sabato 26 marzo 2011

Campania col veleno in corpo

Diossina nelle vene, Arsenico nell'acqua. E poi cadmio, mercurio, piombo. Con i picchi nei comuni più vicini alle discariche e agli inceneritori. Un rapporto segreto analizza gli effetti dell'emergenza rifiuti

Il termovalorizzatore di AcerraIl termovalorizzatore di Acerra
Di Mariano Fittipaldi

C'è una rapporto nascosto da mesi nei cassetti della Regione Campania. Si chiama Sebiorec, ed è uno dei più imponenti studi epidemiologici con biomarcatori mai fatti in Italia. Dice che c'è diossina cancerogena nel sangue di napoletani e casertani, c'è troppo arsenico nell'acqua e non mancano, in alcuni comuni, i velenosi Pcb. Ma niente panico, il rapporto si cautela:"i livelli di esposizione non sono tali da giustificare uno stato d'allarme sanitario". I valori, in genere, sono nella norma. E sembra una buona notizia, soprattutto per i campani che da tempo sospettano di vivere in una delle zone più inquinate e pericolose d'Italia. Perché allora finora nessuno ha reso pubblici i risultati? Forse perché, spulciando il rapporto e i suoi faldoni nelle pieghe (in tutto migliaia di pagine di analisi e test) non tutti i dati sono così tranquillizzanti come sembra. E di sicuro gli addetti ai lavori sono preoccupati.

Anche perché il rapporto parla espressamente di presenza di quella diossina chiamata "tipo Seveso", la più pericolosa tra le diossine, e la associa al consumo di mozzarella e verdure. Aggiungendo che nel quartiere di Pianura c'è più diossina che nel resto della regione. Come si può restare sereni?
"L'Espresso" ha letto le conclusioni definitive del rapporto, commissionato nel lontano 2007 dagli uomini di Antonio Bassolino e costato in tutto 250 mila euro. Il lavoro è pronto dallo scorso dicembre, frutto di mesi di studio (e bracci di ferro) di 115 tra scienziati e medici che hanno partecipato alla sua stesura. Sono ricercatori dell'Istituto superiore di sanità (Iss), del Cnr, del Registro tumori e delle Asl locali che hanno prima analizzato 900 campioni di sangue e 60 di latte materno per capire la quantità di sostanze tossiche presente negli abitanti di 16 città a rischio ambientale del napoletano e del casertano. E che poi hanno interpretato i dati e messo nero su bianco le loro valutazioni sul livello di contaminazione e di esposizione agli inquinanti. Se i livelli "medi" di diossine e metalli pesanti riscontrati sono simili a quelle di altre realtà nazionali ed europee, ci sono molte differenze tra zone e comuni. Ma la somiglianza col resto del territorio nazionale è anche conseguenza dalla metodologia con cui è stata fatta l'indagine, visto che i 900 campioni di sangue sono stati divisi in pool da dieci campioni ciascuno. Una scelta dettata da fattori economici (ogni analisi è molto costosa) e scientifici (lavorare su grandi quantità di sangue permette maggiore precisione statistica). Di certo, però, in questo modo i picchi di esposizione ai veleni dei singoli donatori non sono stati registrati, e si è persa anche la variabilità tra soggetti



Nonostante tutto, che alcune zone siano più contaminate di altre è un fatto che balza subito agli occhi. In un paragrafo intitolato "Possibili esposizioni anomale" si indicano sei comuni con fattori di criticità alti o medi. Luoghi dove gli scienziati hanno trovato concentrazione di inquinanti maggiori che altrove. E dove, si legge nel rapporto, in un futuro prossimo venturo si potrebbe (dovrebbe?) intervenire. Per bonificare le sorgenti inquinanti. La priorità è "alta" per la presenza di arsenico a Villaricca e Qualiano, e "media" a Caivano e Brusciano (sempre per l'arsenico), a Giugliano (dove gli scienziati segnalano un primato per il mercurio) e a Napoli, zona Pianura, per la diossina tipo 2,3,7,8-Tcdd, quella più pericolosa. Nelle zone citate vivono, dati Istat alla mano, oltre 320 mila persone. Il rapporto dice che le sostanze sono "indesiderate", e poi aggiunge che i valori non sono tanto alti. Ma a molti osservatori questa sembra un'incongruenza. Di fatto, certo è che bisognerebbe studiare la sorgente dei veleni, capire quale parte della catena alimentare è stata contagiata, quanto pesano i fumi tossici sprigionati dall'immondizia bruciata.

Nel sangue degli abitanti di Pianura sono state trovate quantità di diossina tipo "Seveso" tre volte superiori a quelle di Villa Literno (tra i paesi è quello meno contaminato dalla sostanza), quasi doppia razione di cadmio e di diossine-benzofurani rispetto a Casapesenna. Nel pool che analizza la presenza di diossina cancerogena nei ragazzi maschi e nelle donne anziane di Pianura, per esempio, troviamo valori superiori a 2 picogrammi per grammo. Per essere davvero tranquilli, dicono gli scienziati più preoccupati, dovrebbero essere intorno a 1. Perché a Napoli non ci dovrebbero essere valori simili a quelli registrati vicino a poli industriali come a Mantova o a Taranto.

Continuando la mappatura, lo studio evidenzia che a Nola si trovano i valori più alti per i Pcb (sono diossina-simili), a Qualiano le quantità maggiori di mercurio, mentre Caivano primeggia per la speciale classifica del piombo. Per quanto riguarda il latte (nelle primipare gli scienziati hanno cercato eventuali tracce di Pbde, sostanze chimiche utilizzate in genere come ritardanti di fiamma e altamente nocive). Nel rapporto si legge: "� stato osservato come i tre pool più contaminati mostrino una presenza rilevante di congeneri con elevato grado di bromurazione presenti negli altri pool". Traducendo, in alcune zone dell'Asl Napoli 3 e Napoli 4 (come Acerra dove esiste l'inceneritore più grande d'Italia) e dell'Asl Caserta 1 potrebbero esistere sorgenti di veleno. "Tali sorgenti", dice ancora il rapporto Sebiorec, "potrebbero essere individuate nei luoghi con presenza di rifiuti, ma anche in possibili fattori indoor".

Se i risultati generali non destano particolari allarmi sanitari, una parte dei ricercatori che ha lavorato al progetto sostiene che bisognerebbe indagare più a fondo sull'origine della contaminazione. Soprattutto quando i dati scientifici s'intrecciano con i questionari sulle abitudini e gli stili di vita compilate dai donatori di sangue. Alcune valutazioni sono comunque scioccanti. Nei campioni in cui è stata trovata traccia di diossina 2,3,7,8-Tcdd, per esempio, "l'analisi evidenzia" si legge "una relazione con la percentuale media di consumo di mozzarella, che assume valori più elevati a Napoli (località Pianura) e Nola". Sempre a Pianura si scoprono, poi, correlazioni tra la presenza dei cancerogeni e quella delle discariche, fenomeno riscontrato anche a Qualiano e Villaricca. Non solo. La presenza nel sangue dei Pcb è collegabile "alla percentuale di consumo di verdure". E questo accade in molti paesi e città noti alle cronache per casi di inquinamento da rifiuti tossici: Castel Volturno, Villa Literno, Mugnano.

Se alcuni valori della diossina preoccupano i medici più sensibili, la presenza di un cancerogeno come l'arsenico è decisamente eccessiva. La contaminazione è collegata all'acqua dell'acquedotto e utilizzata "sia a scopo alimentare", scrivono gli scienziati dell'Iss e del Cnr, "sia a scopo di cucina, e sia per lavare". Gli scienziati propongono a scopo cautelativo verifiche frequenti sulle condutture, e studi approfonditi sull'impatto dei rifiuti "sui prodotti alimentari locali, in particolare laddove i rifiuti siano o siano stati soggetti a combustioni incontrollate". Il rapporto non lo specifica, ma il territorio più colpito dai fuochi è quello di Giuliano, dove le pratiche illegali di smaltimento di rifiuti nocivi sono all'ordine del giorno. La diossina e altri inquinanti possono dunque finire nel sangue non solo attraverso gli alimenti: "Non può escludersi, in linea teorica, che vie di esposizione diverse da quella alimentare forniscano contributi non trascurabili al carico inquinante corporeo".

Nel rapporto, oltre ai risultati delle analisi e le relative interpretazioni epidemiologiche, ci sono anche parti dedicate alla percezione dei rischi da parte dei cittadini. Tutti i donatori hanno compilato un questionario, in cui spiegano le loro abitudini e le loro preoccupazioni. Ebbene, l'87 per cento delle persone intervistate ha dichiarato di essere certa o quasi sicura che prima o poi si ammalerà di una forma di cancro, vivendo vicino ad un'area inquinata. La preoccupazione - giusta o sbagliata che sia - è alta per tutte le patologie indicate dagli scienziati: allergie, malattie respiratorie, danni agli organi. Quello che li spaventa maggiormente è l'aria, ma il timore è che l'intera catena alimentare sia compromessa.

Resta, però, il dubbio: anche senza fare allarmismi, non sarebbe importante discutere dei risultati di Sebiorec? Nessuno, però, finora ne ha parlato: con i soldi pubblici è stato realizzato anche un sito Internet che conteneva dati e commenti sullo studio, ma non è mai entrato in funzione.


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Diossina nelle vene, Arsenico nell'acqua. E poi cadmio, mercurio, piombo. Con i picchi nei comuni più vicini alle discariche e agli inceneritori. Un rapporto segreto analizza gli effetti dell'emergenza rifiuti

Il termovalorizzatore di AcerraIl termovalorizzatore di Acerra
Di Mariano Fittipaldi

C'è una rapporto nascosto da mesi nei cassetti della Regione Campania. Si chiama Sebiorec, ed è uno dei più imponenti studi epidemiologici con biomarcatori mai fatti in Italia. Dice che c'è diossina cancerogena nel sangue di napoletani e casertani, c'è troppo arsenico nell'acqua e non mancano, in alcuni comuni, i velenosi Pcb. Ma niente panico, il rapporto si cautela:"i livelli di esposizione non sono tali da giustificare uno stato d'allarme sanitario". I valori, in genere, sono nella norma. E sembra una buona notizia, soprattutto per i campani che da tempo sospettano di vivere in una delle zone più inquinate e pericolose d'Italia. Perché allora finora nessuno ha reso pubblici i risultati? Forse perché, spulciando il rapporto e i suoi faldoni nelle pieghe (in tutto migliaia di pagine di analisi e test) non tutti i dati sono così tranquillizzanti come sembra. E di sicuro gli addetti ai lavori sono preoccupati.

Anche perché il rapporto parla espressamente di presenza di quella diossina chiamata "tipo Seveso", la più pericolosa tra le diossine, e la associa al consumo di mozzarella e verdure. Aggiungendo che nel quartiere di Pianura c'è più diossina che nel resto della regione. Come si può restare sereni?
"L'Espresso" ha letto le conclusioni definitive del rapporto, commissionato nel lontano 2007 dagli uomini di Antonio Bassolino e costato in tutto 250 mila euro. Il lavoro è pronto dallo scorso dicembre, frutto di mesi di studio (e bracci di ferro) di 115 tra scienziati e medici che hanno partecipato alla sua stesura. Sono ricercatori dell'Istituto superiore di sanità (Iss), del Cnr, del Registro tumori e delle Asl locali che hanno prima analizzato 900 campioni di sangue e 60 di latte materno per capire la quantità di sostanze tossiche presente negli abitanti di 16 città a rischio ambientale del napoletano e del casertano. E che poi hanno interpretato i dati e messo nero su bianco le loro valutazioni sul livello di contaminazione e di esposizione agli inquinanti. Se i livelli "medi" di diossine e metalli pesanti riscontrati sono simili a quelle di altre realtà nazionali ed europee, ci sono molte differenze tra zone e comuni. Ma la somiglianza col resto del territorio nazionale è anche conseguenza dalla metodologia con cui è stata fatta l'indagine, visto che i 900 campioni di sangue sono stati divisi in pool da dieci campioni ciascuno. Una scelta dettata da fattori economici (ogni analisi è molto costosa) e scientifici (lavorare su grandi quantità di sangue permette maggiore precisione statistica). Di certo, però, in questo modo i picchi di esposizione ai veleni dei singoli donatori non sono stati registrati, e si è persa anche la variabilità tra soggetti



Nonostante tutto, che alcune zone siano più contaminate di altre è un fatto che balza subito agli occhi. In un paragrafo intitolato "Possibili esposizioni anomale" si indicano sei comuni con fattori di criticità alti o medi. Luoghi dove gli scienziati hanno trovato concentrazione di inquinanti maggiori che altrove. E dove, si legge nel rapporto, in un futuro prossimo venturo si potrebbe (dovrebbe?) intervenire. Per bonificare le sorgenti inquinanti. La priorità è "alta" per la presenza di arsenico a Villaricca e Qualiano, e "media" a Caivano e Brusciano (sempre per l'arsenico), a Giugliano (dove gli scienziati segnalano un primato per il mercurio) e a Napoli, zona Pianura, per la diossina tipo 2,3,7,8-Tcdd, quella più pericolosa. Nelle zone citate vivono, dati Istat alla mano, oltre 320 mila persone. Il rapporto dice che le sostanze sono "indesiderate", e poi aggiunge che i valori non sono tanto alti. Ma a molti osservatori questa sembra un'incongruenza. Di fatto, certo è che bisognerebbe studiare la sorgente dei veleni, capire quale parte della catena alimentare è stata contagiata, quanto pesano i fumi tossici sprigionati dall'immondizia bruciata.

Nel sangue degli abitanti di Pianura sono state trovate quantità di diossina tipo "Seveso" tre volte superiori a quelle di Villa Literno (tra i paesi è quello meno contaminato dalla sostanza), quasi doppia razione di cadmio e di diossine-benzofurani rispetto a Casapesenna. Nel pool che analizza la presenza di diossina cancerogena nei ragazzi maschi e nelle donne anziane di Pianura, per esempio, troviamo valori superiori a 2 picogrammi per grammo. Per essere davvero tranquilli, dicono gli scienziati più preoccupati, dovrebbero essere intorno a 1. Perché a Napoli non ci dovrebbero essere valori simili a quelli registrati vicino a poli industriali come a Mantova o a Taranto.

Continuando la mappatura, lo studio evidenzia che a Nola si trovano i valori più alti per i Pcb (sono diossina-simili), a Qualiano le quantità maggiori di mercurio, mentre Caivano primeggia per la speciale classifica del piombo. Per quanto riguarda il latte (nelle primipare gli scienziati hanno cercato eventuali tracce di Pbde, sostanze chimiche utilizzate in genere come ritardanti di fiamma e altamente nocive). Nel rapporto si legge: "� stato osservato come i tre pool più contaminati mostrino una presenza rilevante di congeneri con elevato grado di bromurazione presenti negli altri pool". Traducendo, in alcune zone dell'Asl Napoli 3 e Napoli 4 (come Acerra dove esiste l'inceneritore più grande d'Italia) e dell'Asl Caserta 1 potrebbero esistere sorgenti di veleno. "Tali sorgenti", dice ancora il rapporto Sebiorec, "potrebbero essere individuate nei luoghi con presenza di rifiuti, ma anche in possibili fattori indoor".

Se i risultati generali non destano particolari allarmi sanitari, una parte dei ricercatori che ha lavorato al progetto sostiene che bisognerebbe indagare più a fondo sull'origine della contaminazione. Soprattutto quando i dati scientifici s'intrecciano con i questionari sulle abitudini e gli stili di vita compilate dai donatori di sangue. Alcune valutazioni sono comunque scioccanti. Nei campioni in cui è stata trovata traccia di diossina 2,3,7,8-Tcdd, per esempio, "l'analisi evidenzia" si legge "una relazione con la percentuale media di consumo di mozzarella, che assume valori più elevati a Napoli (località Pianura) e Nola". Sempre a Pianura si scoprono, poi, correlazioni tra la presenza dei cancerogeni e quella delle discariche, fenomeno riscontrato anche a Qualiano e Villaricca. Non solo. La presenza nel sangue dei Pcb è collegabile "alla percentuale di consumo di verdure". E questo accade in molti paesi e città noti alle cronache per casi di inquinamento da rifiuti tossici: Castel Volturno, Villa Literno, Mugnano.

Se alcuni valori della diossina preoccupano i medici più sensibili, la presenza di un cancerogeno come l'arsenico è decisamente eccessiva. La contaminazione è collegata all'acqua dell'acquedotto e utilizzata "sia a scopo alimentare", scrivono gli scienziati dell'Iss e del Cnr, "sia a scopo di cucina, e sia per lavare". Gli scienziati propongono a scopo cautelativo verifiche frequenti sulle condutture, e studi approfonditi sull'impatto dei rifiuti "sui prodotti alimentari locali, in particolare laddove i rifiuti siano o siano stati soggetti a combustioni incontrollate". Il rapporto non lo specifica, ma il territorio più colpito dai fuochi è quello di Giuliano, dove le pratiche illegali di smaltimento di rifiuti nocivi sono all'ordine del giorno. La diossina e altri inquinanti possono dunque finire nel sangue non solo attraverso gli alimenti: "Non può escludersi, in linea teorica, che vie di esposizione diverse da quella alimentare forniscano contributi non trascurabili al carico inquinante corporeo".

Nel rapporto, oltre ai risultati delle analisi e le relative interpretazioni epidemiologiche, ci sono anche parti dedicate alla percezione dei rischi da parte dei cittadini. Tutti i donatori hanno compilato un questionario, in cui spiegano le loro abitudini e le loro preoccupazioni. Ebbene, l'87 per cento delle persone intervistate ha dichiarato di essere certa o quasi sicura che prima o poi si ammalerà di una forma di cancro, vivendo vicino ad un'area inquinata. La preoccupazione - giusta o sbagliata che sia - è alta per tutte le patologie indicate dagli scienziati: allergie, malattie respiratorie, danni agli organi. Quello che li spaventa maggiormente è l'aria, ma il timore è che l'intera catena alimentare sia compromessa.

Resta, però, il dubbio: anche senza fare allarmismi, non sarebbe importante discutere dei risultati di Sebiorec? Nessuno, però, finora ne ha parlato: con i soldi pubblici è stato realizzato anche un sito Internet che conteneva dati e commenti sullo studio, ma non è mai entrato in funzione.


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