Oltre la metà (51%) delle famiglie monoreddito dell’Italia meridionale è a rischio povertà, mentre nel centro-nord la percentuale si attesta al 28%. E’ quanto emerge dal rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2008. Secondo l’indagine, la condizione di disagio in molti casi si traduce in una difficoltà concreta a far fronte anche ai bisogni più essenziali come fare la spesa, acquistare medicinali, vestirsi e riscaldarsi. Neppure raggiungere un buon livello di istruzione tutela dall'esposizione allo stesso rischio di povertà: si trova in questa situazione il 9,4% dei laureati residenti al sud.
Al sud, nel 2005, il 18% delle famiglie ha percepito meno di 1.000 euro al mese (il 7% nel centro nord); ad esse si aggiunge un ulteriore 20% circa che ha guadagnato tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili. Con differenze da regione a regione: nel 2005 più di una famiglia su cinque in Sicilia ha guadagnato meno di 1.000 euro al mese. Inoltre quasi 14 famiglie su 100 al sud hanno più di tre persone a carico (4,1% al centro nord), con punte del 18% in Campania. Vi sono famiglie, sottolinea il rapporto, in cui non ci si può permettere un pasto adeguato almeno tre volte a settimana (10% sul totale meridionale), né riscaldare adeguatamente l'abitazione (20%) o comprare vestiti necessari (28%). Quasi il 20% delle famiglie meridionali, inoltre, nel 2005 ha avuto periodi in cui non poteva acquistare medicinali. Vasca e doccia in casa, rileva infine lo Svimez, mancano ancora al 2% delle famiglie pugliesi, all'1,5% di quelle calabresi e all'1,4% delle siciliane.
Il rapporto evidenzia anche che negli ultimi dieci anni, dal 1997 al 2007, oltre 600 mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno per trasferire la propria residenza al centro nord. Nel solo 2007 si sono contati 120 mila trasferimenti di residenza ai quali si aggiungono 150 mila pendolari di lungo raggio, che si spostano temporaneamente al centro nord per lavorare. Questi flussi di mobilità unidirezionale sud-nord, evidenzia il rapporto Svimez 2008 ''sono un caso unico in Europa e testimoniano la distanza economica tra le due aree''. I nuovi emigranti sono in larga parte pendolari: soprattutto uomini, giovani (l'80% ha meno di 45 anni), single o figli che vivono in famiglia, con un titolo di studio medio alto e che svolgono mansioni di livello elevato nel 50% dei casi, ''a conferma - rileva lo Svimez - dell'incapacità del sistema produttivo meridionale di assorbire mano d'opera qualificata. Alti costi delle abitazioni e contratti a termine spingono a trasferire definitivamente la residenza''. Lombardia, Emilia Romagna e Lazio restano le tre regioni preferite dai nuovi emigranti. Le regioni invece più soggette al pendolarismo di lunga distanza verso il nord sono la Campania (50 mila unita'), Sicilia (28 mila) e Puglia (21 mila).
Altro dato negativo riguarda il Pil: nel 2007 è cresciuto meno della metà rispetto a quello del resto del Paese. Lo scorso anno al Sud la crescita si è attestata allo 0,7% a fronte dell'1,5% dell'Italia. In termini di crescita, evidenzia il rapporto Svimez , tutte le regioni meridionali hanno registrato segni positivi, tranne la Calabria. In testa alle regioni del sud c’è la Puglia (+2%), seguita dal Molise (+1,7%), dalla Basilicata (+1,5%) e dalla Sardegna (+1,3%). Quasi ferme invece la Campania (+0,5%) e la Sicilia (+0,1%). Secondo l’indagine, sono due le cause principali del fenomeno: gli investimenti che rallentano e le famiglie che non consumano.
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