mercoledì 1 maggio 2013

Il primo maggio, la rivolta nella fabbrica di Pietrarsa e quei 4 operai uccisi 150 anni fa


di Gigi Di Fiore



Fonte: Il Mattino


Non ho mai amato la retorica della ricorrenza. Ma i simboli rappresentano ideali. Storie semplificate. E quale giorno, più del primo maggio, riesce a conciliare senza fastidio retorica da celebrazione con chiare simbologie dai mille significati?

Oggi più che mai, in periodo di crisi generale, diritto al lavoro, disoccupazione, rivendicazioni e drammi sociali sono temi da primo maggio.

Ma a me, con tre mesi d'anticipo, per il primo maggio piace ricordare un episodio dimenticato, legato alle lotte per non perdere il lavoro nel Sud. Fu 150 anni fa, tra San Giovanni a Teduccio, Portici e San Giorgio a Cremano.

Sì, parlo dell'eccidio di Pietrarsa, parte del prezzo pagato dal Mezzogiorno all'unità d'Italia. Simbolo di contraddizioni agli albori di uno sviluppo diseguale. Quello che di buono aveva il Sud spesso fu calpestato a favore di interessi nascenti, di mercato e di capitale, concentrati in altre zone del nuovo Regno.

A Pietrarsa, oggi museo nazionale ferroviario, ci fu il primo eccidio di operai nell'Italia unita. Era uno stabilimento, voluto da Ferdinando II di Borbone nel regno delle Due Sicilie, dove si producevano macchine a vapore e materiali in ghisa. Nel 1861, al momento dell'unità, vi lavoravano oltre mille operai.

Nella lotta sulle commesse pubbliche, prevalse l'Ansaldo di Genova. Per la fabbrica di Pietrarsa, rilevata da uno speculatore privato, Jacopo Bozza, fu l'inizio della fine. Licenziamenti, tagli di stipendi. Comparvero manifesti di protesta: "Muovetevi, vi porteranno alla miseria". Il 31 luglio 1863, erano rimasti a Pietrarsa solo 458 operai. Chiesero garanzie sullo stipendio, la risposta furono altri 60 licenziamenti.

Arrivò la prima protesta, il primo assembramento operaio della storia unitaria. Era il 6 agosto, accorsero bersaglieri e carabinieri in armi. Repressione. Spararono. Morirono quattro operai, molti rimasero feriti.

Mi sembra giusto, per il primo maggio, aggiungere ai tanti episodi di lotta operaia da poter citare, ricordare i quattro operai di Pietrarsa uccisi 150 anni fa: Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso, Aniello Olivieri. Solo nel 1889, 26 anni dopo la loro morte, la Seconda Internazionale dichiarò il primo maggio festa di celebrazione del lavoro e delle proteste operaie.

Ci vollero gli incidenti alla McCormick di Chicago, agli inizi di maggio del 1886, a far nascere sensibilità diffusa sulle lotte operaie. La prima Chicago dell'Italia unita si chiama Pietrarsa. Ma su quei morti, al di là delle organizzazioni anarchiche negli anni successivi al 1863, il ricordo nazionale è stato pari a zero. Storia meridionale o nazionale? Di certo, storia negata.


Fonte: Il Mattino



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di Gigi Di Fiore



Fonte: Il Mattino


Non ho mai amato la retorica della ricorrenza. Ma i simboli rappresentano ideali. Storie semplificate. E quale giorno, più del primo maggio, riesce a conciliare senza fastidio retorica da celebrazione con chiare simbologie dai mille significati?

Oggi più che mai, in periodo di crisi generale, diritto al lavoro, disoccupazione, rivendicazioni e drammi sociali sono temi da primo maggio.

Ma a me, con tre mesi d'anticipo, per il primo maggio piace ricordare un episodio dimenticato, legato alle lotte per non perdere il lavoro nel Sud. Fu 150 anni fa, tra San Giovanni a Teduccio, Portici e San Giorgio a Cremano.

Sì, parlo dell'eccidio di Pietrarsa, parte del prezzo pagato dal Mezzogiorno all'unità d'Italia. Simbolo di contraddizioni agli albori di uno sviluppo diseguale. Quello che di buono aveva il Sud spesso fu calpestato a favore di interessi nascenti, di mercato e di capitale, concentrati in altre zone del nuovo Regno.

A Pietrarsa, oggi museo nazionale ferroviario, ci fu il primo eccidio di operai nell'Italia unita. Era uno stabilimento, voluto da Ferdinando II di Borbone nel regno delle Due Sicilie, dove si producevano macchine a vapore e materiali in ghisa. Nel 1861, al momento dell'unità, vi lavoravano oltre mille operai.

Nella lotta sulle commesse pubbliche, prevalse l'Ansaldo di Genova. Per la fabbrica di Pietrarsa, rilevata da uno speculatore privato, Jacopo Bozza, fu l'inizio della fine. Licenziamenti, tagli di stipendi. Comparvero manifesti di protesta: "Muovetevi, vi porteranno alla miseria". Il 31 luglio 1863, erano rimasti a Pietrarsa solo 458 operai. Chiesero garanzie sullo stipendio, la risposta furono altri 60 licenziamenti.

Arrivò la prima protesta, il primo assembramento operaio della storia unitaria. Era il 6 agosto, accorsero bersaglieri e carabinieri in armi. Repressione. Spararono. Morirono quattro operai, molti rimasero feriti.

Mi sembra giusto, per il primo maggio, aggiungere ai tanti episodi di lotta operaia da poter citare, ricordare i quattro operai di Pietrarsa uccisi 150 anni fa: Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso, Aniello Olivieri. Solo nel 1889, 26 anni dopo la loro morte, la Seconda Internazionale dichiarò il primo maggio festa di celebrazione del lavoro e delle proteste operaie.

Ci vollero gli incidenti alla McCormick di Chicago, agli inizi di maggio del 1886, a far nascere sensibilità diffusa sulle lotte operaie. La prima Chicago dell'Italia unita si chiama Pietrarsa. Ma su quei morti, al di là delle organizzazioni anarchiche negli anni successivi al 1863, il ricordo nazionale è stato pari a zero. Storia meridionale o nazionale? Di certo, storia negata.


Fonte: Il Mattino



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