domenica 31 gennaio 2010

Quando il Sud era il Nord


Di Orlando Fico

I buoni e i cattivi
Il contrubuto del Sud all'unificazione. Pier Carlo Boggio, Vittorio Bersezio, Michelangelo Castelli, Giuseppe Bertoldi, Massimo d’Azeglio, Silvio Pellico, Costantino Nigra, Angelo Brofferio, Santorre di Santarosa, Cesare Balbo, Carlo Alberto, Camillo Cavour (Piemonte); Gabrio Casati, Giuseppe Guerzoni, Emilio Dandolo, Cristina di Belgioioso, Carlo Cattaneo, Giovanni Berchet, Giovanni Visconti Venosta (Lombardia); Anton Giulio Barrili,Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria);
Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria); Ippolito Nievo, Arnaldo Fusinato, Francesco Dall’Ongaro, Nicolò Tommaseo(Veneto); Nicola Nisco, Carlo Pisacane, Luigi Settembrini (Campania); Giuseppe Massari (Puglie); Guglielmo Pepe (Calabria).
Questa sfilza di nomi può sembrare noiosa, ma si ritiene oppurtuno sottoporla all’attenzione del lettore, poiché riflettendo su questi nomi, si possono capire meglio alcune vicende della storia del Risorgimento così come è stata insegnata a scuola. Si tratta chiaramente di patrioti che erano ostili ai propri governanti e desiderosi di unificare l’Italia. Essi sono anche gli autori di brani contenuti in due opuscoli distribuiti nelle scuole nel 1961 in occasione del primo centenario dell’ Italia unita: sulle copertine è riprodotta una coccarda verde, bianca, rossa; i titoli “I grandi fatti che portarono all’Unità” e “Figure ed episodi del Risorgimento Italiano”.
Facevano parte di una collana diretta da A.M. Ghisalberti, presidente dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Probabilmente chi legge potrebbe ancora averne una copia tra i suoi vecchi libri. Si considerino questi nomi, al termine di ogni serie è citata la regione di provenienza: salta subito all’occhio che solo un’ esigua minoranza di questi patrioti proveniva da regioni meridionali. Ciò indica che il bisogno di un’Italia unita nel Regno delle Due Sicilie era allora poco sentito e, come poi dimostrò la lunga e sanguinosa guerra civile causata dall’invasione delle regioni del Sud da parte di Garibaldi e dei piemontesi, l’ unificazione venne imposta con la forza delle armi. Quindi le regioni del Sud non vennero “liberate”, come hanno detto ripetutamente, ma con il pretesto dell’unificazione furono invase e occupate con la forza delle armi da parte dei “fratelli” garibaldini e piemontesi. I suddetti patrioti, come già accennato, hanno raccontato del risorgimento alcuni episodi che leggiamo nei libri della storia ufficiale. Ma non è la storia, è la “loro” storia, una storia interessata e inventata per giustificare l’invasione, una storia fatta di vuota esaltazione dei “buoni” Savoia e piemontesi e di denigrazione dei “cattivi” Borboni.
A riprova basterebbe rileggere qualche brano di questi opuscoli e per una più corretta valutazione sarebbe anche opportuno avere sugli autori tutte quelle notizie taciute furbescamente nei testi scolastici ufficiali. Per ragioni di spazio e a titolo di esempio ci si limita solo a qualche rapido cenno su Luigi Settembrini e Massimo d’Azeglio. L. Settembrini, napoletano, ostile al governo borbonico, per la sua attività di cospiratore fu condannato più volte: allora in tutti gli stati italiani le cospirazioni erano frequenti e così le condanne. Approfittando dell’invasione garibaldina, dall’Inghilterra dove si trovava, tornò in Italia. A Napoli occupò la cattedra di letteratura all’Università e prese parte anche alla vita politica. Scrisse alcune opere fra cui “Le ricordanze della mia vita” pubblicata postuma nel 1879 e proprio in quest’opera di riflessione sulla propria vita ricordò quanto aveva detto nel 1870, cioè dopo dieci anni di mal governo sabaudo, rivolgendosi ai suoi allievi: ”Figli miei, bestemmiate la memoria di Ferdinando II, poiché è sua la colpa di questo. Se egli avesse impiccato noi altri, oggi non si sarebbe a questo: fu clemente e noi facemmo di peggio”. Evidentemente il nuovo governo rappresentato dai Savoia era peggiore del precedente; né il Settembrini poteva ignorare gli orrendi crimini della guerra civile! Ma egli, al pari degli altri suoi connazionali, aveva già contribuito con la sua propaganda contro i Borboni, ad affrettare la rovina di un regno florido e di una popolazione pacifica. . M. d’ Azeglio fu artista, scrittore, uomo politico torinese.
Ai suoi amici patrioti che volevano aiutare i lombardi a sottrarre la loro terra all’ Austria in occasione delle cinque giornate e non sapevano in che modo potessero essere loro utili, disse:”Chiamiamo il ladro, solo Carlo Alberto può mettere mano in questo affare!” Evidentemente alludeva a qualche “vizietto” di famiglia dei Savoia. . Nel 2011 ricorrerà il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e già in vista di questo evento sono in atto i preparativi con la programmazione fra l’altro di mostre, convegni ecc.ecc. Una mostra è stata organizzata anche a Roma in alcune sale interne dell’Altare della Patria. In questa mostra sono esposte, oltre che le solite facce dei massacratori del Centro e del Sud dell’Italia, anche una copia degli opuscoli sopra ricordati, gli stessi del 1961: nulla è cambiato!
Anche i testi scolastici in uso nelle nostre scuole sono rimasti immutati. D’altronde c’è chi scrive i libri e non si preoccupa tanto di aggiornarsi, è meno faticoso scopiazzare quelli già esistenti, perché poi turbare la quiete? A ciò si aggiunga l’orientamento di certe case editrici e il gioco è fatto. In tali testi appunto il risorgimento è rimasto pressoché invariato con le solite falsità già propinate a noi e oggi ai nostri figli, malgrado anche i numerosi documenti venuti alla luce dalla metà del secolo appena trascorso.
Nel 1951 infatti, cioè cinque anni dopo che fu decretata la fine della monarchia dei Savoia, accadde un fatto molto importante: gli eredi della dinastia dei Borboni poterono vendere allo stato italiano l’Archivio Borbone, trasferito poi nell’Archivio di Stato di Napoli. Prese parte a tale operazione anche la principessa Urraca di Borbone, nipote di Alfonso, fratello di Francesco II, ultimo re del Regno delle Due Sicilie. Questo archivio che contiene un’infinità di notizie inedite, diede nuovo impulso alla ricerca storica sulle vicende risorgimentali. Così fu possibile diffondere notizie del tutto sconcertanti che rovesciano completamente quanto è stato insegnato a scuola.
Purtroppo ci sono ancora quelli che si ostinano a sostenere spudoratamente le loro “verità”, infarcite di bugie, come Alessandro Galante Garrone dell’Università di Torino. Secondo questo signore bisogna difendere il risorgimento da una ”denigrazione programmatica, fanatica e irragionevole, per fini di parte, svilendo l’opera dei padri risorgimentali, con il rischio di negare le radici stesse dell’esistenza dello stato italiano”.
E ancora “…la contestazione dei valori risorgimentali si accompagna a un rifluire di ideologie reazionarie, di speranze, di rivincite degli sconfitti dalla storia” infine “… rivedere il risorgimento potrebbe significare trovarsi a disagio nel contesto europeo”. Capito!? Così accanto all’episodio del meeting di Rimini del divieto di una mostra per ricordare i partigiani martiri borbonici segnalato in precedenza, si ha notizia di altre vergognose amenità. Sicuramente ci sarà altro da aspettarsi... Le regioni del centro e del sud dell’Italia furono vittime senza colpa di una feroce aggressione e di un genocidio paragonabile a quello degli indiani d’ America: infatti l’infame usurpazione del Regno delle Due Sicilie e dello Stato Pontificio da parte dei Savoia causò anche una lunga e sanguinosa guerra fratricida, con conseguenze quasi irreparabili sul tessuto sociale ed economico di una parte così importante dell’Italia.
Tutto ciò diede origine all’annosa questione meridionale che non accenna a risolversi e c’è ancora chi ha la faccia tosta di sostenere l’intangibilità del risorgimento e di negare le gravissime responsabilità dei Savoia, di Garibaldi, di Cavour e compagni! E se per un certo tempo è andata bene, non vuol dire che il settarismo di costoro debba prevalere per sempre. Certe difese ad oltranza diventano semplicemente ridicole: la monarchia dei Savoia fortunatamente non esiste più. Ce ne liberammo già nel 1946, si rassegnino gli illusi e i cattivi maestri. E allora dove sono i buoni, dove i cattivi? Chi ha rovinato le regioni del Sud ricche e prospere prima dell’invasione di Garibaldi.

Fonte:Diaspora Petilina
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Di Orlando Fico

I buoni e i cattivi
Il contrubuto del Sud all'unificazione. Pier Carlo Boggio, Vittorio Bersezio, Michelangelo Castelli, Giuseppe Bertoldi, Massimo d’Azeglio, Silvio Pellico, Costantino Nigra, Angelo Brofferio, Santorre di Santarosa, Cesare Balbo, Carlo Alberto, Camillo Cavour (Piemonte); Gabrio Casati, Giuseppe Guerzoni, Emilio Dandolo, Cristina di Belgioioso, Carlo Cattaneo, Giovanni Berchet, Giovanni Visconti Venosta (Lombardia); Anton Giulio Barrili,Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria);
Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria); Ippolito Nievo, Arnaldo Fusinato, Francesco Dall’Ongaro, Nicolò Tommaseo(Veneto); Nicola Nisco, Carlo Pisacane, Luigi Settembrini (Campania); Giuseppe Massari (Puglie); Guglielmo Pepe (Calabria).
Questa sfilza di nomi può sembrare noiosa, ma si ritiene oppurtuno sottoporla all’attenzione del lettore, poiché riflettendo su questi nomi, si possono capire meglio alcune vicende della storia del Risorgimento così come è stata insegnata a scuola. Si tratta chiaramente di patrioti che erano ostili ai propri governanti e desiderosi di unificare l’Italia. Essi sono anche gli autori di brani contenuti in due opuscoli distribuiti nelle scuole nel 1961 in occasione del primo centenario dell’ Italia unita: sulle copertine è riprodotta una coccarda verde, bianca, rossa; i titoli “I grandi fatti che portarono all’Unità” e “Figure ed episodi del Risorgimento Italiano”.
Facevano parte di una collana diretta da A.M. Ghisalberti, presidente dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Probabilmente chi legge potrebbe ancora averne una copia tra i suoi vecchi libri. Si considerino questi nomi, al termine di ogni serie è citata la regione di provenienza: salta subito all’occhio che solo un’ esigua minoranza di questi patrioti proveniva da regioni meridionali. Ciò indica che il bisogno di un’Italia unita nel Regno delle Due Sicilie era allora poco sentito e, come poi dimostrò la lunga e sanguinosa guerra civile causata dall’invasione delle regioni del Sud da parte di Garibaldi e dei piemontesi, l’ unificazione venne imposta con la forza delle armi. Quindi le regioni del Sud non vennero “liberate”, come hanno detto ripetutamente, ma con il pretesto dell’unificazione furono invase e occupate con la forza delle armi da parte dei “fratelli” garibaldini e piemontesi. I suddetti patrioti, come già accennato, hanno raccontato del risorgimento alcuni episodi che leggiamo nei libri della storia ufficiale. Ma non è la storia, è la “loro” storia, una storia interessata e inventata per giustificare l’invasione, una storia fatta di vuota esaltazione dei “buoni” Savoia e piemontesi e di denigrazione dei “cattivi” Borboni.
A riprova basterebbe rileggere qualche brano di questi opuscoli e per una più corretta valutazione sarebbe anche opportuno avere sugli autori tutte quelle notizie taciute furbescamente nei testi scolastici ufficiali. Per ragioni di spazio e a titolo di esempio ci si limita solo a qualche rapido cenno su Luigi Settembrini e Massimo d’Azeglio. L. Settembrini, napoletano, ostile al governo borbonico, per la sua attività di cospiratore fu condannato più volte: allora in tutti gli stati italiani le cospirazioni erano frequenti e così le condanne. Approfittando dell’invasione garibaldina, dall’Inghilterra dove si trovava, tornò in Italia. A Napoli occupò la cattedra di letteratura all’Università e prese parte anche alla vita politica. Scrisse alcune opere fra cui “Le ricordanze della mia vita” pubblicata postuma nel 1879 e proprio in quest’opera di riflessione sulla propria vita ricordò quanto aveva detto nel 1870, cioè dopo dieci anni di mal governo sabaudo, rivolgendosi ai suoi allievi: ”Figli miei, bestemmiate la memoria di Ferdinando II, poiché è sua la colpa di questo. Se egli avesse impiccato noi altri, oggi non si sarebbe a questo: fu clemente e noi facemmo di peggio”. Evidentemente il nuovo governo rappresentato dai Savoia era peggiore del precedente; né il Settembrini poteva ignorare gli orrendi crimini della guerra civile! Ma egli, al pari degli altri suoi connazionali, aveva già contribuito con la sua propaganda contro i Borboni, ad affrettare la rovina di un regno florido e di una popolazione pacifica. . M. d’ Azeglio fu artista, scrittore, uomo politico torinese.
Ai suoi amici patrioti che volevano aiutare i lombardi a sottrarre la loro terra all’ Austria in occasione delle cinque giornate e non sapevano in che modo potessero essere loro utili, disse:”Chiamiamo il ladro, solo Carlo Alberto può mettere mano in questo affare!” Evidentemente alludeva a qualche “vizietto” di famiglia dei Savoia. . Nel 2011 ricorrerà il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e già in vista di questo evento sono in atto i preparativi con la programmazione fra l’altro di mostre, convegni ecc.ecc. Una mostra è stata organizzata anche a Roma in alcune sale interne dell’Altare della Patria. In questa mostra sono esposte, oltre che le solite facce dei massacratori del Centro e del Sud dell’Italia, anche una copia degli opuscoli sopra ricordati, gli stessi del 1961: nulla è cambiato!
Anche i testi scolastici in uso nelle nostre scuole sono rimasti immutati. D’altronde c’è chi scrive i libri e non si preoccupa tanto di aggiornarsi, è meno faticoso scopiazzare quelli già esistenti, perché poi turbare la quiete? A ciò si aggiunga l’orientamento di certe case editrici e il gioco è fatto. In tali testi appunto il risorgimento è rimasto pressoché invariato con le solite falsità già propinate a noi e oggi ai nostri figli, malgrado anche i numerosi documenti venuti alla luce dalla metà del secolo appena trascorso.
Nel 1951 infatti, cioè cinque anni dopo che fu decretata la fine della monarchia dei Savoia, accadde un fatto molto importante: gli eredi della dinastia dei Borboni poterono vendere allo stato italiano l’Archivio Borbone, trasferito poi nell’Archivio di Stato di Napoli. Prese parte a tale operazione anche la principessa Urraca di Borbone, nipote di Alfonso, fratello di Francesco II, ultimo re del Regno delle Due Sicilie. Questo archivio che contiene un’infinità di notizie inedite, diede nuovo impulso alla ricerca storica sulle vicende risorgimentali. Così fu possibile diffondere notizie del tutto sconcertanti che rovesciano completamente quanto è stato insegnato a scuola.
Purtroppo ci sono ancora quelli che si ostinano a sostenere spudoratamente le loro “verità”, infarcite di bugie, come Alessandro Galante Garrone dell’Università di Torino. Secondo questo signore bisogna difendere il risorgimento da una ”denigrazione programmatica, fanatica e irragionevole, per fini di parte, svilendo l’opera dei padri risorgimentali, con il rischio di negare le radici stesse dell’esistenza dello stato italiano”.
E ancora “…la contestazione dei valori risorgimentali si accompagna a un rifluire di ideologie reazionarie, di speranze, di rivincite degli sconfitti dalla storia” infine “… rivedere il risorgimento potrebbe significare trovarsi a disagio nel contesto europeo”. Capito!? Così accanto all’episodio del meeting di Rimini del divieto di una mostra per ricordare i partigiani martiri borbonici segnalato in precedenza, si ha notizia di altre vergognose amenità. Sicuramente ci sarà altro da aspettarsi... Le regioni del centro e del sud dell’Italia furono vittime senza colpa di una feroce aggressione e di un genocidio paragonabile a quello degli indiani d’ America: infatti l’infame usurpazione del Regno delle Due Sicilie e dello Stato Pontificio da parte dei Savoia causò anche una lunga e sanguinosa guerra fratricida, con conseguenze quasi irreparabili sul tessuto sociale ed economico di una parte così importante dell’Italia.
Tutto ciò diede origine all’annosa questione meridionale che non accenna a risolversi e c’è ancora chi ha la faccia tosta di sostenere l’intangibilità del risorgimento e di negare le gravissime responsabilità dei Savoia, di Garibaldi, di Cavour e compagni! E se per un certo tempo è andata bene, non vuol dire che il settarismo di costoro debba prevalere per sempre. Certe difese ad oltranza diventano semplicemente ridicole: la monarchia dei Savoia fortunatamente non esiste più. Ce ne liberammo già nel 1946, si rassegnino gli illusi e i cattivi maestri. E allora dove sono i buoni, dove i cattivi? Chi ha rovinato le regioni del Sud ricche e prospere prima dell’invasione di Garibaldi.

Fonte:Diaspora Petilina
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