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Sono schizzinoso, anzi non lo sono
di LINO PATRUNO
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
L’annuncio dice “Cercasi responsabile marketing strate gico”. Ci vai e ci sono cento persone disperate, ti dicono che loro cercano varie figure, ma che si parte tutti dallo stesso livello: quale? Vendita di macchinette di caffè e similari, solo che ti devi comprare il kit che costa 1000 euro e venderne almeno 60 per cominciare a essere pagato. Niente fisso, niente rimborsi spese ma “provvigioni ad altissimo livello”. Ragazzi laureati ci mettono l’anima, arrivano a 50, poi lasciano. Ci hanno perso tempo e capitale. Intanto tanti sono andati in giro a fare pubblicità gratuita all’azienda, hanno piazzato qualche macchinetta alla nonna 90enne. Queste sono le offerte di lavoro dalle nostre parti. "Ma la Fornero, dove vive?". È uno fra i tanti sfoghi su Facebook dopo l’ultima uscita della ministra del lavoro, che ha invitato i ragazzi a non essere "choosy", schizzinosi, nel rapporto col loro futuro: "Lo dicevo sempre ai miei studenti, prendete la prima offerta e poi vi guardate intorno, mettetevi in gioco. Oggi certo non è più così in un mercato tanto difficile e debole, ma abbiamo visto tutti dei laureati sempre in attesa del posto ideale". Arduo dirlo a laureati che si adattano alle macchinette di caffè, ma la Fornero è a rischio ogni volta che ha una telecamera davanti. Fra l’altro recidiva, così come altri suoi colleghi di governo che i ragazzi li hanno trattati da "attaccati alla gonna di mamma" perché non vorrebbero cambiare città o da "sfigati" perché a 28 anni non sono ancora laureati. Gli stessi ragazzi che invece lo scomparso mago dei computer, Steve Jobs, spronava a inseguire i loro sogni, a essere "affamati" e "folli". Allora, inseguire i sogni o accontentarsi di ciò che passa il convento? Domanda retorica, visto che la risposta numero due non è oggi scelta ma obbligata. E però, un disordine c’è sotto il cielo, e chissà se è bene così come predicava il presidente cinese Mao. Quest’Italia nella quale si parla ai giovani come la Fornero, è la stessa Italia agli ultimi posti in Europa per numero di laureati e diplomati. E se la scuola è progresso, è un’Italia arretrata. Ci vogliono più laureati e diplomati. Allora, come deve comportarsi un giovane che debba decidere cosa fare da grande? Se decide che vuole essere un fisico perché gli piace essere un fisico, poi da dottore in fisica gli dicono che, sì, è bello ma per i fisici non c’è sufficiente lavoro. Se poi si iscrive a giurisprudenza senza passione ma perché così può avere vari sbocchi, dopo rischia di vagare fra i possibili sbocchi senza essere né carne né pesce. E comincia a fare master su master un po’ per diventare carne o pesce, un po’ per rinviare il momento in cui non si potrà più scherzare. Così abbiamo pochi laureati e diplomati, abbiamo la gioventù più masterizzata d’Europa, abbiamo la gioventù più disoccupata d’Europa. Se non si iscrive affatto all’università, o addirittura lascia dopo la scuola dell’obbligo, il nostro eroe si può mettere a fare un mestiere. Ma ne ha scarsa competenza perché le scuole professionali sono state retrocesse come una serie B in un Paese in cui il padre operaio non vuol vedere il figlio operaio ma ingegnere.In conclusione questo giovane non sa che fare, tranne che restare al palo e vedersi anche bacchettato dalla Fornero. La quale avrebbe ragione se il problema non fosse fare gli schizzinosi verso un lavoro o l’altro, ma non poterlo neanche fare visto che non c’è né un lavoro né l’altro.Per la verità, lavori ce ne sono. Servono cuochi, idraulici, manutentori. Servono paramedici e badanti per una popolazione che invecchia sempre più. Ma quelli sono i lavori che prendono gli immigrati stranieri perché nessuno dei nostri vuole farli. Perché i nostri sono drogati da facoltà come Scienza della comunicazione. E dalla laurea come riscatto sociale, anzi come necessità nazionale. Ma in Germania (sempre lei) già il 50 per cento degli iscritti all’università comincia a lavorare. E non a servire al bar, pur dignitosissimo. Ma se dovrà fare il biologo, frequenta i laboratori di analisi. Se dovrà fare il manager, frequenta le aziende. Insomma scelta precisa a 18 anni (si può, si può) e sforzi concentrati per non arrivare spaesati. In Italia avviene (anche alla scuola superiore) solo per il 10 per cento: così, a fine studi, è come se si dovesse ricominciare da zero. La famosa alternanza scuola-lavoro che da noi è come sbarcare su Urano. Ma che si può perseguire ostinatamente anche da sé. Conclusione. Ragazzi stimolati ad andare avanti con gli studi, orientati verso facoltà sbagliate, definiti se non vogliono accontentarsi dopo aver studiato. Così diventano precari non solo nel lavoro e nella vita ma nella testa. E vanno via: i meridionali al Nord, i settentrionali all’estero. Decenni fa c’era chi diceva che la crisi è la più grande benedizione, perché "porta progressi". Si chiamava Albert Einstein, era un genio. E stranamente era stato ciuccissimo a scuola.
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
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di LINO PATRUNO
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
L’annuncio dice “Cercasi responsabile marketing strate gico”. Ci vai e ci sono cento persone disperate, ti dicono che loro cercano varie figure, ma che si parte tutti dallo stesso livello: quale? Vendita di macchinette di caffè e similari, solo che ti devi comprare il kit che costa 1000 euro e venderne almeno 60 per cominciare a essere pagato. Niente fisso, niente rimborsi spese ma “provvigioni ad altissimo livello”. Ragazzi laureati ci mettono l’anima, arrivano a 50, poi lasciano. Ci hanno perso tempo e capitale. Intanto tanti sono andati in giro a fare pubblicità gratuita all’azienda, hanno piazzato qualche macchinetta alla nonna 90enne. Queste sono le offerte di lavoro dalle nostre parti. "Ma la Fornero, dove vive?". È uno fra i tanti sfoghi su Facebook dopo l’ultima uscita della ministra del lavoro, che ha invitato i ragazzi a non essere "choosy", schizzinosi, nel rapporto col loro futuro: "Lo dicevo sempre ai miei studenti, prendete la prima offerta e poi vi guardate intorno, mettetevi in gioco. Oggi certo non è più così in un mercato tanto difficile e debole, ma abbiamo visto tutti dei laureati sempre in attesa del posto ideale". Arduo dirlo a laureati che si adattano alle macchinette di caffè, ma la Fornero è a rischio ogni volta che ha una telecamera davanti. Fra l’altro recidiva, così come altri suoi colleghi di governo che i ragazzi li hanno trattati da "attaccati alla gonna di mamma" perché non vorrebbero cambiare città o da "sfigati" perché a 28 anni non sono ancora laureati. Gli stessi ragazzi che invece lo scomparso mago dei computer, Steve Jobs, spronava a inseguire i loro sogni, a essere "affamati" e "folli". Allora, inseguire i sogni o accontentarsi di ciò che passa il convento? Domanda retorica, visto che la risposta numero due non è oggi scelta ma obbligata. E però, un disordine c’è sotto il cielo, e chissà se è bene così come predicava il presidente cinese Mao. Quest’Italia nella quale si parla ai giovani come la Fornero, è la stessa Italia agli ultimi posti in Europa per numero di laureati e diplomati. E se la scuola è progresso, è un’Italia arretrata. Ci vogliono più laureati e diplomati. Allora, come deve comportarsi un giovane che debba decidere cosa fare da grande? Se decide che vuole essere un fisico perché gli piace essere un fisico, poi da dottore in fisica gli dicono che, sì, è bello ma per i fisici non c’è sufficiente lavoro. Se poi si iscrive a giurisprudenza senza passione ma perché così può avere vari sbocchi, dopo rischia di vagare fra i possibili sbocchi senza essere né carne né pesce. E comincia a fare master su master un po’ per diventare carne o pesce, un po’ per rinviare il momento in cui non si potrà più scherzare. Così abbiamo pochi laureati e diplomati, abbiamo la gioventù più masterizzata d’Europa, abbiamo la gioventù più disoccupata d’Europa. Se non si iscrive affatto all’università, o addirittura lascia dopo la scuola dell’obbligo, il nostro eroe si può mettere a fare un mestiere. Ma ne ha scarsa competenza perché le scuole professionali sono state retrocesse come una serie B in un Paese in cui il padre operaio non vuol vedere il figlio operaio ma ingegnere.In conclusione questo giovane non sa che fare, tranne che restare al palo e vedersi anche bacchettato dalla Fornero. La quale avrebbe ragione se il problema non fosse fare gli schizzinosi verso un lavoro o l’altro, ma non poterlo neanche fare visto che non c’è né un lavoro né l’altro.Per la verità, lavori ce ne sono. Servono cuochi, idraulici, manutentori. Servono paramedici e badanti per una popolazione che invecchia sempre più. Ma quelli sono i lavori che prendono gli immigrati stranieri perché nessuno dei nostri vuole farli. Perché i nostri sono drogati da facoltà come Scienza della comunicazione. E dalla laurea come riscatto sociale, anzi come necessità nazionale. Ma in Germania (sempre lei) già il 50 per cento degli iscritti all’università comincia a lavorare. E non a servire al bar, pur dignitosissimo. Ma se dovrà fare il biologo, frequenta i laboratori di analisi. Se dovrà fare il manager, frequenta le aziende. Insomma scelta precisa a 18 anni (si può, si può) e sforzi concentrati per non arrivare spaesati. In Italia avviene (anche alla scuola superiore) solo per il 10 per cento: così, a fine studi, è come se si dovesse ricominciare da zero. La famosa alternanza scuola-lavoro che da noi è come sbarcare su Urano. Ma che si può perseguire ostinatamente anche da sé. Conclusione. Ragazzi stimolati ad andare avanti con gli studi, orientati verso facoltà sbagliate, definiti se non vogliono accontentarsi dopo aver studiato. Così diventano precari non solo nel lavoro e nella vita ma nella testa. E vanno via: i meridionali al Nord, i settentrionali all’estero. Decenni fa c’era chi diceva che la crisi è la più grande benedizione, perché "porta progressi". Si chiamava Albert Einstein, era un genio. E stranamente era stato ciuccissimo a scuola.
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
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