giovedì 2 aprile 2009

Nord & Sud le nuove mafie


Di Vittorio Melandri




Adriana Musella figlia di una vittima di mafia e partecipe del Coordinamento Nazionale Antimafia, ha scritto al quotidiano la Repubblica che “Il 21 marzo la folla napoletana ha salutato con applausi il passaggio di noi familiari. Per un attimo non ci siamo sentiti soli.” Ma subito dopo ha aggiunto: “Nel quotidiano, spenti i riflettori, si ricorderà qualcuna di quelle centinaia di famiglie? (..) Le istituzioni sono lontane.”


Milena Gabanelli, domenica 22 marzo, in coda alla sua trasmissione Report ha denunciato, con una nota di Luca Chianca, che: “In Italia il reato di autoriciclaggio non esiste. Chi vende droga e rimette in circolo il denaro, può essere punito per il traffico di stupefacenti ma non per aver riciclato i proventi illeciti. Il Fondo Monetario, il Governatore della Banca d’Italia e il Procuratore Nazionale Antimafia ne auspicano da anni l’introduzione, ma al momento il disegno di legge che lo prevede è sepolto in un cassetto.”

La stampa nazionale non ha dato a tutt’oggi nessuna eco al problema sollevato da Report. Antonio Ingroia, partecipando a Piacenza ad una serata organizzata da Libera Coordinamento di Piacenza e dalla locale CGIL, sul tema “Nord & Sud le nuove mafie”, serata confortata da una partecipazione numerosa e attenta, ha ricordato come a suo tempo si sia lavorato ad un “testo unico” sulla legislazione “antimafia” e come questo elaborato riposi da anni in qualche cassetto, intanto che di fatto si è andata sviluppando un’azione legislativa volta a “disarmare” chi la criminalità organizzata la deve combattere per missione.


La serata è stata preceduta da una mattinata in cui è comparsa sul Corriere della Sera una desolante intervista al Senatore Marcello Dell’Utri; intervista che a me ha fatto tornare alla mente quell’altra intervista apparsa sul Corriere nel 1980 e raccolta da Maurizio Costanzo da Licio Gelli. In questo quadro continuare a denunciare quel cancro che si chiama “criminalità organizzata”, e l’oscena sottovalutazione di cui gode da parte della politica tutta, è il minimo che si deve, ma purtroppo, con la consapevolezza che chi ha in mano “l’agenda rossa” di Paolo Borsellino, continua a ricattare il potere in Italia, come con altre parole ha detto, rispondendo ad una mia domanda, lo stesso Ingroia; e questi tipi di ricattatori delle nostre denuncie, anche quelle più nobili e insistenti, se ne fotte.


Abbiamo ugualmente verso noi stessi, il dovere di raccogliere anche il più piccolo segnale che in questa società “mafiosizzata” covano i semi della rinascita e della rivolta. Ingroia ci ha detto di scorgerli nei giovani di “Addio pizzo”, e sono confortanti i milioni di telespettatori che hanno seguito Saviano ospite di Fazio, e nel mio piccolo sono rimasto colpito favorevolmente dai tanti giovani presenti l’altra sera nella sala Nelson Mandela della Cdl di Piacenza. …ma dall’altra parte, una politica che per decenni si è cullata nell’illusione di poter “controllare” la Mafia, e si è poi negli ultimi trent’anni evoluta in una politica che della “criminalità organizzata” risulta sostanzialmente sotto schiaffo, è una politica che con il suo devastante silenzio fa afflosciare le vele di qualsiasi speranza.
Non certo per insegnarlo, ricordo che il silenzio deriva dal latino “silere” che vuol dire “tacere”. Quasi che l’assenza di suoni, siano essi fastidiosi rumori o suadenti gorgheggi, coincida solo con il tacere degli appartenenti alla nostra specie. In realtà sappiamo che il “silenzio” è esso stesso un “suono”, e meglio di tutti lo sanno i musicisti che lo calibrano con cura certosina fra l’emissione di una nota e l’altra, e altrettanto bene lo sa chi ama a volte immergervisi per goderne il magnifico e corroborante incombere.

Esiste però anche un tacere che si traduce in “osceno silenzio”, e che non a caso accompagna un altrettanto “osceno squittio”. Osceno silenzio è quello che i partiti italiani riservano al cancro che si chiama appunto criminalità organizzata, mentre l’osceno squittio (anche debilitante normali meningi, come quello del sottosegretario Castelli che addebita alla pratica del Confino la presenza della mafia al Nord) è quello che gli stessi partiti riservano alla sicurezza dei cittadini di cui chiacchierano, sicurezza che, squittiscono petulanti, non sarebbe violata più di tanto dalla criminalità organizzata, ma sarebbe messa a repentaglio molto di più, dalla “miserabile” presenza straniera in casa nostra.

Tempo fa tutto questo l’ho letto efficacemente sintetizzato da una frase di Elio Veltri che parlava di “una classe dirigente che delega il maggior problema politico del paese e ne fa un problema di ordine pubblico”. Per una sorta di riflesso di autodifesa mi capita di rifugiarmi anche nella lettura di romanzi d’evasione e in uno di questi, “Avvocato di difesa”, di Michael Connelly, il protagonista Michael (Mickey, Mick, per gli amici) Haller, un “avvocato di strada”, quasi alla fine della prima metà della storia si esprime così: “Le persone che difendo non sono malvagie (..) sono colpevoli ma non sono malvagie. C’è differenza. (..) stai ad ascoltarli (..) e capisci perché fanno le cose che fanno. La gente cerca solo di tirare avanti, di vivere con ciò che gli è stato dato, e ad alcuni di loro … non è stato dato assolutamente niente”.
Or bene, la nostra classe dirigente, prima o dopo dovrà pagare il conto della sua ignavia dinnanzi ad una criminalità organizzata che nemmeno apostrofa con il suo nome, ma difficilmente a farglielo pagare potrà concorrere una cittadinanza a cui, a livello di massa e in termini di conoscenza del fenomeno (sempre criminalità organizzata intendo), “non viene dato assolutamente niente”.

O peggio, cui viene in continuazione data disinformazione. Mattia Messina Denaro (di cui sbagliando ho evocato ad Ingroia una immagine apparsa su L’espresso nel 1994 –quando invece era il 2001), Cosa Nostra, la Camorra, la ’Ndrangheta, la Sacra Corona Unita, che da tempo controllano i loro territori di elezione, le Posse Giamaicane e la Mafia Cinese, quella Russa e Cecena e la Jakuza giapponese, e i Messicani e i Colombiani che stanno consolidando le loro “teste di ponte” nel nostro bel Paese (come è ben spiegato dal Questore Piero Innocenti nel suo libro “La mondializzazione delle mafie”), temo che non stiano tremando di paura, dinnanzi a chi si nasconde dietro il sacrificio di “pochi”, dinnanzi a chi si fa bello dei risultati di una repressione sempre destinata ad evaporare in effimera gloria, dinnanzi a chi si trincera dietro una spessa crosta di ipocrisia e non è nemmeno capace di reggere lo sguardo delle vittime rimaste vive e lasciate sole con il loro dolore.
Per almeno coltivare la speranza di resuscitarlo, un senso di rivolta contro la criminalità organizzata, ai cittadini italiani cui si continua “a non dare assolutamente niente” occorre offrire una puntuale conoscenza del fenomeno.

Democrazialegalità ed altri con noi, ci provano, anche perchè non possiamo permetterci il lusso di dimenticare che se le vittime di mafie, passati i giorni delle celebrazioni, ritornano lontano nella memoria, la criminalità organizzata, in questo disgraziato paese, è vicina, a tutti, anche a chi la crede lontana.

Fonte:Democraziaelegalità
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Di Vittorio Melandri




Adriana Musella figlia di una vittima di mafia e partecipe del Coordinamento Nazionale Antimafia, ha scritto al quotidiano la Repubblica che “Il 21 marzo la folla napoletana ha salutato con applausi il passaggio di noi familiari. Per un attimo non ci siamo sentiti soli.” Ma subito dopo ha aggiunto: “Nel quotidiano, spenti i riflettori, si ricorderà qualcuna di quelle centinaia di famiglie? (..) Le istituzioni sono lontane.”


Milena Gabanelli, domenica 22 marzo, in coda alla sua trasmissione Report ha denunciato, con una nota di Luca Chianca, che: “In Italia il reato di autoriciclaggio non esiste. Chi vende droga e rimette in circolo il denaro, può essere punito per il traffico di stupefacenti ma non per aver riciclato i proventi illeciti. Il Fondo Monetario, il Governatore della Banca d’Italia e il Procuratore Nazionale Antimafia ne auspicano da anni l’introduzione, ma al momento il disegno di legge che lo prevede è sepolto in un cassetto.”

La stampa nazionale non ha dato a tutt’oggi nessuna eco al problema sollevato da Report. Antonio Ingroia, partecipando a Piacenza ad una serata organizzata da Libera Coordinamento di Piacenza e dalla locale CGIL, sul tema “Nord & Sud le nuove mafie”, serata confortata da una partecipazione numerosa e attenta, ha ricordato come a suo tempo si sia lavorato ad un “testo unico” sulla legislazione “antimafia” e come questo elaborato riposi da anni in qualche cassetto, intanto che di fatto si è andata sviluppando un’azione legislativa volta a “disarmare” chi la criminalità organizzata la deve combattere per missione.


La serata è stata preceduta da una mattinata in cui è comparsa sul Corriere della Sera una desolante intervista al Senatore Marcello Dell’Utri; intervista che a me ha fatto tornare alla mente quell’altra intervista apparsa sul Corriere nel 1980 e raccolta da Maurizio Costanzo da Licio Gelli. In questo quadro continuare a denunciare quel cancro che si chiama “criminalità organizzata”, e l’oscena sottovalutazione di cui gode da parte della politica tutta, è il minimo che si deve, ma purtroppo, con la consapevolezza che chi ha in mano “l’agenda rossa” di Paolo Borsellino, continua a ricattare il potere in Italia, come con altre parole ha detto, rispondendo ad una mia domanda, lo stesso Ingroia; e questi tipi di ricattatori delle nostre denuncie, anche quelle più nobili e insistenti, se ne fotte.


Abbiamo ugualmente verso noi stessi, il dovere di raccogliere anche il più piccolo segnale che in questa società “mafiosizzata” covano i semi della rinascita e della rivolta. Ingroia ci ha detto di scorgerli nei giovani di “Addio pizzo”, e sono confortanti i milioni di telespettatori che hanno seguito Saviano ospite di Fazio, e nel mio piccolo sono rimasto colpito favorevolmente dai tanti giovani presenti l’altra sera nella sala Nelson Mandela della Cdl di Piacenza. …ma dall’altra parte, una politica che per decenni si è cullata nell’illusione di poter “controllare” la Mafia, e si è poi negli ultimi trent’anni evoluta in una politica che della “criminalità organizzata” risulta sostanzialmente sotto schiaffo, è una politica che con il suo devastante silenzio fa afflosciare le vele di qualsiasi speranza.
Non certo per insegnarlo, ricordo che il silenzio deriva dal latino “silere” che vuol dire “tacere”. Quasi che l’assenza di suoni, siano essi fastidiosi rumori o suadenti gorgheggi, coincida solo con il tacere degli appartenenti alla nostra specie. In realtà sappiamo che il “silenzio” è esso stesso un “suono”, e meglio di tutti lo sanno i musicisti che lo calibrano con cura certosina fra l’emissione di una nota e l’altra, e altrettanto bene lo sa chi ama a volte immergervisi per goderne il magnifico e corroborante incombere.

Esiste però anche un tacere che si traduce in “osceno silenzio”, e che non a caso accompagna un altrettanto “osceno squittio”. Osceno silenzio è quello che i partiti italiani riservano al cancro che si chiama appunto criminalità organizzata, mentre l’osceno squittio (anche debilitante normali meningi, come quello del sottosegretario Castelli che addebita alla pratica del Confino la presenza della mafia al Nord) è quello che gli stessi partiti riservano alla sicurezza dei cittadini di cui chiacchierano, sicurezza che, squittiscono petulanti, non sarebbe violata più di tanto dalla criminalità organizzata, ma sarebbe messa a repentaglio molto di più, dalla “miserabile” presenza straniera in casa nostra.

Tempo fa tutto questo l’ho letto efficacemente sintetizzato da una frase di Elio Veltri che parlava di “una classe dirigente che delega il maggior problema politico del paese e ne fa un problema di ordine pubblico”. Per una sorta di riflesso di autodifesa mi capita di rifugiarmi anche nella lettura di romanzi d’evasione e in uno di questi, “Avvocato di difesa”, di Michael Connelly, il protagonista Michael (Mickey, Mick, per gli amici) Haller, un “avvocato di strada”, quasi alla fine della prima metà della storia si esprime così: “Le persone che difendo non sono malvagie (..) sono colpevoli ma non sono malvagie. C’è differenza. (..) stai ad ascoltarli (..) e capisci perché fanno le cose che fanno. La gente cerca solo di tirare avanti, di vivere con ciò che gli è stato dato, e ad alcuni di loro … non è stato dato assolutamente niente”.
Or bene, la nostra classe dirigente, prima o dopo dovrà pagare il conto della sua ignavia dinnanzi ad una criminalità organizzata che nemmeno apostrofa con il suo nome, ma difficilmente a farglielo pagare potrà concorrere una cittadinanza a cui, a livello di massa e in termini di conoscenza del fenomeno (sempre criminalità organizzata intendo), “non viene dato assolutamente niente”.

O peggio, cui viene in continuazione data disinformazione. Mattia Messina Denaro (di cui sbagliando ho evocato ad Ingroia una immagine apparsa su L’espresso nel 1994 –quando invece era il 2001), Cosa Nostra, la Camorra, la ’Ndrangheta, la Sacra Corona Unita, che da tempo controllano i loro territori di elezione, le Posse Giamaicane e la Mafia Cinese, quella Russa e Cecena e la Jakuza giapponese, e i Messicani e i Colombiani che stanno consolidando le loro “teste di ponte” nel nostro bel Paese (come è ben spiegato dal Questore Piero Innocenti nel suo libro “La mondializzazione delle mafie”), temo che non stiano tremando di paura, dinnanzi a chi si nasconde dietro il sacrificio di “pochi”, dinnanzi a chi si fa bello dei risultati di una repressione sempre destinata ad evaporare in effimera gloria, dinnanzi a chi si trincera dietro una spessa crosta di ipocrisia e non è nemmeno capace di reggere lo sguardo delle vittime rimaste vive e lasciate sole con il loro dolore.
Per almeno coltivare la speranza di resuscitarlo, un senso di rivolta contro la criminalità organizzata, ai cittadini italiani cui si continua “a non dare assolutamente niente” occorre offrire una puntuale conoscenza del fenomeno.

Democrazialegalità ed altri con noi, ci provano, anche perchè non possiamo permetterci il lusso di dimenticare che se le vittime di mafie, passati i giorni delle celebrazioni, ritornano lontano nella memoria, la criminalità organizzata, in questo disgraziato paese, è vicina, a tutti, anche a chi la crede lontana.

Fonte:Democraziaelegalità

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