Lettera Napoletana
n. 36 - gennaio 2011
150 ANNI: TRA SPRECHI E SCANDALI L’ITALIA DI SEMPRE
(Lettera Napoletana) Ai 150 anni, che saranno compiuti il 17 marzo 2011 secondo il calendario delle celebrazioni ufficiali, l’Italia unificata arriverà nelle stesse condizioni in cui nacque, tra scandali, arresti, e cricche affaristiche a manovrare gli appalti.
Nonostante il clima di tagli ed il pesante debito pubblico il “Comitato dei garanti” per le celebrazioni, presieduto da Giuliano Amato, ha ottenuto un budget di 18 miliardi di euro destinati a 200 “convegni nazionali”, 50 tra mostre e feste, ed alla ristrutturazione (in diversi casi, costruzione) di 50 di quelli che, con grande fantasia, sono stati definiti i “luoghi della memoria” del cosiddetto Risorgimento. È stato sugli appalti relativi a questi ultimi, i più appetitosi, che si sono concentrate le lobbies affaristiche. Una prima inchiesta della Procura di Firenze ha portato a febbraio 2010 all’arresto del coordinatore dell’ “Unità tecnica di missione per il Centocinquantenario” Angelo Balducci e del suo successore Mauro della Giovampaola con l’accusa di aver pilotato gli appalti. Le stesse accuse che all’indomani dell’unificazione venivano lanciate, soprattutto dall’ex Regno delle Due Sicilie, come ha rievocato Gennaro De Crescenzo nel suo “Ferdinando II. La Patria delle due Sicilie” (Editoriale il Giglio, Napoli 2009). Tra i “luoghi della memoria”, i celebratori hanno inserito il nuovo Palazzo del Cinema di Venezia, un progetto caro all’ex sindaco del Pd Massimo Cacciari. La conclusione dell’opera (73 milioni di euro stanziati), ancora “in alto mare” (Il Mattino,8.1.2011), è slittata al 2012 e si attende la conseguente lievitazione dei costi. Incompiuti anche il Parco della Musica di Firenze (236 milioni di euro) e l’Auditorium di Isernia, quest’ultimo voluto dall’ex ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro e finanziato con 31 milioni di euro. Sono stati già richiesti, per quest’ultima opera, altri 10 milioni di euro.
La parte del leone nei finanziamenti, neanche a dirlo, l’hanno fatta Torino ed il Piemonte. La tabe della corruzione negli appalti pubblici, che ha portato l’Italia a record europei come il costo per chilometro nell’Alta Velocità e nell’ampliamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria non ha risparmiato neanche i presunti eroi risorgimentali. È slittata dal 9 febbraio al 16 marzo, a Roma, la consegna del restauro del monumento equestre ad Anita Garibaldi sul colle del Gianicolo e degli 83 busti di garibaldini. Nella migliore delle ipotesi, se riusciranno ad evitare una figuraccia davvero storica, i celebratori consegneranno monumento e busti appena 24 ore prima del “compleanno” dell’Italia unificata. Un’avventura insomma, come un’avventura fu quella di Garibaldi che sottrasse Anita al legittimo marito nello Stato brasiliano di Santa Catarina. “L’eroe dei due Mondi – ha scritto sconsolato Il Fatto quotidiano (7.1.2011) - si ritrova allo scoccare del 150 esimo ingabbiato e persino imbustato come una merendina. Mentre i garibaldini sono stati incappucciati con buste dell’immondizia”.
Intanto le celebrazioni procedono stancamente, tra dissensi e scetticismi, nonostante la grancassa mediatica. Nonostante le promesse, non c’è stata nessuna analisi seria di quello che fu il Risorgimento, una rivoluzione alla quale partecipò non più del 2% della popolazione degli Stati pre-unitari ma che provocò direttamente ed indirettamente centinaia di migliaia di vittime., soprattutto nel Regno delle Due Sicilie.
Nessun approfondimento, nessuna nuova fonte documentale portata alla luce. In tv il Comitato per le celebrazioni si è fatto rappresentare quasi sempre dallo storico marxista di regime Lucio Villari. Non sono mancate contestazioni e beffe. Il 7 gennaio a Reggio Emilia, Napolitano ha trovato, mescolati a tricolori di cui doveva celebrare l’origine, una tricolore con lo stemma delle Due Sicilie, una bandiera adottata peraltro nel breve ed infausto periodo costituzionale che precedette la fine del Regno. Ma a “Sky” anche questo deve essere sembrato troppo e così le edizioni di Sky TG 24 del 7 gennaio hanno scolorito la bandiera, senza però riuscire ad evitare che in controluce lo stemma delle Due Sicilie restasse visibile. Nel tentativo di rendere “popolare” un evento ancora estraneo alla gran parte degli italiani e da molti valutato negativamente, si è perfino trasformata la Coppa Italia di calcio in Coppa dell’Unità, con tanto di esecuzione dell’Inno di Mameli prima delle partite. Il 18 gennaio, prima di Napoli-Bologna, il pubblico dei settori popolari dello Stadio San Paolo lo ha fischiato sonoramente. (LN36/11).
SUD: TRENITALIA, DA MORETTI NUOVI ‘REGALI’
(Lettera Napoletana) - L’ultimo regalo al Sud da Trenitalia, (gruppo Fs) sono i nuovi orari stagionali dei treni a media e lunga percorrenza entrati in vigore il 12 dicembre scorso. Molti i collegamenti soppressi, altri declassati da Eurostar a Intercity, ed un aumento dei biglietti tra l’8 e il 16% (cfr. l’Espresso, 22.10.2010). Cancellati gli Eurostar Taranto-Roma e Roma Taranto 9360 e 9363 e gli Espresso 956 e 951 sulla stessa linea. In Calabria il nuovo orario sopprime la tratta Reggio-Catanzaro-Lamezia Terme-Roma, in totale otto collegamenti. Secondo un’interrogazione parlamentare dell’on. Angela Napoli (Fli) “risulta di ben 22 il numero di treni soppressi o assemblati su tratte nazionali nell’ultimo anno da Trenitalia, con il conseguente isolamento della Calabria” (interrogazione C.4/09832)
Il gruppo Fs, alla cui guida dal 2006 siede come amministratore delegato Mario Moretti, continua a far mancare gli investimenti per il Sud, nonostante i fondi erogati dalle Regioni del Sud per i contratti di servizio, e ad utilizzarvi – come segnala anche la stessa on. Napoli - “carrozze dismesse sulle linee del centro-nord” .
Contro le scelte del gruppo Fs alle proteste degli utenti meridionali si è unita la voce di qualche deputato. Vincenzo Taddei (Pdl) ha definito “fortemente criticabile” in un’interrogazione al ministro dei Trasporti Altero Matteoli, la sostituzione dell’Eurostar 9360 con un Intercity Plus che parte da Potenza, ed ha ricordato che il contratto di servizio firmato dalla Regione Basilicata con Trenitalia prevede “oltre all’incremento dei servizi e degli investimenti per la qualità anche uno sviluppo dell’offerta” (Interrogazione C.4/09829).
Moretti ha provocato un’interrogazione anche da parte del deputato del Pd Nicodemo Oliverio, che parla di “scenario catastrofico sempre più desolante” per la Calabria. Sono stati cancellati nei nuovi orari oltre al collegamento Reggio-Catanzaro-Lamezia Terme-Roma il Paola-Sibari-Crotone ed è stata ridotta ad una sola la coppia di treni formati in Sicilia che servivano la Calabria (Interrogazione 4-09861). In più, dal 14 settembre 2010 sono stati cancellati i due collegamenti veloci giornalieri tra Lamezia Terme e Roma assicurati dal Frecciargento. Per il deputato del Pd “le decisioni di Trenitalia rischiano di creare un vero e proprio isolamento per l’intera regione con ricadute economiche e sociali negative su tutte le realtà imprenditoriali e territoriali” .
Ma la protesta di un deputato del Pd nei confronti di Moretti è sorprendente, come quella di qualche meridionalista senza memoria. Comunista, nato a Rimini nel 1953, Moretti si iscrisse alla Cgil nel 1980 ed è stato segretario nazionale della Federazione trasporti per 15 anni, dal 1986 al 1991. In un’intervista ha raccontato che nel 1986 aveva deciso di lasciare il gruppo Fs «ma per puro caso - ha aggiunto - avevo incontrato un dirigente comunista che si chiamava Chiaromonte, che mi disse: “se sei bravo perché non stai con il sindacato”?» (Intervista al Convegno VeDrò 2010). Nel 2006 il governo di centrosinistra guidato Romano Prodi nominò Moretti amministratore delegato del Gruppo Fs. Stipendio da 800 mila euro l’anno, Moretti è stato insignito nel 2010 del titolo di Cavaliere del lavoro dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nel 2004 si è presentato alle elezioni nel Comune di Mompeo (Rieti), dove possiede una casa, ed è stato eletto sindaco pur non essendo residente.
Dal 2008 Moretti è presidente di Grandi Stazioni S.p.A., che gestisce le 13 maggiori Stazioni ferroviarie italiane. È a lui che si deve il ridimensionamento della Stazione di Napoli Mergellina con la concentrazione di tutti gli Eurostar ed i treni Alta Velocità a Napoli centrale, trasformata in un grande centro commerciale dove la Feltrinelli ha aperto il più grande megastore d’Italia. (cfr. Sud: perché il gruppo Fs cancella Napoli Mergellina, LN 23/2009)
Vicino a Massimo D’Alema, Moretti ha intrecciato dopo la caduta di Prodi una serie di legami trasversali. Il suo mandato è in scadenza nel 2011. La sua riconferma è un banco di prova dell’atteggiamento verso il Sud delle forze politiche. (LN36/11)
SUD: COSI’ SMANTELLARONO LA CIRIO
(Lettera Napoletana) – È annunciata per il 4 febbraio la chiusura dello stabilimento Cirio di Caivano (Napoli). La “Effequattro’’, dei fratelli Franzese, che lo ha rilevato nel 2004 dal gruppo “Conserve Italia”, holding associata a Confcooperative, ha comunicato di non poter garantire il futuro dello stabilimento “a causa della crisi dei consumi” (Il Mattino, 11.1.2011).
Per 70 operai e 600 stagionali, già in cassa integrazione, si profila il licenziamento. Ma la chiusura dell’ultimo asset della Cirio in Campania, va ben oltre per significato il danno della perdita dei posti di lavoro.
L’uscita di scena definitiva di un marchio che per 110 anni si è identificato con il Sud e le sue produzioni tipiche, a partire dal pomodoro San Marzano, riassume la politica industriale dell’Iri e dei governi nazionali verso il Sud, la complicità, l’acquiescenza e gli intrecci affaristici con le multinazionali e le grandi imprese del Nord della classe politica meridionale. Primo fra tutti il centrosinistra di Bassolino e Iervolino, che hanno governato la Campania e Napoli rispettivamente per 17 e 10 anni, mentre la Cirio veniva smontata pezzo a pezzo.
39 anni dopo l’unificazione, Napoli era ancora capace di attirare investimenti e nel 1900 Francesco Cirio, imprenditore della provincia di Asti, decise di impiantare a Vigliena, zona orientale della città, uno stabilimento per inscatolare prodotti agricoli con il metodo scoperto dal francese Nicolas Appert, che eliminando l’aria evitava che il prodotto si deteriorasse. Sede nazionale della Cirio a Napoli, stabilimento a Pontecagnano (Salerno). Nacque così un marchio che identificava Napoli nel mondo. Un grande successo fino agli anni ’80 e 90, quando la Cirio trovò sulla propria strada Prodi e Bassolino.
L’azienda era passata alla Sme, finanziaria agroalimentare dell’Iri, presieduto dal boiardo di Stato Romano Prodi, sponsorizzato da Ciriaco De Mita. A gennaio 1993 Prodi varò la scissione della Sme e ad ottobre dello stesso anno il 62% della Cirio-Bertolli-De Rica fu venduto a sorpresa alla Fisvi, una sconosciuta finanziaria lucana dell’altrettanto sconosciuto Carlo Saverio Lamiranda, per 310 miliardi di vecchie lire. Eppure sul tavolo c’erano offerte di grandi gruppi: Parmalat, Eridania, Ferruzzi, Unilever. Nel 1993 l’Ulivo non c’era ancora - e Prodi era solo un boiardo di Stato targato sinistra Dc e legato a De Mita. Bassolino che era in campagna elettorale per le comunali di Napoli, si recò in Procura a presentare un esposto contro Prodi. I piccoli azionisti della Cirio lo denunciarono, ed il pm della Procura di Roma Giuseppa Geremia aprì un’inchiesta sulla (s)vendita dell’azienda. Il commercialista napoletano Renato Castaldo, consulente della Procura, valutò “sottostimata di almeno 400 miliardi” l’operazione. Ad aprile 1993 il Credito italiano, una banca di proprietà dello stesso Iri, aveva valutato in 1350 miliardi di lire il valore del gruppo alimentare.
Solo otto mesi dopo la vendita alla Fisvi, rivelatasi un’operazione di copertura, la Cirio passò nelle mani del finanziere Sergio Cragnotti. Prodi, accusato di abuso di ufficio e di conflitto di interesse per essere stato Advisor director (principale consulente) della multinazionale anglo-olandese Unilever, che rilevò il marchio Bertolli, fu prosciolto nel 1997, dopo che l’inchiesta era passata ad un altro pm. A novembre 1996, intanto, era nato l’Ulivo, progetto di fusione tra la sinistra Dc e gli ex comunisti del Pds. Prodi divenne capo del governo, Bassolino, suo alleato, era sindaco di Napoli da tre anni. Ai giornalisti che gli chiesero dell’esposto presentato tre anni prima contro Prodi, spiegò compunto che “il reato di abuso di ufficio è qualcosa di discutibile e controverso” (Roma, 8.8.2003). Da allora sulle vicende della Cirio da parte di Bassolino calò il silenzio. Nell’antica direzione della Cirio a Napoli Cragnotti lasciò solo una segreteria, svendette il marchio prestigioso del latte Berna e dichiarò “non strategico” il Centro ricerche della Cirio nel casertano. Fu il via al definitivo smantellamento. Un’inchiesta della Procura di Perugia accertò che i marchi del latte “erano stati pagati zero lire” (Il Mattino, 11.1.2011).
Nel 1998, nel silenzio di Bassolino, diventato presidente della Regione Campania, e del resto della classe politica, la direzione della Cirio fu trasferita a Roma.
Il resto è storia recente di tagli e trasferimenti. Ad agosto 2003 lo stabilimento Cirio di Caivano aveva ancora 200 addetti fissi e 650 stagionali. Nel 2004 l’azienda è passata nelle mani del gruppo “Conserve Italia”, sede a Bologna, radicamento in Emilia Romagna e Toscana.
L’ultimo asset in Campania, lo stabilimento di Caivano, è passato nel 2008 alla “Effequattro” di Sarno (Salerno). Un tentativo di salvataggio non riuscito. Di qui a qualche settimana sulla Cirio calerà il sipario. Di un marchio con 110 anni di storia resterà un’unica fabbrica. A Piacenza. Dalla classe politica, ancora silenzio. Così hanno smantellato la Cirio. (LN36/11).
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