giovedì 18 dicembre 2008

“Un errore etico a monte della crisi finanziaria che causerà una guerra fra poveri”


ReggioNelWeb intervista Don Gianni Bedogni, Direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale, sulla crisi che sta investendo il Paese e la comunità reggiana. “Occorre uno sforzo educativo su se stessi e sulle giovani generazioni. Sobrietà non significa povertà, ma uso ragionevole dei beni e valutazione intelligente dei bisogni”.

ReggioNelWeb.it n. 297 del 16/12/2008



Il convengo “Crisi finanziaria, libero mercato ed etica” che si è tenuto sabato scorso presso il centro Giovanni XXIII è stato il prezioso contributo del nostro Vescovo e della Diocesi alla collettività reggiana in risposta alla grave crisi che sta investendo il Paese. I relatori, l’Avv. Franco Maria Grasselli, il Prof. Riccardo Ferretti, Don Gianni Bedogni e Don Matteo Mioni, moderati dal Direttore del settimanale diocesano “La Libertà” Edoardo Tincani, sono intervenuti con riflessioni e proposte per cercare di affrontare al meglio la crisi.

ReggioNelWeb, presente all’incontro, ha intervistato il Direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del Lavoro Don Gianni Bedogni.


Di Marina Bortolani


Don Gianni, sabato scorso la Diocesi di Reggio, con il convegno “Crisi finanziaria, libero mercato ed etica” ha offerto un contributo importante ai reggiani. Lei, fra i relatori del convegno, ha parlato di un “errore etico a monte” che avrebbe poi portato all’attuale crisi. Ce lo può illustrare?

Quello di ritenere il mercato (nella presunzione di una sua perfetta autoregolamentazione), un fine e non un mezzo, assoggettando tutto alla rendita immediata, separando ancora di più la finanza dall’economia reale. Non si tratta solo di avidità, ma di un modo perverso di concepire l’attività economica finanziaria, quindi la persona. Temo ora che tutto questo si ritorcerà contro il sistema, in particolare innescando una spirale deflattiva e alimentando una sorta di “guerra fra poveri”.

Cosa intende di preciso quando parla di “guerra fra poveri”?

Il loro numero sta crescendo in modo inversamente proporzionale alle risorse. Dovendo “spartire” diritti e beni primari ed essenziali, come lavoro, casa, servizi sociali, sarà inevitabile assistere a malumori e rabbiose rivendicazioni, ossia all’aumento di tensioni sociali generalizzate.

In passato molti cittadini affidavano i propri risparmi a bancari di fiducia e oggi rischiano di trovarsi con un pugno di mosche per essere stati azionisti inconsapevoli di operazioni bancarie ai limiti della legalità. Sicuramente investimenti non etici. Lei cosa ne pensa?

Penso che di certo siano state complici le aggregazioni e fusioni che hanno generato alcuni colossi bancari e sicuramente l’aspra concorrenza e le politiche aziendali hanno privilegiato le attività finanziarie speculative. Il territorio è diventato così un insieme di persone e aziende da spremere, non da servire con la propria corretta professionalità. Tutto e subito, non importa come. Così si è distrutto il bene più prezioso per l’economia, per ogni economia, la fiducia tra gli operatori.

Giovanni Paolo II parlava di “Ecologia umana”. Di quale ecologia si trattava in particolare?

Con essa Giovanni Paolo II, intendeva la difesa dell’ambiente umano, non solo quello naturale. Egli faceva riferimento soprattutto alla famiglia, alla soggettività della persona in campo economico contro ogni strumentalizzazione, e la difesa dei beni collettivi. Si tratta, in altre parole, di assicurare a tutti gli uomini, le condizioni per uno sviluppo armonico, integrale e umanizzante.

Questa crisi economica interferisce anche nei rapporti famigliari?

Direi che oggi più di ieri, eventi “naturali”, influiscono maggiormente sulla tenuta economica delle famiglie. Gli aggravi costituiti da rate di mutuo, di case protette, il costo di mantenimento dei figli, ecc. sono determinanti.

Oggi molte coppie giovani temporeggiano nella scelta di dare alla luce dei figli perché, calcoli alla mano, può risultarne economicamente difficile, se non impossibile il mantenimento. Il risultato è che ci sono sempre più famiglie senza figli o con un solo figlio. Come affrontare queste scelte, di chi cioè dei figli li desidera davvero, alla luce della crisi attuale?

Il nostro Paese soffre una carenza cronica (in qualità ed efficacia) di politiche familiari, a differenza, ad esempio, degli altri Stati dell’Unione Europea. Oltre alle difficoltà strutturali, si sta aggiungendo l’incertezza e la paura del futuro. Occorrono e presto, segnali e provvedimenti volti a invertire questa tendenza e restituire un poco di speranza. Per quanto riguarda le coppie, consiglio loro di mantenere rapporti amicali e di fiducia con coppie un poco più anziane, per imparare e trovare coraggio, quindi osare di avere figli, sulla base della loro, ovviamente positiva, esperienza.

“Combattere la povertà, costruire la pace” è il titolo del messaggio di Papa Benedetto XVI per la celebrazione della giornata mondiale della pace di inizio anno. Qual è e perché secondo lei la correlazione povertà-pace?

Per i cristiani, pace non è sinonimo di “assenza di conflitto”. Indica piuttosto la pienezza, una qualità della vita degna delle persone. Una qualità non soltanto economica, materiale. Anche relazionale e morale. Chi patisce privazioni fisiche (cibo, acqua, ecc.) sempre è umiliato anche sotto il profilo degli altri diritti, come il lavoro, l’educazione, la cultura, la libertà, ecc.

Il prof. Ferretti al convegno ha suggerito sobrietà e qualità per affrontare questa crisi. Lei cosa suggerisce ai cittadini?

Occorre, a mio avviso, uno sforzo educativo, su se stessi e sulle giovani generazioni. Sobrietà non significa assolutamente povertà, piuttosto uso ragionevole dei beni e valutazione intelligente dei bisogni. Calano i consumi, in generale. Chi non conosce crisi sono le scommesse (Gratta e vinci, superenalotto) e la vendita dei telefonini di ultima generazione. Intanto, secondo una recente indagine, 28 italiani su cento non hanno persone alle quali rivolgersi in caso di necessità. Poveri di relazioni, abbagliati e irretiti da falsi bisogni.

E ai cristiani?

La questione non cambia, piuttosto si pone sotto un profilo “pastorale”: se l’esperienza della fede non aiuta in questo discernimento e nel compiere certe scelte.... cosa andiamo a proporre
?
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ReggioNelWeb intervista Don Gianni Bedogni, Direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale, sulla crisi che sta investendo il Paese e la comunità reggiana. “Occorre uno sforzo educativo su se stessi e sulle giovani generazioni. Sobrietà non significa povertà, ma uso ragionevole dei beni e valutazione intelligente dei bisogni”.

ReggioNelWeb.it n. 297 del 16/12/2008



Il convengo “Crisi finanziaria, libero mercato ed etica” che si è tenuto sabato scorso presso il centro Giovanni XXIII è stato il prezioso contributo del nostro Vescovo e della Diocesi alla collettività reggiana in risposta alla grave crisi che sta investendo il Paese. I relatori, l’Avv. Franco Maria Grasselli, il Prof. Riccardo Ferretti, Don Gianni Bedogni e Don Matteo Mioni, moderati dal Direttore del settimanale diocesano “La Libertà” Edoardo Tincani, sono intervenuti con riflessioni e proposte per cercare di affrontare al meglio la crisi.

ReggioNelWeb, presente all’incontro, ha intervistato il Direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del Lavoro Don Gianni Bedogni.


Di Marina Bortolani


Don Gianni, sabato scorso la Diocesi di Reggio, con il convegno “Crisi finanziaria, libero mercato ed etica” ha offerto un contributo importante ai reggiani. Lei, fra i relatori del convegno, ha parlato di un “errore etico a monte” che avrebbe poi portato all’attuale crisi. Ce lo può illustrare?

Quello di ritenere il mercato (nella presunzione di una sua perfetta autoregolamentazione), un fine e non un mezzo, assoggettando tutto alla rendita immediata, separando ancora di più la finanza dall’economia reale. Non si tratta solo di avidità, ma di un modo perverso di concepire l’attività economica finanziaria, quindi la persona. Temo ora che tutto questo si ritorcerà contro il sistema, in particolare innescando una spirale deflattiva e alimentando una sorta di “guerra fra poveri”.

Cosa intende di preciso quando parla di “guerra fra poveri”?

Il loro numero sta crescendo in modo inversamente proporzionale alle risorse. Dovendo “spartire” diritti e beni primari ed essenziali, come lavoro, casa, servizi sociali, sarà inevitabile assistere a malumori e rabbiose rivendicazioni, ossia all’aumento di tensioni sociali generalizzate.

In passato molti cittadini affidavano i propri risparmi a bancari di fiducia e oggi rischiano di trovarsi con un pugno di mosche per essere stati azionisti inconsapevoli di operazioni bancarie ai limiti della legalità. Sicuramente investimenti non etici. Lei cosa ne pensa?

Penso che di certo siano state complici le aggregazioni e fusioni che hanno generato alcuni colossi bancari e sicuramente l’aspra concorrenza e le politiche aziendali hanno privilegiato le attività finanziarie speculative. Il territorio è diventato così un insieme di persone e aziende da spremere, non da servire con la propria corretta professionalità. Tutto e subito, non importa come. Così si è distrutto il bene più prezioso per l’economia, per ogni economia, la fiducia tra gli operatori.

Giovanni Paolo II parlava di “Ecologia umana”. Di quale ecologia si trattava in particolare?

Con essa Giovanni Paolo II, intendeva la difesa dell’ambiente umano, non solo quello naturale. Egli faceva riferimento soprattutto alla famiglia, alla soggettività della persona in campo economico contro ogni strumentalizzazione, e la difesa dei beni collettivi. Si tratta, in altre parole, di assicurare a tutti gli uomini, le condizioni per uno sviluppo armonico, integrale e umanizzante.

Questa crisi economica interferisce anche nei rapporti famigliari?

Direi che oggi più di ieri, eventi “naturali”, influiscono maggiormente sulla tenuta economica delle famiglie. Gli aggravi costituiti da rate di mutuo, di case protette, il costo di mantenimento dei figli, ecc. sono determinanti.

Oggi molte coppie giovani temporeggiano nella scelta di dare alla luce dei figli perché, calcoli alla mano, può risultarne economicamente difficile, se non impossibile il mantenimento. Il risultato è che ci sono sempre più famiglie senza figli o con un solo figlio. Come affrontare queste scelte, di chi cioè dei figli li desidera davvero, alla luce della crisi attuale?

Il nostro Paese soffre una carenza cronica (in qualità ed efficacia) di politiche familiari, a differenza, ad esempio, degli altri Stati dell’Unione Europea. Oltre alle difficoltà strutturali, si sta aggiungendo l’incertezza e la paura del futuro. Occorrono e presto, segnali e provvedimenti volti a invertire questa tendenza e restituire un poco di speranza. Per quanto riguarda le coppie, consiglio loro di mantenere rapporti amicali e di fiducia con coppie un poco più anziane, per imparare e trovare coraggio, quindi osare di avere figli, sulla base della loro, ovviamente positiva, esperienza.

“Combattere la povertà, costruire la pace” è il titolo del messaggio di Papa Benedetto XVI per la celebrazione della giornata mondiale della pace di inizio anno. Qual è e perché secondo lei la correlazione povertà-pace?

Per i cristiani, pace non è sinonimo di “assenza di conflitto”. Indica piuttosto la pienezza, una qualità della vita degna delle persone. Una qualità non soltanto economica, materiale. Anche relazionale e morale. Chi patisce privazioni fisiche (cibo, acqua, ecc.) sempre è umiliato anche sotto il profilo degli altri diritti, come il lavoro, l’educazione, la cultura, la libertà, ecc.

Il prof. Ferretti al convegno ha suggerito sobrietà e qualità per affrontare questa crisi. Lei cosa suggerisce ai cittadini?

Occorre, a mio avviso, uno sforzo educativo, su se stessi e sulle giovani generazioni. Sobrietà non significa assolutamente povertà, piuttosto uso ragionevole dei beni e valutazione intelligente dei bisogni. Calano i consumi, in generale. Chi non conosce crisi sono le scommesse (Gratta e vinci, superenalotto) e la vendita dei telefonini di ultima generazione. Intanto, secondo una recente indagine, 28 italiani su cento non hanno persone alle quali rivolgersi in caso di necessità. Poveri di relazioni, abbagliati e irretiti da falsi bisogni.

E ai cristiani?

La questione non cambia, piuttosto si pone sotto un profilo “pastorale”: se l’esperienza della fede non aiuta in questo discernimento e nel compiere certe scelte.... cosa andiamo a proporre
?

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