mercoledì 22 febbraio 2012

Il Sud tra il boom delle rinnovabili e la scarsa programmazione

Il Meridione italiano negli ultimi anni ha visto un boom delle rinnovabili, specialmente di eolico e fotovoltaico. Si prevede che la crescita continui, ma l'energia pulita nel Mezzogiorno dovrà fare i conti con diversi problemi come una rete inadeguata, l'assenza di una coerente programmazione nazionale e locale e la solita incertezza normativa.


Sono le Regioni più attraenti per le nuove rinnnovabili come eolico e fotovoltaico. Lo mostrano chiaramente i numeri e la previsione è che la crescita continui. Ma al Sud l'energia pulita deve fare i conti con diversi problemi come la rete inadeguata, l'assenza di programmazione coerente a livello regionale e centrale e l'incertezza normativa e dei processi autorizzativi. E' il quadro che emerge dall'ultimo rapporto sulle rinnovabili nel Meridione pubblicato dalla fondazione Cercare Ancora (vedi allegato).

A fine 2010 gli impianti di produzione di energia elettrica da rinnovabili presenti nelle regioni del Mezzogiorno erano 39.090, con una potenza pari a 10.584 MW e una produzione di 19.830 GWh su un totale nazionale per le rinnovabili di 76.964 GWh. Circa un quarto dell'energia pulita italiana viene dal Sud, ma, se non si considerasse l'idroelettrico (che fornisce gran parte dell'elettricità verde italiana, oltre 51 mila GWh, ed è localizzato quasi eslusivamente al Nord) la percentuale sarebbe ben più alta.

Guardando all'eolico, ad esempio, risulta che sul totale della produzione nazionale circa il 25% viene dalla Puglia, il 22% dalla Sicilia, il 17% dalla Calabria, quasi l'11% dalla Sardegna e un altro 12% tra Campania e Basilicata: in totale il Mezzogiorno pesa dunque per circa l'88% della produzione eolica nazionale. Per quanto concerne ilfotovoltaico le stesse 6 Regioni pesano per oltre il 32% della produzione nazionale con la sola Puglia che ne fornisce oltre il 14%, mentre su biomassa e bioliquidi Puglia e Calabria da sole superano il 50% della produzione nazionale.

E se il grande idroelettrico ha margini di crescita molto limitati, eolico, fotovoltaico e le altre tecnologie promettono di non fermarsi: la previsione è che entro il 2020 la produzione di energia da fonti rinnovabili nel Meridione si moltiplichi per quattro volte rispetto ai 10 TWh del 2008: se già a fine 2010 era arrivata a generare 19,8 TWh si ipotizza, infatti, che entro fine decennio arrivi a 38,4 TWh.

Ovviamente per favorire questo sviluppo occorre superare diversi ostacoli, sottolinea il rapporto. Uno è “l’assenza di una pianificazione energetica nazionale e la presenza di una disarticolata pianificazione energetica regionale”. Quest’ultima viene definita in tempi troppo lunghi e spesso senza approfondire; manca ad esempio un monitoraggio dei risultati raggiunti rispetto ai piani regionali (PIEAR): molte Regioni, in assenza di una indicazione nazionale che dovrebbe arrivare con l’approvazione del burden sharing, hanno indicato nei PIEAR degli obiettivi in molti casi già raggiunti o superati.

La stessa cosa, d'altra parte, accade a livello nazionale: vedasi il fotovoltaico che con 12,7 GW di impianti entrati in esercizio a febbraio 2012, ha abbondantemente superato il target di 8 GW indicato nel piano nazionale (PAN). In generale, si legge tra le conclusioni del rapporto, c'è “una tendenza a sottovalutare il potenziale esistente, un freno a una corretta programmazione nel settore e che dunque va definitivamente superato.”

Manca poi un sistema articolato di normative chiare e certe, possibilmente adottate attraverso un processo di concertazione tra lo Stato e le Regioni, tale da ridurre i numerosi conflitti di competenza costituzionale. Si vedano le regole per le autorizzazioni che le Regioni hanno dovuto modificare ripetutamente in seguito a cambiamenti nella normativa nazionale e alla giurisprudenza intervenute in materia, talvolta a conclusione di contenziosi che hanno creato un vero e proprio stallo dell’attività amministrativa.

A tal proposito si fa un invito: le Regioni diano attuazione alle disposizioni previste dal D.lgs 28/11 che permette loro di individuare la soglia di applicazione della PAS fino a 1 MW, mentre a livello centrale si dia compimento ai numerosi provvedimenti attuativi indicati dallo stesso decreto e si approvi urgentemente il burden sharing, in modo che le Regioni vi possano adeguare le loro strategie energetiche.

C'è poi la questione reti elettriche: lo sviluppo delle rinnovabili deve essere contestuale alla realizzazione di opere sulla rete. Si sottolinea l'mportanza che le Regioni applichino il principio dell’autorizzazione unica, tale da comprendere sia l’impianto che le necessarie opere di collegamento alla rete elettrica. Infatti, in passato, il rilascio di autorizzazioni slegate dalle connessioni alla rete ha originato congestioni sulla rete con conseguenti limitazioni alla generazione da fonti rinnovabili.

Si suggerisce poi la necessità di realizzare sistemi di accumulo. Terna ha previsto nel Piano di Sviluppo della rete del 2011 l’installazione di 130 MW di batterie. Un investimento che darà benefici ambientali, di sicurezza, ed economici per i consumatori.A fronte di investimenti di 29 milioni di euro per l’installazione delle batterie, i risparmi previsti per il sistema ammontano a più del doppio, ossia a 60 milioni di euro; benefici economici che derivano soprattutto dalla riduzione della mancata produzione e dalla costituzione di una riserva di energia a costi contenuti.

credit foto: fUlv10

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Il Meridione italiano negli ultimi anni ha visto un boom delle rinnovabili, specialmente di eolico e fotovoltaico. Si prevede che la crescita continui, ma l'energia pulita nel Mezzogiorno dovrà fare i conti con diversi problemi come una rete inadeguata, l'assenza di una coerente programmazione nazionale e locale e la solita incertezza normativa.


Sono le Regioni più attraenti per le nuove rinnnovabili come eolico e fotovoltaico. Lo mostrano chiaramente i numeri e la previsione è che la crescita continui. Ma al Sud l'energia pulita deve fare i conti con diversi problemi come la rete inadeguata, l'assenza di programmazione coerente a livello regionale e centrale e l'incertezza normativa e dei processi autorizzativi. E' il quadro che emerge dall'ultimo rapporto sulle rinnovabili nel Meridione pubblicato dalla fondazione Cercare Ancora (vedi allegato).

A fine 2010 gli impianti di produzione di energia elettrica da rinnovabili presenti nelle regioni del Mezzogiorno erano 39.090, con una potenza pari a 10.584 MW e una produzione di 19.830 GWh su un totale nazionale per le rinnovabili di 76.964 GWh. Circa un quarto dell'energia pulita italiana viene dal Sud, ma, se non si considerasse l'idroelettrico (che fornisce gran parte dell'elettricità verde italiana, oltre 51 mila GWh, ed è localizzato quasi eslusivamente al Nord) la percentuale sarebbe ben più alta.

Guardando all'eolico, ad esempio, risulta che sul totale della produzione nazionale circa il 25% viene dalla Puglia, il 22% dalla Sicilia, il 17% dalla Calabria, quasi l'11% dalla Sardegna e un altro 12% tra Campania e Basilicata: in totale il Mezzogiorno pesa dunque per circa l'88% della produzione eolica nazionale. Per quanto concerne ilfotovoltaico le stesse 6 Regioni pesano per oltre il 32% della produzione nazionale con la sola Puglia che ne fornisce oltre il 14%, mentre su biomassa e bioliquidi Puglia e Calabria da sole superano il 50% della produzione nazionale.

E se il grande idroelettrico ha margini di crescita molto limitati, eolico, fotovoltaico e le altre tecnologie promettono di non fermarsi: la previsione è che entro il 2020 la produzione di energia da fonti rinnovabili nel Meridione si moltiplichi per quattro volte rispetto ai 10 TWh del 2008: se già a fine 2010 era arrivata a generare 19,8 TWh si ipotizza, infatti, che entro fine decennio arrivi a 38,4 TWh.

Ovviamente per favorire questo sviluppo occorre superare diversi ostacoli, sottolinea il rapporto. Uno è “l’assenza di una pianificazione energetica nazionale e la presenza di una disarticolata pianificazione energetica regionale”. Quest’ultima viene definita in tempi troppo lunghi e spesso senza approfondire; manca ad esempio un monitoraggio dei risultati raggiunti rispetto ai piani regionali (PIEAR): molte Regioni, in assenza di una indicazione nazionale che dovrebbe arrivare con l’approvazione del burden sharing, hanno indicato nei PIEAR degli obiettivi in molti casi già raggiunti o superati.

La stessa cosa, d'altra parte, accade a livello nazionale: vedasi il fotovoltaico che con 12,7 GW di impianti entrati in esercizio a febbraio 2012, ha abbondantemente superato il target di 8 GW indicato nel piano nazionale (PAN). In generale, si legge tra le conclusioni del rapporto, c'è “una tendenza a sottovalutare il potenziale esistente, un freno a una corretta programmazione nel settore e che dunque va definitivamente superato.”

Manca poi un sistema articolato di normative chiare e certe, possibilmente adottate attraverso un processo di concertazione tra lo Stato e le Regioni, tale da ridurre i numerosi conflitti di competenza costituzionale. Si vedano le regole per le autorizzazioni che le Regioni hanno dovuto modificare ripetutamente in seguito a cambiamenti nella normativa nazionale e alla giurisprudenza intervenute in materia, talvolta a conclusione di contenziosi che hanno creato un vero e proprio stallo dell’attività amministrativa.

A tal proposito si fa un invito: le Regioni diano attuazione alle disposizioni previste dal D.lgs 28/11 che permette loro di individuare la soglia di applicazione della PAS fino a 1 MW, mentre a livello centrale si dia compimento ai numerosi provvedimenti attuativi indicati dallo stesso decreto e si approvi urgentemente il burden sharing, in modo che le Regioni vi possano adeguare le loro strategie energetiche.

C'è poi la questione reti elettriche: lo sviluppo delle rinnovabili deve essere contestuale alla realizzazione di opere sulla rete. Si sottolinea l'mportanza che le Regioni applichino il principio dell’autorizzazione unica, tale da comprendere sia l’impianto che le necessarie opere di collegamento alla rete elettrica. Infatti, in passato, il rilascio di autorizzazioni slegate dalle connessioni alla rete ha originato congestioni sulla rete con conseguenti limitazioni alla generazione da fonti rinnovabili.

Si suggerisce poi la necessità di realizzare sistemi di accumulo. Terna ha previsto nel Piano di Sviluppo della rete del 2011 l’installazione di 130 MW di batterie. Un investimento che darà benefici ambientali, di sicurezza, ed economici per i consumatori.A fronte di investimenti di 29 milioni di euro per l’installazione delle batterie, i risparmi previsti per il sistema ammontano a più del doppio, ossia a 60 milioni di euro; benefici economici che derivano soprattutto dalla riduzione della mancata produzione e dalla costituzione di una riserva di energia a costi contenuti.

credit foto: fUlv10

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