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Fonte: Agoravox
Quindici aree al sud, ventuno al nord e otto al centro. E' la mappa del territorio malato di amianto e diossina, disseminato di discariche pericolose e di siti tossici abbandonati. Porto Marghera e Gela, Taranto e Porto Torres, Brindisi e Massa Carrara, ma anche Castel Volturno e il Melfese nell'ex "isola felix" Basilicata. Da decenni questi ed altri territori vivono nel più assoluto inquinamento, eredità di un processo di industrializzazione che avrebbe dovuto diffondere sviluppo e benessere ma che invece e sovente ha significato degrado e morte.
I centri più colpiti sono 44, dove le misure di bonifica non sono mai decollate ed il tasso di morbilità tumorale ha raggiunto punte elevatissime con le vittime che si contano ormai a migliaia. Questi dati, "biologicamente ed ecologicamente" disastrosi, sono stati appena diffusi dallo studio "Sentieri", Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento realizzato dall'Istituto Superiore di Sanità. Evidenziano numeri impressionanti, da cui emerge un quadro diprofondo malessere in cui molti cittadini rischiano quotidianamente la vita solo perché risiedono vicino a fonti di emissioni pericolose, respirando aria contaminata e mangiando prodotti tossici che essi stessi coltivano.
Il veleno agisce ovunque e nell'ombra, contro l'ambiente e contro le persone. I killer più spietati sono leindustrie insalubri e le discariche abusive. Come a Taranto, dove l'Ilva confina con il centro abitato e ibambini continuano a morire per la diossina. O come nelle zone lucane della Val d'Agri e delMetapontino, dove le falde acquifere risentono dei depositi nocivi degli stabilimenti estrattivi di gas e petrolio. Ma ad aggravare il quadro è anche l'incuria delle istituzioni, non di rado oggetto di sospetti di collusione col malaffare tutt'altro che infondati.
L'esempio di maggior clamore, in tal senso, riguarda di nuovo la Basilicata dove proprio di recente sono stati inquisiti diversi politici e disposti gli arresti domiciliari nei confronti di numerosi funzionari pubblici rei di aver omesso i prescritti controlli - e in taluni casi di averne invece contraffatto gli esiti - sull'impianto megainceneritore "Fenice" di San Nicola di Melfi, autentica bomba ecologica che ha infestato l'aria, l'acqua e i terreni dell'area Nord della regione (della quale chi scrive è originario).
Le località altamente inquinate, nell'indagine svolta dall'Iss sono state ribattezzate "Sin": Siti di bonifica di interesse nazionale. Le statistiche di mortalità relative alle aree di riferimento, circa 300 comuni con oltre 5 milioni e mezzo di abitanti, hanno fatto emergere nel periodo ricompreso fra la metà degli anni '90 ed il 2002 ben 10 mila decessi in più (dei quali circa 9000 nel solo Meridione, dove le cosiddette "ecomafie" e il sistema di corruttele perversano) rispetto alla cifra attesa considerando tutte le cause di morte. Limitando l'analisi alle patologie chiaramente ricollegabili, invece, alla prossimità urbana agli stabilimenti siderurgici e alle raffinerie, alle miniere e alle cave, alle discariche e ai centri di trasformazione, il dato delle morti si attesta intorno a poco più di 3.500 unità, che rimane comunque sproporzionato e intollerabile.
Nello specifico, una delle casistiche più ricorrenti è quella rappresentata dalle morti per tumore alla pleura contratto nei siti contaminati da amianto. Tra questi, particolare rilevanza assumono le situazioni di Casale Monferrato, Broni, Biancavilla, Massa Carrara, Priolo, Pitelli, di alcuni comuni situati lungo il litorale vesuviano e dei territori confinanti con lo stabilimento "Fibronit" di Bari. L'impatto sulle popolazioni locali delle presenze industriali ed estrattive di Taranto, Gela, Porto Torres, Sulcis-Iglesiente e Porto Marghera assume addirittura tratti drammatici per quanto concerne l'incidenza letale dei tumori polmonari e delle malattie respiratorie in genere.
Gli aumentati decessi per insufficienza renale e per altre malattie del sistema urinario sono invece fortemente legate alle emissioni di metalli pesanti, di composti alogenati e di idrocarburi nei dintorni degli stabilimenti di Piombino, Massa Carrara e Orbetello. Si registra, infine, un incremento anomalo delle morti per malformazioni congenite nelle aree di Falconara e Milazzo.
LA MAPPA DEI SITI DA BONIFICARE
Le patologie colpiscono indiscriminatamente tutta la popolazione e non soltanto gli operai che hanno lavorato nei siti industriali interessati dal dossier. E' questa la conclusione amara dello studio epidemiologico dell'Istituto Superiore di Sanità. Il più subdolo fra i veleni, quello che colpisce le sue vittime nascosto nelle tubature e nei rivestimenti di case ed edifici pubblici, è proprio l'amianto, che nel nostro Paese uccide purtroppo 3 mila persone ogni anno.
L'impiego di tale minerale è stato bandito in Italia da circa un ventennio ma nel nostro ecosistema ne restato a tutt'oggi 32 milioni di tonnellate, pari a 5 quintali per ogni cittadino. Lo smaltimento, nonostante viviamo in un'era ipertecnologica, è fra i maggiori problemi che impediscono una piena e definitiva opera di bonifica. E il livello di rischio cancerogeno, come denunciano gli esperti del Ministero della Salute, è ancora scarsamente percepito dalla stessa popolazione.
Il primato negativo, in tal caso, spetta al Piemonte con 200 nuovi malati all'anno. Qui aveva sede la fabbrica "Eternit", i cui vertici sono ancora sotto processo con migliaia di parti lese, in prevalenza ex operai e dipendenti, in attesa di risarcimento. Ma è significativa anche l'esposizione familiare, con nuovi casi che riguardano mogli e figli entrati in passato in contatto con l'amianto tramite gli indumenti dei lavoratori esposti. L'Iss calcola che l'aumento dell'incidenza della connessa forma tumorale, il mesotelioma, durerà almeno fino al 2015.
Riassumendo i dati del rapporto, sono oltre 9 milioni gli italiani residenti in aree contaminate, che rappresentano il 3% dell'intero territorio nazionale. La Sardegna è la regione più contaminata con 445 mila ettari di terreno da bonificare, seguita dalla Campania con 345 mila ettari. I siti a rischio sono in tutto 57 e la relativa "speciale" classifica vede stavolta in testa la Lombardia con 7 siti, seguita nuovamente dalla Campania con 6, da Piemonte e Toscana con 5, da Puglia e Sicilia con 4.
Al di là della mappatura delle aree degradate in attesa di risanamento, la cui definizione è certamente un passo in avanti, permane lo stato di emergenza denunciato ad esempio dall'associazione dei geologi e dovuto all'assenza di un piano nazionale per le bonifiche che conti su investimenti certi e su procedure snelle ed efficaci. Occorre, insomma, uno strumento normativo che vincoli più seriamente le istituzioni e le autorità di vigilanza e le preservi dalle infiltrazioni della criminalità organizzata.
La percentuale di malattie tumorali e di decessi, che nelle zone "testate" dall'Iss aumenta come visto in maniera esponenziale, finisce per riflettersi negativamente anche sulle rispettive economie, legate nella maggior parte dei casi prevalentemente al turismo e all'agricoltura. Per tale ragione, concludono gli scienziati impegnati in questa campagna di sensibilizzazione, vanno prese decisioni coraggiose che consentano di passare dalla perenne logica emergenziale degli ultimi anni a una fase attuativa.
LE TABELLE DELLO STUDIO "SENTIERI"
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