domenica 12 settembre 2010

Riceviamo da Gigi Di Fiore l'anticipazione del libro " Gli ultimi giorni di Gaeta"



Riceviamo dall'autore Gigi Di Fiore, tramite Antonio Ciano, l'anticipazione del libro " Gli ultimi giorni di Gaeta",contenente una scheda con una sintesi descrittiva del libro, note sull'autore , due date sulle presentazioni, ampi stralci dell'introduzione, con citazione del sindaco Raimondi ; il tutto per gentile concessione della Rizzoli.

Nel postare il materiale ricevuto ringraziamo Gigi Di Fiore per la preferenza che ha voluto accordare al nostro blog ed auguriamo al libro , che sarà distribuito e posto in vendita in tutte le librerie della penisola dal 15 settembre, le migliori fortune editoriali per un'opera che , come nel caso di "Terroni" di Pino Aprile, ha la "missione" di risvegliare le coscienze di tutti i meridionali, diffondendo una pagina storica da sempre negata nelle scuole e non solo.

Pagina di storia che è luminosa per i nostri avi, che seppero resistere all'invasore piemontese coprendosi di gloria durante l'assedio di Gaeta del 1860/61, e proprio per questo da allora sempre negata.

Ricordando che domani 13 settembre sul quotidiano Il Mattino sarà pubblicata una lunga intervista con Gigi Di Fiore, invitiamo tutti ad acquistare, leggere e diffondere questo libro di verità storica.

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Gigi Di Fiore
GLI ULTIMI GIORNI DI GAETA
l'assedio che condannò l'Italia all'unità

pagine 354 € 20

Rizzoli



IL LIBRO

I cento giorni di storia italiana meno raccontati nei libri scolastici: è l'assedio di Gaeta, che segnò la fine del regno delle Due Sicilie e l'annessione del sud al resto dell'Italia. Quei tre mesi restano invece il simbolo di un'annessione nata male, con due eserciti regolari a farsi guerra: quello piemontese del nord e quello napoletano del sud. Una vicenda che costò oltre mille morti con tantissime vittime tra i civili rimosse dalla storia ufficiale.

Nel saggio di Gigi Di Fiore, attraverso nuovi documenti e testimonianze soprattutto di parte piemontese, attraverso uno stile raccontato c’è la narrazione della vita quotidiana nei due schieramenti contrapposti, le descrizioni di personaggi anche minori, aneddoti. Ma soprattutto, il dettaglio delle sofferenze dei civili e dei danni subiti dalla città di Gaeta in tre mesi di impietoso bombardamento. L'ultima resistenza dello stato delle Due Sicilie, allora ancora riconosciuto da tutte le diplomazie mondiali, in un testo che ne approfondisce e racconta tutti i dettagli, con una bibliografia di ben 8 pagine. “Abbiamo avuto conquistato alla causa l’efficacia dei cannoni Cavalli a lunga gittata” scrisse Cialdini, in un documento inedito, alla fine dell’assedio

Nei nuovi documenti del ministero della Guerra, citati nel testo, si ritrova proprio la conferma dell'uso sperimentale fatto dei micidiali cannoni Cavalli a lunga gittata a Gaeta, sulla pelle dei militari borbonici e dei civili gaetani. Un uso su cui vengono spese parole entusiaste, come di una nuova arma da perfezionare sempre più per il futuro. Una specie di "bomba atomica" dell'epoca per spezzare i residui di resistenza dell'esercito di Francesco II di Borbone. E poi, nelle cifre finali dei comandi piemontesi, i costi di tanto impegno di uomini e mezzi: 25 milioni per espugnare Gaeta.

Il libro si compone di Introduzione - Prologo - 12 capitoli - 3 appendici, più due grandi foto d’epoca sull’assedio nei riguardi di copertina.


L'AUTORE

Gigi Di Fiore, inviato speciale del Mattino di Napoli in passato redattore al Giornale di Montanelli, ha ottenuto nel 2001 il premio Saint Vincent per il giornalismo. Ha scritto diversi saggi su due temi principali: Risorgimento-fine regno delle Due Sicilie-brigantaggio; criminalità organizzata. Il suo testo "1861 - Pontelandolfo e Casalduni un massacro dimenticato", pubblicato nel 1998 e oggi introvabile, viene citato da tutti gli autori successivi che si sono occupati di quell'eccidio (Pino Aprile compreso). Vincitore del premio Pedio per la ricerca storia, del Landolfo d'oro per gli studi sull'eccidio del 1861. Il suo libro "Controstoria dell'unità d'Italia", edito da Rizzoli nel 2007, è stato più volte ristampato ed è stato vincitore del premio Melfi, nonché finalista del prestigioso premio Aqui terme storia. Sui temi della storia del sud, ha scritto anche per la Utet nel 2004 "I vinti del Risorgimento" e per Grimaldi il romanzo "Gli ultimi fuochi di Gaeta". Sulla camorra, ha pubblicato molti testi a partire dal 1993, qualcuno adottato anche all'università di Napoli.


PRESENTAZIONI

- La prima presentazione del libro sarà fatta alla Fnac di Napoli, in via Luca Giordano al Vomero, con il professore Luigi Musella docente di storia contemporanea all’Orientale di Napoli, ed il vice direttore del Mattino Federico Monga giornalista di origini piemontesi.
- La presentazione più attesa sarà invece il 6 novembre, nella naturale cornice degli eventi narrati: Gaeta.










Per gentile concessione dell’editore Rizzoli di Milano,
l’anticipazione di alcuni significativi stralci dell’Introduzione


INTRODUZIONE

QUEI DANNI MAI PAGATI


D’estate, Gaeta si affolla. Un golfo suggestivo e un mare attraente spingono tanti napoletani e romani a sceglierla come destinazione delle loro vacanze. L’antica cittadina dal passato illustre è in provincia di Latina, eppure tra la gente del quartiere medievale non si è perso l’inconfondibile accento meridionale. Nessuna sorpresa, Gaeta fu la «città fedelissima» del Regno borbonico e rimase in provincia di Caserta fino al 1927, anno in cui Mussolini volle inserirla nel territorio della neonata Littoria, oggi Latina. La città divenne parte del Lazio, ma la sua lunga storia rimase legata in maniera profonda alle vicende del Regno di Napoli, diventato delle Due Sicilie nel 1816. Il Borgo, che due secoli fa era una frazione esterna alle antiche mura tra la valle Calegno, il colle dei Cappuccini e l’Atratino, è attualmente uno dei rioni della città, ribattezzato Porto Salvo.
Gaeta oggi vive in gran parte di turismo, ma fino al 1861 era una località di fondamentale importanza strategica nella difesa delle Due Sicilie: un ruolo dovuto alla sua struttura geografica di piccola penisola, trasformata nei secoli in una rocca quasi inaccessibile attraverso il rafforzamento di una massiccia fortezza.
Il vecchio ruolo strategico-militare resta un ricordo ancora vivo, soprattutto tra gli abitanti del quartiere vecchio più degli altri rimasti legati alle tradizioni campane. Proprio quell’antico animo napoletano sembra ritrovarsi in un’iniziativa dal sapore provocatorio: l’azione legale contro gli eredi della dinastia Savoia, per rivendicare il risarcimento dei danni subiti durante i pesanti bombardamenti tra il 1860 e il 1861.
L’annuncio della possibile causa riporta a centocinquant’anni fa, all’assedio dell’esercito piemontese contro le truppe meridionali asserragliate nella fortezza con il loro re Francesco II di Borbone. E un contenzioso giudiziario con i successori di Vittorio Emanuele II, proprio nell’imminenza delle celebrazioni per l’unità d’Italia, suonerebbe quasi come uno schiaffo alla storia risorgimentale come la raccontano i sussidiari scolastici.
L’annuncio è stato dato dal comune di Gaeta subito dopo una decisione consiliare presa il 6 dicembre 2008. Un gesto dalle finalità simboliche, un ghiotto pretesto per interpretazioni non omologate su uno degli episodi più significativi, anche se forse meno conosciuto, tra quelli che determinarono la saldatura del Sud con il Nord dell’Italia: i cento giorni di un drammatico assedio che portarono alla definitiva capitolazione dei resti dell’esercito borbonico alle truppe piemontesi. Quei tre mesi sancirono di fatto l’unificazione politica della penisola, spianando la strada alle elezioni per la convocazione del primo Parlamento d’Italia che avrebbe formalmente proclamato Vittorio Emanuele II di Savoia re della nuova nazione. E non è un caso che, nelle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, Gaeta sia una delle località indicate dal comitato organizzatore come sede per manifestazioni rievocative.
Di certo, l’assedio fu la vicenda più cruenta tra i combattimenti che, a partire dallo sbarco delle 1089 camicie rosse di Garibaldi a Marsala l’11 maggio 1860, portarono alla fine del Regno meridionale dei Borbone d’Italia. Fu l’epilogo dei sei mesi di una guerra affrontata dalle truppe fedeli a Francesco II contro l’esercito regolare di Vittorio Emanuele II, subentrato ai garibaldini a partire dall’assedio di Capua nell’ottobre del 1860. Soldati del Nord contro soldati del Sud. Italiani contro italiani, come fu costretto a riconoscere il generale Enrico Cialdini, che comandava le truppe piemontesi assedianti a Gaeta: “Noi combattemmo contro italiani, e fu questo necessario ma doloroso ufficio”.

.[...] Il comune di Gaeta ha calcolato di aver subito durante l’assedio danni per circa 220 milioni di euro, pari a 2 milioni di lire dell’epoca. Il sindaco, Antonio Raimondi, ha spiegato: «Gaeta fu bombardata e, dopo quasi sei mesi, subì un progressivo impoverimento dovuto alla decisione di accorpare al demanio molte parti del suo territorio».
Nonostante sia trascorso un secolo e mezzo, la memoria dell’invasione resta ancora viva tra i gaetani: basta entrare nella cattedrale di sant’Erasmo nel cuore della città, per trovarvi ricordi visibili di quei giorni nelle tombe di ufficiali borbonici come il duca Riccardo de Sangro, il tenente generale Francesco Ferrari, il generale Francesco Traversa, tutti morti tra le mura della fortezza. Nella stessa chiesa, c’è anche il monumento in marmo bianco che il re Francesco II commissionò in memoria del generale Matteo Negri, morto nella battaglia del Garigliano il 29 ottobre 1860. Sepolcri a illuminare pagine di storia.
Il ricordo di quei cento giorni è visibile anche nei resti delle mura della fortezza, ricoperti in gran parte da erbacce in aree demaniali dove sorge anche la caserma della Guardia di finanza. E poi ci sono i racconti appassionati dei meno giovani sugli scavi eseguiti qualche anno fa per realizzare alcuni interventi urbanistici in città, che riportarono alla luce molti resti di quei giorni di paura e morte: bottoni di divise, scheletri, frammenti di ossa, panni militari scoloriti, pezzi di stivali, monete. In tre mesi morirono sotto le bombe anche centinaia di civili e le famiglie locali provarono sulla loro pelle la violenza della perdita di case e campi coltivati a olive, arance e ortaggi che per molti rappresentavano le uniche fonti di sostentamento. Lo ricordò mezzo secolo fa l’allora sindaco Pasquale Corbo, in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’unità d’Italia a Gaeta.

...[...] La popolazione di Gaeta, più di ogni altra, visse nel Mezzogiorno diventato italiano il drammatico trauma del rapido passaggio di poteri e di epoche. Ci fu chi soffrì lutti in famiglia, chi perse la casa, chi subì il furto di mobili e arredi dopo la firma della capitolazione, chi la distruzione di fertili coltivazioni. Fuori dalle mura, le truppe d’assedio piemontesi espropriarono nel Borgo tutte le abitazioni per realizzare decine di parapetti e batterie di cannoni. Dentro le mura, vennero invece occupate molte case per alloggiarvi gli ufficiali delle truppe borboniche assediate. Una popolazione violentata nella propria vita quotidiana e nel proprio mondo, costretta a vivere per giorni e giorni le implacabili distruzioni e gli scempi provocati dai bombardamenti piemontesi. «L’effetto totale dei 56.000 proietti circa lanciati durante l’assedio è stato terribile» ammise nel suo studio ufficiale sull’assedio il ministero della Guerra tre anni dopo la capitolazione.
.
..[...] Il rimborso dei danni fu calcolato già allora in 2.047.702,15 lire. La stima venne inserita nella memoria inviata al Parlamento di Torino nel 1865 dal sindaco liberale Domenico Vellucci. Le cifre furono specificate in dettaglio: lire 898.463,90 per i danni subiti dai fondi urbani e lire 1.149.238,15 per i danni dei fondi rustici. Per ben tredici volte, dal 18 febbraio 1861 al 24 febbraio 1863, il Consiglio comunale di Gaeta si occupò dei disastri provocati dalla «guerra di liberazione dallo straniero». E fu incombenza penosa e lacerante, del tutto atipica nell’Italia che nasceva.

[...] Per centocinquant’anni Gaeta ha sempre atteso il rimborso delle perdite economiche promesso dal principe Eugenio di Carignano. Nel settembre del 1872 i senza tetto, che non avevano ancora visto una lira, costituirono addirittura un Comitato dei danneggiati per ottenere giustizia su quanto sofferto dieci anni prima. Tutto inutile. La città «divenuta teatro di guerra, bersaglio di truppe belligeranti e ridotta nello stato di rovine e di squallore» non ha mai ricevuto alcun aiuto statale per la sua ricostruzione.

[...] Le celebrazioni in arrivo possono offrire l’occasione per ritrovare le ragioni dello stare tutti assieme in una stessa patria, attraverso la conoscenza approfondita di quegli anni anche, e soprattutto, con visioni e letture non univoche. Una delle vicende di partenza potrebbe essere proprio l’assedio di Gaeta, simbolo insieme di diversità e unione tra Nord e Sud, che conserva inalterato, probabilmente più di altri momenti risorgimentali, una fortissima carica simbolica. In quei 100 giorni, è racchiuso un prezioso patrimonio di storie individuali di italiani nati in regioni diverse, che uniscono coraggio e viltà, spavalderia e meschinità, paura e risolutezza, ferocia e debolezza, orgoglio e umiliazione. Un passaggio fondamentale della nostra storia unitaria, in cui vennero rappresentati, insieme, il meglio e il peggio della nazione che si stava cercando di costruire.



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Riceviamo dall'autore Gigi Di Fiore, tramite Antonio Ciano, l'anticipazione del libro " Gli ultimi giorni di Gaeta",contenente una scheda con una sintesi descrittiva del libro, note sull'autore , due date sulle presentazioni, ampi stralci dell'introduzione, con citazione del sindaco Raimondi ; il tutto per gentile concessione della Rizzoli.

Nel postare il materiale ricevuto ringraziamo Gigi Di Fiore per la preferenza che ha voluto accordare al nostro blog ed auguriamo al libro , che sarà distribuito e posto in vendita in tutte le librerie della penisola dal 15 settembre, le migliori fortune editoriali per un'opera che , come nel caso di "Terroni" di Pino Aprile, ha la "missione" di risvegliare le coscienze di tutti i meridionali, diffondendo una pagina storica da sempre negata nelle scuole e non solo.

Pagina di storia che è luminosa per i nostri avi, che seppero resistere all'invasore piemontese coprendosi di gloria durante l'assedio di Gaeta del 1860/61, e proprio per questo da allora sempre negata.

Ricordando che domani 13 settembre sul quotidiano Il Mattino sarà pubblicata una lunga intervista con Gigi Di Fiore, invitiamo tutti ad acquistare, leggere e diffondere questo libro di verità storica.

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Gigi Di Fiore
GLI ULTIMI GIORNI DI GAETA
l'assedio che condannò l'Italia all'unità

pagine 354 € 20

Rizzoli



IL LIBRO

I cento giorni di storia italiana meno raccontati nei libri scolastici: è l'assedio di Gaeta, che segnò la fine del regno delle Due Sicilie e l'annessione del sud al resto dell'Italia. Quei tre mesi restano invece il simbolo di un'annessione nata male, con due eserciti regolari a farsi guerra: quello piemontese del nord e quello napoletano del sud. Una vicenda che costò oltre mille morti con tantissime vittime tra i civili rimosse dalla storia ufficiale.

Nel saggio di Gigi Di Fiore, attraverso nuovi documenti e testimonianze soprattutto di parte piemontese, attraverso uno stile raccontato c’è la narrazione della vita quotidiana nei due schieramenti contrapposti, le descrizioni di personaggi anche minori, aneddoti. Ma soprattutto, il dettaglio delle sofferenze dei civili e dei danni subiti dalla città di Gaeta in tre mesi di impietoso bombardamento. L'ultima resistenza dello stato delle Due Sicilie, allora ancora riconosciuto da tutte le diplomazie mondiali, in un testo che ne approfondisce e racconta tutti i dettagli, con una bibliografia di ben 8 pagine. “Abbiamo avuto conquistato alla causa l’efficacia dei cannoni Cavalli a lunga gittata” scrisse Cialdini, in un documento inedito, alla fine dell’assedio

Nei nuovi documenti del ministero della Guerra, citati nel testo, si ritrova proprio la conferma dell'uso sperimentale fatto dei micidiali cannoni Cavalli a lunga gittata a Gaeta, sulla pelle dei militari borbonici e dei civili gaetani. Un uso su cui vengono spese parole entusiaste, come di una nuova arma da perfezionare sempre più per il futuro. Una specie di "bomba atomica" dell'epoca per spezzare i residui di resistenza dell'esercito di Francesco II di Borbone. E poi, nelle cifre finali dei comandi piemontesi, i costi di tanto impegno di uomini e mezzi: 25 milioni per espugnare Gaeta.

Il libro si compone di Introduzione - Prologo - 12 capitoli - 3 appendici, più due grandi foto d’epoca sull’assedio nei riguardi di copertina.


L'AUTORE

Gigi Di Fiore, inviato speciale del Mattino di Napoli in passato redattore al Giornale di Montanelli, ha ottenuto nel 2001 il premio Saint Vincent per il giornalismo. Ha scritto diversi saggi su due temi principali: Risorgimento-fine regno delle Due Sicilie-brigantaggio; criminalità organizzata. Il suo testo "1861 - Pontelandolfo e Casalduni un massacro dimenticato", pubblicato nel 1998 e oggi introvabile, viene citato da tutti gli autori successivi che si sono occupati di quell'eccidio (Pino Aprile compreso). Vincitore del premio Pedio per la ricerca storia, del Landolfo d'oro per gli studi sull'eccidio del 1861. Il suo libro "Controstoria dell'unità d'Italia", edito da Rizzoli nel 2007, è stato più volte ristampato ed è stato vincitore del premio Melfi, nonché finalista del prestigioso premio Aqui terme storia. Sui temi della storia del sud, ha scritto anche per la Utet nel 2004 "I vinti del Risorgimento" e per Grimaldi il romanzo "Gli ultimi fuochi di Gaeta". Sulla camorra, ha pubblicato molti testi a partire dal 1993, qualcuno adottato anche all'università di Napoli.


PRESENTAZIONI

- La prima presentazione del libro sarà fatta alla Fnac di Napoli, in via Luca Giordano al Vomero, con il professore Luigi Musella docente di storia contemporanea all’Orientale di Napoli, ed il vice direttore del Mattino Federico Monga giornalista di origini piemontesi.
- La presentazione più attesa sarà invece il 6 novembre, nella naturale cornice degli eventi narrati: Gaeta.










Per gentile concessione dell’editore Rizzoli di Milano,
l’anticipazione di alcuni significativi stralci dell’Introduzione


INTRODUZIONE

QUEI DANNI MAI PAGATI


D’estate, Gaeta si affolla. Un golfo suggestivo e un mare attraente spingono tanti napoletani e romani a sceglierla come destinazione delle loro vacanze. L’antica cittadina dal passato illustre è in provincia di Latina, eppure tra la gente del quartiere medievale non si è perso l’inconfondibile accento meridionale. Nessuna sorpresa, Gaeta fu la «città fedelissima» del Regno borbonico e rimase in provincia di Caserta fino al 1927, anno in cui Mussolini volle inserirla nel territorio della neonata Littoria, oggi Latina. La città divenne parte del Lazio, ma la sua lunga storia rimase legata in maniera profonda alle vicende del Regno di Napoli, diventato delle Due Sicilie nel 1816. Il Borgo, che due secoli fa era una frazione esterna alle antiche mura tra la valle Calegno, il colle dei Cappuccini e l’Atratino, è attualmente uno dei rioni della città, ribattezzato Porto Salvo.
Gaeta oggi vive in gran parte di turismo, ma fino al 1861 era una località di fondamentale importanza strategica nella difesa delle Due Sicilie: un ruolo dovuto alla sua struttura geografica di piccola penisola, trasformata nei secoli in una rocca quasi inaccessibile attraverso il rafforzamento di una massiccia fortezza.
Il vecchio ruolo strategico-militare resta un ricordo ancora vivo, soprattutto tra gli abitanti del quartiere vecchio più degli altri rimasti legati alle tradizioni campane. Proprio quell’antico animo napoletano sembra ritrovarsi in un’iniziativa dal sapore provocatorio: l’azione legale contro gli eredi della dinastia Savoia, per rivendicare il risarcimento dei danni subiti durante i pesanti bombardamenti tra il 1860 e il 1861.
L’annuncio della possibile causa riporta a centocinquant’anni fa, all’assedio dell’esercito piemontese contro le truppe meridionali asserragliate nella fortezza con il loro re Francesco II di Borbone. E un contenzioso giudiziario con i successori di Vittorio Emanuele II, proprio nell’imminenza delle celebrazioni per l’unità d’Italia, suonerebbe quasi come uno schiaffo alla storia risorgimentale come la raccontano i sussidiari scolastici.
L’annuncio è stato dato dal comune di Gaeta subito dopo una decisione consiliare presa il 6 dicembre 2008. Un gesto dalle finalità simboliche, un ghiotto pretesto per interpretazioni non omologate su uno degli episodi più significativi, anche se forse meno conosciuto, tra quelli che determinarono la saldatura del Sud con il Nord dell’Italia: i cento giorni di un drammatico assedio che portarono alla definitiva capitolazione dei resti dell’esercito borbonico alle truppe piemontesi. Quei tre mesi sancirono di fatto l’unificazione politica della penisola, spianando la strada alle elezioni per la convocazione del primo Parlamento d’Italia che avrebbe formalmente proclamato Vittorio Emanuele II di Savoia re della nuova nazione. E non è un caso che, nelle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, Gaeta sia una delle località indicate dal comitato organizzatore come sede per manifestazioni rievocative.
Di certo, l’assedio fu la vicenda più cruenta tra i combattimenti che, a partire dallo sbarco delle 1089 camicie rosse di Garibaldi a Marsala l’11 maggio 1860, portarono alla fine del Regno meridionale dei Borbone d’Italia. Fu l’epilogo dei sei mesi di una guerra affrontata dalle truppe fedeli a Francesco II contro l’esercito regolare di Vittorio Emanuele II, subentrato ai garibaldini a partire dall’assedio di Capua nell’ottobre del 1860. Soldati del Nord contro soldati del Sud. Italiani contro italiani, come fu costretto a riconoscere il generale Enrico Cialdini, che comandava le truppe piemontesi assedianti a Gaeta: “Noi combattemmo contro italiani, e fu questo necessario ma doloroso ufficio”.

.[...] Il comune di Gaeta ha calcolato di aver subito durante l’assedio danni per circa 220 milioni di euro, pari a 2 milioni di lire dell’epoca. Il sindaco, Antonio Raimondi, ha spiegato: «Gaeta fu bombardata e, dopo quasi sei mesi, subì un progressivo impoverimento dovuto alla decisione di accorpare al demanio molte parti del suo territorio».
Nonostante sia trascorso un secolo e mezzo, la memoria dell’invasione resta ancora viva tra i gaetani: basta entrare nella cattedrale di sant’Erasmo nel cuore della città, per trovarvi ricordi visibili di quei giorni nelle tombe di ufficiali borbonici come il duca Riccardo de Sangro, il tenente generale Francesco Ferrari, il generale Francesco Traversa, tutti morti tra le mura della fortezza. Nella stessa chiesa, c’è anche il monumento in marmo bianco che il re Francesco II commissionò in memoria del generale Matteo Negri, morto nella battaglia del Garigliano il 29 ottobre 1860. Sepolcri a illuminare pagine di storia.
Il ricordo di quei cento giorni è visibile anche nei resti delle mura della fortezza, ricoperti in gran parte da erbacce in aree demaniali dove sorge anche la caserma della Guardia di finanza. E poi ci sono i racconti appassionati dei meno giovani sugli scavi eseguiti qualche anno fa per realizzare alcuni interventi urbanistici in città, che riportarono alla luce molti resti di quei giorni di paura e morte: bottoni di divise, scheletri, frammenti di ossa, panni militari scoloriti, pezzi di stivali, monete. In tre mesi morirono sotto le bombe anche centinaia di civili e le famiglie locali provarono sulla loro pelle la violenza della perdita di case e campi coltivati a olive, arance e ortaggi che per molti rappresentavano le uniche fonti di sostentamento. Lo ricordò mezzo secolo fa l’allora sindaco Pasquale Corbo, in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’unità d’Italia a Gaeta.

...[...] La popolazione di Gaeta, più di ogni altra, visse nel Mezzogiorno diventato italiano il drammatico trauma del rapido passaggio di poteri e di epoche. Ci fu chi soffrì lutti in famiglia, chi perse la casa, chi subì il furto di mobili e arredi dopo la firma della capitolazione, chi la distruzione di fertili coltivazioni. Fuori dalle mura, le truppe d’assedio piemontesi espropriarono nel Borgo tutte le abitazioni per realizzare decine di parapetti e batterie di cannoni. Dentro le mura, vennero invece occupate molte case per alloggiarvi gli ufficiali delle truppe borboniche assediate. Una popolazione violentata nella propria vita quotidiana e nel proprio mondo, costretta a vivere per giorni e giorni le implacabili distruzioni e gli scempi provocati dai bombardamenti piemontesi. «L’effetto totale dei 56.000 proietti circa lanciati durante l’assedio è stato terribile» ammise nel suo studio ufficiale sull’assedio il ministero della Guerra tre anni dopo la capitolazione.
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..[...] Il rimborso dei danni fu calcolato già allora in 2.047.702,15 lire. La stima venne inserita nella memoria inviata al Parlamento di Torino nel 1865 dal sindaco liberale Domenico Vellucci. Le cifre furono specificate in dettaglio: lire 898.463,90 per i danni subiti dai fondi urbani e lire 1.149.238,15 per i danni dei fondi rustici. Per ben tredici volte, dal 18 febbraio 1861 al 24 febbraio 1863, il Consiglio comunale di Gaeta si occupò dei disastri provocati dalla «guerra di liberazione dallo straniero». E fu incombenza penosa e lacerante, del tutto atipica nell’Italia che nasceva.

[...] Per centocinquant’anni Gaeta ha sempre atteso il rimborso delle perdite economiche promesso dal principe Eugenio di Carignano. Nel settembre del 1872 i senza tetto, che non avevano ancora visto una lira, costituirono addirittura un Comitato dei danneggiati per ottenere giustizia su quanto sofferto dieci anni prima. Tutto inutile. La città «divenuta teatro di guerra, bersaglio di truppe belligeranti e ridotta nello stato di rovine e di squallore» non ha mai ricevuto alcun aiuto statale per la sua ricostruzione.

[...] Le celebrazioni in arrivo possono offrire l’occasione per ritrovare le ragioni dello stare tutti assieme in una stessa patria, attraverso la conoscenza approfondita di quegli anni anche, e soprattutto, con visioni e letture non univoche. Una delle vicende di partenza potrebbe essere proprio l’assedio di Gaeta, simbolo insieme di diversità e unione tra Nord e Sud, che conserva inalterato, probabilmente più di altri momenti risorgimentali, una fortissima carica simbolica. In quei 100 giorni, è racchiuso un prezioso patrimonio di storie individuali di italiani nati in regioni diverse, che uniscono coraggio e viltà, spavalderia e meschinità, paura e risolutezza, ferocia e debolezza, orgoglio e umiliazione. Un passaggio fondamentale della nostra storia unitaria, in cui vennero rappresentati, insieme, il meglio e il peggio della nazione che si stava cercando di costruire.



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3 commenti:

Unknown ha detto...

Salve, sono il direttore responsabile di un giornale on line di Lucera (FG) raggiungibile all'indirizzo www.ilfrizzo.it (sul quale, nella sezione Luceriae Historia, abbiamo pubblicato diversi articoli e scritti sul periodo borbonico) e sono qui a chiedervi se qualcuno può fornirmi un contatto di Gigi Di Fiore per cercare di organizzare un evento a Lucera.
Grazie e complimenti per l'iniziativa.

NON MI ARRENDO ha detto...

Ti faccio contattare.

cdilunardo ha detto...

Concetta Di Lunardo
Per Palermoparla nostra inviata
Inviato speciale del Mattino di Napoli, già redattore al Giornale di Montanelli, Gigi Di Fiore (premio Saint Vincent per il giornalismo nel 2001) ha al suo attivo una dozzina di libri pubblicati in una ventina d’anni con più editori napoletani, poi con la Utet e infine per la Rizzoli. Saggi sulla criminalità organizzata e sulla storia del Risorgimento con particolare attenzione alla fine del regno delle Due Sicilie e al brigantaggio post-unitario, alcuni premiati e ristampati. E’ da poco in libreria il suo ultimo libro: “Gli ultimi giorni di Gaeta – l’assedio che condannò l’Italia all’unità” edito da Rizzoli (354 pagine, 20 euro). Ne parliamo con l’autore.

Di Fiore, di cosa si occupa nel suo ultimo libro?
“Dell’assedio di Gaeta, una pagina del Risorgimento quasi del tutto ignorata dai libri di testo scolastici. Eppure, durò cento giorni dal novembre 1860 al febbraio 1861 e segnò la fine del regno delle Due Sicilie e l’annessione definitiva del sud al resto dell’Italia. Costò anche la vita a oltre mille soldati meridionali”.

Perché ha deciso di scrivere proprio dell’assedio di Gaeta?
“Perché, nell’imminenza delle celebrazioni per i 150 anni di unità d’Italia, Gaeta resta la vicenda simbolica più significativa nei mesi che portarono all’unificazione. Più dell’assai citata e raccontata epopea garibaldina. Si fronteggiarono due eserciti regolari, quello del nord piemontese, e quello del sud napoletano. Fu una pagina in cui si vide il meglio e il peggio delle nostre caratteristiche nazionali”.

In che senso?
“Ci furono tradimenti, sotterfugi, ma anche eroismi, scelte di fedeltà alla propria nazione fatte dai napoletani nonostante la loro fosse ormai una resistenza senza speranze. E poi, alcune cose incredibil,i scoperte in documenti inediti custoditi dall’ufficio storico dell’esercito”.

Di che si tratta?
“Nelle carte del ministero della Guerra e negli scritti del generale Cialdini, comandante piemontese all’assedio, emerge che il bombardamento scientifico contro obiettivi anche civili fu teorizzato per provare l’efficacia dei potenti cannoni a lunga gittata. Era un’arma tremenda che fu sperimentata per la prima volta a Gaeta contro i soldati napoletani e i civili”.

Ci furono vittime tra i civili?
“Diverse centinaia, nonostante a parole quella fosse una guerra, mai dichiarata, dell’esercito piemontese sceso al sud per liberare gli italiani da oppressori stranieri. Gaeta fu rasa al suolo, distrutta. Tanti civili morirono sotto le bombe. I danni furono ingenti: un’economia distrutta, una città snaturata mai risarcita dai vincitori. E poi si verificò un paradosso”.



Quale?
“L’assedio costò all’esercito piemontese 25 milioni di lire. Quei soldi furono poi inseriti tra i debiti del bilancio italiano, che all’alba dell’unità ammontavano già a 500 milioni. Morale della favola: gli abitanti di Gaeta, diventati cittadini italiani, pagarono le tasse per risanare debiti contratti anche per le bombe lanciate contro di loro”.

Un Risorgimento inedito nelle sue pagine?
“Sì, come racconto da anni nei miei libri. Una storia poco scolastica e celebrativa, ma rigorosamente documentata su un’unità nata male. Le mie ricerche sull’eccidio di Pontelandolfo dell’agosto 1861 sono ormai citate da tanti autori, in quella cittadina in provincia di Benevento all’inizio dello scorso agosto ho ricevuto il premio Landolfo d’oro per i documenti scovati su quella triste pagina unitaria”.

Che scelta stilistica ha adottato?
“Come sempre, ho tentato di coniugare uno stile narrativo, con il rigore di documenti. Ci sono note, bibliografie, appendici documentarie, ma il racconto non è pedante, né accademico. Una scelta mista, per poter risultare godibile alla lettura senza dimenticare il rigore e la credibilità che possono dare le fonti citate”.

Dove presenterà il libro?
“Ho in calendario una serie di appuntamenti. Il primo sarà alla Fnac di Napoli. Poi, il 6 novembre, sarò a Gaeta su invito dell’amministrazione comunale”.

 
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