sabato 15 maggio 2010

Bronte: Esclusi dalle celebrazioni della spedizione dei 1000 in Sicilia

Il sindaco: «Si è fatto un torto non solo a Bronte ed alla sua gente, ma all’intera memoria della storia della Sicilia

La Città di Bronte non appare nei programmi delle manifestazioni dell’Unità d’Italia della Regione siciliana e del Governo centrale ed il sindaco Firrarello ha inviato a Palermo e Roma una vibrata lettera di protesta, evidenziando l’omissione storica di uno dei fatti certamente significativi del passaggio di Garibaldi in Sicilia. Destinatari della dura missiva il presidente Raffaele Lombardo, l’assessore Gaetano Armao ed il Comitato “Sicilia 150” da una parte, il presidente Silvio Berlusconi, ed i ministri Sandro Bondi e Raffaele Fitto dall’altra.

[segue nel "Leggi tutto..." con una breve storia del passaggio di Nino Bixio]


“Senza una plausibile giustificazione – scrive Firrarello nella lettera alla Regione siciliana - sono stati dimenticati i gravi e significativi “Fatti di Bronte” del 10 agosto del 1860. Di conseguenza questa cittadina è stata esclusa dal programma delle celebrazioni, facendo un torto non solo a Bronte ed alla sua gente, ma all’intera memoria della storia della Sicilia che oggi, in occasione della ricorrenza, aveva la possibilità di far conoscere ancor di più un passato che illustri scrittori, giornalisti e registi stanno ed hanno raccontato, pur non vantando origini siciliane. La dimenticanza è ancor più grave – continua il Senatore - e rasenta i limiti dell’oltraggio, se si considera che l’Amministrazione comunale, che ho l’onore di rappresentare, se pur invitata in pesante ritardo e solo alla seduta di prosecuzione dei lavori del Comitato, ha presentato valide proposte progettuali che avrebbero permesso alla Sicilia di ricordare quanto accaduto a Bronte durante la spedizione dei 1000. Fatti, ribadisco, di importanza storica, che nessuno può permettersi di omettere”.

Firrarello, infine accusa: “Considero la dimenticanza non meno grave della partigiana verità raccontata dalla letteratura garibaldina sull’episodio e del complice silenzio di una storiografia che un tempo s’avvolgeva nel mito di Garibaldi, opportunamente “corretti” con serena obbiettività da Leonardo Sciascia, Giovanni Verga e dallo studioso brontese Benedetto Radice che vi invito fermamente a leggere”. Dello stesso tono la lettera inviata al Presidente del Consiglio ed ai Ministri, dove il sindaco evidenzia come il Comune di Bronte abbia partecipato il bando pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha fissato le modalità di accesso al programma per le celebrazioni del 150’ anniversario dell’Unità d’Italia, ma nonostante ciò sia stata dimenticata lo stesso.

COSA ACCADDE A BRONTE NEL 1860 DURANTE IL PASSAGGIO DEI 1000 (pubblicato da BronteInsieme)

I brontesi, legati da sempre al lavoro della terra, vivevano all'ombra di una fraudolenta usurpazione del loro territorio, trasferito nel 1494, con bolla pontificia, a favore dell'Ospedale Maggior di Palermo e nel 1799, con spregiudicata donazione borbonica, a favore di Orazio Nelson. In questo perenne stato di vassallaggio cresceva un acuto desiderio di rivincita e di speranza di poter riacquisire i beni perduti, culminata nei “Fatti del 1860” e fomentata dai decreti emanati da Garibaldi, che prometteva lo smantellamento dei latifondi e la spartizione delle terre. Garibaldi però non riservò ai brontesi lo stesso trattamento riservato, per esempio, ai palermitani che ebbero restituito il feudo di Bisaquino, in precedenza donato dal re di Napoli ad un suo favorito, anzi i presunti sobillatori della rivolta furono fucilati. Vero è che i contadini fecero sfociare la loro aspirazione di giustizia in un orrendo massacro, ma è altrettanto vero anche che seguì un altrettanto orrendo giudizio sommario, favorito dall'intollerante atteggiamento tenuto da Nino Bixio che, suo malgrado, era stato inviato da Garibaldi a sedare la rivolta, onde evitare di compromettere i rapporti con il governo inglese rappresentato dagli eredi di Nelson.

«Sui fatti di Bronte dell'estate 1860, sulla verità dei fatti, gravò la testimonianza della letteratura garibaldina e il complice silenzio di una storiografia che s'avvolgeva nel mito di Garibaldi, dei Mille, del popolo siciliano liberato: finché uno studioso di Bronte, il professor Benedetto Radice, non pubblicò nell'Archivio Storico per la Sicilia Orientale (anno VII, fascicolo I, 1910) una monografia intitolata Nino Bixio a Bronte; e già, a dar ragione delle cause remote della rivolta, aveva pubblicato (1906, Archivio Storico Siciliano) il saggio Bronte nella rivoluzione del 1820. E non è che non si sapesse dell'ingiustizia e della ferocia che contrassegnarono la repressione: ma era come una specie di «scheletro nell'armadio»; tutti sapevano che c'era, solo che non bisognava parlarne: per prudenza, per delicatezza, perché i panni sporchi, non che lavarsi in famiglia, non si lavano addirittura.» (Leonardo Sciascia, Nino Bixio a Bronte, 1963, pag. 14)


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Il sindaco: «Si è fatto un torto non solo a Bronte ed alla sua gente, ma all’intera memoria della storia della Sicilia

La Città di Bronte non appare nei programmi delle manifestazioni dell’Unità d’Italia della Regione siciliana e del Governo centrale ed il sindaco Firrarello ha inviato a Palermo e Roma una vibrata lettera di protesta, evidenziando l’omissione storica di uno dei fatti certamente significativi del passaggio di Garibaldi in Sicilia. Destinatari della dura missiva il presidente Raffaele Lombardo, l’assessore Gaetano Armao ed il Comitato “Sicilia 150” da una parte, il presidente Silvio Berlusconi, ed i ministri Sandro Bondi e Raffaele Fitto dall’altra.

[segue nel "Leggi tutto..." con una breve storia del passaggio di Nino Bixio]


“Senza una plausibile giustificazione – scrive Firrarello nella lettera alla Regione siciliana - sono stati dimenticati i gravi e significativi “Fatti di Bronte” del 10 agosto del 1860. Di conseguenza questa cittadina è stata esclusa dal programma delle celebrazioni, facendo un torto non solo a Bronte ed alla sua gente, ma all’intera memoria della storia della Sicilia che oggi, in occasione della ricorrenza, aveva la possibilità di far conoscere ancor di più un passato che illustri scrittori, giornalisti e registi stanno ed hanno raccontato, pur non vantando origini siciliane. La dimenticanza è ancor più grave – continua il Senatore - e rasenta i limiti dell’oltraggio, se si considera che l’Amministrazione comunale, che ho l’onore di rappresentare, se pur invitata in pesante ritardo e solo alla seduta di prosecuzione dei lavori del Comitato, ha presentato valide proposte progettuali che avrebbero permesso alla Sicilia di ricordare quanto accaduto a Bronte durante la spedizione dei 1000. Fatti, ribadisco, di importanza storica, che nessuno può permettersi di omettere”.

Firrarello, infine accusa: “Considero la dimenticanza non meno grave della partigiana verità raccontata dalla letteratura garibaldina sull’episodio e del complice silenzio di una storiografia che un tempo s’avvolgeva nel mito di Garibaldi, opportunamente “corretti” con serena obbiettività da Leonardo Sciascia, Giovanni Verga e dallo studioso brontese Benedetto Radice che vi invito fermamente a leggere”. Dello stesso tono la lettera inviata al Presidente del Consiglio ed ai Ministri, dove il sindaco evidenzia come il Comune di Bronte abbia partecipato il bando pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha fissato le modalità di accesso al programma per le celebrazioni del 150’ anniversario dell’Unità d’Italia, ma nonostante ciò sia stata dimenticata lo stesso.

COSA ACCADDE A BRONTE NEL 1860 DURANTE IL PASSAGGIO DEI 1000 (pubblicato da BronteInsieme)

I brontesi, legati da sempre al lavoro della terra, vivevano all'ombra di una fraudolenta usurpazione del loro territorio, trasferito nel 1494, con bolla pontificia, a favore dell'Ospedale Maggior di Palermo e nel 1799, con spregiudicata donazione borbonica, a favore di Orazio Nelson. In questo perenne stato di vassallaggio cresceva un acuto desiderio di rivincita e di speranza di poter riacquisire i beni perduti, culminata nei “Fatti del 1860” e fomentata dai decreti emanati da Garibaldi, che prometteva lo smantellamento dei latifondi e la spartizione delle terre. Garibaldi però non riservò ai brontesi lo stesso trattamento riservato, per esempio, ai palermitani che ebbero restituito il feudo di Bisaquino, in precedenza donato dal re di Napoli ad un suo favorito, anzi i presunti sobillatori della rivolta furono fucilati. Vero è che i contadini fecero sfociare la loro aspirazione di giustizia in un orrendo massacro, ma è altrettanto vero anche che seguì un altrettanto orrendo giudizio sommario, favorito dall'intollerante atteggiamento tenuto da Nino Bixio che, suo malgrado, era stato inviato da Garibaldi a sedare la rivolta, onde evitare di compromettere i rapporti con il governo inglese rappresentato dagli eredi di Nelson.

«Sui fatti di Bronte dell'estate 1860, sulla verità dei fatti, gravò la testimonianza della letteratura garibaldina e il complice silenzio di una storiografia che s'avvolgeva nel mito di Garibaldi, dei Mille, del popolo siciliano liberato: finché uno studioso di Bronte, il professor Benedetto Radice, non pubblicò nell'Archivio Storico per la Sicilia Orientale (anno VII, fascicolo I, 1910) una monografia intitolata Nino Bixio a Bronte; e già, a dar ragione delle cause remote della rivolta, aveva pubblicato (1906, Archivio Storico Siciliano) il saggio Bronte nella rivoluzione del 1820. E non è che non si sapesse dell'ingiustizia e della ferocia che contrassegnarono la repressione: ma era come una specie di «scheletro nell'armadio»; tutti sapevano che c'era, solo che non bisognava parlarne: per prudenza, per delicatezza, perché i panni sporchi, non che lavarsi in famiglia, non si lavano addirittura.» (Leonardo Sciascia, Nino Bixio a Bronte, 1963, pag. 14)


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