giovedì 19 gennaio 2023

LA TRUFFA DEL PNRR (5) "…dall’abolizione del RdC alle (solite) discriminazioni contro il Mezzogiorno"

 


Le "Rubriche della Meridionalità" | …di LEGGI, di NORME, di DIVARI.
di Natale Cuccurese (*)

Le politiche dei Governi dell'ultimo ventennio, che han visto cieca obbedienza alle indicazioni di Bruxelles, privatizzazioni a pioggia, modifica del Titolo V della Costituzione, pareggio di bilancio e così via, hanno prodotto, anno dopo anno, i loro frutti avvelenati, fra cui un aumento sempre maggiore della povertà assoluta della popolazione oggi arrivata al record di più di 6 Milioni di cittadini, in larga maggioranza nel Mezzogiorno, la Macroarea più povera di tutto il Continente, con Sicilia e Campania da tempo ai primi due posti per rischio povertà della classifica Eurostat.
Sembra impossibile eppure anche con il governo Meloni, già inginocchiato di fronte ai tecnocrati Ue malgrado le promesse in campagna elettorale, si vuole continuare su di una strada iper liberista e profondamente classista che data la situazione di forte crisi economica potrebbe portare a gravi problemi sociali.
In questa direzione classista va la proposta Meloni di abolizione del Reddito di Cittadinanza. Attenzione: non correggere il RdC, magari migliorarlo, ma semplicemente cancellarlo, lasciando così le persone in difficoltà senza un sostegno e letteralmente in balia del ricatto occupazionale da parte di prenditori senza scrupoli che ricercano manovalanza a basso costo e senza diritti. La dichiarazione sul carattere “diseducativo” del RdC fattasi pressante negli ultimi mesi da parte dei media e di esponenti dal centrosinistradestra apparare particolarmente ingiusta e classista.
A questo punto non si capisce perché non chiedere, senza ledere la dignità di nessuno e per ripagare l’aiuto della collettività, a tutti gli imprenditori che hanno percepito sussidi per la loro attività, beneficiato di condoni, saldo e stralcio o supporto ai dipendenti con cig, di andare anche loro a spazzare i marciapiedi o a lavorare nei campi, così come richiesto da alcuni politici per i percettori di RdC?!
In questa direzione classista, da “divoratori di carne cruda”, beninteso carne di operai, piccoli commercianti, artigiani e disoccupati, va anche lo sblocco dei licenziamenti preteso e ottenuto da Confindustria già con Draghi; sblocco che da mesi sta producendo i suoi effetti disastrosi sull’occupazione con licenziamenti, alcuni addirittura via email, che hanno trasformato il mercato del lavoro in un vero e proprio “Far West”.
Bisogna ricordare che sia i sindacati confederali che hanno accettato a suo tempo lo schema governativo, sia alcuni dei partiti che sostenevano il governo Draghi, dopo aver fatto da sponda alle richieste di Confindustria ora si stupiscono se le aziende licenziano. Era altrettanto inevitabile che ottenuto lo sblocco dei licenziamenti, oltretutto senza colpo ferire, si passasse da parte di esponenti ultra liberisti, che ben poco hanno oramai a che fare anche solo con un progressismo moderato, a maggior ragione con la destra al governo, all’attacco del RdC unico strumento, come detto, che impedisce ai prenditori più miserabili di ricattare cittadini e lavoratori.
Interessante notare che i dati del Rapporto Inps, con la fredda logica dei numeri, hanno confermato che senza sussidi e RdC e senza il blocco dei licenziamenti l’Italia negli anni della pandemia sarebbe andata incontro ad un vera e propria catastrofe sociale, con la diseguaglianza, che già è altissima, che sarebbe addirittura raddoppiata. Cosa che farà non appena saranno passati i pochi mesi che ci separano dalla abolizione totale del RdC
A proposito di diseguaglianza è doveroso ricordare la situazione che sta vivendo il Mezzogiorno, che già da prima della crisi Covid era in enorme difficoltà.
Leggendo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) si è scoperto già un anno fa, governo Draghi, che in realtà solo 35 miliardi, degli 82 miliardi annunciati dal governo, erano effettivamente allocati nel Mezzogiorno, mentre dei restanti 47 miliardi nel testo ufficiale inviato in Europa da Draghi, controllando misura per misura, non c’è traccia. La restante parte degli investimenti, a detta dell’allora ministra Carfagna, avrebbe poi dovuta essere ripartita attraverso bandi con quote territoriali con monitoraggio.
Questo aspetto sarebbe però stato meglio scriverlo subito nel Piano, visto che su molti bandi non c’è alcuna quota minima territoriale e dove c’è (come il 34% nel bando nidi da 700 milioni) è una quota iniqua, perché il fabbisogno di nidi è per il 90% nel Mezzogiorno. In Italia, in 1 provincia su 4 vengono offerti almeno 33 posti in asili nido ogni 100 bimbi. Nessuna di queste province si trova a Sud, dove invece è più alta la quota di anticipatari e dove alla scuola dell'infanzia sono appena 13,5 i posti offerti, come rivelato dall’Osservatorio “Con i bambini”. Un bambino del Sud, per questo Stato, ha sì diritto all'asilo nido, ma solo nella misura nella quale gli enti locali del suo territorio sono stati capaci di vincere dei bandi competitivi con altri enti locali in luoghi più ricchi (anche grazie ai trasferimenti statali da sempre diseguali) più collegati e con più personale. Altrimenti tale diritto decade e lui e la sua famiglia (che paga le stesse tasse delle famiglie che risiedono in territori più ricchi) si devono arrangiare.
Lo stesso capita per le Università con “premialità” concesse agli atenei (quelli con il bilancio più ricco, etc) in una competizione tra disuguali che mai aiuterà a migliorare chi sta indietro, anzi lo affonderà del tutto. È la logica del cofinanziamento che avvantaggia da sempre SSN o atenei ecc. che insistono su territori già avvantaggiati.
Proprio una tabella pubblicata un paio di giorni fa sul Sole 24 ore ci mostra che per gli anni 2018 e 2023 gli Atenei del Nord hanno ottenuto il 62% dei finanziamenti, quelli del Centro il 26% e quelli del Sud il 12%, quasi tutti della Federico II di Napoli.
Non parliamo poi della Sanità, apriti cielo…
Se sei del Sud sei condannato a morire mediamente fino a 10 anni prima di un tuo omologo del Nord. Non è poco. Conseguenza anche di una spesa sanitaria pubblica pro capite del tutto diseguale, molto più elevata al Nord rispetto al Sud (nel 2020 infatti questa a fronte di una media nazionale di 2,120 euro annui, vanno ad esempio 2.261 euro alla Liguria e 2.012 euro alla Basilicata). Non a caso tempo fa la Corte dei Conti lo ha confermato: “Il Sistema sanitario nazionale non è in grado di garantire un’assistenza uniforme per quantità e qualità”. L’Autonomia differenziata, che piace al Pd di Bonaccini e alla Lega, dovrebbe essere applicata solo dopo aver stabilito i livelli essenziali di prestazioni (Lep), che attendono la definizione da anni, così da poter assicurare su tutto il territorio nazionale e a difesa dei diritti di ogni cittadino, a prescindere dalla latitudine a cui vive, una uguaglianza almeno formale. Una situazione in netto contrasto con i principi di equità e universalismo a cui dovrebbe uniformarsi il SSn di un paese civile. Invece nella proposta Calderoli, presentata il mese scorso, si vuole procastinare ancora questo punto…
Se non è discriminazione di Stato questa cosa è?! Non è questa una battaglia da combattere insieme?
(*) Aderente Carta di Venosa, Presidente del Partito del Sud




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Le "Rubriche della Meridionalità" | …di LEGGI, di NORME, di DIVARI.
di Natale Cuccurese (*)

Le politiche dei Governi dell'ultimo ventennio, che han visto cieca obbedienza alle indicazioni di Bruxelles, privatizzazioni a pioggia, modifica del Titolo V della Costituzione, pareggio di bilancio e così via, hanno prodotto, anno dopo anno, i loro frutti avvelenati, fra cui un aumento sempre maggiore della povertà assoluta della popolazione oggi arrivata al record di più di 6 Milioni di cittadini, in larga maggioranza nel Mezzogiorno, la Macroarea più povera di tutto il Continente, con Sicilia e Campania da tempo ai primi due posti per rischio povertà della classifica Eurostat.
Sembra impossibile eppure anche con il governo Meloni, già inginocchiato di fronte ai tecnocrati Ue malgrado le promesse in campagna elettorale, si vuole continuare su di una strada iper liberista e profondamente classista che data la situazione di forte crisi economica potrebbe portare a gravi problemi sociali.
In questa direzione classista va la proposta Meloni di abolizione del Reddito di Cittadinanza. Attenzione: non correggere il RdC, magari migliorarlo, ma semplicemente cancellarlo, lasciando così le persone in difficoltà senza un sostegno e letteralmente in balia del ricatto occupazionale da parte di prenditori senza scrupoli che ricercano manovalanza a basso costo e senza diritti. La dichiarazione sul carattere “diseducativo” del RdC fattasi pressante negli ultimi mesi da parte dei media e di esponenti dal centrosinistradestra apparare particolarmente ingiusta e classista.
A questo punto non si capisce perché non chiedere, senza ledere la dignità di nessuno e per ripagare l’aiuto della collettività, a tutti gli imprenditori che hanno percepito sussidi per la loro attività, beneficiato di condoni, saldo e stralcio o supporto ai dipendenti con cig, di andare anche loro a spazzare i marciapiedi o a lavorare nei campi, così come richiesto da alcuni politici per i percettori di RdC?!
In questa direzione classista, da “divoratori di carne cruda”, beninteso carne di operai, piccoli commercianti, artigiani e disoccupati, va anche lo sblocco dei licenziamenti preteso e ottenuto da Confindustria già con Draghi; sblocco che da mesi sta producendo i suoi effetti disastrosi sull’occupazione con licenziamenti, alcuni addirittura via email, che hanno trasformato il mercato del lavoro in un vero e proprio “Far West”.
Bisogna ricordare che sia i sindacati confederali che hanno accettato a suo tempo lo schema governativo, sia alcuni dei partiti che sostenevano il governo Draghi, dopo aver fatto da sponda alle richieste di Confindustria ora si stupiscono se le aziende licenziano. Era altrettanto inevitabile che ottenuto lo sblocco dei licenziamenti, oltretutto senza colpo ferire, si passasse da parte di esponenti ultra liberisti, che ben poco hanno oramai a che fare anche solo con un progressismo moderato, a maggior ragione con la destra al governo, all’attacco del RdC unico strumento, come detto, che impedisce ai prenditori più miserabili di ricattare cittadini e lavoratori.
Interessante notare che i dati del Rapporto Inps, con la fredda logica dei numeri, hanno confermato che senza sussidi e RdC e senza il blocco dei licenziamenti l’Italia negli anni della pandemia sarebbe andata incontro ad un vera e propria catastrofe sociale, con la diseguaglianza, che già è altissima, che sarebbe addirittura raddoppiata. Cosa che farà non appena saranno passati i pochi mesi che ci separano dalla abolizione totale del RdC
A proposito di diseguaglianza è doveroso ricordare la situazione che sta vivendo il Mezzogiorno, che già da prima della crisi Covid era in enorme difficoltà.
Leggendo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) si è scoperto già un anno fa, governo Draghi, che in realtà solo 35 miliardi, degli 82 miliardi annunciati dal governo, erano effettivamente allocati nel Mezzogiorno, mentre dei restanti 47 miliardi nel testo ufficiale inviato in Europa da Draghi, controllando misura per misura, non c’è traccia. La restante parte degli investimenti, a detta dell’allora ministra Carfagna, avrebbe poi dovuta essere ripartita attraverso bandi con quote territoriali con monitoraggio.
Questo aspetto sarebbe però stato meglio scriverlo subito nel Piano, visto che su molti bandi non c’è alcuna quota minima territoriale e dove c’è (come il 34% nel bando nidi da 700 milioni) è una quota iniqua, perché il fabbisogno di nidi è per il 90% nel Mezzogiorno. In Italia, in 1 provincia su 4 vengono offerti almeno 33 posti in asili nido ogni 100 bimbi. Nessuna di queste province si trova a Sud, dove invece è più alta la quota di anticipatari e dove alla scuola dell'infanzia sono appena 13,5 i posti offerti, come rivelato dall’Osservatorio “Con i bambini”. Un bambino del Sud, per questo Stato, ha sì diritto all'asilo nido, ma solo nella misura nella quale gli enti locali del suo territorio sono stati capaci di vincere dei bandi competitivi con altri enti locali in luoghi più ricchi (anche grazie ai trasferimenti statali da sempre diseguali) più collegati e con più personale. Altrimenti tale diritto decade e lui e la sua famiglia (che paga le stesse tasse delle famiglie che risiedono in territori più ricchi) si devono arrangiare.
Lo stesso capita per le Università con “premialità” concesse agli atenei (quelli con il bilancio più ricco, etc) in una competizione tra disuguali che mai aiuterà a migliorare chi sta indietro, anzi lo affonderà del tutto. È la logica del cofinanziamento che avvantaggia da sempre SSN o atenei ecc. che insistono su territori già avvantaggiati.
Proprio una tabella pubblicata un paio di giorni fa sul Sole 24 ore ci mostra che per gli anni 2018 e 2023 gli Atenei del Nord hanno ottenuto il 62% dei finanziamenti, quelli del Centro il 26% e quelli del Sud il 12%, quasi tutti della Federico II di Napoli.
Non parliamo poi della Sanità, apriti cielo…
Se sei del Sud sei condannato a morire mediamente fino a 10 anni prima di un tuo omologo del Nord. Non è poco. Conseguenza anche di una spesa sanitaria pubblica pro capite del tutto diseguale, molto più elevata al Nord rispetto al Sud (nel 2020 infatti questa a fronte di una media nazionale di 2,120 euro annui, vanno ad esempio 2.261 euro alla Liguria e 2.012 euro alla Basilicata). Non a caso tempo fa la Corte dei Conti lo ha confermato: “Il Sistema sanitario nazionale non è in grado di garantire un’assistenza uniforme per quantità e qualità”. L’Autonomia differenziata, che piace al Pd di Bonaccini e alla Lega, dovrebbe essere applicata solo dopo aver stabilito i livelli essenziali di prestazioni (Lep), che attendono la definizione da anni, così da poter assicurare su tutto il territorio nazionale e a difesa dei diritti di ogni cittadino, a prescindere dalla latitudine a cui vive, una uguaglianza almeno formale. Una situazione in netto contrasto con i principi di equità e universalismo a cui dovrebbe uniformarsi il SSn di un paese civile. Invece nella proposta Calderoli, presentata il mese scorso, si vuole procastinare ancora questo punto…
Se non è discriminazione di Stato questa cosa è?! Non è questa una battaglia da combattere insieme?
(*) Aderente Carta di Venosa, Presidente del Partito del Sud




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