sabato 15 gennaio 2011

A 11 anni dalla rivolta di Cochabamba, la lotta per l'acqua continua

di Lorenzo Pantano

Nel gennaio del 2000, a Cochabamba, in Bolivia, è nato il più grande movimento della storia dell'umanità contro la privatizzazione dell'acqua e del modello economico neoliberista che, con l'avallo di istituzioni quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, stanno portando a una sostanziale privatizzazione dei servizi idrici, favorendo l'entrata di grandi multinazionali nella gestione dell'acqua.
In Bolivia, la privatizzazione dell'acqua vide come protagonista una multinazionale americana: la Bechtel Corp. in collaborazione con l'italiana Edison e la supervisione della Banca Mondiale.

Il loro progetto prevedeva che tutta l'acqua della città dovesse essere privatizzata e fornita dalla società Aguas de Tunari, di proprietà della Bechtel; la popolazione non aveva neanche la possibilità di raccogliere acqua piovana, e i prezzi aumentarono a tal punto che una famiglia rischiava di spendere fino al 30% del proprio stipendio per avere acqua. Le multinazionali avevano calcolato i loro profitti, i loro “businness”, ma non avevano fatto i conti con la popolazione.
Nacque, infatti, un grandioso movimento di protesta contro i provvedimenti governativi e le multinazionali dell'acqua, organizzatosi nella coordinadora en defensa de l'agua y la vida, al quale presero parte diverse parti sociali, anche storicamente in conflitto. La battaglia per l'acqua era più importante delle divergenze interne.
A Cochabamba, nel 2001 centinaia furono i feriti e 5 ragazzi persero la vita in quella che è passata alla storia come “la Rivoluzione dell'acqua”, che ha portato la Bechtel a scappare dalla Bolivia a gambe levate e il governo ad abrogare la norma che privatizzava l'acqua.
E' stata la prima volta nella storia che una multinazionale, sotto la pressione dei movimenti nazionali ed internazionali per l'acqua, esce a mani vuote da un paese che ha stracciato il contratto di espropriazione dei beni comuni della popolazione. Ed è stata la prima volta che i sofisticati mezzi di garanzia sugli investimenti della Banca Mondiale non hanno imposto al paese una multa e il risarcimento per il danno che la multinazionale ha subito (la Bechtel è uscita dalla Bolivia con un “risarcimento” di 2 boliviani, 20 centesimi di euro).

Come in Bolivia, anche in Italia da più di 15 anni si sta tentando di privatizzare il servizio idrico. Con la legge Galli del 1994 si voleva dare il via alla mercificazione del servizio idrico, creando quello che oggi è conosciuto come Servizio Idrico Integrato, sistema che accorpa tutte le fasi del percorso idrico, dalla captazione alla distribuzione, alle fognature, al trattamento dei fanghi, e la conseguente nascita degli ambiti territoriali in cui il SII è diviso (i cosiddetti “ATO ambiti territoriali ottimali”).
In particolare, tale legge prevede che secondo il principio del “Full recovery cost”, ovvero la “copertura totale dei costi” si deresponsabilizza lo stato rispetto alla gestione del Servizio Idrico Integrato, in quanto i cittadini con le bollette pagano tutto il servizio, investimenti inclusi. Quindi non si tiene più conto del reddito di una famiglia come una tassazione equa farebbe, ma solo dei consumi.
Con la legge Galli si apre la strada verso la privatizzazione dei servizi idrici, e la mercificazione dell'acqua, che trova uno sbocco intermedio nella legge 549/95, che favorisce il mutamento delle aziende di diritto pubblico in aziende di diritto privato (S.p.A), per poi sfociare nel “Decreto Ronchi” (art. 23bis della legge 133/2008), che impone un minimo del 40% del capitale azionario di tali aziende in mano a privati.
In nome del libero mercato, si impone di vendere i diritti dei cittadini ai capitali privati nonostante in diversi paesi, anche europei, si va nella direzione opposta di una difficile ma necessaria ripubblicizzazione dei servizi.
In questi ultimi anni in Italia sono nati centinaia di comitati locali per la difesa dell'acqua e il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, che ha raccolto oltre 400.000 firme per una legge di iniziativa popolare a favore della ripubblicizzazione del servizio idrico, ma che è rimasto tutt'ora inascoltato a livello istituzionale.
Nell'estate del 2009, dopo l'approvazione definitiva del Decreto Ronchi, il Forum e i Comitati locali creano il Coordinamento referendario per abrogare l'ormai legge Ronchi, e le norme che, dal 1994 in poi favoriscono la gestione privatistica del servizio idrico (perciò anche in forma di S.p.A), e la remunerazione minima del 7% del capitale investito.
Oggi, forti della campagna di raccolta firme più importante della storia di questo paese, una volta superato il vaglia della corte costituzionale, saremo chiamati a portare la popolazione italiana a scegliere in primavera tra acqua privata o acqua pubblica. Ovvero, diritti per pochi che se lo potranno permettere o diritti universali.

In tutto il mondo si sta lottando per evitare il controllo di pochi sulle risorse idriche, sempre più scarse e quindi più appetibili al mercato, se non cause di conflitti armati. Non dobbiamo farci trovare impreparati, perché la lotta per l'acqua in Italia dobbiamo vincerla, a prescindere dal silenzio mediatico che ci circonda.
Oggi le più giovani costituzioni (tra cui anche quella boliviana) dichiarano l'acqua un diritto inalienabile di ogni uomo; noi vogliamo inoltre che essa venga considerata un bene comune, da conservare, da distribuire equamente, da non sprecare, da utilizzare con parsimonia, la cui gestione sia democratica e partecipativa. Perché i cittadini possano davvero prendere coscienza della questione e che abbiano la possibilità di difendere l'acqua dalle speculazioni, dai privati, dagli sprechi e dalla malagestione.

Riprendiamoci l'acqua, perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.

Per maggiori informazioni:
www.acquabenecomune.org
www.acquapubblicatorino.org
www.referendumacqua.it


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di Lorenzo Pantano

Nel gennaio del 2000, a Cochabamba, in Bolivia, è nato il più grande movimento della storia dell'umanità contro la privatizzazione dell'acqua e del modello economico neoliberista che, con l'avallo di istituzioni quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, stanno portando a una sostanziale privatizzazione dei servizi idrici, favorendo l'entrata di grandi multinazionali nella gestione dell'acqua.
In Bolivia, la privatizzazione dell'acqua vide come protagonista una multinazionale americana: la Bechtel Corp. in collaborazione con l'italiana Edison e la supervisione della Banca Mondiale.

Il loro progetto prevedeva che tutta l'acqua della città dovesse essere privatizzata e fornita dalla società Aguas de Tunari, di proprietà della Bechtel; la popolazione non aveva neanche la possibilità di raccogliere acqua piovana, e i prezzi aumentarono a tal punto che una famiglia rischiava di spendere fino al 30% del proprio stipendio per avere acqua. Le multinazionali avevano calcolato i loro profitti, i loro “businness”, ma non avevano fatto i conti con la popolazione.
Nacque, infatti, un grandioso movimento di protesta contro i provvedimenti governativi e le multinazionali dell'acqua, organizzatosi nella coordinadora en defensa de l'agua y la vida, al quale presero parte diverse parti sociali, anche storicamente in conflitto. La battaglia per l'acqua era più importante delle divergenze interne.
A Cochabamba, nel 2001 centinaia furono i feriti e 5 ragazzi persero la vita in quella che è passata alla storia come “la Rivoluzione dell'acqua”, che ha portato la Bechtel a scappare dalla Bolivia a gambe levate e il governo ad abrogare la norma che privatizzava l'acqua.
E' stata la prima volta nella storia che una multinazionale, sotto la pressione dei movimenti nazionali ed internazionali per l'acqua, esce a mani vuote da un paese che ha stracciato il contratto di espropriazione dei beni comuni della popolazione. Ed è stata la prima volta che i sofisticati mezzi di garanzia sugli investimenti della Banca Mondiale non hanno imposto al paese una multa e il risarcimento per il danno che la multinazionale ha subito (la Bechtel è uscita dalla Bolivia con un “risarcimento” di 2 boliviani, 20 centesimi di euro).

Come in Bolivia, anche in Italia da più di 15 anni si sta tentando di privatizzare il servizio idrico. Con la legge Galli del 1994 si voleva dare il via alla mercificazione del servizio idrico, creando quello che oggi è conosciuto come Servizio Idrico Integrato, sistema che accorpa tutte le fasi del percorso idrico, dalla captazione alla distribuzione, alle fognature, al trattamento dei fanghi, e la conseguente nascita degli ambiti territoriali in cui il SII è diviso (i cosiddetti “ATO ambiti territoriali ottimali”).
In particolare, tale legge prevede che secondo il principio del “Full recovery cost”, ovvero la “copertura totale dei costi” si deresponsabilizza lo stato rispetto alla gestione del Servizio Idrico Integrato, in quanto i cittadini con le bollette pagano tutto il servizio, investimenti inclusi. Quindi non si tiene più conto del reddito di una famiglia come una tassazione equa farebbe, ma solo dei consumi.
Con la legge Galli si apre la strada verso la privatizzazione dei servizi idrici, e la mercificazione dell'acqua, che trova uno sbocco intermedio nella legge 549/95, che favorisce il mutamento delle aziende di diritto pubblico in aziende di diritto privato (S.p.A), per poi sfociare nel “Decreto Ronchi” (art. 23bis della legge 133/2008), che impone un minimo del 40% del capitale azionario di tali aziende in mano a privati.
In nome del libero mercato, si impone di vendere i diritti dei cittadini ai capitali privati nonostante in diversi paesi, anche europei, si va nella direzione opposta di una difficile ma necessaria ripubblicizzazione dei servizi.
In questi ultimi anni in Italia sono nati centinaia di comitati locali per la difesa dell'acqua e il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, che ha raccolto oltre 400.000 firme per una legge di iniziativa popolare a favore della ripubblicizzazione del servizio idrico, ma che è rimasto tutt'ora inascoltato a livello istituzionale.
Nell'estate del 2009, dopo l'approvazione definitiva del Decreto Ronchi, il Forum e i Comitati locali creano il Coordinamento referendario per abrogare l'ormai legge Ronchi, e le norme che, dal 1994 in poi favoriscono la gestione privatistica del servizio idrico (perciò anche in forma di S.p.A), e la remunerazione minima del 7% del capitale investito.
Oggi, forti della campagna di raccolta firme più importante della storia di questo paese, una volta superato il vaglia della corte costituzionale, saremo chiamati a portare la popolazione italiana a scegliere in primavera tra acqua privata o acqua pubblica. Ovvero, diritti per pochi che se lo potranno permettere o diritti universali.

In tutto il mondo si sta lottando per evitare il controllo di pochi sulle risorse idriche, sempre più scarse e quindi più appetibili al mercato, se non cause di conflitti armati. Non dobbiamo farci trovare impreparati, perché la lotta per l'acqua in Italia dobbiamo vincerla, a prescindere dal silenzio mediatico che ci circonda.
Oggi le più giovani costituzioni (tra cui anche quella boliviana) dichiarano l'acqua un diritto inalienabile di ogni uomo; noi vogliamo inoltre che essa venga considerata un bene comune, da conservare, da distribuire equamente, da non sprecare, da utilizzare con parsimonia, la cui gestione sia democratica e partecipativa. Perché i cittadini possano davvero prendere coscienza della questione e che abbiano la possibilità di difendere l'acqua dalle speculazioni, dai privati, dagli sprechi e dalla malagestione.

Riprendiamoci l'acqua, perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.

Per maggiori informazioni:
www.acquabenecomune.org
www.acquapubblicatorino.org
www.referendumacqua.it


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