Corsi e ricorsi della storia (Grazie, Giacomo Chiappori)
Di Antonio Ciano
Il partito del Sud da anni sognava il ritorno dei beni demaniali alla città. Gaeta ( oggi in provincia di Latina)
nel 1860-61 subì un assedio ferocissimo da parte delle truppe piemontesi del generale Enrico Cialdini che, senza dichiarazione di guerra e a tradimento, invase il Regno delle Due Sicilie contro il Diritto Internazionale, oggi come allora vigente. Proprio come fece Saddham Hussein col Kuwait. Oltre mille soldati napoletani furono massacrati dalle bombe dei cannoni rigati del generale macellaio piemontese e centinaia di nostri compaesani perirono sotto i bombardamenti barbari e disumani di coloro che, da soldati divennero assassini. Non si trattò di assedio ma di tiro al bersaglio contro le case, le chiese, le caserme ed i conventi della nostra amata città e i segni di quel bombardamento sono ancora visibili. L'epopea gaetana si concluse il 13 febbraio del 1861; la Piazza in quel giorno infausto cadde ed i cannoni, protagonisti rumorosi dell'assedio ammutirono. Nel Borgo si leggevano i segni dell'impietosa battaglia. Larve di uomini si aggiravano per le case colpite e i luoghi di culto furono declassati a depositi di casermaggio dai vincitori. Il terrore si abbatté sulla nostra comunità. Dio! Che rovine! Gaeta, sotto la gragnuola di 160 mila bombe non si è più risollevata da quel macello e non solo.
Si trattò di barbara invasione militare, di conquista regia e qualcuno deve pagare per un simile misfatto. Il Sud fu saccheggiato delle sue risorse economiche, sociali, politiche, finanziarie, umane; i Borbone furono esiliati e mai fatti rientrare in patria dai Savoia e, i loro beni requisiti. Fu requisito ai Borbone tutto il patrimonio monetario e perfino l'unico bene immobile in loro possesso dopo 127 anni di Regno: villa Caposele a Formia. Ebbene, l'annessione dell'Italia della civiltà, quella di Zenone, di Parmenide, di Archimede, di Pitagora, di Campanella, di Vico, operata dalle orde barbariche delle ex province di Roma, secondo alcuni, ha dato vita all'unità del Paese. Dabbenaggine o incultura? L'Italia di Pitagora, quella dei numeri, è stata cancellata dalle menti e dai cuori di certi meridionali felloni. Sulle mura di Gaeta I Borbone difesero l'onore del Sud, difesero la nostra libertà, la nostra dignità, la Religione Cattolica e i gaetani tutti si strinsero attorno alla regina Sofia per difendere il Sacro suolo dall'assalto dei barbari piemontesi. Un Re, Francesco II e la regina Sofia, da eroi, difesero la nostra città dalle bombe savoiarde, combatterono contro l'infamia e la codardìa cavourriana e piemontese..
Fino al 13 febbraio del 1861 Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Con la vittoria dei piemontesi e di Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata, Gaeta , in quanto bottino di guerra ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla repubblica italiana con la fuga dell'infingardo Vittorio Emanuele III, detto re pippetto, l'8 settembre del '43.
Dopo il 1861 i meridionali, che fino ad allora non conoscevano l'emigrazione, furono costretti ad una diaspora biblica; oltre 30 milioni di persone furono costrette ad abbandonare la propria terra, e quando Mussolini chiamò i veri italici, nell'ora del pericolo, alla pugna, questi arrivarono eccome dalle Americhe e sbarcarono ad Anzio, in Sicilia, a Salerno e Sciaboletta fuggì, come si conviene ad un Savoia, comportandosi da vero infame.
Il comune di Gaeta è esteso per 2.847 ettari, oggi ridotto a mera espressione geografica dai governi savoiardi. Oltre i due terzi del suo territorio, infatti non è amministrabile da parte dei cittadini e dai propri rappresentanti in Consiglio Comunale della città in quanto sotto la giurisdizione demaniale, sia essa Marittima che delle Finanze. Gaeta, la città che non c'è, dal 14 febbraio del 1861 punita per la sua avversione al sistema liberistico piemontese non è conosciuta sotto questo aspetto nemmeno dai suoi abitanti che camminano sul suolo demaniale e non lo sanno. Il Comune per far utilizzare strade, scuole ed impianti sportivi ai gaetani è costretto a pagare il pizzo allo Stato.Uno Stato che pretende il pizzo è colonialista, per non usare un altro termine; vorremmo sapere se il comune di Milano o quello di Torino pagano la tangente per far studiare i loro scolari. Non ci risulta.
Fino dal 1100 d.c. Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Dal 1861, con la vittoria della Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata , Gaeta, in quanto bottino di guerra, ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra e fellone, generale Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla Repubblica italiana.
I vari governi di centro, di destra e di sinistra,avevano messo in vendita il patrimonio di Gaeta e non solo..
l Demanio dello Stato aveva intenzione di vendere il nostri gioielli, pezzi della nostra città ai migliori offerenti, compresa la nostra storia e le nostre tradizioni, comprese le nostre radici che sono tutte lì, in quei bastioni cannoneggiati dai piemontesi, dal Castello Angioino, da quello Aragonese, dai conventi trasformati in caserme, dalle pietre laviche che grondano sangue dalle loro viscere, dalla terra che gronda sudore contadino: l'ex batteria Duca di Genova per 140 milioni; l'ex batteria dello Spirito Santo per per sei milioni; il terreno utilizzato in via della Breccia per 50 milioni; l'ex fabbricato della polveriera della Trinità per 650 milioni; le case matte sugli spalti di Serapo per 180 milioni; la batteria Philipsthall con magazzini per 300 milioni; i Bastioni per 100 milioni; la Platea sulle mura del bastione per 50 milioni:; l'area per maneggio dei cavalli per 25 milioni; l'area sovrastante l'ex Colombaia per 45 milioni; la sede stradale ( anche una strada!) per 18 milioni e pare che sia state posti in vendita gioielli come la Gran Guardia fatta costruire da Ferdinando II di Borbone, le case dei militari di via Annunziata, caserme e infrastrutture una volta militari. La vendita della nostra Storia, dei nostri beni storici e religiosi avrebbe rappresentato un affronto all'orgoglio del Sud, un'estrapolazione delle nostre radici, un vero atto di colonialismo visto che il Piemonte, causa dei mali del Sud è stato inondato di centinaia di miliardi per riattare i beni demaniali dei Savoia. Alla mia città non è toccato un centesimo e la nostra fortezza è coperta di erbacce, di alberi le cui radici la stanno disarticolando, le cui mura sono ancora piene di buche prodotte dalle cannonate di Cialdini. Ne scaraventò ben 160 mila sulle case, sulle chiese, sui bastioni.
Ieri,19 maggio, come d'incanto, come un ricorso della storia, giorno del 66° anniversario della liberazione di Gaeta dopo 83 anni di dittatura Sabauda,è stato approvato il federalismo demaniale. Quei beni sono stati trafugati e rubati dai savoia e consegnati al regno di Sardegna. Oggi, la nostra repubblica ce li restituisce. Da anni il partito del Sud si batte a che tutti i beni storici e demaniali ritornino alle città che detengono detti beni; rappresentano una ricchezza per le nostre comunità, potrebbero dare lavoro a migliaia di giovani. Ringraziamo anche l'IDV che ha votato a favore della legge. Il sottoscritto ha avuto una serie di incontri con l'on Giacomo Chiappori, della Lega Nord, ligure di nascita, amico della nostra città, per determinare le linee guida per un ritorno alla nostra comunità, di quei beni.
Si trattò di barbara invasione militare, di conquista regia e qualcuno deve pagare per un simile misfatto. Il Sud fu saccheggiato delle sue risorse economiche, sociali, politiche, finanziarie, umane; i Borbone furono esiliati e mai fatti rientrare in patria dai Savoia e, i loro beni requisiti. Fu requisito ai Borbone tutto il patrimonio monetario e perfino l'unico bene immobile in loro possesso dopo 127 anni di Regno: villa Caposele a Formia. Ebbene, l'annessione dell'Italia della civiltà, quella di Zenone, di Parmenide, di Archimede, di Pitagora, di Campanella, di Vico, operata dalle orde barbariche delle ex province di Roma, secondo alcuni, ha dato vita all'unità del Paese. Dabbenaggine o incultura? L'Italia di Pitagora, quella dei numeri, è stata cancellata dalle menti e dai cuori di certi meridionali felloni. Sulle mura di Gaeta I Borbone difesero l'onore del Sud, difesero la nostra libertà, la nostra dignità, la Religione Cattolica e i gaetani tutti si strinsero attorno alla regina Sofia per difendere il Sacro suolo dall'assalto dei barbari piemontesi. Un Re, Francesco II e la regina Sofia, da eroi, difesero la nostra città dalle bombe savoiarde, combatterono contro l'infamia e la codardìa cavourriana e piemontese..
Fino al 13 febbraio del 1861 Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Con la vittoria dei piemontesi e di Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata, Gaeta , in quanto bottino di guerra ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla repubblica italiana con la fuga dell'infingardo Vittorio Emanuele III, detto re pippetto, l'8 settembre del '43.
Dopo il 1861 i meridionali, che fino ad allora non conoscevano l'emigrazione, furono costretti ad una diaspora biblica; oltre 30 milioni di persone furono costrette ad abbandonare la propria terra, e quando Mussolini chiamò i veri italici, nell'ora del pericolo, alla pugna, questi arrivarono eccome dalle Americhe e sbarcarono ad Anzio, in Sicilia, a Salerno e Sciaboletta fuggì, come si conviene ad un Savoia, comportandosi da vero infame.
Il comune di Gaeta è esteso per 2.847 ettari, oggi ridotto a mera espressione geografica dai governi savoiardi. Oltre i due terzi del suo territorio, infatti non è amministrabile da parte dei cittadini e dai propri rappresentanti in Consiglio Comunale della città in quanto sotto la giurisdizione demaniale, sia essa Marittima che delle Finanze. Gaeta, la città che non c'è, dal 14 febbraio del 1861 punita per la sua avversione al sistema liberistico piemontese non è conosciuta sotto questo aspetto nemmeno dai suoi abitanti che camminano sul suolo demaniale e non lo sanno. Il Comune per far utilizzare strade, scuole ed impianti sportivi ai gaetani è costretto a pagare il pizzo allo Stato.Uno Stato che pretende il pizzo è colonialista, per non usare un altro termine; vorremmo sapere se il comune di Milano o quello di Torino pagano la tangente per far studiare i loro scolari. Non ci risulta.
Fino dal 1100 d.c. Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Dal 1861, con la vittoria della Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata , Gaeta, in quanto bottino di guerra, ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra e fellone, generale Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla Repubblica italiana.
I vari governi di centro, di destra e di sinistra,avevano messo in vendita il patrimonio di Gaeta e non solo..
l Demanio dello Stato aveva intenzione di vendere il nostri gioielli, pezzi della nostra città ai migliori offerenti, compresa la nostra storia e le nostre tradizioni, comprese le nostre radici che sono tutte lì, in quei bastioni cannoneggiati dai piemontesi, dal Castello Angioino, da quello Aragonese, dai conventi trasformati in caserme, dalle pietre laviche che grondano sangue dalle loro viscere, dalla terra che gronda sudore contadino: l'ex batteria Duca di Genova per 140 milioni; l'ex batteria dello Spirito Santo per per sei milioni; il terreno utilizzato in via della Breccia per 50 milioni; l'ex fabbricato della polveriera della Trinità per 650 milioni; le case matte sugli spalti di Serapo per 180 milioni; la batteria Philipsthall con magazzini per 300 milioni; i Bastioni per 100 milioni; la Platea sulle mura del bastione per 50 milioni:; l'area per maneggio dei cavalli per 25 milioni; l'area sovrastante l'ex Colombaia per 45 milioni; la sede stradale ( anche una strada!) per 18 milioni e pare che sia state posti in vendita gioielli come la Gran Guardia fatta costruire da Ferdinando II di Borbone, le case dei militari di via Annunziata, caserme e infrastrutture una volta militari. La vendita della nostra Storia, dei nostri beni storici e religiosi avrebbe rappresentato un affronto all'orgoglio del Sud, un'estrapolazione delle nostre radici, un vero atto di colonialismo visto che il Piemonte, causa dei mali del Sud è stato inondato di centinaia di miliardi per riattare i beni demaniali dei Savoia. Alla mia città non è toccato un centesimo e la nostra fortezza è coperta di erbacce, di alberi le cui radici la stanno disarticolando, le cui mura sono ancora piene di buche prodotte dalle cannonate di Cialdini. Ne scaraventò ben 160 mila sulle case, sulle chiese, sui bastioni.
Ieri,19 maggio, come d'incanto, come un ricorso della storia, giorno del 66° anniversario della liberazione di Gaeta dopo 83 anni di dittatura Sabauda,è stato approvato il federalismo demaniale. Quei beni sono stati trafugati e rubati dai savoia e consegnati al regno di Sardegna. Oggi, la nostra repubblica ce li restituisce. Da anni il partito del Sud si batte a che tutti i beni storici e demaniali ritornino alle città che detengono detti beni; rappresentano una ricchezza per le nostre comunità, potrebbero dare lavoro a migliaia di giovani. Ringraziamo anche l'IDV che ha votato a favore della legge. Il sottoscritto ha avuto una serie di incontri con l'on Giacomo Chiappori, della Lega Nord, ligure di nascita, amico della nostra città, per determinare le linee guida per un ritorno alla nostra comunità, di quei beni.
Ricordiamo che il padre dell'on Chiappori è stato militare a Gaeta, e raccontatogli la storia nefanda di cui si macchiarono i savoia, ha preso a cuore la questione demaniale.
Grazie Giacomo!!! Gaeta ti è grata. sempre.
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Comunicato Stampa del comune di Gaeta
Federalismo demaniale, la soddisfazione di Raimondi e Ciano
La Commissione Bicamerale ha dato il primo parere favorevole al decreto sul federalismo demaniale che consentirà, nei tempi e nei modi dovuti, il trasferimento dei beni dello Stato agli enti locali.
“È un provvedimento che la città di Gaeta aspettava da anni per poter finalmente disporre dei tanti beni demaniali che, oltre all’incuria, non hanno prodotto altro per il bene pubblico. Ora si potrà pensare ad uno sviluppo pieno e completo della città che ritornerà in possesso del suo territorio e degli edifici storici per destinarli a funzioni in linea con la ripresa economica – dichiara il Sindaco Raimondi - Aspettiamo con fiducia che il Ministero della Difesa indichi al Governo quali beni non sono più di carattere strategico abbastanza sicuri che tra questi rientri la caserma Sant’Angelo Alta. Questo immobile, attualmente, è in buone condizioni e speriamo che le decisioni in merito vengano prese prime che la struttura si degradi e necessiti di costosi interventi di ristrutturazione”.
“Il Comune di Gaeta è stato il primo nel Lazio presentare un Puv completo ed articolato nel quale è indicata la destinazione d’uso di ogni immobile demaniale. Il recupero di questi beni è un punto importante dell’azione di Governo della città e lo si è portato avanti con costanza anche con azioni poco visibili – prosegue il Sindaco - Altro punto importante del federalismo demaniale riguarda la destinazione dei proventi derivanti dall’eventuale vendita: il 25 percento sarà destinato a coprire il deficit nazionale, mentre la restante parte servirà per appianare i debiti degli enti locali. Nel caso non ci fosse una situazione debitoria dell’ente locale, la somma incassata dalla vendita sarà iscritta al capitolo degli investimenti. Quindi, abbiamo la possibilità non solo di fare cassa ma anche di migliorare l’arredo urbano, le scuole e tutti i servizi che i cittadini chiedono al Comune”.
“Ringrazio l’Onorevole Giacomo Chiappori (Lega Nord) per l’interesse dimostrato durante tutto l’iter di questa legge. È la dimostrazione che sulle grandi questioni, e il demanio è una di queste, non possono e non devono esserci divisioni: si tratta di un problema che interessa tutta Italia ed è stato un piacere collaborare con lui – aggiunge l’Assessore al Demanio, Antonio Ciano - Infine, un ringraziamento anche all’Onorevole Gianfranco Conte, Presidente della Commissione Finanze”.
Gaeta, 20 maggio 2010
Segreteria del Sindaco
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