venerdì 27 gennaio 2012

Mezzogiorno di fuoco tra forconi e furboni

di Lino Patruno

Eh sì, secca un po’ che il Sud si svegli così. E’ vero che è sempre meglio essere un popolo col forcone che un popolo caprone. Ma sarebbe stato meglio se il risveglio fosse avvenuto con un computer che parlasse di futuro più che con una rivolta di piazza che parla di passato. E con camion fermi che hanno fatto salire il prezzo della zucchina a 6 euro al chilo. Aggiungendoci il rischio che una giusta rabbia terrona finisca in una marmellata in cui si sono buttati tutti: il Sud si trova inopinatamente alleati, chessò, farmacisti e notai, che finora non se lo sono mai filato.

Momento e modo sbagliato per una causa niente affatto sbagliata. Come se fossero le liberalizzazioni di Monti ad aver messo in ginocchio la Sicilia e il Mezzogiorno.

Èvero che gli intoccabili petrolieri sono stati ancòra una volta solo sfiorati e che gasolio e benzina hanno ormai prezzi da gioielleria, anzi più diminuisce il prezzo del petrolio più aumentano gasolio e benzina. E’ vero che se un Tir deve pagare 150 euro per attraversare lo Stretto ci ha perso rispetto alla concorrenza già prima di partire. Ed è vero che la Sicilia delle raffinerie fornisce il 40 per cento delle pompe nazionali senza che nessuno si sia mai sognato di lasciarle di tanto in tanto un litro in omaggio. Del resto, chiudiamo il discorso se pensiamo alla Basilicata che produce tutto l’oro nero nazionale ed è ricompensata con una mancia buona solo a riparare qualche marciapiede.

Ma è anche vero che la sciagurata scelta di fare dell’Italia un Paese di autostrade e non di treni non c’entra nulla con i professori al governo. Anzi, non tutta l’Italia, non potendosi definire autostrada la Salerno-Reggio Calabria in costruzione (o distruzione) da 50 anni: unico esempio di autostrada al mondo a una corsia e senza l’emergenza, unico esempio di autostrada al mondo che invece di avvicinare un territorio lo allontana. E non c’entrano nulla coi professori treni che ci mettono (più o meno) cinque ore da Catania a Palermo e altrettante (più o meno) da Napoli a Bari. Anzi, no, i professori c’entrano: mandino in vacanza premio l’amministratore delegato delle Ferrovie, Moretti, quello che bilancia l’alta velocità al Nord con la bassa velocità al Sud. E ogni nuova linea al Nord con l’abolizione di una linea al Sud. Insomma attento alle pari opportunità.

Discutibile anche chiedere, come ha fatto qualche leader degli spaccatissimi Forconi, che l’Unione Europea chiuda un occhio e faccia arrivare in Sicilia soldi sulla fiducia. Non è vero che al Sud siano arrivati finora troppi soldi: per quanti ne arrivavano da Bruxelles, tanti ne sottraeva Roma. Ma è vero che con quei soldi troppo spesso si è preferita la gallina delle assunzioni oggi all’uovo delle opere pubbliche domani. E che troppi politici hanno provveduto più a distribuirli pensando alle prossime elezioni che a utilizzarli pensando alle prossime generazioni. Tuttavia se nelle stanze del potere meridionale spesso ci sono stati nani, non è che altrove si siano viste troppe aquile. Altrimenti l’Italia sta come sta per demerito dello Spirito santo.

Ma disegnato questo ennesimo stato dell’arte del Sud, e battuto il petto, stiano alla larga tutti quelli che si sono riparati sotto l’ombrello dei Forconi terroni. Tipo sedicente Padania e dintorni, che applaudono e sobillano. Perché allora, come si dice, delle due l’una: o i problemi del Sud e del Nord sono in fondo uguali, e quindi non si capisce perché il Sud sia sempre trattato da parassita sprecone delinquente. Ma se così non è, anche se un po’ lo è, allora alla larga dai Forconi. I quali da vagamente impresentabili presentano il conto di un Sud fin troppo paziente.

E’ il Sud con i treni come tradotte e le autostrade come tratturi. Con i porti di Taranto e Gioia Tauro tanto più ignorati quanto più si parla pomposamente di Mezzogiorno “piattaforma logistica del Mediterraneo”. Con la criminalità troppo spesso affrontata più con benvenute catture-spot dei latitanti che col presidio dello Stato a fianco della gente. Con la pubblica amministrazione che ritarda tutto per contare di più e forse condizionare di più. Con la giustizia civile dai ritardi tanto incivili da tenere lontana ogni anima buona di possibile investitore. E il cui contraltare, per non far finta di niente, è stata in gran maggioranza una politica convinta che distribuire fosse meglio che costruire, che rimandare fosse meglio che affrontare, che favorire gli amici fosse più giusto che scegliere i migliori.

Tutto questo significano i Forconi. Non fa mai male un Sud che si desta. E se la coscienza chiede se è giusto, allora è giusto.


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di Lino Patruno

Eh sì, secca un po’ che il Sud si svegli così. E’ vero che è sempre meglio essere un popolo col forcone che un popolo caprone. Ma sarebbe stato meglio se il risveglio fosse avvenuto con un computer che parlasse di futuro più che con una rivolta di piazza che parla di passato. E con camion fermi che hanno fatto salire il prezzo della zucchina a 6 euro al chilo. Aggiungendoci il rischio che una giusta rabbia terrona finisca in una marmellata in cui si sono buttati tutti: il Sud si trova inopinatamente alleati, chessò, farmacisti e notai, che finora non se lo sono mai filato.

Momento e modo sbagliato per una causa niente affatto sbagliata. Come se fossero le liberalizzazioni di Monti ad aver messo in ginocchio la Sicilia e il Mezzogiorno.

Èvero che gli intoccabili petrolieri sono stati ancòra una volta solo sfiorati e che gasolio e benzina hanno ormai prezzi da gioielleria, anzi più diminuisce il prezzo del petrolio più aumentano gasolio e benzina. E’ vero che se un Tir deve pagare 150 euro per attraversare lo Stretto ci ha perso rispetto alla concorrenza già prima di partire. Ed è vero che la Sicilia delle raffinerie fornisce il 40 per cento delle pompe nazionali senza che nessuno si sia mai sognato di lasciarle di tanto in tanto un litro in omaggio. Del resto, chiudiamo il discorso se pensiamo alla Basilicata che produce tutto l’oro nero nazionale ed è ricompensata con una mancia buona solo a riparare qualche marciapiede.

Ma è anche vero che la sciagurata scelta di fare dell’Italia un Paese di autostrade e non di treni non c’entra nulla con i professori al governo. Anzi, non tutta l’Italia, non potendosi definire autostrada la Salerno-Reggio Calabria in costruzione (o distruzione) da 50 anni: unico esempio di autostrada al mondo a una corsia e senza l’emergenza, unico esempio di autostrada al mondo che invece di avvicinare un territorio lo allontana. E non c’entrano nulla coi professori treni che ci mettono (più o meno) cinque ore da Catania a Palermo e altrettante (più o meno) da Napoli a Bari. Anzi, no, i professori c’entrano: mandino in vacanza premio l’amministratore delegato delle Ferrovie, Moretti, quello che bilancia l’alta velocità al Nord con la bassa velocità al Sud. E ogni nuova linea al Nord con l’abolizione di una linea al Sud. Insomma attento alle pari opportunità.

Discutibile anche chiedere, come ha fatto qualche leader degli spaccatissimi Forconi, che l’Unione Europea chiuda un occhio e faccia arrivare in Sicilia soldi sulla fiducia. Non è vero che al Sud siano arrivati finora troppi soldi: per quanti ne arrivavano da Bruxelles, tanti ne sottraeva Roma. Ma è vero che con quei soldi troppo spesso si è preferita la gallina delle assunzioni oggi all’uovo delle opere pubbliche domani. E che troppi politici hanno provveduto più a distribuirli pensando alle prossime elezioni che a utilizzarli pensando alle prossime generazioni. Tuttavia se nelle stanze del potere meridionale spesso ci sono stati nani, non è che altrove si siano viste troppe aquile. Altrimenti l’Italia sta come sta per demerito dello Spirito santo.

Ma disegnato questo ennesimo stato dell’arte del Sud, e battuto il petto, stiano alla larga tutti quelli che si sono riparati sotto l’ombrello dei Forconi terroni. Tipo sedicente Padania e dintorni, che applaudono e sobillano. Perché allora, come si dice, delle due l’una: o i problemi del Sud e del Nord sono in fondo uguali, e quindi non si capisce perché il Sud sia sempre trattato da parassita sprecone delinquente. Ma se così non è, anche se un po’ lo è, allora alla larga dai Forconi. I quali da vagamente impresentabili presentano il conto di un Sud fin troppo paziente.

E’ il Sud con i treni come tradotte e le autostrade come tratturi. Con i porti di Taranto e Gioia Tauro tanto più ignorati quanto più si parla pomposamente di Mezzogiorno “piattaforma logistica del Mediterraneo”. Con la criminalità troppo spesso affrontata più con benvenute catture-spot dei latitanti che col presidio dello Stato a fianco della gente. Con la pubblica amministrazione che ritarda tutto per contare di più e forse condizionare di più. Con la giustizia civile dai ritardi tanto incivili da tenere lontana ogni anima buona di possibile investitore. E il cui contraltare, per non far finta di niente, è stata in gran maggioranza una politica convinta che distribuire fosse meglio che costruire, che rimandare fosse meglio che affrontare, che favorire gli amici fosse più giusto che scegliere i migliori.

Tutto questo significano i Forconi. Non fa mai male un Sud che si desta. E se la coscienza chiede se è giusto, allora è giusto.


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