Una premessa. Marcello Dell’Utri ha fama di bibliofilo e collezionista, ma già una volta è inciampato nel suo entusiasmo. Tre anni fa annunciò di possedere i diari originali di Benito Mussolini e si lasciò andare a una ricostruzione della personalità del Duce rivisitata attraverso quei documenti. Ma, come dimostrò L’Espresso, al quale quegli stessi diari furono offerti, si trattava di un falso. Ora il senatore del Pdl annuncia di avere tra le mani un foglio inedito di Pier Paolo Pasolini, un dattiloscritto di cui alcuni esperti sospettavano l’esistenza. Di più, un dattiloscritto di Petrolio. Di più, parole di Dell’Utri, un testo “inquietante per l’Eni”.
Passo indietro. Petrolio fu l’ultima ossessione di Pasolini. Lo incominciò nel 1972, non riuscì a finirlo perché morì nel ’75, fu pubblicato postumo nel ’92, ironia della sorte un romanzo sulle stragi nella stagione in cui le stragi in Italia erano riprese. E’ un testo oscuro e vischioso come il suo titolo nonostante l’immenso lavoro editoriale a cui è stato sottoposto. E’ più uno zibaldone di appunti che un romanzo. Ma se la trama non è del tutto chiara, è chiaro invece che cosa doveva diventare.
Quando Pasolini scriveva “Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi” non rinunciò mai a voler dimostrare che tipo di Paese fosse l’Italia della Guerra fredda. E trovò il filo che teneva insieme la notte della Repubblica perché, diceva, “sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”. E il filo che trovò non era rosso, ma nero. Come le stragi di Stato, la strategia della tensione e, appunto, il petrolio. Cioè l’Eni, cioè la morte di Mattei, cioè Cefis, cioè la Montedison, cioè quell’Italia raccontata anche da Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani in Razza padrona.
Questo doveva essere Petrolio: un racconto di duemila pagine (ne sono rimaste cinquecento) sull’Italia che affondava scritto in un delirio narrativo e poetico dai toni a volte gotici, a volte grotteschi, a volte semplicemente crudeli che poi era il modo in cui Pasolini parlava del male dai tempi di Salò. E a proposito del film, altra ricorrenza inquietante. Anche in quel caso l’attore Sergio Citti disse che alcune bobine di pellicola erano sparite.
Torniamo a Dell’Utri che dice di aver letto il dattiloscritto, ma di non poterne parlare. “È uno scritto inquietante per l’Eni, parla di temi e problemi dell’Eni, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese e di Mattei”. E ha definito un “giallo” la scomparsa del dattiloscritto. “Credo – ha aggiunto – che sia stato rubato dallo studio di Pasolini”.
Parole che hanno subito acceso la reazione di Gianni D’Elia che in L’eresia di Pasolini ma soprattutto in Il petrolio delle stragi, ha sostenuto la teoria che Pasolini non morì per una notte da ragazzi di vita finita in tragedia, ma fu assassinato da chi non poteva tollerare che continuasse a fare il suo lavoro di intellettuale. “Pazzesco, roba da matti, incredibile – è stata la sua prima reazione all’annuncio di Dell’Utri – Quel capitolo di Petrolio, ritenuto dal giudice Calia, un documento storico sulle stragi d’Italia è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un corpo di reato. Se è vero, Dell’Utri deve dire come lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali fini”.
E poi: “Ho scritto che c’era una continuità tra il potere proto-piduista di Eugenio Cefis e il potere attuale, ma mai avrei creduto che un’eredità culturale e politica contemplasse anche il ricevere quelle carte, quel capitolo sottratto da casa Pasolini dopo la sua morte e che potrebbe anche averla giustificata, motivata”. “Quindi avevo ragione io quando ho sostenuto che quel capitolo Lampi sull’Eni era stato sottratto. Una delle tante società offshore della Edilnord (proprietà di Silvio Berlusconi ndr) era intestata al padre dell’avvocato Previti e si chiamava, con poca fantasia, Cefinvest. La questione aveva profondamente interessato il dottor Calia che ha dimostrato che la morte di Mattei altro non era che un attentato. Mi chiedo: chi vogliono colpire? Quali traffici ci sono ora con l’Eni. Questa non è una storia che finisce qui”.
Non sarà né l’unica né l’ultima reazione. Attendiamo di conoscere il contenuto del capitolo. Dell’Utri ha detto che lo rivelerà alla fiera del Libro antico di Milano che apre il 12 marzo. Parola di bibliofilo.
Fonte:La Repubblica - blog- Dario Olivero
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