mercoledì 24 novembre 2010

Così B. uccide il Sud

Smantellata la struttura che aveva gestito l'emergenza del 2008, ora il governo riversa soldi a pioggia e senza gare d'appalto. Arricchendo i sottopoteri che da queste crisi traggono il proprio potere


di Gianluca Di Feo


L'eruzione dei rifiuti, la desolazione di Pompei. Oggi come tre anni fa, in un agghiacciante deja vu che a Napoli mostra tutti i difetti dell'Italia e la sua incapacità di cambiare. E un unico punto di riferimento, che senza forzare i toni di una politica dove le urla sostituiscono i fatti cerca di salvare la credibilità delle istituzioni: il capo dello Stato.

Giorgio Napolitano ha imposto di intervenire sulla questione della spazzatura che invade le strade della terza città del Paese, la capitale di un Sud sempre più lontano dall'Europa. Ed è stato sempre il Quirinale a denunciare le condizioni della più grande area archeologica del mondo, un tesoro che non ha pari e che - come dimostra la videoinchiesta di Claudio Pappaianni per 'L'espresso' - continua a essere gestito in modo indecente: «È una vergogna, servono spiegazioni», ha dichiarato il presidente dopo il crollo della Domus dei Gladiatori.

Ma tre settimane dopo non ci sono state spiegazioni su come sia stato possibile arrivare a tanto degrado, né davanti alle Camere il ministro Bondi ha saputo indicare le responsabilità del disastro.

In compenso, le inchieste de 'L'espresso' hanno dimostrato come il commissariamento degli scavi abbia seguito il solito copione allegro della Protezione civile, con milioni di euro sprecati per iniziative effimere, per creare un'immagine di successo che occultasse la realtà, per elargire contratti a società di amici dei potenti.

Mentre Pompei va alla deriva, nelle strade di Napoli la spazzatura continua ad accumularsi. E quali sono le soluzioni del governo del fare? Evocare l'intervento dell'Esercito, come ha fatto il ministro della Difesa Ignazio La Russa.

I militari hanno avuto un ruolo chiave nella soluzione della grande crisi del 2008, quella che ferì la credibilità dell'esecutivo di Romano Prodi, e si sono occupati della regia della struttura creata da Guido Bertolaso in Campania: la struttura smantellata la scorsa primavera quando Silvio Berlusconi ha decretato il ritorno alla normalità e il passaggio di consegne alle Province, organismi amministrati da politici di centrodestra. Personaggi come Luigino Cesaro, che in gioventù frequentava i boss cutoliani; Cosimo Sibilia, figlio del discusso patron dell'Avellino Calcio; Edmondo Cirielli, che ha dato il nome a quella legge spesso chiamata "salva Previti".

L'effetto si è visto: la normalità non esiste, i termovalorizzatori annunciati nel 2008 rimangono sulla carta, le discariche sono piene, nessuna regione sembra disposta ad accettare rifiuti campani che potrebbero nascondere qualunque genere di sostanza tossica. I no più decisi vengono proprio dai governatori di centrodestra, mentre solo la "rossa" Toscana ha mostrato un'apertura di solidarietà.

A Napoli martedì 23 novembre si stimava che 3200 tonnellate di rifiuti fossero sparse per le strade. Ma il ministro della Salute Fazio tranquillizza: la situazione è critica, ma non c'è il rischio di epidemia. Epidemia: uno spettro che oggi riguarda solo Haiti, paese tra i più poveri del globo, distrutto da uno dei terremoti più violenti mai visti. Epidemia, un termine che sembrava cancellato dai dizionari europei e che invece continua a essere evocato nel timore che l'onda della spazzatura non venga fermata.

Il decreto finalmente varato dal governo, dopo l'esplosione di una faida interna al Pdl che dalla Campania ha minacciato la stabilità dell'intero esecutivo con la sortita di Mara Carfagna, non sembra garantire soluzioni definitive. L'unico elemento concreto sono i soldi, l'ennesima pioggia di milioni assegnati senza gare che permetteranno di trovare nuovi buchi dove accumulare munnezza ed ecoballe. Denaro che andrà ad arricchire anche la camorra, protagonista di queste emergenze come dimostrano le accuse confermate dalla Cassazione a Nicola Cosentino, l'ex sottosegretario che resta il numero uno del partito di maggioranza in Campania.

Ventitre novembre. Una data che tutti dovrebbero ricordare. Trent'anni fa il terremoto devastò quattro province, uccise quasi tremila persone, ne ferì più di ottomila e ne lasciò 280 mila senza una casa. Nonostante gli scandali successivi, quella - come ricorda Antonello Caporale in uno splendido volume, 'Spazzatura spa' - fu una tragedia che unì l'Italia: dal Friuli al Piemonte, ci fu una gara per sostenere Napoli, Avellino, Potenza.

Oggi il disastro quotidiano della Campania invece incentiva solo le spinte verso il federalismo più esasperato, ribadite con forza in questi giorni. Colpa anche di una classe politica che - come recita sempre il libro di Caporale - dall'Irpinia all'Aquila sfrutta le disgrazie e divide il Paese.


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Smantellata la struttura che aveva gestito l'emergenza del 2008, ora il governo riversa soldi a pioggia e senza gare d'appalto. Arricchendo i sottopoteri che da queste crisi traggono il proprio potere


di Gianluca Di Feo


L'eruzione dei rifiuti, la desolazione di Pompei. Oggi come tre anni fa, in un agghiacciante deja vu che a Napoli mostra tutti i difetti dell'Italia e la sua incapacità di cambiare. E un unico punto di riferimento, che senza forzare i toni di una politica dove le urla sostituiscono i fatti cerca di salvare la credibilità delle istituzioni: il capo dello Stato.

Giorgio Napolitano ha imposto di intervenire sulla questione della spazzatura che invade le strade della terza città del Paese, la capitale di un Sud sempre più lontano dall'Europa. Ed è stato sempre il Quirinale a denunciare le condizioni della più grande area archeologica del mondo, un tesoro che non ha pari e che - come dimostra la videoinchiesta di Claudio Pappaianni per 'L'espresso' - continua a essere gestito in modo indecente: «È una vergogna, servono spiegazioni», ha dichiarato il presidente dopo il crollo della Domus dei Gladiatori.

Ma tre settimane dopo non ci sono state spiegazioni su come sia stato possibile arrivare a tanto degrado, né davanti alle Camere il ministro Bondi ha saputo indicare le responsabilità del disastro.

In compenso, le inchieste de 'L'espresso' hanno dimostrato come il commissariamento degli scavi abbia seguito il solito copione allegro della Protezione civile, con milioni di euro sprecati per iniziative effimere, per creare un'immagine di successo che occultasse la realtà, per elargire contratti a società di amici dei potenti.

Mentre Pompei va alla deriva, nelle strade di Napoli la spazzatura continua ad accumularsi. E quali sono le soluzioni del governo del fare? Evocare l'intervento dell'Esercito, come ha fatto il ministro della Difesa Ignazio La Russa.

I militari hanno avuto un ruolo chiave nella soluzione della grande crisi del 2008, quella che ferì la credibilità dell'esecutivo di Romano Prodi, e si sono occupati della regia della struttura creata da Guido Bertolaso in Campania: la struttura smantellata la scorsa primavera quando Silvio Berlusconi ha decretato il ritorno alla normalità e il passaggio di consegne alle Province, organismi amministrati da politici di centrodestra. Personaggi come Luigino Cesaro, che in gioventù frequentava i boss cutoliani; Cosimo Sibilia, figlio del discusso patron dell'Avellino Calcio; Edmondo Cirielli, che ha dato il nome a quella legge spesso chiamata "salva Previti".

L'effetto si è visto: la normalità non esiste, i termovalorizzatori annunciati nel 2008 rimangono sulla carta, le discariche sono piene, nessuna regione sembra disposta ad accettare rifiuti campani che potrebbero nascondere qualunque genere di sostanza tossica. I no più decisi vengono proprio dai governatori di centrodestra, mentre solo la "rossa" Toscana ha mostrato un'apertura di solidarietà.

A Napoli martedì 23 novembre si stimava che 3200 tonnellate di rifiuti fossero sparse per le strade. Ma il ministro della Salute Fazio tranquillizza: la situazione è critica, ma non c'è il rischio di epidemia. Epidemia: uno spettro che oggi riguarda solo Haiti, paese tra i più poveri del globo, distrutto da uno dei terremoti più violenti mai visti. Epidemia, un termine che sembrava cancellato dai dizionari europei e che invece continua a essere evocato nel timore che l'onda della spazzatura non venga fermata.

Il decreto finalmente varato dal governo, dopo l'esplosione di una faida interna al Pdl che dalla Campania ha minacciato la stabilità dell'intero esecutivo con la sortita di Mara Carfagna, non sembra garantire soluzioni definitive. L'unico elemento concreto sono i soldi, l'ennesima pioggia di milioni assegnati senza gare che permetteranno di trovare nuovi buchi dove accumulare munnezza ed ecoballe. Denaro che andrà ad arricchire anche la camorra, protagonista di queste emergenze come dimostrano le accuse confermate dalla Cassazione a Nicola Cosentino, l'ex sottosegretario che resta il numero uno del partito di maggioranza in Campania.

Ventitre novembre. Una data che tutti dovrebbero ricordare. Trent'anni fa il terremoto devastò quattro province, uccise quasi tremila persone, ne ferì più di ottomila e ne lasciò 280 mila senza una casa. Nonostante gli scandali successivi, quella - come ricorda Antonello Caporale in uno splendido volume, 'Spazzatura spa' - fu una tragedia che unì l'Italia: dal Friuli al Piemonte, ci fu una gara per sostenere Napoli, Avellino, Potenza.

Oggi il disastro quotidiano della Campania invece incentiva solo le spinte verso il federalismo più esasperato, ribadite con forza in questi giorni. Colpa anche di una classe politica che - come recita sempre il libro di Caporale - dall'Irpinia all'Aquila sfrutta le disgrazie e divide il Paese.


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