martedì 13 gennaio 2009

Libertà economica, l'Italia precipita ora siamo dietro anche alla Namibia


Diffusa la classifica annuale realizzata da Heritage Foundation e WsjIl nostro paese figura al 76esimo posto, alle spalle di tutte le grandi potenze.

Lo studio valuta una serie di parametri sulla facilità di avviare e gestire un'impresaIn testa alla graduatoria Hong Kong, da noi pesano spesa pubblica e corruzione


ROMA - E' più facile avviare e gestire un'impresa in Kirghizistan, Namibia e Madagascar che non in Italia. E' quanto emerge dalla classifica compilata come ogni anno dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal sulla "libertà economica" nel mondo.
Una graduatoria che mette in fila le nazioni in base a dieci parametri per valutare l'eventuale presenza di ostacoli da parte dello Stato all'agire individuale.
Indici che fanno precipitare il nostro paese al 76esimo posto (lo scorso anno eravamo al 64esimo), molto dietro le altre potenze del G8 e alle spalle anche di nazioni passate più di recente alla democrazia.
L'Italia, con un totale di 61,4 punti (contro i 90 della capolista Hong Kong), crolla in particolare per colpa della particolare debolezza che lo studio riscontra alla voce 'Government size', vale a dire la presenza dello Stato nell'economia del Paese, dove i punti raccolti sono solo 24,7, e a quella relativa alla libertà dalla corruzione (52 punti). "La spesa pubblica - si legge nel rapporto - è molto alta", e "lo Stato ancora controlla alcune aziende strategiche, in particolare nei trasporti e nell'energia".
Gli oltre 61 punti, nella classificazione del rapporto, ne fanno una nazione "moderatamente libera", ma pericolosamente vicina al limite dei 60 punti, al di sotto del quale inizia la categoria dei paesi "poco liberi". Valutazioni che evidentemente non hanno fatto in tempo a registrare l'ondata di nazionalizzazioni e aiuti di Stato scattata massicciamente in tutto il mondo all'infuriare della crisi finanziaria partita con lo scoppio dello scandalo dei mutui subprime statunitensi.
Invariata la testa della classifica 2009, che vede ancora al comando Hong Kong, seguita da Singapore, mentre l'Australia scalza l'Irlanda al terzo posto.
I maggiori Paesi europei figurano tutti davanti all'Italia: il Regno Unito è al decimo posto, la Germania è 25esima, la Spagna 29esima e la Francia 64esima. Tra i Paesi che hanno perso più posizioni c'è lo Zimbabwe, che ha lasciato sul terreno 6,7 punti rispetto allo scorso anno, crollando al penultimo posto della classifica. Peggio si è comportata solo la Corea del Nord, che figura all'ultimo posto.
Gli Stati Uniti scivolano dal quinto al sesto posto a causa sia dell'aumento della pressione fiscale che della spesa pubblica in relazione al Pil.
"La correlazione tra libertà economica e ricchezza nazionale - spiega sul Wall Street Journal di oggi Terry Miller, direttore all'Heritage Foundation - è confermata anche dai dati di quest'anno: i Paesi più liberi godono di una ricchezza pro-capite maggiore di oltre dieci volte rispetto a quella degli Stati più 'repressi'". Il pil pro-capite dei Paesi liberi, si legge nello studio, è infatti pari a 40mila dollari, contro i 33mila dei Paesi quasi del tutto liberi, i 15mila dei moderatamente liberi, i 4.300 dei poco liberi e i 3.900 dei repressi.
(13 gennaio 2009)
Fonte:La Repubblica
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Diffusa la classifica annuale realizzata da Heritage Foundation e WsjIl nostro paese figura al 76esimo posto, alle spalle di tutte le grandi potenze.

Lo studio valuta una serie di parametri sulla facilità di avviare e gestire un'impresaIn testa alla graduatoria Hong Kong, da noi pesano spesa pubblica e corruzione


ROMA - E' più facile avviare e gestire un'impresa in Kirghizistan, Namibia e Madagascar che non in Italia. E' quanto emerge dalla classifica compilata come ogni anno dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal sulla "libertà economica" nel mondo.
Una graduatoria che mette in fila le nazioni in base a dieci parametri per valutare l'eventuale presenza di ostacoli da parte dello Stato all'agire individuale.
Indici che fanno precipitare il nostro paese al 76esimo posto (lo scorso anno eravamo al 64esimo), molto dietro le altre potenze del G8 e alle spalle anche di nazioni passate più di recente alla democrazia.
L'Italia, con un totale di 61,4 punti (contro i 90 della capolista Hong Kong), crolla in particolare per colpa della particolare debolezza che lo studio riscontra alla voce 'Government size', vale a dire la presenza dello Stato nell'economia del Paese, dove i punti raccolti sono solo 24,7, e a quella relativa alla libertà dalla corruzione (52 punti). "La spesa pubblica - si legge nel rapporto - è molto alta", e "lo Stato ancora controlla alcune aziende strategiche, in particolare nei trasporti e nell'energia".
Gli oltre 61 punti, nella classificazione del rapporto, ne fanno una nazione "moderatamente libera", ma pericolosamente vicina al limite dei 60 punti, al di sotto del quale inizia la categoria dei paesi "poco liberi". Valutazioni che evidentemente non hanno fatto in tempo a registrare l'ondata di nazionalizzazioni e aiuti di Stato scattata massicciamente in tutto il mondo all'infuriare della crisi finanziaria partita con lo scoppio dello scandalo dei mutui subprime statunitensi.
Invariata la testa della classifica 2009, che vede ancora al comando Hong Kong, seguita da Singapore, mentre l'Australia scalza l'Irlanda al terzo posto.
I maggiori Paesi europei figurano tutti davanti all'Italia: il Regno Unito è al decimo posto, la Germania è 25esima, la Spagna 29esima e la Francia 64esima. Tra i Paesi che hanno perso più posizioni c'è lo Zimbabwe, che ha lasciato sul terreno 6,7 punti rispetto allo scorso anno, crollando al penultimo posto della classifica. Peggio si è comportata solo la Corea del Nord, che figura all'ultimo posto.
Gli Stati Uniti scivolano dal quinto al sesto posto a causa sia dell'aumento della pressione fiscale che della spesa pubblica in relazione al Pil.
"La correlazione tra libertà economica e ricchezza nazionale - spiega sul Wall Street Journal di oggi Terry Miller, direttore all'Heritage Foundation - è confermata anche dai dati di quest'anno: i Paesi più liberi godono di una ricchezza pro-capite maggiore di oltre dieci volte rispetto a quella degli Stati più 'repressi'". Il pil pro-capite dei Paesi liberi, si legge nello studio, è infatti pari a 40mila dollari, contro i 33mila dei Paesi quasi del tutto liberi, i 15mila dei moderatamente liberi, i 4.300 dei poco liberi e i 3.900 dei repressi.
(13 gennaio 2009)
Fonte:La Repubblica

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