mercoledì 14 ottobre 2020

Per il Sud un’altra occasione persa


di Natale Cuccurese

La pandemia da Covid-19 poteva essere l’occasione per ripensare le relazioni fra le varie aree del Paese, invece tutto sembra procedere come sempre è stato in Italia anche se il Mezzogiorno, costretto in primavera a fermare tutte le attività, ha subito un danno economico gravissimo calcolato il mese scorso dal Centro Studi Fipe-Confcommercio in circa 100 miliardi di euro.

D’altra parte la consapevolezza di avere una carenza di strutture ospedaliere e relativi presidi per contenere la pandemia causata da una pluriennale sottrazione di risorse, come da rapporto Eurispes del gennaio scorso per ben 840 miliardi di euro a favore delle Regioni del Nord negli ultimi vent’anni, di cui una larga parte proprio ai danni della Sanità regionale grazie al sistema truffaldino delle “quote paritarie ponderate”, ha fatto prevalere il principio di maggior cautela.

Come se non bastasse sappiamo, grazie alla parziale desecretazione degli atti relativi alle decisioni del governo in merito all’emergenza, che il lockdown al Sud fu solo una decisione politica, presa il 7 marzo scorso, per la quale il governo sottopose i cittadini di circa 80 province, soprattutto del Centro e del Sud, a misure di privazione della libertà inutili, visto che il Comitato Tecnico Scientifico considerava necessaria solo la chiusura della “Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti”.
E così mentre al Nord si procedeva ad un lockdown tardivo, soprattutto ad Alzano e Nembro con conseguente strage di cittadini, e light per le imprese, come da desiderata di Confindustria, al Sud si sprangava tutto.

Queste decisioni hanno affossato la già debole economia del Sud. La conferma giunge anche dall’ultimo rapporto Svimez di fine luglio che prevede, in aggiunta al danno economico già subito, anche la perdita di ben 380mila occupati nei prossimi mesi. A conferma di una situazione economica più che problematica giungono gli ultimi dati Eurostat, di fine settembre, che vedono la Campania prima, la Sicilia seconda e la Calabria ottava fra le regioni europee con la maggior parte della popolazione a rischio povertà. Il tutto mentre Confindustria attacca il reddito di cittadinanza parlando di Sussidistan come se le imprese non avessero solo nel 2018 ricevuto aiuti pubblici per ben 40 miliardi, contro i 7 del reddito di cittadinanza. In altre parole non solo territori e cittadini del Sud sono stati spolpati economicamente e dei diritti di cittadinanza, ma per Confindustria nulla deve essere previsto per il sostegno dei cittadini meno abbienti, al Sud come al Nord, possono solo emigrare come sempre è stato dall’Unità, possibilmente senza lamentarsi, che “il loro piangere fa male al re”.

I dati odierni che vedono il virus in risalita nei contagi ci confermano poi che la riapertura dei “confini” regionali, dettata da sole motivazioni politiche ed economiche, ha prodotto quello che oggi è sotto gli occhi di tutti e cioè “l’esportazione” della pandemia nelle regioni del Sud è avvenuta nel corso dell’estate grazie soprattutto a “turisti poco attenti”, grazie anche al lassismo nelle misure di prevenzione e cautela, ben supportato mediaticamente da negazionisti di ogni risma ospitati quotidianamente nei dibattiti televisivi. Quanto è accaduto in Sardegna, prima dell’estate regione Covid-free ed oggi in preda ai contagi, dovrebbe servire da insegnamento a tutti.

La domanda che in molti ora si pongono è la seguente: ora che a soffrire il maggior numero di contagi sono anche alcune regioni del Sud, Campania in primis, un eventuale nuovo lockdown impatterà su tutto il territorio nazionale o, come già qualcuno ventila anche con editoriali su prestigiose testate nazionali, solo sulle regioni del Sud maggiormente colpite in base al fatto che queste, come visto, avevano ed hanno minore capacità sanitaria per affrontare l’emergenza, visto che nel frattempo poco, se non per iniziative delle amministrazioni locali, è stato fatto per iniziare a riequilibrare e migliorare la situazione?

Ai posteri l’ardua sentenza, ma sarebbe l’ennesima conferma di una nazione a due velocità per sola volontà politica. Durante il lockdown primaverile, nel Mezzogiorno, decine di milioni di italiani hanno patito costi morali e materiali non necessari, data anche la limitazione immotivata, come visto,  di numerosi e delicatissimi diritti costituzionali A questo punto si fa strada un sospetto, cioè che quanto accaduto in primavera non sia stato fatto solo per cautela, ma anche al fine di impedire che il Sud potesse organizzare la propria produzione in modo indipendente, iniziando così (finalmente) ad invertire lo status quo che vede dall’Unità il Sud nella sola veste di Colonia interna estrattiva, da sempre legata al consumo dei prodotti provenienti dal Nord Italia, visto che mediamente ne assorbe circa il 50% della produzione.

È su questo fronte che il governo ha dimostrato di essere prono agli interessi di quel Nord che non ha voluto rischiare di perdere in nessun settore quello che da sempre considera un mercato interno a propria disposizione. Di questa sudditanza governativa già c’erano state parecchie evidenze durante e dopo il lockdown. La responsabilità di quanto successo prima e dopo l’estate ricade pertanto totalmente sul governo e su quel coacervo di interessi politico-economici che, a discapito di ogni diversa considerazione ed evidenza, non intende perdere privilegi e ricchezze proponendosi come unica locomotiva di un treno ormai logoro e pronto a deragliare. Purtroppo però i “campioni del Nord”, come titolava un quotidiano nazionale pochi mesi fa, , non sono supportati nella loro azione da dati altrettanto “virtuosi” se è vero, come è vero, che per quanto riguarda il reddito pro capite delle 280 regioni della UE tra il 2000 e il 2018 la Lombardia passa dal 17esimo posto al 44esimo, l’Emilia-Romagna dal 25esimo al 55esimo e il Veneto dal 26esimo al 74esimo posto. Questa caduta del reddito alimenta le paure dei Paesi del Nord Europa, quelli definiti “frugali”, che operano nei confronti dell’Italia, vista nel suo insieme, in modo simile a quanto le regioni del Nord Italia operano nei confronti del Sud Italia, emarginandolo senza alcun motivo reale, se non quello di incassare ogni fondo statale ed europeo, preparandosi inoltre a trattenere con l’autonomia differenziata anche quanto incassato con le tasse (il 90% in Veneto). Facile poi comprendere come situazioni come quella che purtroppo sta vivendo la Lombardia negli ultimi mesi, con le vicende tragicomiche del duo Fontana & Gallera, non testimonino a vantaggio della presunta efficienza delle “locomotive del Nord”, anche in Europa.

La domanda è: se il CTS la scorsa primavera avesse detto, in condizioni di contagio opposte, di chiudere solo le Regioni del Sud il governo avrebbe chiuso anche le Regioni del Nord? Ognuno può dare la risposta che vuole, ma risulta evidente che dalle prossime mosse del governo avremo la risposta definitiva e che farà chiarezza una volta per tutte se per questo Stato i cittadini sono tutti uguali o se invece sono divisi, come già da anni appare del tutto evidente, in cittadini di serie A al Nord e di serie B al Sud.

Se cioè anche per questo governo, come per tutti quelli che l’hanno preceduto, gli interessi delle “locomotive del Nord”, cioè di Confindustria e dei suoi sodali, vengono prima di ogni altra considerazione e se per “interesse nazionale” si intende solo quello delle Regioni del Nord autoproclamatesi “virtuose”, relegando il resto del Paese, da sempre descritto come sprecone, ad una appendice tollerata solo perchè al servizio di questi esclusivi interessi. A quel punto cadranno anche gli ultimi mascheramenti e i meridionali sapranno con certezza se il 34% di cittadini italiani del Mezzogiorno godono degli stessi diritti del restante 66% di cittadini residenti nelle altre regioni del Centro Nord.

Altra cartina al tornasole sarà la destinazione ultima della pioggia di miliardi di euro in arrivo dall’Ue tramite il Recovery Fund, soldi che in larga parte dovrebbero essere investiti nel Mezzogiorno, come indicato dalla Ue per iniziare a colmare il divario fra le due aree del Paese e per permettere al Paese di crescere in modo maggiormente armonico ed incisivo nel panorama europeo e mondiale. Questa settimana sarà decisiva per il riparto dei fondi anche se dalle prime anticipazioni difficilmente al Sud sarà assegnata la quota che dovrebbe spettargli (il 70%), soldi che potrebbero essere invece ancora una volta spostati in gran parte al Nord, per l’ennesimo scippo di risorse ai danni del Sud.

La seconda domanda da porsi ora è la seguente: i cittadini del Sud quanto ancora continueranno a pazientare e sopportare di fronte a questi miserabili e continui furti di risorse, data in più anche la mancanza di rappresentanza che si prospetta ai loro danni a causa dal risultato del recente Referendum costituzionale?

Forse ai più infatti è sfuggito che oggi, in attesa di una nuova legge elettorale di cui però nessuno più parla, con la riduzione dei parlamentari al Senato il voto di un cittadino della Basilicata, della Calabria, della Sardegna vale la metà di quello di un cittadino del Trentino Alto Adige. La Repubblica Italiana ha cambiato pelle da un mese a questa parte ed è diventata una oligarchia partitocratica, ma visto che oggi non si può certo impedire il voto ad intere categorie, così come si faceva nell’800, ad esempio con le donne, gli analfabeti, gli indigenti, è stato creato questo meccanismo per cui il voto di chi evidentemente si ritiene sia un cittadino di serie B, vale nei fatti la metà, disattivandolo e rendendone la rappresentanza solo di facciata e comunque minoritaria. In altre parole quanto di più antidemocratico ed inconstituzionale si possa immaginare. Ovviamente una volta che questo meccanismo sarà ben compreso dai cittadini del Mezzogiorno, se non verrà corretto in sede di legge elettorale, non potrà che generare una profonda insoddisfazione.

A questo quadro che già si preannuncia tempestoso si aggiunge il ruolo sempre più egemone e verticistico della Conferenza Stato-Regioni che nei fatti è diventata la terza Camera ed è ormai sempre più in conflitto col governo nazionale, come si è visto ampiamente non solo durante tutta la fase d’emergenza Covid, ma anche ultimamente con la vicenda della riapertura al pubblico delle attività sportive e in questi giorni con il contrasto sulla didattica a distanza alle scuole superiori. Non va poi dimenticato che la Conferenza Stato-Regioni, di cui è presidente Stefano Bonaccini presidente dell’Emilia-Romagna, è la sede in cui progressivamente è maturato, grazie anche all’ignavia del ceto politico meridionale, il divario Nord-Sud. Risulta chiaro che i presidenti di regione del Sud, ad iniziare da quelli su cui non incide la presenza nella maggioranza della Lega, insieme ai Sindaci che amministrano i comuni e che hanno voce in capitolo per quanto riguarda l’emergenza sanitaria nel proprio territorio, devono cercare di fare blocco per evitare che l’Italia diventi un inutile treno con una locomotiva senza più vagoni e contrastare con forza l’illusione distropica di alcuni presidenti di regioni del Nord che cercano di sfruttare a proprio vantaggio la frattura Nord-Sud. Solo con il Sud si riparte, sia per il contrasto pandemico sia per il rilancio economico dell’intero nostro Paese nel mondo. Da questo periodo si esce solo insieme, senza egoismi territoriali, oppure l’Italia che tutti abbiamo conosciuto difficilmente potrà reggere alle forze centrifughe che l’attraversano.

Fonte: Transform!italia






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di Natale Cuccurese

La pandemia da Covid-19 poteva essere l’occasione per ripensare le relazioni fra le varie aree del Paese, invece tutto sembra procedere come sempre è stato in Italia anche se il Mezzogiorno, costretto in primavera a fermare tutte le attività, ha subito un danno economico gravissimo calcolato il mese scorso dal Centro Studi Fipe-Confcommercio in circa 100 miliardi di euro.

D’altra parte la consapevolezza di avere una carenza di strutture ospedaliere e relativi presidi per contenere la pandemia causata da una pluriennale sottrazione di risorse, come da rapporto Eurispes del gennaio scorso per ben 840 miliardi di euro a favore delle Regioni del Nord negli ultimi vent’anni, di cui una larga parte proprio ai danni della Sanità regionale grazie al sistema truffaldino delle “quote paritarie ponderate”, ha fatto prevalere il principio di maggior cautela.

Come se non bastasse sappiamo, grazie alla parziale desecretazione degli atti relativi alle decisioni del governo in merito all’emergenza, che il lockdown al Sud fu solo una decisione politica, presa il 7 marzo scorso, per la quale il governo sottopose i cittadini di circa 80 province, soprattutto del Centro e del Sud, a misure di privazione della libertà inutili, visto che il Comitato Tecnico Scientifico considerava necessaria solo la chiusura della “Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti”.
E così mentre al Nord si procedeva ad un lockdown tardivo, soprattutto ad Alzano e Nembro con conseguente strage di cittadini, e light per le imprese, come da desiderata di Confindustria, al Sud si sprangava tutto.

Queste decisioni hanno affossato la già debole economia del Sud. La conferma giunge anche dall’ultimo rapporto Svimez di fine luglio che prevede, in aggiunta al danno economico già subito, anche la perdita di ben 380mila occupati nei prossimi mesi. A conferma di una situazione economica più che problematica giungono gli ultimi dati Eurostat, di fine settembre, che vedono la Campania prima, la Sicilia seconda e la Calabria ottava fra le regioni europee con la maggior parte della popolazione a rischio povertà. Il tutto mentre Confindustria attacca il reddito di cittadinanza parlando di Sussidistan come se le imprese non avessero solo nel 2018 ricevuto aiuti pubblici per ben 40 miliardi, contro i 7 del reddito di cittadinanza. In altre parole non solo territori e cittadini del Sud sono stati spolpati economicamente e dei diritti di cittadinanza, ma per Confindustria nulla deve essere previsto per il sostegno dei cittadini meno abbienti, al Sud come al Nord, possono solo emigrare come sempre è stato dall’Unità, possibilmente senza lamentarsi, che “il loro piangere fa male al re”.

I dati odierni che vedono il virus in risalita nei contagi ci confermano poi che la riapertura dei “confini” regionali, dettata da sole motivazioni politiche ed economiche, ha prodotto quello che oggi è sotto gli occhi di tutti e cioè “l’esportazione” della pandemia nelle regioni del Sud è avvenuta nel corso dell’estate grazie soprattutto a “turisti poco attenti”, grazie anche al lassismo nelle misure di prevenzione e cautela, ben supportato mediaticamente da negazionisti di ogni risma ospitati quotidianamente nei dibattiti televisivi. Quanto è accaduto in Sardegna, prima dell’estate regione Covid-free ed oggi in preda ai contagi, dovrebbe servire da insegnamento a tutti.

La domanda che in molti ora si pongono è la seguente: ora che a soffrire il maggior numero di contagi sono anche alcune regioni del Sud, Campania in primis, un eventuale nuovo lockdown impatterà su tutto il territorio nazionale o, come già qualcuno ventila anche con editoriali su prestigiose testate nazionali, solo sulle regioni del Sud maggiormente colpite in base al fatto che queste, come visto, avevano ed hanno minore capacità sanitaria per affrontare l’emergenza, visto che nel frattempo poco, se non per iniziative delle amministrazioni locali, è stato fatto per iniziare a riequilibrare e migliorare la situazione?

Ai posteri l’ardua sentenza, ma sarebbe l’ennesima conferma di una nazione a due velocità per sola volontà politica. Durante il lockdown primaverile, nel Mezzogiorno, decine di milioni di italiani hanno patito costi morali e materiali non necessari, data anche la limitazione immotivata, come visto,  di numerosi e delicatissimi diritti costituzionali A questo punto si fa strada un sospetto, cioè che quanto accaduto in primavera non sia stato fatto solo per cautela, ma anche al fine di impedire che il Sud potesse organizzare la propria produzione in modo indipendente, iniziando così (finalmente) ad invertire lo status quo che vede dall’Unità il Sud nella sola veste di Colonia interna estrattiva, da sempre legata al consumo dei prodotti provenienti dal Nord Italia, visto che mediamente ne assorbe circa il 50% della produzione.

È su questo fronte che il governo ha dimostrato di essere prono agli interessi di quel Nord che non ha voluto rischiare di perdere in nessun settore quello che da sempre considera un mercato interno a propria disposizione. Di questa sudditanza governativa già c’erano state parecchie evidenze durante e dopo il lockdown. La responsabilità di quanto successo prima e dopo l’estate ricade pertanto totalmente sul governo e su quel coacervo di interessi politico-economici che, a discapito di ogni diversa considerazione ed evidenza, non intende perdere privilegi e ricchezze proponendosi come unica locomotiva di un treno ormai logoro e pronto a deragliare. Purtroppo però i “campioni del Nord”, come titolava un quotidiano nazionale pochi mesi fa, , non sono supportati nella loro azione da dati altrettanto “virtuosi” se è vero, come è vero, che per quanto riguarda il reddito pro capite delle 280 regioni della UE tra il 2000 e il 2018 la Lombardia passa dal 17esimo posto al 44esimo, l’Emilia-Romagna dal 25esimo al 55esimo e il Veneto dal 26esimo al 74esimo posto. Questa caduta del reddito alimenta le paure dei Paesi del Nord Europa, quelli definiti “frugali”, che operano nei confronti dell’Italia, vista nel suo insieme, in modo simile a quanto le regioni del Nord Italia operano nei confronti del Sud Italia, emarginandolo senza alcun motivo reale, se non quello di incassare ogni fondo statale ed europeo, preparandosi inoltre a trattenere con l’autonomia differenziata anche quanto incassato con le tasse (il 90% in Veneto). Facile poi comprendere come situazioni come quella che purtroppo sta vivendo la Lombardia negli ultimi mesi, con le vicende tragicomiche del duo Fontana & Gallera, non testimonino a vantaggio della presunta efficienza delle “locomotive del Nord”, anche in Europa.

La domanda è: se il CTS la scorsa primavera avesse detto, in condizioni di contagio opposte, di chiudere solo le Regioni del Sud il governo avrebbe chiuso anche le Regioni del Nord? Ognuno può dare la risposta che vuole, ma risulta evidente che dalle prossime mosse del governo avremo la risposta definitiva e che farà chiarezza una volta per tutte se per questo Stato i cittadini sono tutti uguali o se invece sono divisi, come già da anni appare del tutto evidente, in cittadini di serie A al Nord e di serie B al Sud.

Se cioè anche per questo governo, come per tutti quelli che l’hanno preceduto, gli interessi delle “locomotive del Nord”, cioè di Confindustria e dei suoi sodali, vengono prima di ogni altra considerazione e se per “interesse nazionale” si intende solo quello delle Regioni del Nord autoproclamatesi “virtuose”, relegando il resto del Paese, da sempre descritto come sprecone, ad una appendice tollerata solo perchè al servizio di questi esclusivi interessi. A quel punto cadranno anche gli ultimi mascheramenti e i meridionali sapranno con certezza se il 34% di cittadini italiani del Mezzogiorno godono degli stessi diritti del restante 66% di cittadini residenti nelle altre regioni del Centro Nord.

Altra cartina al tornasole sarà la destinazione ultima della pioggia di miliardi di euro in arrivo dall’Ue tramite il Recovery Fund, soldi che in larga parte dovrebbero essere investiti nel Mezzogiorno, come indicato dalla Ue per iniziare a colmare il divario fra le due aree del Paese e per permettere al Paese di crescere in modo maggiormente armonico ed incisivo nel panorama europeo e mondiale. Questa settimana sarà decisiva per il riparto dei fondi anche se dalle prime anticipazioni difficilmente al Sud sarà assegnata la quota che dovrebbe spettargli (il 70%), soldi che potrebbero essere invece ancora una volta spostati in gran parte al Nord, per l’ennesimo scippo di risorse ai danni del Sud.

La seconda domanda da porsi ora è la seguente: i cittadini del Sud quanto ancora continueranno a pazientare e sopportare di fronte a questi miserabili e continui furti di risorse, data in più anche la mancanza di rappresentanza che si prospetta ai loro danni a causa dal risultato del recente Referendum costituzionale?

Forse ai più infatti è sfuggito che oggi, in attesa di una nuova legge elettorale di cui però nessuno più parla, con la riduzione dei parlamentari al Senato il voto di un cittadino della Basilicata, della Calabria, della Sardegna vale la metà di quello di un cittadino del Trentino Alto Adige. La Repubblica Italiana ha cambiato pelle da un mese a questa parte ed è diventata una oligarchia partitocratica, ma visto che oggi non si può certo impedire il voto ad intere categorie, così come si faceva nell’800, ad esempio con le donne, gli analfabeti, gli indigenti, è stato creato questo meccanismo per cui il voto di chi evidentemente si ritiene sia un cittadino di serie B, vale nei fatti la metà, disattivandolo e rendendone la rappresentanza solo di facciata e comunque minoritaria. In altre parole quanto di più antidemocratico ed inconstituzionale si possa immaginare. Ovviamente una volta che questo meccanismo sarà ben compreso dai cittadini del Mezzogiorno, se non verrà corretto in sede di legge elettorale, non potrà che generare una profonda insoddisfazione.

A questo quadro che già si preannuncia tempestoso si aggiunge il ruolo sempre più egemone e verticistico della Conferenza Stato-Regioni che nei fatti è diventata la terza Camera ed è ormai sempre più in conflitto col governo nazionale, come si è visto ampiamente non solo durante tutta la fase d’emergenza Covid, ma anche ultimamente con la vicenda della riapertura al pubblico delle attività sportive e in questi giorni con il contrasto sulla didattica a distanza alle scuole superiori. Non va poi dimenticato che la Conferenza Stato-Regioni, di cui è presidente Stefano Bonaccini presidente dell’Emilia-Romagna, è la sede in cui progressivamente è maturato, grazie anche all’ignavia del ceto politico meridionale, il divario Nord-Sud. Risulta chiaro che i presidenti di regione del Sud, ad iniziare da quelli su cui non incide la presenza nella maggioranza della Lega, insieme ai Sindaci che amministrano i comuni e che hanno voce in capitolo per quanto riguarda l’emergenza sanitaria nel proprio territorio, devono cercare di fare blocco per evitare che l’Italia diventi un inutile treno con una locomotiva senza più vagoni e contrastare con forza l’illusione distropica di alcuni presidenti di regioni del Nord che cercano di sfruttare a proprio vantaggio la frattura Nord-Sud. Solo con il Sud si riparte, sia per il contrasto pandemico sia per il rilancio economico dell’intero nostro Paese nel mondo. Da questo periodo si esce solo insieme, senza egoismi territoriali, oppure l’Italia che tutti abbiamo conosciuto difficilmente potrà reggere alle forze centrifughe che l’attraversano.

Fonte: Transform!italia






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