venerdì 4 settembre 2009

La Chiesa, la massoneria e uno scandalo dimenticato ma istruttivo: il caso Bidegain (1904)



di Massimo Introvigne



Alla fine del XIX secolo una parte del mondo cattolico francese cadde nella provocazione di un massone, Léo Taxil ((pseudonimo di Marie-Joseph-Antoine-Gabriel Jogand-Pagès, 1854-1907), che nel 1885 si dichiarò convertito al cattolicesimo e cominciò a produrre decine di libri – migliaia di pagine – in cui esponeva rivelazioni sempre più mirabolanti, mescolando sapientemente il vero e il falso. Quando cominciò a raccontare di diavoli che apparivano in loggia in forma di coccodrillo e si mettevano a suonare il pianoforte molti cominciarono a dubitare. Una campagna contro la sua credibilità condotta da varie riviste cattoliche portò al suo auto-smascheramento del 1897: in una conferenza pubblica dichiarò di non essersi mai convertito e di essersi solo voluto burlare della credulità di molti cattolici.

Il caso Taxil è molto complesso – spero di poterlo ulteriormente illustrare in un lungo capitolo della mia opera “I satanisti. Storia, riti e miti del satanismo”, che uscirà tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 –, ma in questa nota voglio presentare una sorta di “secondo tempo” o di “rivincita” dei cattolici di Francia dopo il caso Taxil, di cui non si parla quasi mai. Tutti ridono del caso Taxil, ma – molto opportunamente – si dimenticano del caso Bidegain.

Nell’anno stesso, 1892, in cui Taxil iniziava a diffondere le sue rivelazioni più mirabolanti sui diavoli che apparivano nelle logge massoniche era iniziato alla massoneria Jean-Baptiste Bidegain (1870-1926), la cui carriera meriterebbe un parallelo con quella di Taxil che non è stato finora tentato dagli storici. Militante dei Circoli cattolici di Albert de Mun (1841-1914), poco dopo i vent’anni Bidegain aveva dichiarato di essersi convertito dal cattolicesimo al libero pensiero. Come per Taxil, ci si è chiesti a lungo se la sua conversione laica sia stata, almeno in un primo momento, sincera. Come aveva fatto il neo-convertito al cattolicesimo Taxil, il neo-convertito alla massoneria Bidegain prende delle iniziative singolari, ma si rimane perplessi quando si vedono le autorità massoniche del Grande Oriente lasciargli fondare una loggia, l’Action Socialiste, che per statuto è «composta esclusivamente di socialisti», si consacra a «una propaganda intensiva» a favore delle dottrine socialiste ed è chiusa in linea di principio (anche se si faranno delle eccezioni) agli Ebrei, sospettati di essere anti-socialisti e agenti del grande capitale. Le tirate socialiste e anticlericali del fratello Bidegain avrebbero dovuto mettere in sospetto le autorità massoniche, che al contrario gli proposero di lavorare a tempo pieno al Grande Oriente di cui divenne vice-segretario nel 1900.

Si trattava di una interessante posizione, tanto più che Bidegain si trovava a lavorare in un dipartimento delicato. Convinto della necessità di epurare l’esercito – che nel famoso caso Dreyfus aveva manifestato sentimenti nazionalisti e anti-repubblicani – il Grande Oriente aveva cominciato a schedare minuziosamente tutti gli ufficiali francesi, trasmettendo le schede – le famose “fiches “– al ministro della guerra, il generale Louis-Joseph-Nicholas André (1838-1913), che non era massone ma era un libero pensatore anticlericale amico intimo del presidente del Consiglio (e fanatico anti-cattolico) Émile Combes (1835-1921).

La maggior parte delle “fiches” sono state distrutte, ma quelle che rimangono mostrano quale tipo d’informazioni contenessero: i militari che non dovevano assolutamente essere promossi erano decorati da epiteti come «clericale militante», «clericanaglia», «spirito gesuitico»; talora le informazioni erano anche più precise: «va a Messa», «porta delle candele alle cerimonie religiose», «è andato a ricevere le Ceneri» e perfino «ha partecipato alla Prima Comunione della figlia». Il sistema delle “fiches” era evidentemente odioso e, se scoperto, avrebbe provocato sicuri contraccolpi nell’opinione pubblica.
Al Grande Oriente giunse nel 1902 la voce che un agente – chiamato in codice «GT 104» – in contatto con la curia di Parigi e con la destra nazionalista si era infiltrato nella massoneria per indagare sulle “fiches”. L’indagine sulla segnalazione anonima fu affidata dal Grande Oriente a Bidegain, il quale concluse che si trattava di fantasie e che non c’era da preoccuparsi. Si può immaginare quanto la sua inchiesta fosse stata accurata: infatti «GT 104» era lo stesso Bidegain. Seguire le peripezie del caso delle “fiches” ci porterebbe lontano dal nostro studio: sarà sufficiente dire che, a tempo debito, Bidegain si rivelerà per l’infiltrato che era e consegnerà un buon numero di “fiches” (sembra contro un’importante somma in denaro) ai deputati della destra nazionalista Gabriel Syveton (1864-1904) e Jean Guyot de Villeneuve (1862-1907). Quest’ultimo, il 28 ottobre 1904, lesse estratti dalle fiches alla Camera dei Deputati francese, e Syveton si tolse il gusto di schiaffeggiare il generale André. Lo schiaffo non piacque anche ad alcuni deputati dell’opposizione, e il governo Combes si salvò per qualche mese, ma cadde travolto dallo scandalo nel successivo gennaio 1905.

È interessante notare che Bidegain aveva seguito le istruzioni di un gruppo di «congiurati» anti-massonici tra cui figurava in primo piano l’abbé Marie-Joseph-Louis-Gabriel de Bessonies (1859-1913) – un sacerdote giornalista che firmava talora Gabriel Soulacroix, e che non aveva fatto una figura straordinaria nel caso Taxil, in quanto aveva creduto fino all’ultimo all’impostore–: anzi, il deputato de Villeneuve all’inizio diffidava di Bidegain proprio in quanto presentato da qualcuno come de Bessonies che si era già fatto ingannare da Léo Taxil. In realtà, come ha notato lo storico Pierre Chevalier, il ruolo di de Bessonies è stato esagerato ad arte nelle prime versioni cattoliche dell’affaire per far passare in secondo piano il vero protagonista dell’operazione, Henri-Louis Odelin (1849-1935), il potente vicario generale dell’arcivescovo di Parigi, considerato l’eminenza grigia della diocesi e in diretto contatto con Roma. Odelin voleva che le” fiches”venissero scoperte, ma non voleva che si dicesse che l’infiltrazione di Bidegain derivava da un complotto clericale: riuscì ammirabilmente in entrambi gli scopi. La conclusione della vicenda fu tragica per i protagonisti di parte cattolica: poco dopo la denuncia alla Camera il deputato Syveton morì asfissiato dal gas e, benché il caso sia stato archiviato come incidente o suicidio, la tesi dell’omicidio sembra oggi probabile a molti storici.

Bidegain – che aveva dovuto scappare dalla Francia – fu inseguito dalla fama, diffusa dalla massoneria, di «venduto» e «traditore»: il mondo cattolico, forse, non seppe proteggerlo e finì per suicidarsi nel 1926, in seguito peraltro a uno scandalo non direttamente collegato all’affare delle “fiches”. Guyot de Villeneuve, vittima di un incidente automobilistico, morì in clinica e i suoi amici – forse però ormai in preda a un «complottismo» esasperato – denunciarono «le cure “particolari” di un infermiere massone». Odelin, il suo collaboratore de Bessonies e i loro referenti a Roma non cantarono – con comprensibile discrezione – vittoria: ma in realtà avevano vinto. Nessuno poteva essere più ostile alla Chiesa di Combes, e Combes cadde dal suo posto di primo ministro in conseguenza del caso delle fiches. Dopo lo scandalo l’anticlericalismo e l’influenza della massoneria sulla politica francese si avvieranno a un lento ma inarrestabile declino. Il caso Taxil e il successivo caso Bidegain – comunque li s’interpreti – sono strettamente legati. Taxil aveva insegnato ai cattolici che non dovevano cercare negli archivi della massoneria francese prove dell’adorazione del Demonio e reliquie di Lucifero, ma documenti di un’influenza sempre più invadente sulla società e sulla politica. Trovarono le “fiches”: e non avrebbero potuto trovare di meglio.

Non è, forse, casuale che i manuali scolastici francesi di storia – in genere di orientamento laicista – parlino volentieri del caso Taxil e ignorino completamente il caso Bidegain. Entrambi gli “affaires” presentano lati oscuri e sono ricchi di eventi drammatici e colpi di scena. Entrambi sono dunque “interessanti”. Ma dal punto di vista delle conseguenze, contrariamente a quanto si crede di solito, è l’affaire Bidegain il più importante. Il caso Taxil si concluse con molte risate, e certo screditò – ma per pochi anni – un certo anti-massonismo cattolico. Il caso Bidegain fece cadere un governo che sembrava invincibile e determinò la fine della carriera di Combes, uno degli uomini politici più anticlericali dell’intera storia politica francese.
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di Massimo Introvigne



Alla fine del XIX secolo una parte del mondo cattolico francese cadde nella provocazione di un massone, Léo Taxil ((pseudonimo di Marie-Joseph-Antoine-Gabriel Jogand-Pagès, 1854-1907), che nel 1885 si dichiarò convertito al cattolicesimo e cominciò a produrre decine di libri – migliaia di pagine – in cui esponeva rivelazioni sempre più mirabolanti, mescolando sapientemente il vero e il falso. Quando cominciò a raccontare di diavoli che apparivano in loggia in forma di coccodrillo e si mettevano a suonare il pianoforte molti cominciarono a dubitare. Una campagna contro la sua credibilità condotta da varie riviste cattoliche portò al suo auto-smascheramento del 1897: in una conferenza pubblica dichiarò di non essersi mai convertito e di essersi solo voluto burlare della credulità di molti cattolici.

Il caso Taxil è molto complesso – spero di poterlo ulteriormente illustrare in un lungo capitolo della mia opera “I satanisti. Storia, riti e miti del satanismo”, che uscirà tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 –, ma in questa nota voglio presentare una sorta di “secondo tempo” o di “rivincita” dei cattolici di Francia dopo il caso Taxil, di cui non si parla quasi mai. Tutti ridono del caso Taxil, ma – molto opportunamente – si dimenticano del caso Bidegain.

Nell’anno stesso, 1892, in cui Taxil iniziava a diffondere le sue rivelazioni più mirabolanti sui diavoli che apparivano nelle logge massoniche era iniziato alla massoneria Jean-Baptiste Bidegain (1870-1926), la cui carriera meriterebbe un parallelo con quella di Taxil che non è stato finora tentato dagli storici. Militante dei Circoli cattolici di Albert de Mun (1841-1914), poco dopo i vent’anni Bidegain aveva dichiarato di essersi convertito dal cattolicesimo al libero pensiero. Come per Taxil, ci si è chiesti a lungo se la sua conversione laica sia stata, almeno in un primo momento, sincera. Come aveva fatto il neo-convertito al cattolicesimo Taxil, il neo-convertito alla massoneria Bidegain prende delle iniziative singolari, ma si rimane perplessi quando si vedono le autorità massoniche del Grande Oriente lasciargli fondare una loggia, l’Action Socialiste, che per statuto è «composta esclusivamente di socialisti», si consacra a «una propaganda intensiva» a favore delle dottrine socialiste ed è chiusa in linea di principio (anche se si faranno delle eccezioni) agli Ebrei, sospettati di essere anti-socialisti e agenti del grande capitale. Le tirate socialiste e anticlericali del fratello Bidegain avrebbero dovuto mettere in sospetto le autorità massoniche, che al contrario gli proposero di lavorare a tempo pieno al Grande Oriente di cui divenne vice-segretario nel 1900.

Si trattava di una interessante posizione, tanto più che Bidegain si trovava a lavorare in un dipartimento delicato. Convinto della necessità di epurare l’esercito – che nel famoso caso Dreyfus aveva manifestato sentimenti nazionalisti e anti-repubblicani – il Grande Oriente aveva cominciato a schedare minuziosamente tutti gli ufficiali francesi, trasmettendo le schede – le famose “fiches “– al ministro della guerra, il generale Louis-Joseph-Nicholas André (1838-1913), che non era massone ma era un libero pensatore anticlericale amico intimo del presidente del Consiglio (e fanatico anti-cattolico) Émile Combes (1835-1921).

La maggior parte delle “fiches” sono state distrutte, ma quelle che rimangono mostrano quale tipo d’informazioni contenessero: i militari che non dovevano assolutamente essere promossi erano decorati da epiteti come «clericale militante», «clericanaglia», «spirito gesuitico»; talora le informazioni erano anche più precise: «va a Messa», «porta delle candele alle cerimonie religiose», «è andato a ricevere le Ceneri» e perfino «ha partecipato alla Prima Comunione della figlia». Il sistema delle “fiches” era evidentemente odioso e, se scoperto, avrebbe provocato sicuri contraccolpi nell’opinione pubblica.
Al Grande Oriente giunse nel 1902 la voce che un agente – chiamato in codice «GT 104» – in contatto con la curia di Parigi e con la destra nazionalista si era infiltrato nella massoneria per indagare sulle “fiches”. L’indagine sulla segnalazione anonima fu affidata dal Grande Oriente a Bidegain, il quale concluse che si trattava di fantasie e che non c’era da preoccuparsi. Si può immaginare quanto la sua inchiesta fosse stata accurata: infatti «GT 104» era lo stesso Bidegain. Seguire le peripezie del caso delle “fiches” ci porterebbe lontano dal nostro studio: sarà sufficiente dire che, a tempo debito, Bidegain si rivelerà per l’infiltrato che era e consegnerà un buon numero di “fiches” (sembra contro un’importante somma in denaro) ai deputati della destra nazionalista Gabriel Syveton (1864-1904) e Jean Guyot de Villeneuve (1862-1907). Quest’ultimo, il 28 ottobre 1904, lesse estratti dalle fiches alla Camera dei Deputati francese, e Syveton si tolse il gusto di schiaffeggiare il generale André. Lo schiaffo non piacque anche ad alcuni deputati dell’opposizione, e il governo Combes si salvò per qualche mese, ma cadde travolto dallo scandalo nel successivo gennaio 1905.

È interessante notare che Bidegain aveva seguito le istruzioni di un gruppo di «congiurati» anti-massonici tra cui figurava in primo piano l’abbé Marie-Joseph-Louis-Gabriel de Bessonies (1859-1913) – un sacerdote giornalista che firmava talora Gabriel Soulacroix, e che non aveva fatto una figura straordinaria nel caso Taxil, in quanto aveva creduto fino all’ultimo all’impostore–: anzi, il deputato de Villeneuve all’inizio diffidava di Bidegain proprio in quanto presentato da qualcuno come de Bessonies che si era già fatto ingannare da Léo Taxil. In realtà, come ha notato lo storico Pierre Chevalier, il ruolo di de Bessonies è stato esagerato ad arte nelle prime versioni cattoliche dell’affaire per far passare in secondo piano il vero protagonista dell’operazione, Henri-Louis Odelin (1849-1935), il potente vicario generale dell’arcivescovo di Parigi, considerato l’eminenza grigia della diocesi e in diretto contatto con Roma. Odelin voleva che le” fiches”venissero scoperte, ma non voleva che si dicesse che l’infiltrazione di Bidegain derivava da un complotto clericale: riuscì ammirabilmente in entrambi gli scopi. La conclusione della vicenda fu tragica per i protagonisti di parte cattolica: poco dopo la denuncia alla Camera il deputato Syveton morì asfissiato dal gas e, benché il caso sia stato archiviato come incidente o suicidio, la tesi dell’omicidio sembra oggi probabile a molti storici.

Bidegain – che aveva dovuto scappare dalla Francia – fu inseguito dalla fama, diffusa dalla massoneria, di «venduto» e «traditore»: il mondo cattolico, forse, non seppe proteggerlo e finì per suicidarsi nel 1926, in seguito peraltro a uno scandalo non direttamente collegato all’affare delle “fiches”. Guyot de Villeneuve, vittima di un incidente automobilistico, morì in clinica e i suoi amici – forse però ormai in preda a un «complottismo» esasperato – denunciarono «le cure “particolari” di un infermiere massone». Odelin, il suo collaboratore de Bessonies e i loro referenti a Roma non cantarono – con comprensibile discrezione – vittoria: ma in realtà avevano vinto. Nessuno poteva essere più ostile alla Chiesa di Combes, e Combes cadde dal suo posto di primo ministro in conseguenza del caso delle fiches. Dopo lo scandalo l’anticlericalismo e l’influenza della massoneria sulla politica francese si avvieranno a un lento ma inarrestabile declino. Il caso Taxil e il successivo caso Bidegain – comunque li s’interpreti – sono strettamente legati. Taxil aveva insegnato ai cattolici che non dovevano cercare negli archivi della massoneria francese prove dell’adorazione del Demonio e reliquie di Lucifero, ma documenti di un’influenza sempre più invadente sulla società e sulla politica. Trovarono le “fiches”: e non avrebbero potuto trovare di meglio.

Non è, forse, casuale che i manuali scolastici francesi di storia – in genere di orientamento laicista – parlino volentieri del caso Taxil e ignorino completamente il caso Bidegain. Entrambi gli “affaires” presentano lati oscuri e sono ricchi di eventi drammatici e colpi di scena. Entrambi sono dunque “interessanti”. Ma dal punto di vista delle conseguenze, contrariamente a quanto si crede di solito, è l’affaire Bidegain il più importante. Il caso Taxil si concluse con molte risate, e certo screditò – ma per pochi anni – un certo anti-massonismo cattolico. Il caso Bidegain fece cadere un governo che sembrava invincibile e determinò la fine della carriera di Combes, uno degli uomini politici più anticlericali dell’intera storia politica francese.
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