venerdì 9 settembre 2016

UN POPOLO "DEPORTATO"...

"La (quasi) unidirezionalità dei flussi migratori Sud-Nord che si osserva dal secondo dopoguerra fa assumere al numero di meridionali presenti al Nord dimensioni impressionanti. 
Le migrazioni Sud-Nord costituiscono una scomoda evidenza dello squilibrio economico e sociale tra le varie realtà del paese e del ruolo di subalternità delle regioni meridionali. Se negli anni del boom economico si era registrata una riduzione del gap tra Sud e Nord, negli anni successivi le opportunità occupazionali e i livelli salariali sono rimasti nettamente diversi con un inasprimento delle differenze negli anni della recente crisi economica.
Le famiglie residenti nelle regioni del Sud e nelle Isole presentano un peggioramento più marcato delle loro condizioni rispetto a quelle del Nord e del Centro, per la decisa caduta dell’occupazione e della ricchezza pro-capite, la perdita di posti di lavoro e il consolidarsi del calo dei consumi. Le migrazioni interne non sono solo l’effetto del perdurare o addirittura dell’ampliarsi del gap tra le diverse aree del nostro paese, ma potrebbero a loro volta contribuire ad alimentarlo.
Sono aumentate, infatti, le partenze dei cosiddetti studenti “eccellenti”: studi della Svimez mostrano che nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti, mentre tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38%. Queste tendenze sono state interpretate come un progressivo “impoverimento di capitale umano” del Mezzogiorno, tale da perpetuare se non addirittura accentuare le differenze con il resto del paese.
Le migrazioni Sud-Nord possono contribuire ad aggravare la distanza tra Sud e Nord anche per un altro motivo, questa volta di carattere squisitamente demografico.
Se nel secondo dopoguerra lo squilibrio demografico, con il Sud più prolifico e con una proporzione di giovani più elevata, era considerabile come una delle cause delle migrazioni verso il Nord, ora non è più così. Oggi sono le regioni del Sud, e in particolare Sardegna, Basilicata, Calabria, Molise e Campania, ad avere la natalità più bassa in Italia. Come ieri, a migrare sono principalmente i giovani, ma le dinamiche demografiche unite ai flussi migratori ora portano verso un depauperamento dei giovani nelle regioni meridionali e insulari."


http://www.neodemos.info/la-mobilita-sud-nord-in-un-paese-poco-mobile/


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"La (quasi) unidirezionalità dei flussi migratori Sud-Nord che si osserva dal secondo dopoguerra fa assumere al numero di meridionali presenti al Nord dimensioni impressionanti. 
Le migrazioni Sud-Nord costituiscono una scomoda evidenza dello squilibrio economico e sociale tra le varie realtà del paese e del ruolo di subalternità delle regioni meridionali. Se negli anni del boom economico si era registrata una riduzione del gap tra Sud e Nord, negli anni successivi le opportunità occupazionali e i livelli salariali sono rimasti nettamente diversi con un inasprimento delle differenze negli anni della recente crisi economica.
Le famiglie residenti nelle regioni del Sud e nelle Isole presentano un peggioramento più marcato delle loro condizioni rispetto a quelle del Nord e del Centro, per la decisa caduta dell’occupazione e della ricchezza pro-capite, la perdita di posti di lavoro e il consolidarsi del calo dei consumi. Le migrazioni interne non sono solo l’effetto del perdurare o addirittura dell’ampliarsi del gap tra le diverse aree del nostro paese, ma potrebbero a loro volta contribuire ad alimentarlo.
Sono aumentate, infatti, le partenze dei cosiddetti studenti “eccellenti”: studi della Svimez mostrano che nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti, mentre tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38%. Queste tendenze sono state interpretate come un progressivo “impoverimento di capitale umano” del Mezzogiorno, tale da perpetuare se non addirittura accentuare le differenze con il resto del paese.
Le migrazioni Sud-Nord possono contribuire ad aggravare la distanza tra Sud e Nord anche per un altro motivo, questa volta di carattere squisitamente demografico.
Se nel secondo dopoguerra lo squilibrio demografico, con il Sud più prolifico e con una proporzione di giovani più elevata, era considerabile come una delle cause delle migrazioni verso il Nord, ora non è più così. Oggi sono le regioni del Sud, e in particolare Sardegna, Basilicata, Calabria, Molise e Campania, ad avere la natalità più bassa in Italia. Come ieri, a migrare sono principalmente i giovani, ma le dinamiche demografiche unite ai flussi migratori ora portano verso un depauperamento dei giovani nelle regioni meridionali e insulari."


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