venerdì 12 febbraio 2010

Risorgimento nascosto



Di Giovanni Di Silvestre

L’obiettivo di questo articolo non è quello di mettere in discussione l’unità nazionale e tanto meno di rimettere i Borbone sul trono a Napoli. Ma per onestà intellettuale è doveroso raccontare quali furono i metodi con cui la conquista del Regno delle Due Sicilie venne effettuata.

Sulla conquista del Regno delle Due Sicilie è stato raccontato molto e nello stesso tempo sono state raccontate molte bugie. Purtroppo finché in Italia regnarono i Savoia non fu mai possibile sfatare i miti nati attorno alla spedizione di Garibaldi. Anche il ventennio fascista diede un brutto colpo alla storiografia borbonica perché il regime doveva alimentarsi attraverso i miti di Garlibaldi, di Cavour e altri presunti eroi del Risorgimento. Per anni l’archivio storico dell’esercito non venne mai consultato, solo nel 1952 quando lo Stato italiano acquistò l’Archivio della famiglia dei Borbone, lo studio del Risorgimento divenne più imparziale cominciando a rivedere anche il punto di vista dei vinti. Dalla lettura dell’Archivio storico dei Borbone emerge una conquista militare del Regno delle Due Sicilie fatta a tavolino da Cavour con la complicità della Francia e dell’Inghilterra, ai danni di uno stato che in quel momento non era in guerra con nessuno. Dall’annessione del Sud della penisola lo Stato piemontese poteva riassestare le sue finanze, ottenere nuovi soldati per le guerre dei prossimi anni e soprattutto nuovi mercati per i prodotti del Nord. Determinante alla sconfitta del Regno delle Due Sicilie fu l’isolazionismo e gli esiliati meridionali affiliati alla Massoneria scappati a Torino.

A titolo informativo bisogna dire che i Plebisciti precedenti in Toscana ed Emilia Romagna non avevano alcuna legittimità politica e giuridica perché vennero fatti a occupazione militare avvenuta e con la minaccia dei fucili e non ci fu mai il consenso delle popolazioni liberate. Nel giro di poche settimane le regioni meridionali vennero "deborbonizzate" con violenza. Venne azzerato tutto quanto, dalle monete, ai codici penali e civili, ai regolamenti amministrativi, alla burocrazia, il tutto imposto con l’occupazione militare.

A questo punto sarebbe ora che la si smettesse di studiare il Risorgimento vedendo nei piemontesi gli “italiani buoni” del Nord venuti a liberare i “fratelli del Sud” vessati da un tiranno straniero. Tanto per essere chiari, Vittorio Emanuele II non parlava italiano, parlava solo francese e in dialetto torinese stretto ed era talmente limitato, gretto e superficiale che non fece mai uno sforzo di parlare ed esprimersi correttamente in italiano. Il re Francesco II era nato a Napoli e la sua famiglia vi risiedeva da cinque generazioni, parlava il dialetto partenopeo e conosceva e amava il suo popolo molto di più del suo antagonista di Torino.

La memoria storica dei vinti venne messa alla berlina dai vincitori e al Sud venne azzerata la cultura del popolo con le armi. Latifondisti meridionali collusi con la Mafia e la Camorra e industriali e banchieri del nord legati alla massoneria internazionale unirono i loro interessi per dividersi il potere economico e politico del Sud Italia abbattendo i vincoli protezionistici.

Gli episodi di ribellione giustificati come atti di brigantaggio e le sommosse di Pietrarsa e di Bronte vennero repressi nel sangue dal nuovo governo piemontese e questo per avere un’idea della democrazia della nuova nazione italiana.

Per i proprietari terrieri, gli industriali e i banchieri l’esercito fu una garanzia di sicurezza il quale presentò il conto al governo premiando molti generali con un seggio al nuovo parlamento italiano. Quindi possiamo dire che l’accorpamento delle Due Sicilie al Regno d’Italia fu una conquista violenta con un plebiscito falsato. Ben 86 anni dopo, quando il referendum istituzionale decretò il passaggio dell’Italia da una monarchia alla repubblica, Umberto II denunciò dei brogli che non vennero mai accertati rischiando di scatenare una seconda guerra civile, mentre nel 1860 i brogli dei plebisciti vennero accertati e nessuno denunciò il fatto che i seggi elettorali erano presidiati da garibaldini, mafiosi e camorristi.

La conquista fu frutto di maneggi diplomatici tra Regno di Sardegna, Francia e Inghilterra che garantirono una copertura militare da parte della flotta con due operazioni militari congiunte; la prima da parte di Garibaldi al comando di un corpo di spedizione composto da mercenari inglesi e piemontesi congedati dall’esercito e altri stranieri che avevano prestato servizio nella Legione Straniera Francese e nel Tercio Spagnolo per evitare così incidenti diplomatici nel caso l’operazione fosse fallita. La seconda fase da parte dell’esercito regolare piemontese che, dopo aver invaso senza dichiarazione di guerra i territori dello Stato Pontificio, invase il Regno delle Due Sicilie invadendo l’Abruzzo. Su queste vicende sono state raccontate molte bugie circa l’incapacità dell’esercito del Regno delle Due Sicilie e l’inefficienza dei suoi comandanti. La vera incapacità sarà invece quella dell’esercito italiano durante la Terza Guerra d’Indipendenza, le disastrose spedizioni militari in Abissinia e poi a Caporetto. Gli unici successi dell’esercito italiano saranno nel reprimere nel sangue le ribellioni del Sud e le proteste nel Centro Italia e nel Nord; io non sono un ipocrita e definirei questi episodi come una guerra di italiani contro italiani.

Il 6 settembre 1860 Francesco II scrisse il suo ultimo proclama che riportava “Io sono napoletano”, niente di strano in tutto questo visto che dopo una breve dominazione austriaca nel 1734 Napoli non era più un vicereame spagnolo ma un regno autonomo. I sovrani conoscevano il dialetto napoletano e avevano molte affinità con il popolo a differenze dei Savoia il cui cognome traeva origine dalla omonima regione francese, peraltro ne' Vittorio Emanuele II ne' i suoi eredi fecero uno sforzo per conoscere il Mezzogiorno d’Italia, a parte qualche comparsata dei Savoia durante il terremoto di Reggio e Messina del 1908. La verità è che nel 1860 nel Sud Italia non c’era da cacciare via alcuno straniero, il tanto disprezzato esercito di Franceschiello non era composto solo dai battaglioni bavaresi e svizzeri ma anche dai coscritti provenienti dalle campagne del Matese, dalle Puglie, dalla Campania, dall’Abruzzo, dalla Sicilia, dal Molise e dalla Calabria. Un esercito pronto a difendere la sua patria e a morire per il suo re, mentre al comando di Garibaldi vi erano molti stranieri congedati dall’esercito britannico, dalla Legione Straniera Francese, ungherese e dal Tercio Spagnolo, lo sbarco dei garibaldini in Sicilia venne protetto dalla flotta britannica. Erano italiani, magari avevano la colpa di essere meridionali, ma pur sempre italiani pronti a combattere per tenere fede al giuramento verso il loro re. Dall’altra parte c’era invece uno stato che, dalla guerra di Crimea in poi, le guerre le poté combattere grazie ai prestiti delle banche inglesi. Nel Regno delle Due Sicilie dopo le rivoluzioni del 1848 – 1849 si iniziò una politica di pacificazione per difendere il regno dalle aggressioni esterne. Naturalmente Francesco II commise un errore di valutazione, considerando l’operazione militare di Garibaldi come una semplice azione banditesca. In realtà nella primavera del 1860 vi furono numerosi contatti diplomatici tra Cavour e le cancellerie inglesi e francesi, dai primi per assicurarsi i necessari appoggi finanziari e militari, dai secondi per assicurarsi la neutralità. Fin dai tempi della guerra di Crimea l’Inghilterra guardava con interesse al Regno di Sardegna per il grande sviluppo economico e industriale che aveva portato avanti mentre il Regno delle Due Sicilie era uno stato protezionista con barriere doganali che ostacolavano gli interessi dell’Inghilterra.

Per portare a termine un progetto simile occorreva cercare dei pretesti per poter giustificare una spedizione militare del tutto illegittima, il Regno delle Due Sicilie venne trasformato nella “negazione di Dio” e che bisognava cacciare via il tiranno straniero che opprimeva il popolo per fare quell’Italia la cui unità ancora oggi viene messa in dubbio. Quello che molti ignorano è che la Costituzione napoletana del 1848 non era stata abrogata ma era caduta in desuetudine, lo Statuto Albertino aveva molte lacune circa i poteri del sovrano che nominava il Primo Ministro senza l’approvazione del Parlamento e al sovrano venivano conferiti poteri che nessuno contestava come avvenne nel 1898 in cui Umberto I autorizzò il generale Bava Beccarsi a sparare sulla folla senza aver sentito il parere del governo.

Dal 1860 fino alla seconda guerra mondiale, l’Italia sarà molto simile a quei paesi instabili dell’America Latina dove sarà la casta dei militari uno dei poteri forti che garantiranno la stabilità dello Stato e in particolare i cannoni e i fucili di Cialdini, La Marmora e Pallavicini che non si faranno scrupolo di stroncare nel sangue le rivendicazioni dei meridionali e per queste stragi verranno premiati con un seggio in parlamento.

Ma nonostante le bugie raccontate per anni dai vincitori l’Armata del Sud uscì a testa alta dalla guerra; l’esercito di Franceschiello dimostrò il suo valore a Pontelatone, Sant’Angelo, Chiazzo, Roccaromana, Triflisco, sul Volturno, sul Garigliano, a Capua, a Gaeta, a Messina e a Civitella del Tronto.

Dopo la battaglia del Volturno Garibaldi registrò forti perdite tra i suoi mercenari: 306 morti, 1328 feriti, 389 prigionieri e dispersi; a quel punto le sorti della guerra potevano cambiare ma l’invasione da Nord dell’esercito piemontese vanificò il vantaggio e fu la fine del Regno delle Due Sicilie.

Le operazioni militari nel Regno delle Due Sicilie possono essere suddivise in tre fasi:

1. gli scontri dei mercenari al comando di Garibaldi favoriti da alcuni ufficiali borbonici a libro paga di Cavour e dall’appoggio della flotta britannica a largo della Sicilia;
2. le operazioni militari tra l’esercito piemontese e quello napoletano iniziate senza una specifica dichiarazione di Guerra da parte dei piemontesi. In questa fase Francesco II si ritira a Gaeta per evitare alla cittadinanza napoletana sofferenze e lutti, da li dirigerà le operazioni militari dal settembre al novembre 1860;
3. la resistenza disperata contro l’esercito piemontese nelle ultime roccaforti borboniche di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto che va dal novembre 1860 al marzo 1861.



In questi tre momenti l’esercito borbonico pagò un tributo di sangue molto alto con 2.700 morti, 20.000 feriti e prigionieri trasferiti nei campi di prigionia del Nord da cui molti non fecero più ritorno.

I documenti dell’Ufficio Storico dell’Esercito Italiano hanno rivalutato il valore e il coraggio di questi soldati.

Il cuore pulsante della tradizione militare borbonica era il collegio militare della Nunziatella per la formazione dei suoi ufficiali.

Un avvenimento decisivo nella guerra fu quando la flotta francese che stazionava il porto di Gaeta bloccando la flotta piemontese comandata da Persano tolse il blocco dando il via libera al bombardamento anche dal mare.

Per cercare di prolungare la guerra Francesco II creò bande di irregolari comandate da ufficiali con il compito di portare avanti azioni militari di guerriglia nelle retrovie ai danni dei piemontesi.

Si tratta di avvenimenti importanti che confermano i metodi poco ortodossi utilizzati dai “buoni” nell’Unità d’Italia.

Come in altri casi ha prevalso il principio che chi vince ha sempre ragione, ma io concordo con il grande giornalista italiano Giampaolo Pansa secondo il quale una vera analisi storica si fa studiando anche le ragioni dei vinti perché potrebbero aiutare a capire e risolvere quelle fratture e quelle divisioni che troppo spesso hanno segnato la storia del nostro paese. Prima di concludere posso dire che l’annessione del Regno delle Due Sicilie fu troppo affrettata e irrazionale e ancora più grave fu la scelta di azzerare tutto l’apparato amministrativo epurando i funzionari meridionali accusati di borbonismo.

Concludo dicendo che la Guerra di Secessione americana minò l’unità della nazione, ma in quel paese le ragioni dei vinti hanno tuttora uguale considerazione.

A differenza di quanto accade qui in Italia entrambe le parti possono ricordare i loro caduti e onorarli. In Italia i combattenti delle Due Sicilie e i combattenti pontifici che il 20 settembre 1870 caddero per difendere Roma dall’occupazione piemontese non vengono considerati. E vi dirò che a New Orleans è possibile visitare un museo della Confederazione dove si conservano i documenti e cimeli dell’esercito confederato che combatté tra il 1860 e il 1865.
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Di Giovanni Di Silvestre

L’obiettivo di questo articolo non è quello di mettere in discussione l’unità nazionale e tanto meno di rimettere i Borbone sul trono a Napoli. Ma per onestà intellettuale è doveroso raccontare quali furono i metodi con cui la conquista del Regno delle Due Sicilie venne effettuata.

Sulla conquista del Regno delle Due Sicilie è stato raccontato molto e nello stesso tempo sono state raccontate molte bugie. Purtroppo finché in Italia regnarono i Savoia non fu mai possibile sfatare i miti nati attorno alla spedizione di Garibaldi. Anche il ventennio fascista diede un brutto colpo alla storiografia borbonica perché il regime doveva alimentarsi attraverso i miti di Garlibaldi, di Cavour e altri presunti eroi del Risorgimento. Per anni l’archivio storico dell’esercito non venne mai consultato, solo nel 1952 quando lo Stato italiano acquistò l’Archivio della famiglia dei Borbone, lo studio del Risorgimento divenne più imparziale cominciando a rivedere anche il punto di vista dei vinti. Dalla lettura dell’Archivio storico dei Borbone emerge una conquista militare del Regno delle Due Sicilie fatta a tavolino da Cavour con la complicità della Francia e dell’Inghilterra, ai danni di uno stato che in quel momento non era in guerra con nessuno. Dall’annessione del Sud della penisola lo Stato piemontese poteva riassestare le sue finanze, ottenere nuovi soldati per le guerre dei prossimi anni e soprattutto nuovi mercati per i prodotti del Nord. Determinante alla sconfitta del Regno delle Due Sicilie fu l’isolazionismo e gli esiliati meridionali affiliati alla Massoneria scappati a Torino.

A titolo informativo bisogna dire che i Plebisciti precedenti in Toscana ed Emilia Romagna non avevano alcuna legittimità politica e giuridica perché vennero fatti a occupazione militare avvenuta e con la minaccia dei fucili e non ci fu mai il consenso delle popolazioni liberate. Nel giro di poche settimane le regioni meridionali vennero "deborbonizzate" con violenza. Venne azzerato tutto quanto, dalle monete, ai codici penali e civili, ai regolamenti amministrativi, alla burocrazia, il tutto imposto con l’occupazione militare.

A questo punto sarebbe ora che la si smettesse di studiare il Risorgimento vedendo nei piemontesi gli “italiani buoni” del Nord venuti a liberare i “fratelli del Sud” vessati da un tiranno straniero. Tanto per essere chiari, Vittorio Emanuele II non parlava italiano, parlava solo francese e in dialetto torinese stretto ed era talmente limitato, gretto e superficiale che non fece mai uno sforzo di parlare ed esprimersi correttamente in italiano. Il re Francesco II era nato a Napoli e la sua famiglia vi risiedeva da cinque generazioni, parlava il dialetto partenopeo e conosceva e amava il suo popolo molto di più del suo antagonista di Torino.

La memoria storica dei vinti venne messa alla berlina dai vincitori e al Sud venne azzerata la cultura del popolo con le armi. Latifondisti meridionali collusi con la Mafia e la Camorra e industriali e banchieri del nord legati alla massoneria internazionale unirono i loro interessi per dividersi il potere economico e politico del Sud Italia abbattendo i vincoli protezionistici.

Gli episodi di ribellione giustificati come atti di brigantaggio e le sommosse di Pietrarsa e di Bronte vennero repressi nel sangue dal nuovo governo piemontese e questo per avere un’idea della democrazia della nuova nazione italiana.

Per i proprietari terrieri, gli industriali e i banchieri l’esercito fu una garanzia di sicurezza il quale presentò il conto al governo premiando molti generali con un seggio al nuovo parlamento italiano. Quindi possiamo dire che l’accorpamento delle Due Sicilie al Regno d’Italia fu una conquista violenta con un plebiscito falsato. Ben 86 anni dopo, quando il referendum istituzionale decretò il passaggio dell’Italia da una monarchia alla repubblica, Umberto II denunciò dei brogli che non vennero mai accertati rischiando di scatenare una seconda guerra civile, mentre nel 1860 i brogli dei plebisciti vennero accertati e nessuno denunciò il fatto che i seggi elettorali erano presidiati da garibaldini, mafiosi e camorristi.

La conquista fu frutto di maneggi diplomatici tra Regno di Sardegna, Francia e Inghilterra che garantirono una copertura militare da parte della flotta con due operazioni militari congiunte; la prima da parte di Garibaldi al comando di un corpo di spedizione composto da mercenari inglesi e piemontesi congedati dall’esercito e altri stranieri che avevano prestato servizio nella Legione Straniera Francese e nel Tercio Spagnolo per evitare così incidenti diplomatici nel caso l’operazione fosse fallita. La seconda fase da parte dell’esercito regolare piemontese che, dopo aver invaso senza dichiarazione di guerra i territori dello Stato Pontificio, invase il Regno delle Due Sicilie invadendo l’Abruzzo. Su queste vicende sono state raccontate molte bugie circa l’incapacità dell’esercito del Regno delle Due Sicilie e l’inefficienza dei suoi comandanti. La vera incapacità sarà invece quella dell’esercito italiano durante la Terza Guerra d’Indipendenza, le disastrose spedizioni militari in Abissinia e poi a Caporetto. Gli unici successi dell’esercito italiano saranno nel reprimere nel sangue le ribellioni del Sud e le proteste nel Centro Italia e nel Nord; io non sono un ipocrita e definirei questi episodi come una guerra di italiani contro italiani.

Il 6 settembre 1860 Francesco II scrisse il suo ultimo proclama che riportava “Io sono napoletano”, niente di strano in tutto questo visto che dopo una breve dominazione austriaca nel 1734 Napoli non era più un vicereame spagnolo ma un regno autonomo. I sovrani conoscevano il dialetto napoletano e avevano molte affinità con il popolo a differenze dei Savoia il cui cognome traeva origine dalla omonima regione francese, peraltro ne' Vittorio Emanuele II ne' i suoi eredi fecero uno sforzo per conoscere il Mezzogiorno d’Italia, a parte qualche comparsata dei Savoia durante il terremoto di Reggio e Messina del 1908. La verità è che nel 1860 nel Sud Italia non c’era da cacciare via alcuno straniero, il tanto disprezzato esercito di Franceschiello non era composto solo dai battaglioni bavaresi e svizzeri ma anche dai coscritti provenienti dalle campagne del Matese, dalle Puglie, dalla Campania, dall’Abruzzo, dalla Sicilia, dal Molise e dalla Calabria. Un esercito pronto a difendere la sua patria e a morire per il suo re, mentre al comando di Garibaldi vi erano molti stranieri congedati dall’esercito britannico, dalla Legione Straniera Francese, ungherese e dal Tercio Spagnolo, lo sbarco dei garibaldini in Sicilia venne protetto dalla flotta britannica. Erano italiani, magari avevano la colpa di essere meridionali, ma pur sempre italiani pronti a combattere per tenere fede al giuramento verso il loro re. Dall’altra parte c’era invece uno stato che, dalla guerra di Crimea in poi, le guerre le poté combattere grazie ai prestiti delle banche inglesi. Nel Regno delle Due Sicilie dopo le rivoluzioni del 1848 – 1849 si iniziò una politica di pacificazione per difendere il regno dalle aggressioni esterne. Naturalmente Francesco II commise un errore di valutazione, considerando l’operazione militare di Garibaldi come una semplice azione banditesca. In realtà nella primavera del 1860 vi furono numerosi contatti diplomatici tra Cavour e le cancellerie inglesi e francesi, dai primi per assicurarsi i necessari appoggi finanziari e militari, dai secondi per assicurarsi la neutralità. Fin dai tempi della guerra di Crimea l’Inghilterra guardava con interesse al Regno di Sardegna per il grande sviluppo economico e industriale che aveva portato avanti mentre il Regno delle Due Sicilie era uno stato protezionista con barriere doganali che ostacolavano gli interessi dell’Inghilterra.

Per portare a termine un progetto simile occorreva cercare dei pretesti per poter giustificare una spedizione militare del tutto illegittima, il Regno delle Due Sicilie venne trasformato nella “negazione di Dio” e che bisognava cacciare via il tiranno straniero che opprimeva il popolo per fare quell’Italia la cui unità ancora oggi viene messa in dubbio. Quello che molti ignorano è che la Costituzione napoletana del 1848 non era stata abrogata ma era caduta in desuetudine, lo Statuto Albertino aveva molte lacune circa i poteri del sovrano che nominava il Primo Ministro senza l’approvazione del Parlamento e al sovrano venivano conferiti poteri che nessuno contestava come avvenne nel 1898 in cui Umberto I autorizzò il generale Bava Beccarsi a sparare sulla folla senza aver sentito il parere del governo.

Dal 1860 fino alla seconda guerra mondiale, l’Italia sarà molto simile a quei paesi instabili dell’America Latina dove sarà la casta dei militari uno dei poteri forti che garantiranno la stabilità dello Stato e in particolare i cannoni e i fucili di Cialdini, La Marmora e Pallavicini che non si faranno scrupolo di stroncare nel sangue le rivendicazioni dei meridionali e per queste stragi verranno premiati con un seggio in parlamento.

Ma nonostante le bugie raccontate per anni dai vincitori l’Armata del Sud uscì a testa alta dalla guerra; l’esercito di Franceschiello dimostrò il suo valore a Pontelatone, Sant’Angelo, Chiazzo, Roccaromana, Triflisco, sul Volturno, sul Garigliano, a Capua, a Gaeta, a Messina e a Civitella del Tronto.

Dopo la battaglia del Volturno Garibaldi registrò forti perdite tra i suoi mercenari: 306 morti, 1328 feriti, 389 prigionieri e dispersi; a quel punto le sorti della guerra potevano cambiare ma l’invasione da Nord dell’esercito piemontese vanificò il vantaggio e fu la fine del Regno delle Due Sicilie.

Le operazioni militari nel Regno delle Due Sicilie possono essere suddivise in tre fasi:

1. gli scontri dei mercenari al comando di Garibaldi favoriti da alcuni ufficiali borbonici a libro paga di Cavour e dall’appoggio della flotta britannica a largo della Sicilia;
2. le operazioni militari tra l’esercito piemontese e quello napoletano iniziate senza una specifica dichiarazione di Guerra da parte dei piemontesi. In questa fase Francesco II si ritira a Gaeta per evitare alla cittadinanza napoletana sofferenze e lutti, da li dirigerà le operazioni militari dal settembre al novembre 1860;
3. la resistenza disperata contro l’esercito piemontese nelle ultime roccaforti borboniche di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto che va dal novembre 1860 al marzo 1861.



In questi tre momenti l’esercito borbonico pagò un tributo di sangue molto alto con 2.700 morti, 20.000 feriti e prigionieri trasferiti nei campi di prigionia del Nord da cui molti non fecero più ritorno.

I documenti dell’Ufficio Storico dell’Esercito Italiano hanno rivalutato il valore e il coraggio di questi soldati.

Il cuore pulsante della tradizione militare borbonica era il collegio militare della Nunziatella per la formazione dei suoi ufficiali.

Un avvenimento decisivo nella guerra fu quando la flotta francese che stazionava il porto di Gaeta bloccando la flotta piemontese comandata da Persano tolse il blocco dando il via libera al bombardamento anche dal mare.

Per cercare di prolungare la guerra Francesco II creò bande di irregolari comandate da ufficiali con il compito di portare avanti azioni militari di guerriglia nelle retrovie ai danni dei piemontesi.

Si tratta di avvenimenti importanti che confermano i metodi poco ortodossi utilizzati dai “buoni” nell’Unità d’Italia.

Come in altri casi ha prevalso il principio che chi vince ha sempre ragione, ma io concordo con il grande giornalista italiano Giampaolo Pansa secondo il quale una vera analisi storica si fa studiando anche le ragioni dei vinti perché potrebbero aiutare a capire e risolvere quelle fratture e quelle divisioni che troppo spesso hanno segnato la storia del nostro paese. Prima di concludere posso dire che l’annessione del Regno delle Due Sicilie fu troppo affrettata e irrazionale e ancora più grave fu la scelta di azzerare tutto l’apparato amministrativo epurando i funzionari meridionali accusati di borbonismo.

Concludo dicendo che la Guerra di Secessione americana minò l’unità della nazione, ma in quel paese le ragioni dei vinti hanno tuttora uguale considerazione.

A differenza di quanto accade qui in Italia entrambe le parti possono ricordare i loro caduti e onorarli. In Italia i combattenti delle Due Sicilie e i combattenti pontifici che il 20 settembre 1870 caddero per difendere Roma dall’occupazione piemontese non vengono considerati. E vi dirò che a New Orleans è possibile visitare un museo della Confederazione dove si conservano i documenti e cimeli dell’esercito confederato che combatté tra il 1860 e il 1865.
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1 commento:

uniroma.tv ha detto...

Salve,

siamo la redazione di Uniroma Tv. Considerato l'argomento del vostro articolo, vi segnaliamo il servizio da noi realizzato sulla Mostra del Risorgimento Italiano a Roma.

http://www.uniroma.tv/?id=18923


Buona giornata!
A presto

 
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