolo di cultura elevata che incontra un popolo che vive nell’era preistorica. Rozzo e ignorante, pronto a vendere per uno specchietto le proprie donne sapientemente presentate seminude e provocanti.
Insomma, un incontro tra la cultura, l’arte e l’intelligenza con l’arretratezza culturale profonda
Niente di più inesatto. I greci , al contrario dei Fenici che con i popoli siciliani avevano stabilito lucrosi incontri commerciali fondando numerosi empori di scambio, occuparono “militarmente” la Sicilia utilizzando di volta in volta scuse per giustificare l’occupazione, vedi il viaggio di Ulisse e vari miti che coinvolgevano la nostra isola (un po’ come fanno oggi gli americani con l’Afganistan, con la scusa di liberare le donne dal burqa, o con l’Iraq e le armi di distruzione di massa fantasma) e furono tutto meno che portatori di cultura.
Appena i greci sono arrivati sulle coste siciliane la popolazione residente si ritirò progressivamente sulle montagne per l’atteggiamento belligerante di questi.
Niente di più inesatto. I greci , al contrario dei Fenici che con i popoli siciliani avevano stabilito lucrosi incontri commerciali fondando numerosi empori di scambio, occuparono “militarmente” la Sicilia utilizzando di volta in volta scuse per giustificare l’occupazione, vedi il viaggio di Ulisse e vari miti che coinvolgevano la nostra isola (un po’ come fanno oggi gli americani con l’Afganistan, con la scusa di liberare le donne dal burqa, o con l’Iraq e le armi di distruzione di massa fantasma) e furono tutto meno che portatori di cultura.
Appena i greci sono arrivati sulle coste siciliane la popolazione residente si ritirò progressivamente sulle montagne per l’atteggiamento belligerante di questi.
Di certo coloro che pagarono il conto maggiore furono gli uomini di Siculi, Sicani ed Elimi, che quando non venivano uccisi divenivano schiavi.
Trattamento di favore era riservato alle donne, che non erano barattate o comprate, quanto più che altro rapite a scopo “riproduttivo”, fatto questo documentato da numerose testimonianze archeologiche.
E’ fuor di dubbio che l’introduzione di parte della cultura greca contribuì notevolmente allo sviluppo dell’isola che, malgrado le potenziali divisioni dovute alla diversa etnia non solo dei popoli già residenti in Sicilia prima dell’arrivo dei greci ma anche delle varie “colonie” che si insediarono, ben presto superò la Grecia e la maggior parte dei paesi del mediterraneo in: cultura, scienza, produzione agricola e potenza militare.
E’ fuor di dubbio che l’introduzione di parte della cultura greca contribuì notevolmente allo sviluppo dell’isola che, malgrado le potenziali divisioni dovute alla diversa etnia non solo dei popoli già residenti in Sicilia prima dell’arrivo dei greci ma anche delle varie “colonie” che si insediarono, ben presto superò la Grecia e la maggior parte dei paesi del mediterraneo in: cultura, scienza, produzione agricola e potenza militare.
Basti ricordare la disastrosa spedizione ateniese contro Siracusa, ormai diventata più potente di Atene e Sparta messe insieme.
Se poi vogliamo dilungarci sui “siciliani illustri” del periodo classico, nati dalla fusione delle varie etnie in terra di Sicilia, di cui nell’articolo non si fa assolutamente cenno, basterebbe ricordare solo Archimede siracusano e Diodoro siculo.
La descrizione storica all’interno dell’articolo, a parte qualche importante lacuna e qualche imprecisione, in particolare la questione del grano che non è stato importato dai greci ma che è presente, in Sicilia sin dal 3000 A.C. (le lontanissime origini della cerealicoltura, in Sicilia sono confermate da rinvenimenti archeologici di macine e di altri reperti, di industrie domestiche risalenti alla cultura di Stentinello, ed in generale è stato documentato con certezza il primato del ruolo del grano nella coltivazione e nelle abitudini alimentari dei siciliani, come ci testimonia Plinio il Vecchio, nel De Naturalis Historia), e l’attribuzione dell’origine delle prelibatezze della pasticceria siciliana agli arabi, dimenticando i dolci a base di mandorla e miele del siracusano-ragusano-catanese spiccatamente greci che appare come una analisi, alquanto grossolana e superficiale sulla cucina siciliana e totale mancanza di conoscenza della storia culinaria della Sicilia, si presenta sufficientemente valida (in termini scolastici un 6-) anche se l’Isola non è mai stata una piazzola di sosta ma crocevia delle culture che hanno dato vita a tolleranza e convivenza tranne che nel periodo di occupazione greca, e viene da chiedersi quale sia il vero obiettivo di tali volgari rappresentazioni del popolo siciliano.
La descrizione storica all’interno dell’articolo, a parte qualche importante lacuna e qualche imprecisione, in particolare la questione del grano che non è stato importato dai greci ma che è presente, in Sicilia sin dal 3000 A.C. (le lontanissime origini della cerealicoltura, in Sicilia sono confermate da rinvenimenti archeologici di macine e di altri reperti, di industrie domestiche risalenti alla cultura di Stentinello, ed in generale è stato documentato con certezza il primato del ruolo del grano nella coltivazione e nelle abitudini alimentari dei siciliani, come ci testimonia Plinio il Vecchio, nel De Naturalis Historia), e l’attribuzione dell’origine delle prelibatezze della pasticceria siciliana agli arabi, dimenticando i dolci a base di mandorla e miele del siracusano-ragusano-catanese spiccatamente greci che appare come una analisi, alquanto grossolana e superficiale sulla cucina siciliana e totale mancanza di conoscenza della storia culinaria della Sicilia, si presenta sufficientemente valida (in termini scolastici un 6-) anche se l’Isola non è mai stata una piazzola di sosta ma crocevia delle culture che hanno dato vita a tolleranza e convivenza tranne che nel periodo di occupazione greca, e viene da chiedersi quale sia il vero obiettivo di tali volgari rappresentazioni del popolo siciliano.
Ne abbiamo parlato con Marco Casareto, vicedirettore di Focus Storia il quale si è detto meravigliato delle proteste siciliane che a suo parere non appaiono giustificate.
La tavola di apertura, secondo Casareto, è una libera interpretazione dell’artista che così ha pensato di vedere lo “sbarco” dei greci.Prendiamo atto e riferiamo ma questa libera interpretazione sembra esprimere solo reconditi significati razzisti e niente più.
Meglio sarebbe stato se Focus Storia non avesse dato attenzione all’Isola, ne avrebbe guadagnato il buon gusto e soprattutto la storia.
osservatorio-sicilia.it
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