martedì 26 agosto 2008

LA BRIGATA ESTENSE - LA STORIA PROIBITA






Di Elena Bianchini

dal n° 0 della rivista Terra e Identità - Aprile 2001


Era l’11 Giugno del 1859: non era ancora spuntata l’alba di quel sabato, quando Francesco V, ultimo Duca di Modena, uscì dal portone d’onore del Palazzo Ducale. Cortigiani e servitori si affollavano nei corridoi e nei cortili per porgergli l’ultimo saluto. Era la seconda volta che Francesco V abbandonava la città, ma forse in cuor suo sapeva che sarebbe stata anche l’ultima, che non avrebbe mai più fatto ritorno.
Salì in fretta a cavallo: le cronache narrano che contenne a stento l’emozione.
Fu una partenza solenne,adatta al suo animo romantico.
Raggiunse Piazza d’Armi, dove incontrò le sue truppe: partirono con lui oltre tremilaseicento militi modenesi.
Francesco V fu l’unico sovrano a essere seguito in esilio dai suoi soldati:
la coraggiosa e fedele Brigata estense.
Il 1859 era iniziato con mesi di apparente tranquillità: poco o nulla lasciava presagire la sconfitta definitiva,la fine del Ducato di Modena e l’imminente esilio dei sovrani estensi.
Già nel mese di Aprile tuttavia,quando Austria e Piemonte entrarono in aperto conflitto, si comprese che per i sovrani il Ducato nonera più così sicuro: per precauzione Francesco V volle allontanare la Duchessa Adelgonda, che partì il30 Aprile. Forse non immaginava si trattasse di una partenza definitiva.
Forse ancor meno immaginava di dovere, di lì a poco, fare altrettanto.
Ma gravi disordini affrettarono il precipitare degli eventi: a Massae a Carrara la popolazione, appoggiata e istigata dai Piemontesi, era insorta contro il Duca e il 17Maggio un proclama del Conte Ponza di San Martino aveva definitivamente aggregato quei territori alRegno di Sardegna; il Duca Leopoldo di Toscana, che si era opposto ad una alleanza col Piemonte contro l’Austria, era stato costretto a lasciare il suo Stato.
In questo scontro decisivo tra assolutismo e liberalismo, tra austriaci e franco - piemontesi, Francesco Vsi schierò subito dalla parte dell’Austria: fu anzi l’unico Principe italiano che ebbe il coraggio di compiere apertamente una tale scelta.
Il 4 Giugno però gli austriaci subirono una pesante sconfitta presso Magenta: quattro giorni dopo si ritiraronosul Mincio con carri colmi di feriti, mentre sul campanile di Magenta sventolavano già il tricolore francese e quello italiano.
In seguito a tale gravissima sconfitta l’Austria si vide costretta a ritirare tutte le guarnigioni stanziate nei ducati.
Francesco V comprese allora che ogni tentativo di resistenza sarebbe stato del tutto inutile: capìdi non potere più restare in città.
Il Duca abbandonò la sua patria, per sempre, con l’unico conforto dell’incrollabile fedeltà dei suoi uomini.
Per quello che riguarda il loro preciso numero, esso è stimato in un totale di 3.623 uomini che va integrato dai vari “uffiziali dello Stato Maggiore, dell’amministrazione generale e dell’auditorato, d’alcuni uffiziali delle milizie di riserva, d’alcuni uffiziali delle piazze, del comandante, degli uffiziali, dei sotto uffizialie de’ comuni der R. Corpo de’ Trabanti”2 .
La Brigata Estense, al di là di qualsiasi presa di posizione di parte, rappresenta un raro esempio di coraggioe fedeltà, che tutt’oggi non può non suscitare stima e commozione.
Questi fedeli soldati seguirono il loro Duca unicamente per sincera devozione: in quel momento difficile la paga era certamente bassa, lasorte avversa e il futuro alquanto incerto; disertare sarebbe stato certamente assai più semplice e comodo.
Si aggiunga che Luigi Carlo Farini, eletto dittatore a Modena, con un decreto del 27 settembre 1859 intimògli uomini che seguivano Francesco V di rientrare, prospettando avanzamenti di grado a chi avesseobbedito e gravi punizioni a chi invece avesse scelto di restare col Duca.
Tali intimidazioni e allettamentituttavia non convinsero i soldati della Brigata: solo pochi di loro scelsero di tornare in patria, ma nelcomplesso il loro numero aumentò, grazie alla continua affluenza di giovani che giungevano volontariamentedal Ducato.“(…) queste truppe con l’aggiungersi di volontari vari giunsero ad ascendere a un numero massimo dicirca 5.000 persone che certo diminuirono dopo le operazioni belliche ed erano diventate meno al momentofatale del loro definitivo scioglimento nel 1863"3
Per quattro anni i soldati e gli ufficiali della Brigata estense seguirono il loro Principe, ma il loro avvenire si prospettava sempre più incerto.


Già dal 1861 infatti a Vienna si cominciò a non vedere di buon occhio il mantenimento delle truppe di un paese ormai facente parte del Regno d’Italia:
la giunta della Camera dei Deputati esortava il Governo austriaco a porre termine a uno stato di cose definito “anomalo”, comportante un esborso gravoso, e considerato ormai inutile, per le casse dell’Impero.
Il 21 Settembre 1862 Vittorio Emanuele emanò un altro decreto di amnistia, del tutto simile a quello del Farini, nei riguardi delle truppe modenesi: a tutti i militari estensi in Austria che non fossero rientrati, entro sei mesi, nel territorio del Regno d’Italia sarebbero state inflitte pene quali la perdita dei diritti politici e civili, dei diritti di acquistare beni nello stato, nonché il sequestro di quelli già in possesso.
Per non sottoporre i suoi fedeli a tali sacrifici, Francesco V, nel Febbraio del 1863, autorizzò il congedo delle truppe.
Ben pochi tuttavia furono quelli che lo lasciarono: in tutto 12 ufficiali e circa 160 soldati. Il destino della Brigata era però ormai inesorabilmente segnato
La sentenza definitiva dell’Imperatore giunse il 14 Agosto 1863: imponeva lo scioglimento.
“Qui le cose procedono quietamente e malinconicamente, come ogni cosa che non ha più avvenire. La sorte dei vecchi soldati non assicurati, è il punto scuro di tutto; fatto questo si potrebbe tollerare il resto…La dissoluzione attuale, rende per se stessa impossibile l’esistenza di Stati piccoli ed impossibile la fedeltà futura, giacché si vede che chi è fedele viene sacrificato dal nemico e dall’amico.”4
Con queste parole Francesco V, in una lettera del 9 Settembre 1863 al Marchese Teodoro Bayard De Volo, esprimeva dolore e disillusione, nonché grande preoccupazione per l’avvenire dei suoi uomini.
L’ordine di sciogliere le truppe fu per lui un duro colpo, anche se atteso: la fedele Brigata era ormai tutto ciò che gli restava della perduta sovranità.

Il 24 Settembre 1863 a Cartigliano Veneto, dopo la messa al campo, il Duca e la Duchessa Adelgonda decorarono ciascun membro della Brigata, comandata dal Generale Agostino Saccozzi, con una medaglia d’argento, appesa ad un nastro bianco e blu, recante su un lato l’effigie di Francesco V e sull’altro la scritta “Fidelitati et costantie in adversis, 1863”.
Salutarono infine con dolore e commozione le loro truppe:
“Nell’augurarvi da Dio ogni bene, desideriamo di potervi trovare un giorno nel numero maggiore possibile, riuniti di nuovo attorno a queste onorate bandiere, che conserveremo preziosamente presso di noi, facendo voti di poter tutti assieme contribuire al trionfo della causa della Religione e della Giustizia”.5
Si rivolsero con queste parole a “2.564 soldati e a 158 ufficiali, cioè ai resti della Brigata Estense, ai fedelissimi che, non da servi ma da coraggiosi, a nostro parere, erano rimasti pronti ai suoi ordini fino all’ultimo istante”.6
Un solo ufficiale e circa 1.200 soldati scelsero di far ritorno in patria.
Con circolare del Ministero della Guerra il Governo italiano dispose, per i soldati che prestarono servizio dopo il 1859 sotto l’ex Ducato, l’arresto ed il giudizio dinanzi al Consiglio di guerra come disertori e renitenti.
Tra quelli che preferirono l’esilio, 782 uomini, fra soldati e ufficiali, passarono nelle file dei reggimentidell’Impero austriaco.
Il Tenente Maresciallo Luigi Pokorny, il 5 Ottobre 1863, li accolse con queste parole:
“Quali soldati d’onore avete dato al mondo un raro esempio di forza d’animo, fedeltà ed attaccamento all’Augusto vostro Sovrano.
Il destino altrimenti dispose di quanto una tanta fedeltà, eternamente duratura nelle pagine della storia, avrebbe meritato.
(…) Dall’Austria i guerrieri di tante nazioni salutandovi, vi chiamano i benvenuti. Io in loro nome vi stringo la mano, e vi consegno la vostra nuova bandiera, pur essa vessillo della legittimità e della religione, ed in cui pure risplende il glorioso stemma estense.”

“Si era comunque così consumato l’ultimo atto della tante tragedie d’un cambio epocale, che noi oggi possiamo ripensare con diversi metri e con maggior pietà verso chi fu dalla parte dei perdenti. Quelli che sempre e comunque hanno torto.”7




1 Luigi Amorth, “Modena Capitale”
2 Giovanni Sforza, “Il Duca di Modena e la campagna del 1859”, estratto della “Rivista storica del Risorgimento
italiano”, fasc. II, anno III, vol. III, Torino 1859, Roux Frassati e C.
3 Giancarlo Montanari, “I fedelissimi del Duca”
4 Ibidem
5 Luigi Amorth, “Modena Capitale”
6 Gian Carlo Montanari, “I fedelissimi del Duca”
7 Ibidem
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Di Elena Bianchini

dal n° 0 della rivista Terra e Identità - Aprile 2001


Era l’11 Giugno del 1859: non era ancora spuntata l’alba di quel sabato, quando Francesco V, ultimo Duca di Modena, uscì dal portone d’onore del Palazzo Ducale. Cortigiani e servitori si affollavano nei corridoi e nei cortili per porgergli l’ultimo saluto. Era la seconda volta che Francesco V abbandonava la città, ma forse in cuor suo sapeva che sarebbe stata anche l’ultima, che non avrebbe mai più fatto ritorno.
Salì in fretta a cavallo: le cronache narrano che contenne a stento l’emozione.
Fu una partenza solenne,adatta al suo animo romantico.
Raggiunse Piazza d’Armi, dove incontrò le sue truppe: partirono con lui oltre tremilaseicento militi modenesi.
Francesco V fu l’unico sovrano a essere seguito in esilio dai suoi soldati:
la coraggiosa e fedele Brigata estense.
Il 1859 era iniziato con mesi di apparente tranquillità: poco o nulla lasciava presagire la sconfitta definitiva,la fine del Ducato di Modena e l’imminente esilio dei sovrani estensi.
Già nel mese di Aprile tuttavia,quando Austria e Piemonte entrarono in aperto conflitto, si comprese che per i sovrani il Ducato nonera più così sicuro: per precauzione Francesco V volle allontanare la Duchessa Adelgonda, che partì il30 Aprile. Forse non immaginava si trattasse di una partenza definitiva.
Forse ancor meno immaginava di dovere, di lì a poco, fare altrettanto.
Ma gravi disordini affrettarono il precipitare degli eventi: a Massae a Carrara la popolazione, appoggiata e istigata dai Piemontesi, era insorta contro il Duca e il 17Maggio un proclama del Conte Ponza di San Martino aveva definitivamente aggregato quei territori alRegno di Sardegna; il Duca Leopoldo di Toscana, che si era opposto ad una alleanza col Piemonte contro l’Austria, era stato costretto a lasciare il suo Stato.
In questo scontro decisivo tra assolutismo e liberalismo, tra austriaci e franco - piemontesi, Francesco Vsi schierò subito dalla parte dell’Austria: fu anzi l’unico Principe italiano che ebbe il coraggio di compiere apertamente una tale scelta.
Il 4 Giugno però gli austriaci subirono una pesante sconfitta presso Magenta: quattro giorni dopo si ritiraronosul Mincio con carri colmi di feriti, mentre sul campanile di Magenta sventolavano già il tricolore francese e quello italiano.
In seguito a tale gravissima sconfitta l’Austria si vide costretta a ritirare tutte le guarnigioni stanziate nei ducati.
Francesco V comprese allora che ogni tentativo di resistenza sarebbe stato del tutto inutile: capìdi non potere più restare in città.
Il Duca abbandonò la sua patria, per sempre, con l’unico conforto dell’incrollabile fedeltà dei suoi uomini.
Per quello che riguarda il loro preciso numero, esso è stimato in un totale di 3.623 uomini che va integrato dai vari “uffiziali dello Stato Maggiore, dell’amministrazione generale e dell’auditorato, d’alcuni uffiziali delle milizie di riserva, d’alcuni uffiziali delle piazze, del comandante, degli uffiziali, dei sotto uffizialie de’ comuni der R. Corpo de’ Trabanti”2 .
La Brigata Estense, al di là di qualsiasi presa di posizione di parte, rappresenta un raro esempio di coraggioe fedeltà, che tutt’oggi non può non suscitare stima e commozione.
Questi fedeli soldati seguirono il loro Duca unicamente per sincera devozione: in quel momento difficile la paga era certamente bassa, lasorte avversa e il futuro alquanto incerto; disertare sarebbe stato certamente assai più semplice e comodo.
Si aggiunga che Luigi Carlo Farini, eletto dittatore a Modena, con un decreto del 27 settembre 1859 intimògli uomini che seguivano Francesco V di rientrare, prospettando avanzamenti di grado a chi avesseobbedito e gravi punizioni a chi invece avesse scelto di restare col Duca.
Tali intimidazioni e allettamentituttavia non convinsero i soldati della Brigata: solo pochi di loro scelsero di tornare in patria, ma nelcomplesso il loro numero aumentò, grazie alla continua affluenza di giovani che giungevano volontariamentedal Ducato.“(…) queste truppe con l’aggiungersi di volontari vari giunsero ad ascendere a un numero massimo dicirca 5.000 persone che certo diminuirono dopo le operazioni belliche ed erano diventate meno al momentofatale del loro definitivo scioglimento nel 1863"3
Per quattro anni i soldati e gli ufficiali della Brigata estense seguirono il loro Principe, ma il loro avvenire si prospettava sempre più incerto.


Già dal 1861 infatti a Vienna si cominciò a non vedere di buon occhio il mantenimento delle truppe di un paese ormai facente parte del Regno d’Italia:
la giunta della Camera dei Deputati esortava il Governo austriaco a porre termine a uno stato di cose definito “anomalo”, comportante un esborso gravoso, e considerato ormai inutile, per le casse dell’Impero.
Il 21 Settembre 1862 Vittorio Emanuele emanò un altro decreto di amnistia, del tutto simile a quello del Farini, nei riguardi delle truppe modenesi: a tutti i militari estensi in Austria che non fossero rientrati, entro sei mesi, nel territorio del Regno d’Italia sarebbero state inflitte pene quali la perdita dei diritti politici e civili, dei diritti di acquistare beni nello stato, nonché il sequestro di quelli già in possesso.
Per non sottoporre i suoi fedeli a tali sacrifici, Francesco V, nel Febbraio del 1863, autorizzò il congedo delle truppe.
Ben pochi tuttavia furono quelli che lo lasciarono: in tutto 12 ufficiali e circa 160 soldati. Il destino della Brigata era però ormai inesorabilmente segnato
La sentenza definitiva dell’Imperatore giunse il 14 Agosto 1863: imponeva lo scioglimento.
“Qui le cose procedono quietamente e malinconicamente, come ogni cosa che non ha più avvenire. La sorte dei vecchi soldati non assicurati, è il punto scuro di tutto; fatto questo si potrebbe tollerare il resto…La dissoluzione attuale, rende per se stessa impossibile l’esistenza di Stati piccoli ed impossibile la fedeltà futura, giacché si vede che chi è fedele viene sacrificato dal nemico e dall’amico.”4
Con queste parole Francesco V, in una lettera del 9 Settembre 1863 al Marchese Teodoro Bayard De Volo, esprimeva dolore e disillusione, nonché grande preoccupazione per l’avvenire dei suoi uomini.
L’ordine di sciogliere le truppe fu per lui un duro colpo, anche se atteso: la fedele Brigata era ormai tutto ciò che gli restava della perduta sovranità.

Il 24 Settembre 1863 a Cartigliano Veneto, dopo la messa al campo, il Duca e la Duchessa Adelgonda decorarono ciascun membro della Brigata, comandata dal Generale Agostino Saccozzi, con una medaglia d’argento, appesa ad un nastro bianco e blu, recante su un lato l’effigie di Francesco V e sull’altro la scritta “Fidelitati et costantie in adversis, 1863”.
Salutarono infine con dolore e commozione le loro truppe:
“Nell’augurarvi da Dio ogni bene, desideriamo di potervi trovare un giorno nel numero maggiore possibile, riuniti di nuovo attorno a queste onorate bandiere, che conserveremo preziosamente presso di noi, facendo voti di poter tutti assieme contribuire al trionfo della causa della Religione e della Giustizia”.5
Si rivolsero con queste parole a “2.564 soldati e a 158 ufficiali, cioè ai resti della Brigata Estense, ai fedelissimi che, non da servi ma da coraggiosi, a nostro parere, erano rimasti pronti ai suoi ordini fino all’ultimo istante”.6
Un solo ufficiale e circa 1.200 soldati scelsero di far ritorno in patria.
Con circolare del Ministero della Guerra il Governo italiano dispose, per i soldati che prestarono servizio dopo il 1859 sotto l’ex Ducato, l’arresto ed il giudizio dinanzi al Consiglio di guerra come disertori e renitenti.
Tra quelli che preferirono l’esilio, 782 uomini, fra soldati e ufficiali, passarono nelle file dei reggimentidell’Impero austriaco.
Il Tenente Maresciallo Luigi Pokorny, il 5 Ottobre 1863, li accolse con queste parole:
“Quali soldati d’onore avete dato al mondo un raro esempio di forza d’animo, fedeltà ed attaccamento all’Augusto vostro Sovrano.
Il destino altrimenti dispose di quanto una tanta fedeltà, eternamente duratura nelle pagine della storia, avrebbe meritato.
(…) Dall’Austria i guerrieri di tante nazioni salutandovi, vi chiamano i benvenuti. Io in loro nome vi stringo la mano, e vi consegno la vostra nuova bandiera, pur essa vessillo della legittimità e della religione, ed in cui pure risplende il glorioso stemma estense.”

“Si era comunque così consumato l’ultimo atto della tante tragedie d’un cambio epocale, che noi oggi possiamo ripensare con diversi metri e con maggior pietà verso chi fu dalla parte dei perdenti. Quelli che sempre e comunque hanno torto.”7




1 Luigi Amorth, “Modena Capitale”
2 Giovanni Sforza, “Il Duca di Modena e la campagna del 1859”, estratto della “Rivista storica del Risorgimento
italiano”, fasc. II, anno III, vol. III, Torino 1859, Roux Frassati e C.
3 Giancarlo Montanari, “I fedelissimi del Duca”
4 Ibidem
5 Luigi Amorth, “Modena Capitale”
6 Gian Carlo Montanari, “I fedelissimi del Duca”
7 Ibidem

2 commenti:

germana ha detto...

in questi giorni si parla del Risorgimento di chi e cosa, qualche verita' si fa strada dandoci anche amarezze ma questi uomini che hanno seguito con le loro famiglie il loro Duca -nonostante al tempo abbiano cercato di diffamarli (che siano quelle province ad importare in Italia la demonizzazione?)- ci fanno sentire bene: questa è la fedelta' QUESTO E' L'ONORE. Ringrazio per l'ottima esposizione dei fatti. Germana Ariatti

NON MI ARRENDO ha detto...

Grazie Germana. L'articolo è di Elena Bianchini Braglia, scrittrice e Presidente del C.S.R. di Modena (http://www.centrostudirisorgimentali.it/iniziative.html), con cui collaboriamo fattivamente proprio per approfondire la ricerca della verità storica.

 
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