venerdì 19 marzo 2010

Lisbona 10 anni dopo: l’Europa arranca, l’Italia a picco

Di Carlo Cipriani

Nel Marzo del 2000 fu lanciata la strategia che doveva fare entro il 2010 dell’Europa l’economia più dinamica e competitiva. Purtroppo le cose sono andate diversamente, e non solo per colpa della crisi. Dati alla mano, hanno fallito tutti. Ma il nostro Paese più degli altri

Il 3 marzo 2000 il Consiglio europeo lanciò la strategia di Lisbona, il piano di sviluppo che avrebbe dovuto fare dell’Unione “la più dinamica e competitiva economia basata sulla 53dossier5 Lisbona 10 anni dopo: l’Europa arranca, l’Italia a piccoconoscenza del mondo, capace di una crescita economica sostenibile con un numero maggiore e migliore di posti di lavoro, una maggiore coesione sociale, e rispetto per l’ambiente entro il 2010″. Purtroppo da tempo si sa che è stato un fallimento: già l’anno scorso il primo ministro svedese, presidente pro tempore dell’Unione europea, aveva detto che ”anche se sono stati fatti progressi, ad un anno dal 2010, la strategia di Lisbona è fallita”.

COM’E’ ANDATA L’ITALIA? – In occasione del decennale, il Presidente della Commissione Europea Barroso, ha deciso di rilanciare, proponendo una nuova strategia “Europe 2020: a new economic strategy” (disponibile anche in italiano) e di fatto spostando di 10 anni il traguardo di cui si discuterà a fine mese in un nuovo Consiglio Europeo. Ma è utile anche fare un bilancio dei risultati di questo decennio. Per vedere cosa è successo in Europa e soprattutto come è andata l’Italia basta analizzare gli indicatori scelti 10 anni fa per misurare i progressi verso gli obiettivi di Lisbona. Si tratta di oltre 100 indicatori, scelti all’inizio del processo e quindi non strumentalizzabili, divisi in 6 aree: background economico, ricerca ed innovazione, riforma economica, occupazione, coesione sociale ed ambiente. Tra di loro sono stati selezionati in questa lista gli indicatori “chiave”. E’ possibile farsi un giudizio sull’andamento del nostro Paese. E di chi in questi anni lo ha governato, a partire da Silvio Berlusconi, che ha governato 7 anni su 10.

CROLLANO PIL PROCAPITE E PRODUTTIVITA’ – La prima area misura la prosperità economica dei diversi paesi, utilizzando molti indicatori, tra cui il debito pubblico, il tasso d’inflazione, il tasso di crescita dell’occupazione. I due indicatori “chiave” sono il livello di Pil pro capite e la Produttività del lavoro per occupato. Nel Pil pro capite, l’Italia nel 2000 si trovava nettamente al di sopra della media dei 27 paesi mentre nel 2008 il valore scende ad un livello prossimo alla media europea: fatta 100 la media UE 27, l’Italia passa da un valore di 116,9 ad uno di 101,8. La causa di questo arretramento relativo è la crescita lentissima del Pil italiano tra 2000 e 2007 a cui è seguita la consistente caduta, unico tra i paesi europei, già dal 2008. Il valore della produttività del lavoro per l’Italia mostra anch’esso un calo enorme: si passa da un valore di oltre 27 punti percentuali superiore alla media della Ue ad uno sempre più elevato, ma di appena l’8%. Paesi che avevano valori simili ai nostri, come Francia e Belgio, ora ci appaionoinnovation Lisbona 10 anni dopo: l’Europa arranca, l’Italia a picco lontanissimi. Anche la crescita dell’occupazione italiana di questi anni è quindi stata un’occupazione “povera” che crea proporzionalmente poca ricchezza. L’Italia in questa area ha una performance sconfortante, che da sola rappresenta perfettamente il declino italiano.

BASSA SPESA IN RICERCA E INNOVAZIONE – Nell’area ricerca ed innovazione si misura lo sviluppo dei diversi paesi nell’economia della conoscenza e delle nuove tecnologie, utilizzando numerosi indicatori tra i quali la spesa in risorse umane, i laureati in materie scientifiche, la spesa in ICT. I due indicatori chiave sono la spesa in ricerca e sviluppo e la percentuale di popolazione giovane con diploma di scuola superiore. Nella percentuale di spesa in ricerca e sviluppo l’Europa è rimasta in generale molto lontana dagli obiettivi fissati. Ma all’interno, accanto a paesi che avevano già investimenti consistenti come la Germania, che passa dal 2,27% al 2,63% di spesa in R&S in rapporto al Pil, o Francia, che scende lievemente ma resta comunque sopra al 2%, l’Italia parte da un livello molto basso nel 2000 1,05 per arrivare ad un misero 1,18% a fine periodo. E’ andata un po’meglio nell’evoluzione delle percentuale di giovani tra 20 e 24 anni che conseguono un diploma di scuola superiore. Nell’Europa a 27 si passa dal 76,5% del 2000 al 78,6% del 2008, in Italia si partiva dal 69,4% al 76,5%. Un buon passo in avanti, ma sempre considerando che in Francia, per esempio, questa percentuale sale all’83,4%. E dando una rapida occhiata agli altri indicatori, si nota che in molti – dalla Spesa in ICT, alla diffusione della Banda larga, alla concessione di brevetti – l’Italia non solo è indietro rispetto alla media europea, ma perde terreno anche nei confronti di paesi di seconda fascia. Il decennio 2000-2010 ci vede bocciati (più degli altri) anche in quest’area.

Fonte:Giornalettismo

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Di Carlo Cipriani

Nel Marzo del 2000 fu lanciata la strategia che doveva fare entro il 2010 dell’Europa l’economia più dinamica e competitiva. Purtroppo le cose sono andate diversamente, e non solo per colpa della crisi. Dati alla mano, hanno fallito tutti. Ma il nostro Paese più degli altri

Il 3 marzo 2000 il Consiglio europeo lanciò la strategia di Lisbona, il piano di sviluppo che avrebbe dovuto fare dell’Unione “la più dinamica e competitiva economia basata sulla 53dossier5 Lisbona 10 anni dopo: l’Europa arranca, l’Italia a piccoconoscenza del mondo, capace di una crescita economica sostenibile con un numero maggiore e migliore di posti di lavoro, una maggiore coesione sociale, e rispetto per l’ambiente entro il 2010″. Purtroppo da tempo si sa che è stato un fallimento: già l’anno scorso il primo ministro svedese, presidente pro tempore dell’Unione europea, aveva detto che ”anche se sono stati fatti progressi, ad un anno dal 2010, la strategia di Lisbona è fallita”.

COM’E’ ANDATA L’ITALIA? – In occasione del decennale, il Presidente della Commissione Europea Barroso, ha deciso di rilanciare, proponendo una nuova strategia “Europe 2020: a new economic strategy” (disponibile anche in italiano) e di fatto spostando di 10 anni il traguardo di cui si discuterà a fine mese in un nuovo Consiglio Europeo. Ma è utile anche fare un bilancio dei risultati di questo decennio. Per vedere cosa è successo in Europa e soprattutto come è andata l’Italia basta analizzare gli indicatori scelti 10 anni fa per misurare i progressi verso gli obiettivi di Lisbona. Si tratta di oltre 100 indicatori, scelti all’inizio del processo e quindi non strumentalizzabili, divisi in 6 aree: background economico, ricerca ed innovazione, riforma economica, occupazione, coesione sociale ed ambiente. Tra di loro sono stati selezionati in questa lista gli indicatori “chiave”. E’ possibile farsi un giudizio sull’andamento del nostro Paese. E di chi in questi anni lo ha governato, a partire da Silvio Berlusconi, che ha governato 7 anni su 10.

CROLLANO PIL PROCAPITE E PRODUTTIVITA’ – La prima area misura la prosperità economica dei diversi paesi, utilizzando molti indicatori, tra cui il debito pubblico, il tasso d’inflazione, il tasso di crescita dell’occupazione. I due indicatori “chiave” sono il livello di Pil pro capite e la Produttività del lavoro per occupato. Nel Pil pro capite, l’Italia nel 2000 si trovava nettamente al di sopra della media dei 27 paesi mentre nel 2008 il valore scende ad un livello prossimo alla media europea: fatta 100 la media UE 27, l’Italia passa da un valore di 116,9 ad uno di 101,8. La causa di questo arretramento relativo è la crescita lentissima del Pil italiano tra 2000 e 2007 a cui è seguita la consistente caduta, unico tra i paesi europei, già dal 2008. Il valore della produttività del lavoro per l’Italia mostra anch’esso un calo enorme: si passa da un valore di oltre 27 punti percentuali superiore alla media della Ue ad uno sempre più elevato, ma di appena l’8%. Paesi che avevano valori simili ai nostri, come Francia e Belgio, ora ci appaionoinnovation Lisbona 10 anni dopo: l’Europa arranca, l’Italia a picco lontanissimi. Anche la crescita dell’occupazione italiana di questi anni è quindi stata un’occupazione “povera” che crea proporzionalmente poca ricchezza. L’Italia in questa area ha una performance sconfortante, che da sola rappresenta perfettamente il declino italiano.

BASSA SPESA IN RICERCA E INNOVAZIONE – Nell’area ricerca ed innovazione si misura lo sviluppo dei diversi paesi nell’economia della conoscenza e delle nuove tecnologie, utilizzando numerosi indicatori tra i quali la spesa in risorse umane, i laureati in materie scientifiche, la spesa in ICT. I due indicatori chiave sono la spesa in ricerca e sviluppo e la percentuale di popolazione giovane con diploma di scuola superiore. Nella percentuale di spesa in ricerca e sviluppo l’Europa è rimasta in generale molto lontana dagli obiettivi fissati. Ma all’interno, accanto a paesi che avevano già investimenti consistenti come la Germania, che passa dal 2,27% al 2,63% di spesa in R&S in rapporto al Pil, o Francia, che scende lievemente ma resta comunque sopra al 2%, l’Italia parte da un livello molto basso nel 2000 1,05 per arrivare ad un misero 1,18% a fine periodo. E’ andata un po’meglio nell’evoluzione delle percentuale di giovani tra 20 e 24 anni che conseguono un diploma di scuola superiore. Nell’Europa a 27 si passa dal 76,5% del 2000 al 78,6% del 2008, in Italia si partiva dal 69,4% al 76,5%. Un buon passo in avanti, ma sempre considerando che in Francia, per esempio, questa percentuale sale all’83,4%. E dando una rapida occhiata agli altri indicatori, si nota che in molti – dalla Spesa in ICT, alla diffusione della Banda larga, alla concessione di brevetti – l’Italia non solo è indietro rispetto alla media europea, ma perde terreno anche nei confronti di paesi di seconda fascia. Il decennio 2000-2010 ci vede bocciati (più degli altri) anche in quest’area.

Fonte:Giornalettismo

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