domenica 5 marzo 2023

LA TRUFFA DEL PNRR (11) ”…si prepara l’ennesimo scippo con destrezza ai danni del Sud…"


di Natale Cuccurese (*)

In questi giorni risulta particolarmente preoccupante il particolare, riferito al Pnrr, del possibile trasferimento di fondi dal Sud al Nord, riferito alle “amministrazioni lente o inadempienti”. Eppure da mesi denunciamo la situazione delle amministrazioni del Sud in condizioni di emergenza, con poco personale tecnico e impossibilitate a rispettati i tempi stretti richiesti nella presentazione dei progetti, causa i tagli imposti dai governi da più di un decennio causa austerity e spending review. Tagli che hanno colpito in misura molto maggiore le amministrazioni del Sud.

Inutile richiamare i poteri sostitutivi previsti dall’art. 120 di una Costituzione che con tutta evidenza non è più in vigore da tempo in Italia. Certo sarebbe stato carino avvisare i cittadini che, per i fondi del Pnrr, fra bandi che spariscono, allocazioni che cambiano, criteri che mancano, sarà molto difficile raggiungere quel 40% di fondi destinati al Mezzogiorno dal totale di 191,5 miliardi in arrivo dalla UE, come più volte garantito dal governo precedente. Questo a maggior ragione se improvvisamente le “ferree” regole del Pnrr, oggi con la guerra in Ucraina, diventeranno carta straccia. Si finanzieranno infatti anche opere inquinanti legate a petrolio e gas, ovviamente partendo dai nuovi rigassificatori da collocarsi anche nel Mezzogiorno. E la transizione ecologica? Ma, figuriamoci, il Sud dietro le belle parole, è solo e come sempre visto esclusivamente come colonia estrattiva e se si inquina e sfrutta, poco male.
Eppure il governo conosce bene tutte le problematiche che da sempre affliggono il Mezzogiorno e che da sempre denunciamo. Quello che manca, conviene ribadirlo, sono le soluzioni o forse la volontà di ricercarle e applicarle. Non a caso il PIL pro capite è al Sud il 55% di quello del Nord. È un divario enorme. Per conseguire tassi di crescita più robusti è cruciale imprimere una forte accelerazione all’economia del Mezzogiorno e riavviare la convergenza tra le due aree del Paese. Il Pnrr è un’opportunità, ma da solo non basta. Bisogna utilizzare tutti i fondi a disposizione e “saper spendere” le risorse, con una capacità “adeguata” di realizzare i progetti. L’ampiezza dei divari e il loro perdurare nel tempo indicano che i ritardi del Mezzogiorno non possono essere riassorbiti solo con un piano di 6 anni, per quanto ben congegnato. Il Pnrr potrebbe essere un’occasione, ma non basta, dobbiamo esserne consapevoli. Per un tema di questa portata serve una strategia politica economica del Paese che utilizzi tutti gli strumenti a disposizione. A partire dai Fondi strutturali europei e dai fondi Sviluppo e coesione in un’ottica di complementarietà che vada oltre l’orizzonte temporale del Piano.
Purtroppo come sempre il governo attuale, così come i precedenti, per il Sud avanza solo con proclami che si rivelano per quello che sono: propaganda utile a dare speranze ai cittadini meridionali così da raccattare qualche “voto ingenuo”.
In questo quadro scoraggiante giunge la proposta, fra il detto e il non detto, da parte di Bonomi di Confindustria, di spostare i fondi del Pnrr non utilizzati a favore delle industrie. Quali sono questi fondi? In una intervista dei giorni scorsi Bonomi lo dice chiaramente cioè spostare fondi (dal Sud), così come già fatto nel 2020 (sottrassero i Fondi Sviluppo Coesione) durante l’emergenza Covid, tanto i parlamentari del Sud (tranne poche eccezioni) non protestano e più che i territori difendono la loro personale posizione di rendita all’interno dei partiti nazionali nordcentrici. È il problema, già sottolineato anche questo da anni, di un Sud senza reale rappresentanza autonoma e a schiena dritta. Ad esempio c'è un capitolo sui Fsc, i Fondi di sviluppo e coesione, destinati per l'80% al Mezzogiorno. Parliamo di 67 miliardi di euro, con un riparto definito da sei mesi ma il Governo non convoca il Cipess (il Comitato interminesteriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) per procedere concretamente con l'investimento.

Come già scritto, dopo un ventennio di tagli e di spending review, i Comuni, in stragrande maggioranza del Sud, non hanno tecnici a differenza dei territori della “Locomotiva”, e non per colpa loro visto i minori trasferimenti statali al Sud, e di conseguenza perderanno i fondi del Pnrr (trasferiti principalmente del Nord), col consenso di tutti o quasi i partiti in Parlamento. Così anche questi fondi che dovevano servire a iniziare a ridurre le diseguaglianze fra le due parti del Paese, come indicato dalla Ue, saranno intercettati dalle Regioni del Nord, come richiesto già un anno fa da Sala & Fontana. Detto che questo Pnrr per il Sud assume sempre più i connotati di una vera e propria “truffa”, visto che, a fronte di percentuali sempre minori di fondi che dovrebbero arrivare sui territori, il Mezzogiorno dovrà restituire con le tasse la stessa percentuale, del prestito rilevante ricevuto dalla Ue, delle aree più ricche, che stanno per intercettare e beneficiare della stragrande maggioranza dei fondi. Il tutto ovviamente graverà pro quota sulle tasche dei cittadini.

Infatti manca dal dibattito, nel Paese e a maggior ragione in Parlamento, il potenziamento della capacità produttiva di industria e servizi avanzati al Sud. Il PNRR destina a questo risorse per oltre 13 miliardi a Industria 4.0, che sarà utilizzata in larga parte al Nord, nei soli territori della cosiddetta “locomotiva”. Bisognerebbe accompagnare la transizione digitale ed energetica, non coi rigassificatori, ma con grandi iniziative di politiche pubbliche favorendo la nascita di occupazione di qualità nel Meridione. Non a caso tra le cinque Regioni di Paesi europei nelle quali il tasso d’occupazione è peggiore, ben 4, secondo i dati Eurostat di dieci giorni fa, sono italiane. Si tratta, nell’ordine, di Sicilia (con un tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni del 41,1%), Campania (41,3%), Calabria (42%) e Puglia (46,7%), mentre il tasso medio per l’Ue a 27 è del 68,4%. Assieme alle quattro regioni italiane c’è anche la Guyana francese, che si trova però in Sudamerica, a testimoniare la condizione coloniale che affligge il Sud. Così si favoriscono solo la fuga dei cervelli e la desertificazione demografica.
È lo Stato che deve organizzare l’offerta dei servizi. Il ruolo del governo non è quello dell’arbitro che garantisce il rispetto delle regole, è quello del regista, che individua i fabbisogni e poi coordina le risorse del Paese per realizzare i servizi dove necessario.

L’immagine più distorta che permane nel Paese è quella leghista, cioè del Meridione come un luogo d’elezione dell’impiego pubblico, mentre come detto abbiamo il problema opposto: le strutture statali del Sud sono sotto organico e andrebbero potenziate. Bisognerebbe assumere negli uffici di programmazione come negli asili, mentre il MIUR formula una norma che scaverà un enorme fossato tra università del Nord e del Sud. E così, come da decenni, ancora si parla per il solo Mezzogiorno di investimenti a rischio mafie, pericolo sicuramente vero, ma anche al Nord le mafie sono ben presenti come dimostra, fra gli altri il processo AEmilia. E poi, diciamocelo, perché discriminare e penalizzare solo i territori del Sud quando “la linea della palma” ha da tempo scavalcato le Alpi. Ma, poi, queste mafie non dovrebbe sconfiggerle lo Stato?! Perché non lo fa?!

(*) Presidente del Partito del Sud, Aderente Carta di Venosa
 


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di Natale Cuccurese (*)

In questi giorni risulta particolarmente preoccupante il particolare, riferito al Pnrr, del possibile trasferimento di fondi dal Sud al Nord, riferito alle “amministrazioni lente o inadempienti”. Eppure da mesi denunciamo la situazione delle amministrazioni del Sud in condizioni di emergenza, con poco personale tecnico e impossibilitate a rispettati i tempi stretti richiesti nella presentazione dei progetti, causa i tagli imposti dai governi da più di un decennio causa austerity e spending review. Tagli che hanno colpito in misura molto maggiore le amministrazioni del Sud.

Inutile richiamare i poteri sostitutivi previsti dall’art. 120 di una Costituzione che con tutta evidenza non è più in vigore da tempo in Italia. Certo sarebbe stato carino avvisare i cittadini che, per i fondi del Pnrr, fra bandi che spariscono, allocazioni che cambiano, criteri che mancano, sarà molto difficile raggiungere quel 40% di fondi destinati al Mezzogiorno dal totale di 191,5 miliardi in arrivo dalla UE, come più volte garantito dal governo precedente. Questo a maggior ragione se improvvisamente le “ferree” regole del Pnrr, oggi con la guerra in Ucraina, diventeranno carta straccia. Si finanzieranno infatti anche opere inquinanti legate a petrolio e gas, ovviamente partendo dai nuovi rigassificatori da collocarsi anche nel Mezzogiorno. E la transizione ecologica? Ma, figuriamoci, il Sud dietro le belle parole, è solo e come sempre visto esclusivamente come colonia estrattiva e se si inquina e sfrutta, poco male.
Eppure il governo conosce bene tutte le problematiche che da sempre affliggono il Mezzogiorno e che da sempre denunciamo. Quello che manca, conviene ribadirlo, sono le soluzioni o forse la volontà di ricercarle e applicarle. Non a caso il PIL pro capite è al Sud il 55% di quello del Nord. È un divario enorme. Per conseguire tassi di crescita più robusti è cruciale imprimere una forte accelerazione all’economia del Mezzogiorno e riavviare la convergenza tra le due aree del Paese. Il Pnrr è un’opportunità, ma da solo non basta. Bisogna utilizzare tutti i fondi a disposizione e “saper spendere” le risorse, con una capacità “adeguata” di realizzare i progetti. L’ampiezza dei divari e il loro perdurare nel tempo indicano che i ritardi del Mezzogiorno non possono essere riassorbiti solo con un piano di 6 anni, per quanto ben congegnato. Il Pnrr potrebbe essere un’occasione, ma non basta, dobbiamo esserne consapevoli. Per un tema di questa portata serve una strategia politica economica del Paese che utilizzi tutti gli strumenti a disposizione. A partire dai Fondi strutturali europei e dai fondi Sviluppo e coesione in un’ottica di complementarietà che vada oltre l’orizzonte temporale del Piano.
Purtroppo come sempre il governo attuale, così come i precedenti, per il Sud avanza solo con proclami che si rivelano per quello che sono: propaganda utile a dare speranze ai cittadini meridionali così da raccattare qualche “voto ingenuo”.
In questo quadro scoraggiante giunge la proposta, fra il detto e il non detto, da parte di Bonomi di Confindustria, di spostare i fondi del Pnrr non utilizzati a favore delle industrie. Quali sono questi fondi? In una intervista dei giorni scorsi Bonomi lo dice chiaramente cioè spostare fondi (dal Sud), così come già fatto nel 2020 (sottrassero i Fondi Sviluppo Coesione) durante l’emergenza Covid, tanto i parlamentari del Sud (tranne poche eccezioni) non protestano e più che i territori difendono la loro personale posizione di rendita all’interno dei partiti nazionali nordcentrici. È il problema, già sottolineato anche questo da anni, di un Sud senza reale rappresentanza autonoma e a schiena dritta. Ad esempio c'è un capitolo sui Fsc, i Fondi di sviluppo e coesione, destinati per l'80% al Mezzogiorno. Parliamo di 67 miliardi di euro, con un riparto definito da sei mesi ma il Governo non convoca il Cipess (il Comitato interminesteriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) per procedere concretamente con l'investimento.

Come già scritto, dopo un ventennio di tagli e di spending review, i Comuni, in stragrande maggioranza del Sud, non hanno tecnici a differenza dei territori della “Locomotiva”, e non per colpa loro visto i minori trasferimenti statali al Sud, e di conseguenza perderanno i fondi del Pnrr (trasferiti principalmente del Nord), col consenso di tutti o quasi i partiti in Parlamento. Così anche questi fondi che dovevano servire a iniziare a ridurre le diseguaglianze fra le due parti del Paese, come indicato dalla Ue, saranno intercettati dalle Regioni del Nord, come richiesto già un anno fa da Sala & Fontana. Detto che questo Pnrr per il Sud assume sempre più i connotati di una vera e propria “truffa”, visto che, a fronte di percentuali sempre minori di fondi che dovrebbero arrivare sui territori, il Mezzogiorno dovrà restituire con le tasse la stessa percentuale, del prestito rilevante ricevuto dalla Ue, delle aree più ricche, che stanno per intercettare e beneficiare della stragrande maggioranza dei fondi. Il tutto ovviamente graverà pro quota sulle tasche dei cittadini.

Infatti manca dal dibattito, nel Paese e a maggior ragione in Parlamento, il potenziamento della capacità produttiva di industria e servizi avanzati al Sud. Il PNRR destina a questo risorse per oltre 13 miliardi a Industria 4.0, che sarà utilizzata in larga parte al Nord, nei soli territori della cosiddetta “locomotiva”. Bisognerebbe accompagnare la transizione digitale ed energetica, non coi rigassificatori, ma con grandi iniziative di politiche pubbliche favorendo la nascita di occupazione di qualità nel Meridione. Non a caso tra le cinque Regioni di Paesi europei nelle quali il tasso d’occupazione è peggiore, ben 4, secondo i dati Eurostat di dieci giorni fa, sono italiane. Si tratta, nell’ordine, di Sicilia (con un tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni del 41,1%), Campania (41,3%), Calabria (42%) e Puglia (46,7%), mentre il tasso medio per l’Ue a 27 è del 68,4%. Assieme alle quattro regioni italiane c’è anche la Guyana francese, che si trova però in Sudamerica, a testimoniare la condizione coloniale che affligge il Sud. Così si favoriscono solo la fuga dei cervelli e la desertificazione demografica.
È lo Stato che deve organizzare l’offerta dei servizi. Il ruolo del governo non è quello dell’arbitro che garantisce il rispetto delle regole, è quello del regista, che individua i fabbisogni e poi coordina le risorse del Paese per realizzare i servizi dove necessario.

L’immagine più distorta che permane nel Paese è quella leghista, cioè del Meridione come un luogo d’elezione dell’impiego pubblico, mentre come detto abbiamo il problema opposto: le strutture statali del Sud sono sotto organico e andrebbero potenziate. Bisognerebbe assumere negli uffici di programmazione come negli asili, mentre il MIUR formula una norma che scaverà un enorme fossato tra università del Nord e del Sud. E così, come da decenni, ancora si parla per il solo Mezzogiorno di investimenti a rischio mafie, pericolo sicuramente vero, ma anche al Nord le mafie sono ben presenti come dimostra, fra gli altri il processo AEmilia. E poi, diciamocelo, perché discriminare e penalizzare solo i territori del Sud quando “la linea della palma” ha da tempo scavalcato le Alpi. Ma, poi, queste mafie non dovrebbe sconfiggerle lo Stato?! Perché non lo fa?!

(*) Presidente del Partito del Sud, Aderente Carta di Venosa
 


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