domenica 15 novembre 2009

Le ultime eco-balle di Silvio



Altro che sorpasso dell’Inghilterra. L’Italia è ultima per crescita nel 2009 e lo sarà pure nel 2010. Intanto, crollano produzione industriale -5,3% (in un solo mese) ed i consumi – 4,8%. Ecco i dati veri che la tv non ci racconta e che smentiscono il governo.
“L’Italia è la sesta nazione più ricca del mondo visto che il suo Pil ha ormai
superato quello della Gran Bretagna”. E ancora: “La crisi è ormai alle spalle, il peggio e passato”. Parole e musica del Presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, pronunciate non al festival di Sanremo ma soli pochi giorni fa, dopo l’ultimo Consiglio dei ministri. Le cose stanno davvero così? La risposta, dati alla mano, inesorabilmente, è No. La realtà, purtroppo, è assai diversa. L’interpretazione data dal premier, da molti suoi ministri, parlamentari e, persino, da alcuni “organi di informazione” dei recenti dati Ocse, appare quantomeno molto azzardata. Anzi, per dirla con una nota del Nens “siamo davanti all’ennesima mistificazione messa in atto dall’esecutivo”.

BUFALE - Lo stesso istituto economico, proprio nei giorni scorsi, aveva pubblicato l’ultimo aggiornamento dei dati CLI (Composite Leading Indicator), comunemente battezzati “Superindice” che, come detto nel nome, non è altro che un insieme di indicatori compositi ovvero una miscela di altri indicatori che offrono una possibile interpretazione delle evoluzioni economiche attese per il prossimo futuro. Questo Superindice, quindi, è costruito in modo diverso per ciascun Paese, utilizzando, spesso, parametri assai diversi tra loro. Nel caso italiano, l’indicatore si basa sulle aspettative delle famiglie e delle imprese manifatturiere, oltre che sulle previsioni di nuovi ordinativi, sulle ragioni di scambio e sui tassi interbancari. Per la Francia e la Germania, viceversa, l’indice tiene conto anche delle nuove immatricolazioni di automobili; per la Spagna, ancora, è considerato il numero di notti in hotel. Insomma, vengono considerati dati molto diversi e comunque non confrontabili a meno di non volere (scientemente) confondere l’opinione pubblica e la realtà delle cose. Il Nens segnala come sia difficile capire “a quale logica risponda tutto ciò, ma sicuramente l’indice che ne scaturisce non ha la funzione di indicare lo stato di salute delle diverse economie e le aspettative di variazione rispetto al passato”. Non può, quindi, in alcun modo sostituire le indicazioni che provengono dai dati statistici e macroeconomici elaborati dall’Istat, dalla Banca d’Italia e dalla stessa Banca centrale europea. “Ciò che è accaduto – spiega la nota – invece, è che la diffusione di questo assai poco significativo “superindice” (il cui limitato significato è segnalato, del resto, dalla stessa Ocse) ha offerto al Governo (e ai media) l’occasione per sostenere che l’Italia sta uscendo dalla crisi economica mondiale meglio di tutti gli altri, sventolando la bandiera del sorpasso del Pil procapite inglese che in realtà non è altro che il risultato della svalutazione della sterlina rispetto all’euro. Una bufala mediatica quindi, che in molti non hanno esitato però a cavalcare. Basta ricordare, per tutte, le dichiarazioni quasi grottesche del portavoce del Popolo della libertà, Daniele Capezzone: “Crisi? Il Governo spinge l’Italia verso la ripresa”.

FUORI DALLA CRISI ? - Purtroppo la realtà, ahinoi inconfutabile, è assai diversa. Il dato che fotografa la situazione italiana rispetto agli altri Paesi è quello che qui riportiamo, ricavato dal World economic outlook di ottobre scorso del Fondo monetario internazionale (Fmi). Si tratta delle variazioni percentuali del Pil sull’anno precedente. Così risulta che la Francia avrà una variazione dal -2,4% (2009) allo 0,9% (2010). La Germania dal -5,3% (2009) allo 0,3% (2010). L’Italia dal -5,1 del 2009 ad un impercettibile 0,2% in più rispetto all’anno precedente, nel 2010. Questo significa, in sostanza, che nel 2010 rispetto al 2008 (l’ultimo anno con Pil in crescita) avremo un differenziale negativo del 4,9%. Abbiamo già ricordato in un altro articolo come, di questo passo, per tornare ai livelli di Pil del 2008 sarà necessaria aspettare almeno il 2015 . Per la Spagna poi avremo: -3,8% (nel 2009) e 0,7% (nel 2010). Per la Gran Bretagna, infine, -4,4% (2009) e 0,9% (2010). Tutto questo significa che nel 2009 e nel 2010 l’Italia, tra i grandi paesi europei, è costantemente l’ultima per la crescita economica.
“Con questi rilievi – chiosa il Nens – è davvero difficile comprendere con quale criterio e con quali obiettivi si possa sostenere che l’Italia è il Paese che sta uscendo dalla crisi meglio di tutti gli altri”.

CALO DELLE VENDITE - Altri dati, pubblicati proprio nelle ultime ore, purtroppo confermano quanto sia difficile la situazione economica per il nostro Paese. L’Istat ha reso noto come a settembre 2009 l’indice della produzione industriale destagionalizzato ha segnato un calo del 5,3% rispetto ad agosto. E’ il calo maggiore dal 1990. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, inoltre, la variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi, rispetto a quella dei tre mesi precedenti, è pari a 4%. L’indice grezzo, invece, risulta in calo del 15,3% rispetto a settembre 2008 mentre l’indice corretto per gli effetti di calendario scende del 15,7% annuo. Guardando ai principali raggruppamenti di industrie, l’Istat segnala variazioni congiunturali negative del dato destagionalizzato per i beni intermedi (-7,9%), per i beni strumentali (-5,6%), per i beni di consumo (-4,1%), per l’energia (-3,9%). Considerando la dinamica tendenziale su settembre 2008 i dati corretti per gli effetti di calendario segnalano un calo del 21,2% per i beni intermedi, del 20,4% per i beni strumentali, del 10,5% per l’energia e del 5,5% per i beni di consumo. Non meglio va sul lato dei consumi. nel terzo trimestre dell’anno, infatti, i consumi delle famiglie sono calati del 4,8% rispetto allo stesso periodo del 2008. Lo rileva l’indagine congiunturale del centro studi di Unioncamere. Il calo è superiore dell’1% anche rispetto al trimestre precedente. Il calo delle vendite commerciali si fa sentire di più al Sud e in generale colpisce soprattutto il settore alimentare. La gente acquista meno anche i beni di prima necessità e non solo nei piccoli negozi, ma anche in iper e supermercati, a dimostrazione che gli effetti della crisi superano le politiche dei prezzi-offerta della grande distribuzione. Da un’altra indagine, questa volta dell’Ispo commissionata da Confesercenti, avente per tema l’opinione e atteggiamenti degli italiani sulla crisi economica, emerge come gli italiani credono che il peggio della crisi non sia passato e temono di dover aspettare ancora a lungo per la ripresa. Per nove persone su dieci la recessione appare come un fenomeno “ancora lontano dalla fine”. Solo l’11% della popolazione crede che la fase più acuta sia davvero alle spalle, mentre l’87% non è d’accordo e un 2% resta nel limbo di chi non si esprime. Insomma, l’ottimismo di Berlusconi non solo è fuori luogo ma è, allo stesso tempo, il segno più evidente di come questo governo ha perso la bussola economica e il polso del paese “reale”.


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Altro che sorpasso dell’Inghilterra. L’Italia è ultima per crescita nel 2009 e lo sarà pure nel 2010. Intanto, crollano produzione industriale -5,3% (in un solo mese) ed i consumi – 4,8%. Ecco i dati veri che la tv non ci racconta e che smentiscono il governo.
“L’Italia è la sesta nazione più ricca del mondo visto che il suo Pil ha ormai
superato quello della Gran Bretagna”. E ancora: “La crisi è ormai alle spalle, il peggio e passato”. Parole e musica del Presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, pronunciate non al festival di Sanremo ma soli pochi giorni fa, dopo l’ultimo Consiglio dei ministri. Le cose stanno davvero così? La risposta, dati alla mano, inesorabilmente, è No. La realtà, purtroppo, è assai diversa. L’interpretazione data dal premier, da molti suoi ministri, parlamentari e, persino, da alcuni “organi di informazione” dei recenti dati Ocse, appare quantomeno molto azzardata. Anzi, per dirla con una nota del Nens “siamo davanti all’ennesima mistificazione messa in atto dall’esecutivo”.

BUFALE - Lo stesso istituto economico, proprio nei giorni scorsi, aveva pubblicato l’ultimo aggiornamento dei dati CLI (Composite Leading Indicator), comunemente battezzati “Superindice” che, come detto nel nome, non è altro che un insieme di indicatori compositi ovvero una miscela di altri indicatori che offrono una possibile interpretazione delle evoluzioni economiche attese per il prossimo futuro. Questo Superindice, quindi, è costruito in modo diverso per ciascun Paese, utilizzando, spesso, parametri assai diversi tra loro. Nel caso italiano, l’indicatore si basa sulle aspettative delle famiglie e delle imprese manifatturiere, oltre che sulle previsioni di nuovi ordinativi, sulle ragioni di scambio e sui tassi interbancari. Per la Francia e la Germania, viceversa, l’indice tiene conto anche delle nuove immatricolazioni di automobili; per la Spagna, ancora, è considerato il numero di notti in hotel. Insomma, vengono considerati dati molto diversi e comunque non confrontabili a meno di non volere (scientemente) confondere l’opinione pubblica e la realtà delle cose. Il Nens segnala come sia difficile capire “a quale logica risponda tutto ciò, ma sicuramente l’indice che ne scaturisce non ha la funzione di indicare lo stato di salute delle diverse economie e le aspettative di variazione rispetto al passato”. Non può, quindi, in alcun modo sostituire le indicazioni che provengono dai dati statistici e macroeconomici elaborati dall’Istat, dalla Banca d’Italia e dalla stessa Banca centrale europea. “Ciò che è accaduto – spiega la nota – invece, è che la diffusione di questo assai poco significativo “superindice” (il cui limitato significato è segnalato, del resto, dalla stessa Ocse) ha offerto al Governo (e ai media) l’occasione per sostenere che l’Italia sta uscendo dalla crisi economica mondiale meglio di tutti gli altri, sventolando la bandiera del sorpasso del Pil procapite inglese che in realtà non è altro che il risultato della svalutazione della sterlina rispetto all’euro. Una bufala mediatica quindi, che in molti non hanno esitato però a cavalcare. Basta ricordare, per tutte, le dichiarazioni quasi grottesche del portavoce del Popolo della libertà, Daniele Capezzone: “Crisi? Il Governo spinge l’Italia verso la ripresa”.

FUORI DALLA CRISI ? - Purtroppo la realtà, ahinoi inconfutabile, è assai diversa. Il dato che fotografa la situazione italiana rispetto agli altri Paesi è quello che qui riportiamo, ricavato dal World economic outlook di ottobre scorso del Fondo monetario internazionale (Fmi). Si tratta delle variazioni percentuali del Pil sull’anno precedente. Così risulta che la Francia avrà una variazione dal -2,4% (2009) allo 0,9% (2010). La Germania dal -5,3% (2009) allo 0,3% (2010). L’Italia dal -5,1 del 2009 ad un impercettibile 0,2% in più rispetto all’anno precedente, nel 2010. Questo significa, in sostanza, che nel 2010 rispetto al 2008 (l’ultimo anno con Pil in crescita) avremo un differenziale negativo del 4,9%. Abbiamo già ricordato in un altro articolo come, di questo passo, per tornare ai livelli di Pil del 2008 sarà necessaria aspettare almeno il 2015 . Per la Spagna poi avremo: -3,8% (nel 2009) e 0,7% (nel 2010). Per la Gran Bretagna, infine, -4,4% (2009) e 0,9% (2010). Tutto questo significa che nel 2009 e nel 2010 l’Italia, tra i grandi paesi europei, è costantemente l’ultima per la crescita economica.
“Con questi rilievi – chiosa il Nens – è davvero difficile comprendere con quale criterio e con quali obiettivi si possa sostenere che l’Italia è il Paese che sta uscendo dalla crisi meglio di tutti gli altri”.

CALO DELLE VENDITE - Altri dati, pubblicati proprio nelle ultime ore, purtroppo confermano quanto sia difficile la situazione economica per il nostro Paese. L’Istat ha reso noto come a settembre 2009 l’indice della produzione industriale destagionalizzato ha segnato un calo del 5,3% rispetto ad agosto. E’ il calo maggiore dal 1990. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, inoltre, la variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi, rispetto a quella dei tre mesi precedenti, è pari a 4%. L’indice grezzo, invece, risulta in calo del 15,3% rispetto a settembre 2008 mentre l’indice corretto per gli effetti di calendario scende del 15,7% annuo. Guardando ai principali raggruppamenti di industrie, l’Istat segnala variazioni congiunturali negative del dato destagionalizzato per i beni intermedi (-7,9%), per i beni strumentali (-5,6%), per i beni di consumo (-4,1%), per l’energia (-3,9%). Considerando la dinamica tendenziale su settembre 2008 i dati corretti per gli effetti di calendario segnalano un calo del 21,2% per i beni intermedi, del 20,4% per i beni strumentali, del 10,5% per l’energia e del 5,5% per i beni di consumo. Non meglio va sul lato dei consumi. nel terzo trimestre dell’anno, infatti, i consumi delle famiglie sono calati del 4,8% rispetto allo stesso periodo del 2008. Lo rileva l’indagine congiunturale del centro studi di Unioncamere. Il calo è superiore dell’1% anche rispetto al trimestre precedente. Il calo delle vendite commerciali si fa sentire di più al Sud e in generale colpisce soprattutto il settore alimentare. La gente acquista meno anche i beni di prima necessità e non solo nei piccoli negozi, ma anche in iper e supermercati, a dimostrazione che gli effetti della crisi superano le politiche dei prezzi-offerta della grande distribuzione. Da un’altra indagine, questa volta dell’Ispo commissionata da Confesercenti, avente per tema l’opinione e atteggiamenti degli italiani sulla crisi economica, emerge come gli italiani credono che il peggio della crisi non sia passato e temono di dover aspettare ancora a lungo per la ripresa. Per nove persone su dieci la recessione appare come un fenomeno “ancora lontano dalla fine”. Solo l’11% della popolazione crede che la fase più acuta sia davvero alle spalle, mentre l’87% non è d’accordo e un 2% resta nel limbo di chi non si esprime. Insomma, l’ottimismo di Berlusconi non solo è fuori luogo ma è, allo stesso tempo, il segno più evidente di come questo governo ha perso la bussola economica e il polso del paese “reale”.


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