venerdì 28 agosto 2009

Il finto ottimismo di Mario Draghi


Crisi – Il governatore di Bankitalia preannuncia l’inizio della ripresa a partire dal 2010, ma spiega anche che gran parte delle imprese è a rischio a causa dei troppi debiti, delle strategie speculative degli investitori e dell’inadeguatezza



di Pietro Orsatti su Terra



«Non poche imprese, soprattutto quelle più esposte verso gli intermediari finanziari, che avevano avviato prima della crisi una promettente ristrutturazione, colte a metà del guado dal crollo della domanda, potrebbero veder frustrato il loro sforzo di adeguamento organizzativo, tecnologico, di mercato. Rischiano la stessa sopravvivenza».

Questo passaggio dell’intervento del Governatore della Banca D’Italia Mario Draghi al Meeting di Rimini è stata ampiamente sottovalutato se non da alcuni osservatori economici che da tempo segnalavano una crisi sistemica del mondo delle imprese italiane e non solo del comparto industriale. Queste imprese delineate da Draghi, esposte verso intermediari finanziari e quindi indebitate direttamente e non con le banche, saranno perciò escluse con ogni probabilità da una ripresa che lo stesso Governatore prevede per il 2010. Fare un identikit di questi soggetti produttivi non è poi così complesso.

Si tratta di imprese principalmente di tre tipi: servizi (dai call center alle società informatiche), aziende di media dimensione ad alta tecnologia (elettronica, meccanica di precisione, etc), strutture industriali in fase di riadeguamento sia dal punto di vista della sicurezza che dei parametri ambientali. Questi i principali settori che si sono esposti finanziariamente negli scorsi anni e che oggi, alla vigilia di una ipotetica ripresa, rischiano di non raggiungerla.Il caso Innse, in questo senso, è emblematico. Anche per la natura della speculazione edilizia che stava per mettersi in atto liquidando la storia, le competenze e la tecnologia industriale dello stabilimento per liberare all’edificabilità un’area. Fare soldi, anzi liquidità, subito per recuperare debiti e reinvestire il più velocemente possibile nel “mattone”.

Questa una delle strategie di rientro più utilizzate nel nostro Paese. Devastante per il sistema Paese, funzionale alla della speculazione per la speculazione. Di Innse l’Italia è piena, anche di dimensioni ben più imponenti come interi comparti industriali e commerciali dei principali porti Italiani (da Genova a Trieste fino ad Ancona e Palermo) e, questo un timore sempre più diffuso fra le decine di migliaia di operai diretti e in appalto operanti nei canteri navali italiani, di Fincantieri che, conclusi tutti gli scafi in lavorazioni entro il prossimo anno, dal 2.008 non hanno più nuove commesse e rischiano il blocco se non per i settori della manutenzione.«Si è creato un circolo vizioso, un cattivo equilibrio – ha proseguito al Meeting il Governatore – i limitati rendimenti scoraggiano l’investimento e impediscono di raggiungere i livelli dei Paesi più avanzati; a sua volta ciò frena la capacità di innovare e di adottare quelle tecnologie complementari al capitale umano che ne accrescono la domanda e i rendimenti».

È individuabile un collegamento con realtà industriali in totale declino e che, pur ricevendo incentivi e coperture sia a livello nazionale che europeo (come ad esempio i Cip6), oggi si trovano totalmente inadeguate per competere sia a livello di qualità del prodotto che di costi. Non bonificare e rimodernare alla fine è costato ben più che continuare ad andare avanti di deroga in deroga: ecco il caso di Taranto, Servola, Piombino, Milazzo, Monfalcone, Priolo. E su queste realtà destinate a un declino drammatico sia dal punto di vista sociale che ambientale, le responsabilità del sindacato non sono poche. La ripresa nel 2010, forse, comincerà a fare capolino come preannuncia il Governatore. Ma non per gran parte dell’Italia produttiva che abbiamo conosciuto fino a oggi.

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Crisi – Il governatore di Bankitalia preannuncia l’inizio della ripresa a partire dal 2010, ma spiega anche che gran parte delle imprese è a rischio a causa dei troppi debiti, delle strategie speculative degli investitori e dell’inadeguatezza



di Pietro Orsatti su Terra



«Non poche imprese, soprattutto quelle più esposte verso gli intermediari finanziari, che avevano avviato prima della crisi una promettente ristrutturazione, colte a metà del guado dal crollo della domanda, potrebbero veder frustrato il loro sforzo di adeguamento organizzativo, tecnologico, di mercato. Rischiano la stessa sopravvivenza».

Questo passaggio dell’intervento del Governatore della Banca D’Italia Mario Draghi al Meeting di Rimini è stata ampiamente sottovalutato se non da alcuni osservatori economici che da tempo segnalavano una crisi sistemica del mondo delle imprese italiane e non solo del comparto industriale. Queste imprese delineate da Draghi, esposte verso intermediari finanziari e quindi indebitate direttamente e non con le banche, saranno perciò escluse con ogni probabilità da una ripresa che lo stesso Governatore prevede per il 2010. Fare un identikit di questi soggetti produttivi non è poi così complesso.

Si tratta di imprese principalmente di tre tipi: servizi (dai call center alle società informatiche), aziende di media dimensione ad alta tecnologia (elettronica, meccanica di precisione, etc), strutture industriali in fase di riadeguamento sia dal punto di vista della sicurezza che dei parametri ambientali. Questi i principali settori che si sono esposti finanziariamente negli scorsi anni e che oggi, alla vigilia di una ipotetica ripresa, rischiano di non raggiungerla.Il caso Innse, in questo senso, è emblematico. Anche per la natura della speculazione edilizia che stava per mettersi in atto liquidando la storia, le competenze e la tecnologia industriale dello stabilimento per liberare all’edificabilità un’area. Fare soldi, anzi liquidità, subito per recuperare debiti e reinvestire il più velocemente possibile nel “mattone”.

Questa una delle strategie di rientro più utilizzate nel nostro Paese. Devastante per il sistema Paese, funzionale alla della speculazione per la speculazione. Di Innse l’Italia è piena, anche di dimensioni ben più imponenti come interi comparti industriali e commerciali dei principali porti Italiani (da Genova a Trieste fino ad Ancona e Palermo) e, questo un timore sempre più diffuso fra le decine di migliaia di operai diretti e in appalto operanti nei canteri navali italiani, di Fincantieri che, conclusi tutti gli scafi in lavorazioni entro il prossimo anno, dal 2.008 non hanno più nuove commesse e rischiano il blocco se non per i settori della manutenzione.«Si è creato un circolo vizioso, un cattivo equilibrio – ha proseguito al Meeting il Governatore – i limitati rendimenti scoraggiano l’investimento e impediscono di raggiungere i livelli dei Paesi più avanzati; a sua volta ciò frena la capacità di innovare e di adottare quelle tecnologie complementari al capitale umano che ne accrescono la domanda e i rendimenti».

È individuabile un collegamento con realtà industriali in totale declino e che, pur ricevendo incentivi e coperture sia a livello nazionale che europeo (come ad esempio i Cip6), oggi si trovano totalmente inadeguate per competere sia a livello di qualità del prodotto che di costi. Non bonificare e rimodernare alla fine è costato ben più che continuare ad andare avanti di deroga in deroga: ecco il caso di Taranto, Servola, Piombino, Milazzo, Monfalcone, Priolo. E su queste realtà destinate a un declino drammatico sia dal punto di vista sociale che ambientale, le responsabilità del sindacato non sono poche. La ripresa nel 2010, forse, comincerà a fare capolino come preannuncia il Governatore. Ma non per gran parte dell’Italia produttiva che abbiamo conosciuto fino a oggi.

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