sabato 26 luglio 2008

Tre fondi al federalismo solidale






Di Roberto Turno


Un po' alla catalana,all'irlandese e alla tedesca. La via italiana al federalismo fiscale parte da tanti modelli e da nessuno.

Neppure dal "modello lombardo".

Ma con la certezza di un finanziamento integrale per sanità, istruzione e assistenza. Con l'Irap in prospettiva destinata a scomparire. Con tre Fondi perequativi salva-squilibri per livelli essenziali, Comuni e Province.

Con un fisco per gli enti locali che passerà attraverso le Regioni ma con salvacondotti speciali per le città metropolitane.

Con l'addio alla spesa storica e il graduale transito verso i costi standard delle prestazioni.

E con premi per gli enti virtuosi, ma anche dure sanzioni per quelli che resteranno fuori carreggiata: non potranno assumere personale neppure per coprire le piante organiche e i vertici rischieranno il fallimento politico.Le dimissioni e via, al voto.È pronta la rivoluzione del fisco federale targata Roberto Calderoli.

Si ricomincia dai 19 articoli del Ddl di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione consegnato ieri dal ministro alle Regioni.

Da giovedì prossimo scatterà il confronto con le autonomie locali, governatori e sindaci in testa, che andrà avanti per più di un mese.

I tempi sono stretti e il timing del Governo è serratissimo: il Ddl, collegato alla Finanziaria 2009, sarà licenziato dal Consiglio dei ministri entro settembre.

La speranza è di arrivare al varo della legge per fine anno. Addirittura entro sei mesi, poi, dovranno essere messi a punto i decreti delegati attuativi.

A farcela. Perché quella sarà la sfida decisiva: riempire di contenuti tra tributi che saltano e che arrivano – un testo che al momento lascia aperte parecchie soluzioni finali. Un lavoro immane da re-alizzare, col pressing del Quirinale per realizzare una riforma bipartisan ma in un clima politico sempre più teso tra maggioranza e opposizione.È infatti un "testo aperto" quello consegnato da Calderoli alle Regioni.
A cominciare dall'elenco dei tributi propri regionali e locali. Anche se i principi direttivi già non ammettono deroghe: ben venga la solidarietà, si afferma, ma la finanza derivata così com'è deresponsabilizza chi è indietro e danneggia chi ben governa e possiede ricchezza. In breve, premia l'inefficienza.
Non a caso è alla Sanità che la relazione allegata al Ddl dedica l'esempio più clamoroso: in dieci anni la spesa è raddoppiata ma il Sud resta fanalino di coda, anzi peggiora.
La strada maestra è così quella di avviare un «percorso graduale » di distribuzione delle risorse seguendo la stella polare dei costi standard delle prestazioni, garantendo flessibilità fiscale con un paniere di tributi propri e di compartecipazioni, tutti o quasi da definire, il più possibile «manovrabili».
Per Regioni ed enti locali si apre la sfida del rilancio delle economie territoriali grazie alle leve fiscali, anche con speciali esenzioni, deduzioni e agevolazioni.
Per Sanità, istruzione e assistenza la promessa è di garantire il «finanziamento integrale», sulla base dei costi standard, delle prestazioni essenziali. Il finanziamento avverrà col gettito dell'Irap –che però sarà sostituita con altri tributi propri regionali da individuare – poi con la compartecipazione regionale all'Irpef e all'Iva e con aliquote del Fondo perequativo.
I livelli essenziali saranno garantiti uniformemente in tutta Italia, è la parola d'ordine.
Il Fondo perequativo sarà alimentato dal gettito della compartecipazione regionale all'Iva e con quote della nuova «aliquota media di equilibrio »dell'addizionale regionale all'Irpef.
Le quote del Fondo saranno assegnate senza vincolo di destinazione.Per le altre funzioni (extra sanità, istruzione e assistenza) il finanziamento avverrà con i tributi regionali e quote del Fondo perequativo.
E quanto al finanziamento del trasporto pubblico locale, si terra conto di «un livello adeguato del servizio su tutto il territorio nazionale nonché dei costi standard».Altro capitolo aperto riguarda Comuni, città metropolitane e Province. Lo Stato individua i tributi propri locali, ne definisce presupposti, soggetti passivi e basi imponibili, le aliquote valide in tutta Italia.
Le Regioni potranno istituire nuovi tributi comunali e provinciali, indicando gli ambiti di autonomia.
Gli enti locali, a loro volta, potranno modificare le aliquote di tributi loro assegnati e introdurre agevolazioni.
E avranno «piena autonomia» nel determinare le tariffe per prestazioni e servizi offerti «anche su richiesta dei cittadini».
Capacità fiscali e costi standard saranno insomma anche per gli enti locali le basi per il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni, grazie al tributi propri, alle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali e regionali e al Fondo perequativo.
Una scommessa.
Che ora si gioca al tavolo con sindaci e governatori.

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La scelta di Bolzano: «Le nostre risorse non si toccano»


di Davide Colombo


«La proposta di attuazione del federalismo fiscale presentata dal ministro Roberto Calderoli ci sembra migliore rispetto al disegno di legge del vecchio Governo. Ma sia chiaro che sulla partecipazione al fondo di perequazione si dovrà discutere. E dico subito che noi siamo pronti anche ad accollarci nuove spese ma non certo a cedere risorse che oggi sono garantite dallo Statuto».
Luis Durnwalder, 66 anni, presidente della Provincia autonoma di Bolzano ed esponente storico delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, non ha cambiato idea sulle modalità con cui dovrà essere costruita la solidarietà tra Regioni:
«Noi siamo pronti a sostenere spese per strutture dello Stato presenti sul nostro territorio come le agenzie del demanio e delle entrate, i tribunali, le poste. Siamo pronti persino a pagare noi i programmi Rai in lingua ladina a tedesca e possiamo autofinanziarci nuove funzioni che lo Stato ci vorrà trasferire.
Ma non possiamo mettere risorse nostre in un fondo che poi le redistribuisce ad altri».Attualmente la Provincia di Bolzano (un territorio per l'84%sopra i mille metri di altitudine) trattiene il 90% delle imposte erariali.
Un gettito che, l'anno scorso, ha garantito oltre 3,5 miliardi di entrate. Il 13,5% di queste risorse sono trasferite ai Comuni:
«Noi l'Ici sulla prima abitazione non l'applichiamo più da tre anni e la Provincia finanzia i municipi per sostenere progetti speciali».
Il nodo della perequazione, secondo Durnwalder, deve essere affrontata singolarmente per le autonomie speciali:
«Anche noi siamo molto diversi, abbiamo statuti diversi e negli ultimi decenni abbiamo avuto storie di crescita economica diverse ». Dunque trattative bilaterali, o quasi, con il Governo:
«Oltre al fondo di perequazione c'è da chiarire come il nuovo federalismo fiscale incrocerà con il Patto di stabilità interno, cosa cambia per le Regioni che lo rispettano e quelle che sforano, quali sanzioni arriveranno.
Noi, in questa prospettiva, vorremmo che si guardasse ai saldi finali e non si discutesse più delle scelte di spesa tra i vari capitoli di bilancio».Nessun automatismo uguale per tutti sulle compartecipazioni, insomma, mentre sul paniere dei nuovi tributi la porta è aperta:
«La capacità fiscale della nostra Provincia è buona perché l'economia è forte.
Se dovessimo introdurre nuovi tributi propri, diversi da quelli erariali, siamo anche pronti a farlo dice ancora Durnwalder ma la priorità ora è far capire al ministro Calderoli che non è possibile far altro che trovare un accordo comune». L'anno scorso, quando toccò ai ministri Linda Lanzillotta e Tommaso Padoa- Schioppa presentare il loro disegno di legge delega sul federalismo fiscale i tre senatori del Suedtiroler Volkspartei fecero la differenza:
«Questa volta le maggioranza sono diverse ammette Durnwalder ma è anche diverso il ministro. La Lega ha una visione del federalismo che non è in contrasto con la nostra lunga storia di autonomia. Si tratta di dialogare e trovare un punto d'incontro. Sapendo che non tutte le Regioni a Statuto speciale sono uguali».

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Di Roberto Turno


Un po' alla catalana,all'irlandese e alla tedesca. La via italiana al federalismo fiscale parte da tanti modelli e da nessuno.

Neppure dal "modello lombardo".

Ma con la certezza di un finanziamento integrale per sanità, istruzione e assistenza. Con l'Irap in prospettiva destinata a scomparire. Con tre Fondi perequativi salva-squilibri per livelli essenziali, Comuni e Province.

Con un fisco per gli enti locali che passerà attraverso le Regioni ma con salvacondotti speciali per le città metropolitane.

Con l'addio alla spesa storica e il graduale transito verso i costi standard delle prestazioni.

E con premi per gli enti virtuosi, ma anche dure sanzioni per quelli che resteranno fuori carreggiata: non potranno assumere personale neppure per coprire le piante organiche e i vertici rischieranno il fallimento politico.Le dimissioni e via, al voto.È pronta la rivoluzione del fisco federale targata Roberto Calderoli.

Si ricomincia dai 19 articoli del Ddl di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione consegnato ieri dal ministro alle Regioni.

Da giovedì prossimo scatterà il confronto con le autonomie locali, governatori e sindaci in testa, che andrà avanti per più di un mese.

I tempi sono stretti e il timing del Governo è serratissimo: il Ddl, collegato alla Finanziaria 2009, sarà licenziato dal Consiglio dei ministri entro settembre.

La speranza è di arrivare al varo della legge per fine anno. Addirittura entro sei mesi, poi, dovranno essere messi a punto i decreti delegati attuativi.

A farcela. Perché quella sarà la sfida decisiva: riempire di contenuti tra tributi che saltano e che arrivano – un testo che al momento lascia aperte parecchie soluzioni finali. Un lavoro immane da re-alizzare, col pressing del Quirinale per realizzare una riforma bipartisan ma in un clima politico sempre più teso tra maggioranza e opposizione.È infatti un "testo aperto" quello consegnato da Calderoli alle Regioni.
A cominciare dall'elenco dei tributi propri regionali e locali. Anche se i principi direttivi già non ammettono deroghe: ben venga la solidarietà, si afferma, ma la finanza derivata così com'è deresponsabilizza chi è indietro e danneggia chi ben governa e possiede ricchezza. In breve, premia l'inefficienza.
Non a caso è alla Sanità che la relazione allegata al Ddl dedica l'esempio più clamoroso: in dieci anni la spesa è raddoppiata ma il Sud resta fanalino di coda, anzi peggiora.
La strada maestra è così quella di avviare un «percorso graduale » di distribuzione delle risorse seguendo la stella polare dei costi standard delle prestazioni, garantendo flessibilità fiscale con un paniere di tributi propri e di compartecipazioni, tutti o quasi da definire, il più possibile «manovrabili».
Per Regioni ed enti locali si apre la sfida del rilancio delle economie territoriali grazie alle leve fiscali, anche con speciali esenzioni, deduzioni e agevolazioni.
Per Sanità, istruzione e assistenza la promessa è di garantire il «finanziamento integrale», sulla base dei costi standard, delle prestazioni essenziali. Il finanziamento avverrà col gettito dell'Irap –che però sarà sostituita con altri tributi propri regionali da individuare – poi con la compartecipazione regionale all'Irpef e all'Iva e con aliquote del Fondo perequativo.
I livelli essenziali saranno garantiti uniformemente in tutta Italia, è la parola d'ordine.
Il Fondo perequativo sarà alimentato dal gettito della compartecipazione regionale all'Iva e con quote della nuova «aliquota media di equilibrio »dell'addizionale regionale all'Irpef.
Le quote del Fondo saranno assegnate senza vincolo di destinazione.Per le altre funzioni (extra sanità, istruzione e assistenza) il finanziamento avverrà con i tributi regionali e quote del Fondo perequativo.
E quanto al finanziamento del trasporto pubblico locale, si terra conto di «un livello adeguato del servizio su tutto il territorio nazionale nonché dei costi standard».Altro capitolo aperto riguarda Comuni, città metropolitane e Province. Lo Stato individua i tributi propri locali, ne definisce presupposti, soggetti passivi e basi imponibili, le aliquote valide in tutta Italia.
Le Regioni potranno istituire nuovi tributi comunali e provinciali, indicando gli ambiti di autonomia.
Gli enti locali, a loro volta, potranno modificare le aliquote di tributi loro assegnati e introdurre agevolazioni.
E avranno «piena autonomia» nel determinare le tariffe per prestazioni e servizi offerti «anche su richiesta dei cittadini».
Capacità fiscali e costi standard saranno insomma anche per gli enti locali le basi per il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni, grazie al tributi propri, alle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali e regionali e al Fondo perequativo.
Una scommessa.
Che ora si gioca al tavolo con sindaci e governatori.

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La scelta di Bolzano: «Le nostre risorse non si toccano»


di Davide Colombo


«La proposta di attuazione del federalismo fiscale presentata dal ministro Roberto Calderoli ci sembra migliore rispetto al disegno di legge del vecchio Governo. Ma sia chiaro che sulla partecipazione al fondo di perequazione si dovrà discutere. E dico subito che noi siamo pronti anche ad accollarci nuove spese ma non certo a cedere risorse che oggi sono garantite dallo Statuto».
Luis Durnwalder, 66 anni, presidente della Provincia autonoma di Bolzano ed esponente storico delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, non ha cambiato idea sulle modalità con cui dovrà essere costruita la solidarietà tra Regioni:
«Noi siamo pronti a sostenere spese per strutture dello Stato presenti sul nostro territorio come le agenzie del demanio e delle entrate, i tribunali, le poste. Siamo pronti persino a pagare noi i programmi Rai in lingua ladina a tedesca e possiamo autofinanziarci nuove funzioni che lo Stato ci vorrà trasferire.
Ma non possiamo mettere risorse nostre in un fondo che poi le redistribuisce ad altri».Attualmente la Provincia di Bolzano (un territorio per l'84%sopra i mille metri di altitudine) trattiene il 90% delle imposte erariali.
Un gettito che, l'anno scorso, ha garantito oltre 3,5 miliardi di entrate. Il 13,5% di queste risorse sono trasferite ai Comuni:
«Noi l'Ici sulla prima abitazione non l'applichiamo più da tre anni e la Provincia finanzia i municipi per sostenere progetti speciali».
Il nodo della perequazione, secondo Durnwalder, deve essere affrontata singolarmente per le autonomie speciali:
«Anche noi siamo molto diversi, abbiamo statuti diversi e negli ultimi decenni abbiamo avuto storie di crescita economica diverse ». Dunque trattative bilaterali, o quasi, con il Governo:
«Oltre al fondo di perequazione c'è da chiarire come il nuovo federalismo fiscale incrocerà con il Patto di stabilità interno, cosa cambia per le Regioni che lo rispettano e quelle che sforano, quali sanzioni arriveranno.
Noi, in questa prospettiva, vorremmo che si guardasse ai saldi finali e non si discutesse più delle scelte di spesa tra i vari capitoli di bilancio».Nessun automatismo uguale per tutti sulle compartecipazioni, insomma, mentre sul paniere dei nuovi tributi la porta è aperta:
«La capacità fiscale della nostra Provincia è buona perché l'economia è forte.
Se dovessimo introdurre nuovi tributi propri, diversi da quelli erariali, siamo anche pronti a farlo dice ancora Durnwalder ma la priorità ora è far capire al ministro Calderoli che non è possibile far altro che trovare un accordo comune». L'anno scorso, quando toccò ai ministri Linda Lanzillotta e Tommaso Padoa- Schioppa presentare il loro disegno di legge delega sul federalismo fiscale i tre senatori del Suedtiroler Volkspartei fecero la differenza:
«Questa volta le maggioranza sono diverse ammette Durnwalder ma è anche diverso il ministro. La Lega ha una visione del federalismo che non è in contrasto con la nostra lunga storia di autonomia. Si tratta di dialogare e trovare un punto d'incontro. Sapendo che non tutte le Regioni a Statuto speciale sono uguali».

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